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L’educazione della donna nella Démocratie en Amérique

III. Da Tocqueville a Catharine Beecher: ‘cult of domesticity’

III.3. L’educazione della donna nella Démocratie en Amérique

della famiglia, rispetto alla visione lockiana, non è costituito soltanto da un’accentuazione del tema della dolcezza (“la do- ceur”) delle relazioni familiari in epoche democratiche, ma anche e soprattutto dalla centralità che assume la donna, quale custode dei costumi morali e religiosi. Non c’è dubbio che, nel tracciare il ritratto della donna democratica, eserciti- no un’influenza su Tocqueville suggestioni tratte dalla lettura di Rousseau. Nel dipingere l’educazione libera della giovane americana e la condizione claustrale della donna sposata, l’autore della Democrazia in America sembra aver in mente, più ancora che l’osservazione della realtà americana51, le pagine dell’Emilio dedicate all’educazione di Sophie, dove si legge:

Bisognerebbe dunque fare per le giovinette che si maritano, come si fa o come si deve fare per quelle che si mettono nei conventi: mostrar loro i piaceri che abbandonano prima di lasciarle rinunciare ad es- si, per paura che la falsa immagine di questi piaceri che sono loro sconosciuti venga un giorno a traviare i loro cuori e a turbare la felicità del loro isolamen- to52.

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51 In contraddizione con l’immagine della donna americana che Tocqueville

vuol tracciare in queste pagine, nel I libro egli aveva scritto che le donne ameri- cane “spesso prendono parte alle pubbliche assemblee e, ascoltando i discorsi politici, si riposano dalle occupazioni domestiche. Per esse i clubs prendono qua- si il posto degli spettacoli” (A. de Tocqueville, La democrazia in America, cit., p. 249). In effetti, le donne americane, nonostante avessero ormai perso, nel perio- do in cui Tocqueville visita gli Stati Uniti, il diritto di voto, che molte costituzioni statali avevano concesso loro all’epoca della rivoluzione, non erano totalmente assenti dalla scena pubblica-sociale grazie alla loro partecipazione ad associazioni religiose e filantropiche, ma v. qui, cap. I.2.

I francesi – scrive Tocqueville – credono che per creare nella donna un “animo casto” sia necessario dare alle giovani “un’educazione timida, riservata e quasi caustrale”53. Così fa- cendo essi finiscono per lasciare che la giovane si trovi, ad un tratto, sprovveduta ad affrontare il caos inseparabile dall’esistenza di una società democratica. La giovane ameri- cana, invece, è molto presto lasciata libera di osservare diret- tamente i mali e i vizi della società, così che essa “li giudica senza illusioni e li affronta senza timore”54. Quest’esperienza dà all’americana un’utile conoscenza della società e soprat- tutto una sicura confidenza in se stessa. Per effetto di quest’educazione cresce in lei quella capacità di autocontrol- lo e di autogoverno sulla quale soltanto sembra poter fare affidamento una società egualitaria.

Gli americani – si legge in La democrazia in America – […] hanno compreso che in una democrazia l’indipendenza individuale non può non essere gran- dissima, la gioventù irrequieta, i desideri mal tratte- nuti, le usanze mutevoli, l’opinione pubblica spesso incerta o impotente, l’autorità paterna debole e quella maritale non sempre riconosciuta. In questo stato di cose hanno pensato che fosse poco possibile com- primere nella donna le passioni più tiranniche del cuore umano e che fosse invece più sicuro insegnarle

l’arte di combatterle da se stessa55.

Il paradosso di quest’educazione femminile consisteva nel fatto che si chiedeva alla donna autonomia, razionalità e in- dipendenza perché ella potesse poi liberamente consentire alla firma di quel patto che l’avrebbe definitivamente sotto- messa all’autorità maritale. Osserva Tocqueville: “Si può dire ––––––––––

53 A. de Tocqueville, La democrazia in America, cit., p. 616. 54 Ivi, p. 615.

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che sia dall’uso dell’indipendenza che [la donna] attinge il co- raggio di subire il sacrificio senza mormorare, quando è ve- nuto il momento di imporselo”56. Una giovane americana contemporanea di Tocqueville, Eliza Suthgate, spiegando al cugino perché gli uomini non avessero nulla da temere dall’estensione di un’educazione superiore alle donne, scri- veva:

Quelle virtù che adesso sono praticate per un sorta di impulso momentaneo del cuore, sarebbero accettate sulla base di principi, di un senso del dovere, di una mente forte abbastanza da non essere scossa implici-

tamente da qualsiasi stimolo57.

Del resto, già in molta letteratura settecentesca, alla donna si riconosceva dignità nella misura in cui essa si dimostrava capace di controllare le proprie passioni e di far uso di una razionalità accorta e prudente nella selezione del coniuge. Da Some Reflections upon Marriage (1700) di Mary Astell alla Nouvelle Héloise (1760) di Rousseau, alle Reflections upon Female Education (1787) dell’americano Benjamin Rush, la virtù della donna è coltivata attraverso l’educazione affinché essa sia in grado di piegarsi, con un atto di volontà e di ragione, alla pressione di un’opinione pubblica che le chiede di sacrificare la passione per l’armonia della società che la circonda.

Per effetto di un processo culturale lento, influenzato an- che dalle trasformazioni nel frattempo intervenute nel mon- do economico (prima tra le quali la separazione tra la casa e il luogo di lavoro), tra Sette e Ottocento, soprattutto nei pae- si di cultura protestante, la donna diviene il prototipo di quell’individuo autodiretto che solo può assicurare l’ordinato e pacifico andamento della vita sociale, in società commer- ––––––––––

56 Ivi, p. 619

ciali soggette a rapidi mutamenti. Si tratta di un tipo antropo- logico guidato da un sistema di orientamento interiore: una “bussola” dirà Emerson58, un “pendolo” Whitman59, un “gi- roscopio interiore” Riesman60. Un individuo la cui autodire- zione si fonda sull’interiorizzazione delle norme collettive socialmente condivise61.

Dove risiede la razionalità sociale di quest’educazione femminile? Perché da essa dipendono, per Tocqueville, i buoni costumi di un popolo? La risposta a queste domande ha a che fare – in Tocqueville, non diversamente che in Rousseau – in primo luogo con il controllo della sessualità e con il problema, ad esso connesso, del riconoscimento della paternità. Sebbene non affronti direttamente il tema, la De- mocrazia in America offre alcuni spunti indicativi in tal senso. Vi si legge, per esempio, che negli Stati Uniti “non si riscon- trano unioni precoci”62, che le donne sono spesso più “don- ne oneste e fredde” che “spose tenere e amabili”63, che i ro- manzi americani suppongono sempre donne caste64, che le leggi americane, nonostante la generale mitezza del codice ––––––––––

58 In Carattere, Emerson scrive: “Una natura sana sta in piedi aderente al giu-

sto e al vero, come la bussola si allinea col polo [...]” (R. W. Emerson, Saggi, To- rino, Boringhieri, 1969 (I 1962), p. 328).

59 In Democratic Vistas, Whitman scrive: “Chiederei l’inflessibile applicazione

all’individualità di questi tempi e di ogni tempo, di quell’antica e sempre vera mi- sura, la Coscienza, il filo a piombo di persone, epoche, nazioni” (W. Whitman,

Prospettive democratiche, Genova, Il Melangolo, 1995, p. 1).

60 Cfr. D. Riesman, La folla solitaria, Bologna, Il Mulino, 1956 (ed. or. The

Lonely Crowd. A Study of the Changing American Character, 1950).

61 Ha ragione Besussi nel considerare la donna tocquevilliana come paradig-

ma estremo del soggetto democratico, proprio per il suo rivelare al meglio il “meccanismo di disciplina per autodisciplina” (A. Besussi, Somiglianza e distinzione, cit., p. 121).

62 A. De Tocqueville, La democrazia in America, cit., p. 620 63 Ivi, p. 617.

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penale, puniscono con la morte il reato di stupro65, che l’opinione pubblica è inesorabile verso quelle mogli che tra- discono il loro obbligo di fedeltà nei confronti del coniuge. È, tuttavia, nei taccuini stesi durante il viaggio in Gran Bre- tagna che si trova un Tocqueville più esplicito. Parlando proprio del tema del riconoscimento della paternità, si lascia andare a questa considerazione:

I buoni costumi di un popolo dipendono quasi sem- pre dalle donne e non dagli uomini. Non si potrà mai impedire che gli uomini attentino all’onore di una donna. Il punto è dunque di fare in modo che venga loro opposta resistenza […] Tutte le leggi che ren- dono la posizione della donna che cade in errore più comoda sono dunque eminentemente immorali: tali sono, per esempio, le nostre leggi sugli enfant trouvés

[…]66 [leggi che – come si ricorderà – garantivano

l’anonimato alla ragazza madre che abbandonava il proprio figlio nelle ruote degli ospizi]

Il codice morale deve essere più severo nei confronti della donna, ed è un suo esclusivo dovere essere casta, perché dall’onestà della donna dipende il riconoscimento del padre legittimo. Su questo punto Tocqueville non si discosta molto da Rousseau67.