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III. Da Tocqueville a Catharine Beecher: ‘cult of domesticity’

III.2. La famiglia “democratica” secondo Tocqueville

La fine della famiglia aristocratica è un esito comune alla ri- voluzione americana e alla rivoluzione francese, un esito or- mai compiuto negli Stati Uniti, dove – si legge nella Democra- zia in America – “la famiglia in senso romano e aristocratico non esiste più”37, e ancora in fieri in Francia all’epoca in cui scrive Tocqueville. Un risultato al quale concorsero una mol- teplicità di cause, la prima e la principale delle quali, nell’analisi tocquevilliana, fu l’abolizione dei titoli nobiliari e soprattutto del diritto di primogenitura. Le nuove leggi sull’eredità ebbero un impatto decisivo sul processo di de- mocratizzazione dei rapporti familiari. Attraverso il diritto di primogenitura – come osserverà Durkheim, che ancora ri- volge la sua attenzione al diritto successorio per cogliere le differenze tra la vecchia famiglia aristocratica e la nuova fa- miglia coniugale38 – “i legami che derivavano dalle cose pri- meggiavano sui legami che derivavano dalle persone”39. “Lo spirito di famiglia – sottolinea Tocqueville – si materializza- va, in certo modo, nella terra”. Nella società aristocratica, “la famiglia rappresenta la terra; la terra rappresenta la fami- glia”40. Solo in qualità di membri di una famiglia, e non in quanto individui, nella società d’ancien régime si poteva godere di uno status e di una posizione sociale, perché era attraverso la famiglia che l’individuo entrava in contatto col mondo. La famiglia aristocratica configurava – scrive Donzelot – “un plesso di relazioni di dipendenza insieme pubbliche e private … essa costituiva la più piccola organizzazione politica pos- ––––––––––

37 A. de Tocqueville, La democrazia in America, cit., p. 609.

38 Cfr. F. Citarella, Presentazione, in E. Durkheim, Per una sociologia della famiglia,

Roma, Armando, 1999, pp. 22-23.

39 E. Durkheim, La famiglia coniugale (1921), in E. Durkheim, Per una sociologia

della famiglia, cit., p. 105.

sibile”41. Il pater familias era al suo interno titolare di pieni po- teri nei confronti di una comunità domestica gerarchica e al- largata, che raggruppava moglie, figli, domestici e servitori.

Presso i popoli aristocratici – scrive Tocqueville – la società conosce, per dire il vero, solo il padre, guida i figli per mezzo del padre: essa governa questo, ed e- gli quelli. Il padre non ha quindi solamente un diritto politico al comando; essendo l’autore e il sostegno

della famiglia ne è anche il magistrato42.

In cambio di un potere che era insieme di padre e magi- strato, naturale e politico, il pater familias doveva mantenere la continuità familiare, garantendo allo Stato, in caso di necessi- tà, entrate e risorse umane. Simbolo del carattere insieme pubblico e privato del potere patriarcale esercitato sotto l’ancien régime, e dell’alleanza tra governo delle famiglie e Sta- to, – ricorda Donzelot – erano les lettres de chachet, con le quali i membri della famiglia ribelli o disordinati erano affidati allo Stato, affinché quest’ultimo provvedesse alla loro reclusione, e salvasse così l’onore familiare. La presa della Bastiglia, se- condo Donzelot, dal punto di vista simbolico, rappresentò proprio la distruzione della complicità tra arbitrio familiare e potere statale: “poiché era lì, com’è noto, che venivano tenu- ti gli individui rinchiusi in seguito alla procedura delle lettres de cachet”43.

Spezzatosi il legame materiale rappresentato dalla terra e spariti i privilegi che al possesso della terra erano legati, posi- zione, status, diritti e doveri vengono riconosciuti all’individuo in quanto tale e non più in quanto membro del- la famiglia. Come risultato di questo processo, “la famiglia si ––––––––––

41 J. Donzelot, La police des familles, cit., p. 50.

42 A. de Tocqueville, La democrazia in America, cit., p. 610. 43 Ivi, p. 52.

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presenta – come sottolinea lo stesso Tocqueville – come una cosa vaga, indeterminata e incerta […]”44. I membri delle famiglie aristocratiche erano tenuti al rispetto di numerose obbligazioni reciproche, connesse alla necessità di mantenere intatto “lo splendore generale di tutta la casa”45, che assicu- rava prestigio al primogenito e al pater familias, ma anche ric- chezza e potere ai figli minori. Venuto meno questo legame utilitaristico, ora che di fronte alla legge il padre non è più nient’altro che un “cittadino più anziano e più ricco dei suoi figli”46, che cessa di essere padrone e magistrato, per essere solo padre47, la famiglia sembra indebolirsi, e con essa i le- gami intergenerazionali e l’influenza dell’autorità e della tra- dizione. In una società egualitaria in cui ciascuno ritiene “co- sa buona e legittima giudicare ogni cosa da sé” il padre, in “quanto organo della tradizione”, perde inevitabilmente pre- stigio48. L’eguaglianza, però, non distrugge la famiglia, se- condo Tocqueville, ma domanda che ne muti sostanzialmen- te la forma: essa cessa di rappresentare l’alleanza di due li- gnaggi, per divenire semplicemente l’unione di due individui. Si ridefiniscono i rapporti tra i coniugi e quelli tra i fratelli, viene ad acquisire un’importanza cruciale la relazione tra ge- nitori e figli, la posizione della donna si rafforza all’interno della sfera privata. La famiglia viene a collocarsi in uno spa- zio nuovo: l’intimità. Ad un vincolo fondato sull’utilità e sul timore dell’autorità paterna si sostituisce un’affezione reci- proca che si regge sulla “libera simpatia”, “sulla comunanza dei ricordi” e sulla condivisione di gusti e opinioni49.

La riorganizzazione dei rapporti familiari, che Tocqueville –––––––––– 44 Ivi, p. 60. 45 Ivi, p. 612. 46 Ivi, p. 610. 47 Cfr. ibidem. 48 Ivi, p. 611. 49 Ivi, p. 613.

così lucidamente descrive, aveva avuto i suoi prodromi nella critica al patriarcalismo tradizionale condotta dai teorici del contrattualismo alla fine del Seicento. Confutata l’esistenza di rapporti di subordinazione naturali, in base all’afferma- zione dell’eguaglianza naturale degli uomini, il contrattuali- smo moderno cessa di strutturare la società civile intorno alla parentela e al potere paterno. Se è vero – come ha giusta- mente sottolineato Carole Pateman50- che la teoria contrat- tualista non aveva alcun intento di mettere realmente in di- scussione la subordinazione della donna e la sua esclusione dalla sfera pubblica; tuttavia, non si deve sottovalutare il mu- tamento delle forme in cui l’autorità del padre/marito viene a manifestarsi proprio in conseguenza della disamina sei- settecentesca del patriarcalismo. Lo sforzo che autori come Locke e Sidney profusero nel ridefinire l’ordine politico li mise di fronte alla necessità di ricostruire la famiglia stessa, di farne il luogo deputato alla produzione di un tipo di perso- nalità e di un tipo di virtù adeguati all’ordine costituzionale liberale. È nei pensatori contrattualisti del Seicento che la famiglia moderna comincia ad essere descritta come un’istituzione relativamente egualitaria: la relazione matri- moniale assume il carattere di una relazione pattizia, si af- ferma l’eguaglianza dei figli adulti rispetto al padre, e si arriva non solo a sottolineare i doveri del marito verso la moglie, ma persino a contemplare i casi in cui il matrimonio poteva essere sciolto. Ed è in particolare con il Locke dei Pensieri sull’educazione che i rapporti tra padre e figlio divengono – come scrive anche Tocqueville – “più intimi e dolci” e la fa- miglia si trasforma in uno spazio di relazioni finalizzato alla riproduzione di quella virtù moderna che è la civility, così es- senziale al pacifico funzionamento della società civile. ––––––––––

50 Cfr. C. Pateman, Il contratto sessuale, Roma, Editori Riuniti, 1997 (ed. or. The

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III.3. L’educazione della donna nella Démocratie en Amérique