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L’evoluzione dei controlli nelle Pubbliche Amministrazioni.

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2.1 L’evoluzione dei controlli nelle Pubbliche Amministrazioni.

Quando si fa riferimento alle amministrazioni pubbliche, solitamente, il primo meccanismo che si innesca nella nostra mente è quello di associarle a qualcosa di negativo: corruzione, cattiva gestione, poca efficienza, scarsità del livello dei servizi forniti, burocrazia, eccesso di personale (a volte poco qualificato), di procedure e di norme (quante? troppe e troppo poco chiare) e, nonostante queste ultime, assenza, o meglio, carenza di controlli. Nonostante questa tragica rappresentazione delle amministrazioni pubbliche, il nostro Paese è in grado di fornirci anche l’esempio di realtà virtuose, a testimonianza del fatto che solo attraverso la volontà di individuare ed analizzare le criticità e, conseguentemente, mettere in atto meccanismi volti al loro superamento che si può creare e rafforzare un sistema di valori e di competenze tali da permeare a qualsiasi livello e rendere efficaci le nostre amministrazioni pubbliche.

C’è dunque un’esigenza di controllo che deve essere soddisfatta. Esigenza che equivale, in termini macro-economici, ad una domanda di controllo. Nella figura 5 viene illustrata la domanda di controllo relativamente al settore pubblico ed al settore privato: essa viene scomposta, a sua volta, in domanda interna (che nasce internamente alla struttura stessa e dunque dal management) e in domanda esterna (che nasce indirettamente da soggetti non appartenenti alla struttura).

Fonte: HINNA L. (2002), Pubbliche Amministrazioni: cambiamenti di scenario strumenti di controllo interno, CEDAM, Padova.

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Si noti la relazione inversa esistente tra la domanda pubblica e quella privata: mentre nel settore pubblico la domanda esterna, quella dell’opinione pubblica, è molto forte, nel settore privato assume un’intensità diametralmente opposta poiché essa dipende dal comportamento della concorrenza: questo vuol dire che un livello di controlli molto basso non produce effetti immediati sull’immagine dell’azienda sul mercato, ma probabilmente, nel medio-lungo periodo, tale carenza si manifesterà sulla qualità del prodotto/servizio, sull’efficienza, sui costi, orientando il mercato su altre aziende concorrenti. Viceversa, se si guarda alla domanda interna si rileva un’inversione di tendenza nell’atteggiamento del settore pubblico e di quello privato: mentre nel settore privato il management presenta un’esigenza di controlli molto forte (poiché è nell’interesse stesso del management garantire la sopravvivenza e lo sviluppo dell’azienda), nel settore pubblico, invece, la necessità di controllo da parte del

management risulta essere molto debole. Questo viene spiegato alla luce del fatto che,

mancando in tale settore un confronto con il libero mercato, la domanda interna si spegne e permette di innescare nella mentalità dominante del management pubblico la “cultura del precedente” e la scarsa fiducia nei confronti dei cambiamenti, sia nel breve che nel medio-lungo periodo32. Inoltre, se si considera che i tempi di attuazione di un cambiamento sono scanditi e fortemente connessi agli iter normativi e procedurali tipici delle amministrazioni pubbliche, si spiega come mai la domanda interna di controllo si è sviluppata, negli anni addietro, in maniera così debole e graduale e si è soffermata principalmente su aspetti formali ed amministrativi, guardando poco ad elementi relativi all’efficienza, all’economicità ed alla produttività.

Il processo evolutivo dei controlli interni nelle amministrazioni pubbliche affonda le sue radici nella fine dell’Ottocento quando, come afferma Hinna (2002), «la struttura dei controlli interni catturava ancora gli avvoltoi e lasciava passare i moscerini». È vero, però, che il sostanziale processo di trasformazione che ha interessato gli apparati amministrativi italiani si registra soltanto a partire dagli anni Ottanta e Novanta, epoca in cui si inizia a plasmare, attraverso interventi legislativi, una nuova cultura del controllo permeata da un’intensa filosofia gestionale in base alla quale «non può essere

32 HINNA L. (2002), Pubbliche Amministrazioni: cambiamenti di scenario e strumenti di controllo

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considerata buona (o buono l’andamento di) quell’Amministrazione che non sia in grado di raggiungere gli obiettivi prefissati nei tempi prestabiliti o che utilizzi strumenti inadeguati o con costi troppo elevati, né può essere considerata buona (o buono l’andamento di) quell’Amministrazione che non sia in grado di garantire la legittimità di tutta l’attività che sottende il complesso dei processi gestionali attivato dall’Amministrazione stessa. Pertanto, l’attività amministrativa non solo deve attuare ogni criterio gestionale mirato all’efficienza dell’azione (ottimizzazione del rapporto risorse-interventi), ma deve anche assicurare la conformità al quadro normativo di riferimento33».

33CAMARDA L. (2006), in Aa.Vv., L’ordinamento provinciale, cit., p. 753, Giuffré, Milano.

Figura 6 – Evoluzione normativa dei controlli in Italia

Fonte: HINNA L. (2002), Pubbliche Amministrazioni: cambiamenti di scenario strumenti di controllo interno, CEDAM, Padova.

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Come detto pocanzi i cambiamenti introdotti dai provvedimenti amministrativi (vedi figura 6) si contestualizzano sullo sfondo degli anni Novanta e possono essere, così, riassunti34:

▪ Legge n. 241 del 1990, nota come legge sulla trasparenza ha obbligato le amministrazioni ad individuare, al proprio interno, le unità organizzative ed i soggetti responsabili dei risultati da conseguire;

▪ Legge n. 142 del 1990 ha introdotto, per la prima volta, il principio della separazione fra poteri e responsabilità in virtù del quale vi è una differenziazione tra funzione di indirizzo politico-amministrativo e funzione di gestione. Se in un primo momento tale principio era stato sancito solo relativamente agli Enti Locali, successivamente, con l’emanazione dei D.Lgs n. 29/1993 e D.Lgs 286/199 venne ampliato il suo raggio di azione a tutte le amministrazioni;

▪ Decreto Legislativo n. 29 del 1993 ha disciplinato il riassetto del controllo interno nelle Pubbliche Amministrazioni. In particolare, con l’emanazione di tale decreto si è sancito l’ingresso a pieno titolo dell’economia d’azienda (o più specificatamente del controllo gestionale35) nel contesto delle amministrazioni pubbliche che sino a quel momento erano fondate su principi prettamente amministrativi.

▪ Legge n. 20 del 1994 ha riformato il sistema dei controlli, sia esterni che interni, della Corte dei Conti sulle pubbliche amministrazioni “ridimensionando” il tradizionale controllo preventivo di legittimità ed introducendo il più moderno controllo sulla gestione dell’attività amministrativa consistente nella verifica

34 HINNA L. (2002), Pubbliche Amministrazioni: cambiamenti di scenario e strumenti di controllo

interno, CEDAM, Padova

35 Introdurre in controllo gestionale nelle Pubbliche Amministrazioni significava introdurre un insieme

equilibrato di regole, procedure, strutture e metodi, idonei a perseguire obiettivi come:

- svolgimento delle funzioni in modo regolare, economico, efficace ed efficiente, nonché la produzione di risultati e di servizi di qualità compatibile con la finalità dell’organizzazione;

- salvaguardia delle risorse da sprechi, scorrettezze gestionali, frodi, abusi ed irregolarità;

- disponibilità di un idoneo sistema di dati finanziari affidabili e la corretta comunicazione dei dati stessi. HINNA L. (2002), Pubbliche Amministrazioni: cambiamenti di scenario e strumenti di controllo interno, cit., p. 117, CEDAM, Padova.

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della rispondenza dei risultati agli obiettivi stabiliti dalla legge mediante valutazione comparativa dei costi, modi e tempi di tale attività.

▪ Decreto Legislativo n. 286 del 1999, in attuazione alla Legge n. 59 del 1999, la cosiddetta “Bassanini 1”. Con tale decreto si chiude un ciclo importante, quello iniziato nei primi anni novanta che va sotto il nome della riforma dei controlli: il passaggio dal D.Lgs 29/1993 al D.Lgs 286/1999 rappresenta l’apice di questa grande riforma poiché, con l’emanazione di quest’ultimo decreto, il legislatore ha inteso individuare distintamente le attività da demandare alle strutture di controllo interno, prevedere l’affidamento di tali attività a distinte strutture e fissare la distinzione tra attività di supporto a quelle di indirizzo politico e attività finalizzate al miglioramento dell’ordinaria gestione amministrativa. Di rilevante importanza è l’individuazione, da parte del legislatore, di quattro tipologie di controllo ed i relativi obiettivi che lo costituiscono:

1) Controllo di regolarità amministrativa e contabile: l’obiettivo associato a tale tipologia di controllo è la garanzia della legittimità, della regolarità e della correttezza dell’azione amministrativa (tale tipologia di controllo si identifica con l’internal audit);

2) Controllo di gestione: l’obiettivo associato a tale tipologia di controllo è la verifica dell’efficacia, dell’efficienza e dell’economicità dell’azione tecnico- amministrativa per consentire ai dirigenti di ottimizzare, anche mediante tempestivi interventi di correzione, il rapporto tra costi e risultati;

3) Valutazione della dirigenza: l’obiettivo associato a tale tipologia di controllo è valutazione delle prestazioni del personale con qualifica dirigenziale; valutazione, fra l’altro, necessaria per l’attivazione della responsabilità dirigenziale;

4) Valutazione e controllo strategico: l’obiettivo associato a tale tipologia di controllo è l’apprezzamento dell’adeguatezza delle scelte compiute in sede di attuazione dei piani, programmi ed altri strumenti di determinazione

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dell’indirizzo politico, in termini di congruenza tra risultati conseguiti e obiettivi predefiniti.

Il nuovo sistema delineato dalla riforma dei controlli si caratterizza per essere «un sistema integrato di controlli interni rivolto a riordinare e a potenziare i meccanismi e gli strumenti di monitoraggio e di valutazione dei costi, dei rendimenti e dei risultati dell’attività svolta dalle amministrazioni pubbliche36». In tale contesto è possibile identificare «alcuni profili tipici della funzione di revisione interna, sia per quanto riguarda gli organi chiamati ad esercitarla che per quanto riguarda le metodologie. Sotto il primo aspetto il decreto fa riferimento agli organi di revisione degli enti locali e di altre amministrazioni pubbliche, alle ragionerie e agli ispettorati, se istituti. Per quanto attiene ai metodi, il comma 2 dell’articolo 2 prevede che le verifiche di regolarità amministrativa e contabile rispettino i principi generali della revisione aziendale, in quanto applicabili37».

Il legislatore ha, così, introdotto concetti e metodologie di internal auditing quali strumenti per l’analisi, la misurazione ed il monitoraggio dei rischi che potrebbero pregiudicare il perseguimento dell’interesse pubblico ed il corretto utilizzo delle risorse pubbliche. La funzione di auditing nel settore pubblico viene a configurarsi dunque come uno strumento per proteggere l’interesse pubblico: “l’auditing della pubblica amministrazione è la base di una buona governance del settore pubblico. Gli auditor, fornendo accertamenti imparziali e obiettivi sul fatto che le risorse pubbliche siano gestite responsabilmente ed efficacemente al fine di realizzare i risultati voluti, aiutano le organizzazioni statali ad ottenere la responsabilità e l’integrità, a migliorare le operazioni ed infondo la fiducia fra i cittadini e gli stakeholder38”.

36 COLLEVECCHIO M. (2001), Il controllo interno di regolarità amministrativa e contabile, cit., p. 47,

in Aa.Vv., Il sistema dei controlli dopo il d.lgs. 286/1999, Quaderni della Spisa – Scuola di Specializzazione in studi sull’amministrazione pubblica, Santarcangelo di Romagna (RN).

37 FASANO G., La funzione di audit nell’area pubblica, cit., p. 4, tesi di Master post laurea Auditing e

Controllo interno, Università degli Studi di Pisa, A.A. 2000-2001.

38 Associazione Italiana Internal Auditors (2008), Il Ruolo dell’Auditing nella Governance del Settore

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2.2

I

fondi

strutturali

e

di

investimento

europei: