• Non ci sono risultati.

L’evoluzione scolastica dal secondo dopoguerra agli anni ’

Nel documento Il Collettivo di Architettura 1949-1973 (pagine 95-100)

Bollate, isolato delimitato dalle vie Vittorio Veneto, Amerigo Vespucci Vincenzo Montaldo

6. LA QUESTIONE DELLA SCUOLA

6.2. L’evoluzione scolastica dal secondo dopoguerra agli anni ’

A seguito della seconda guerra mondiale e del ventennale governo fascista le condizioni della scuola sono molto critiche. Oltre alla fisica distruzione degli edifici scolastici, “la disorganizzazione maggiore era quella provocata da un ventennio di vita antidemocratica che aveva diffuso tra gli insegnamenti uno spirito di subordinazione passiva”11. In molte città professori e insegnanti si riuniscono in associazioni e sindacati. Nel 1947 viene istituita una Commissione Nazionale d’Inchiesta sulla situazione scolastica sotto la guida del Ministro Gonella, nel governo De Gasperi. In questa fase vengono restaurati e fabbricati nuovi edifici. Gli obiettivi dell’inchiesta indagano l’amministrazione della scuola, la verifica e il funzionamento degli ordinamenti scolastici intendendo misurarne la qualità della didattica. Attraverso sette convegni a carattere nazionale e alla pubblicazione della rivista La riforma della scuola, nel 1947, si delineano le tappe dell’indagine.

Nel 1948 la Costituzione della Repubblica italiana stabilisce che l'istruzione è pubblica, gratuita e obbligatoria per almeno 8 anni. Nel maggio ‘48 due importanti convegni sulla scuola popolare e sulla scuola materna aprono la strada a una nuova riforma. Di fronte all’analfabetismo imperante nel paese, il Ministro Gonella istituisce 10350 corsi di scuole popolari per adulti, cercando di colmare le lacune. La scuola materna entra per la prima volta a far parte dell’attività del Ministero della P.I., dato che prima era affidata solo a Comuni e privati. L’aspetto positivo è senz’altro l’attenzione rivolta ai metodi di insegnamento, tra i quali il Montessori si inserisce fra i più moderni; il punto critico è sostanzialmente la carenza di edifici scolastici che non riescono a coprire le richieste e quelli esistenti sono ancora divisi per classi sociali.

L’altra difficile questione che interessa il dibattito sono i corsi post-elementari che interessano i bambini tra gli 11 e i 14 anni; torna, seppur rimanendo sulla carta, la questione della scuola unica, appoggiata da tutti i partiti di massa.

Il 1949 è una data importante perché inizia la storia dell’edilizia scolastica moderna, attraverso il 1° Concorso bandito dal Ministero della P.I. Il bando chiede esplicitamente di non rispettare le norme vigenti così da poter cogliere nuove idee. L’Italia si trova in posizione arretrata rispetto a paesi come Inghilterra e Stati Uniti i quali hanno già delineato una linea pedagogica nuova, di cui Dewey è uno dei maggiori rappresentanti.

E’ la prima volta che si chiede ai progettisti di pensare a uno spazio architettonico per la nuova didattica e oltre alle norme igieniche e dimensionali si inizia a riflettere sulla qualità dello spazio, sul rapporto con la luce e con i colori. In seguito al concorso i progetti vengono pubblicati in Rassegna critica di Architettura n.8 del ‘49. Il vincitore del concorso è il progetto di Ciro Cicconcelli che ragiona sul tema del padiglione non più come schema chiuso ad aule e corridoi ma tramite “l’associazione di unità funzionali”12. L’organismo intende rompere l’isolamento interno creando una comunità scolastica in rapporto con la società ed offrendo servizi quali biblioteche, auditorium, palestre rivolte anche agli adulti.

“L’unità funzionale […] dovrebbe comprendere non più di cinque ambienti disimpegnati da un ambiente comune: concetto quindi di scuola-casa quale ambientazione più idonea ad alimentare e promuovere lo spirito associativo dei fanciulli”13.

Nel progetto di Cicconcelli oltre alle aule per la didattica sono presenti degli spazi per le esercitazioni libere, che vengono immaginati comunicabili con l’esterno, costituendo la nascita delle future sale comuni.

Lo spazio aperto è di vitale importanza perché oltre a essere pertinente alla scuola è rivolto alla comunità. Cicconcelli formula inoltre la necessità di un edificio “più o meno vasto […] posto sulla strada di accesso, che servirebbe ad ospitare il Centro Sociale, e cioè […] quanto può interessare i giovani e interessare gli adulti”14.

Questo concetto di scuola che si offre per tutta la comunità segna un passo di svolta tra la scuola-caserma, chiusa e monumentale, verso un edificio che oltre alla didattica contiene tutte le attività culturali e di svago che possono interessare vari strati della popolazione, costituendo un luogo pubblico.

Le proposte del concorso al momento della presentazione vengono prese con sufficienza ma avranno un impatto notevole nella successiva produzione architettonica.

Nel paragrafo successivo gli esempi scolastici progettati dal Collettivo di Architettura contengono ed esprimono architettonicamente questo concetto di scuola-comunità, rispondendo alle diverse situazioni con tipologie innovative.

12 C.Cicconcelli, L’edilizia scolastica italiana prima del piano decennale, in “Casabella-continuità”, n.245 numero

speciale dedicato alla scuola, novembre 1960, cit., p.37.

13 C.Cicconcelli, La scuola moderna è la scuola all’aperto, in “Rassegna critica e Architettura” n.8, 1949.

14 F.E.Leschiutta, Linee evolutive dell’edilizia scolastica, vicende-norme-tipi 1949-1974, Bulzoni Editore, Roma 1975, cit.,

Nel 1952 Rassegna critica di Architettura15 n.25 pubblica un articolo di Cicconcelli dal titolo “La spazio nella scuola moderna”. In esso è presentato un progetto del 1951 di Hans Scharoun per una scuola elementare a Darmstadt.

15C.Cicconcelli, Lo spazio nella scuola moderna, in “Rassegna critica e Architettura” n.25, 1952, pp. 5-15.

Il tema che affronta il progetto è il rapporto tra spazio scolastico e spazio psicologico. Schauroun sostiene che il bambino sviluppa l’apprendimento attraverso fasi successive distinte fra di loro, e quindi l’ambiente non può essere uguale per tutto il percorso didattico; la percezione degli spazi, della luce e del colore deve seguire la crescita biologica del bambino.

In seguito a precisi studi di fisio-psicologia applicata all’architettura, la scuola si organizza in tre sfere: del giocare, dell’attenzione, dello spirituale ed ognuna costituisce un distretto. Il primo (gioco) è dedicato ai bambini delle prime tre classi elementari poiché gli studi dimostrano che dai sei ai nove anni si apprende giocando e si è incapaci di dare attenzione; lo spazio deve creare protezione e la luce deve entrare direttamente, quindi il sud è il migliore orientamento.

Il secondo distretto (attenzione) è pensato per i bambini dai nove ai dodici anni i quali devono poter ascoltare il maestro senza distrazione; in questo caso la vista all’esterno deve essere limitata e l’orientamento ideale è est-ovest.

Il terzo distretto (spirituale) è progettato per i bambini dai dodici ai quattordici anni che iniziano a formare la propria personalità. Lo spazio deve consentire la concentrazione su sé stessi; l’orientamento migliore è il nord.

Ogni distretto è formato da aule la cui forma deriva dal grado di crescita del bambino; è inoltre presente un’aula speciale che consente di stare in gruppo.

L’articolo del 1952 che presenta questo progetto viene accolto molto positivamente dagli architetti italiani: “quello che stimolò l’immaginazione fu più che altro l’uso della luce quale componente dello spazio-scuola”16.

Nello stesso anno, il Ministero della P.I. bandisce un secondo concorso in seguito al successo del primo; il bando prevede la progettazione di scuole da tre ad otto aule. Diventa un’occasione per sperimentare ulteriormente il campo inaugurato dal primo, dato che si lascia nuovamente completa libertà dal punto di vista normativo. A seguito di questa esperienza nasce il Centro Studi per l’edilizia scolastica, importante osservatorio sulle condizioni della scuola italiana poiché “esaminò tutte le possibili soluzioni in base alla vita sociale delle comunità italiane, studiò i vari metodi pedagogici che via via si andavano affermando nel paese, e non trascurò al tempo stesso nessuna

16 F.E.Leschiutta, Linee evolutive dell’edilizia scolastica, vicende-norme-tipi 1949-1974, Bulzoni Editore, Roma 1975, cit.,

delle esperienze effettuate all’estero fino a quel momento”17. Le ricerche del Centro Studi vengono pubblicate nei Quaderni del Centro Studi divenendo in sostanza dei manuali di progettazione. Nello stesso tempo si elaborano le norme tecniche le quali vengono ufficializzate dopo la legge n° 64518 del 1954. La 645 è la prima legge che riconosce la necessità di considerare il sistema scolastico in autonomia; prima di essa la costruzione delle scuole è avvenuta con la legge n.589 del 1949, “che ha finanziato fino alla costruzione degli Enti Regioni, col sistema dei contributi dello Stato, strade, fognature, e tutte le altre infrastrutture e servizi”19.

Le norme elaborate a seguito delle indagini del Centro Studi vengono approvate nel 1956 in accordo con il Ministero della P.I.; l’alluvione nel Salentino offre un banco di prova sul quale sperimentare i nuovi criteri portando alla costruzione dodici edifici scolastici. “Da una parte si collocano i progetti di Cicconcelli, formalmente caratterizzati morfologicamente e spazialmente e chiaramente ripetibili, […] dall’altra parte i progetti di Alberto Gatti e Diambra De Sanctis i quali sono ugualmente caratterizzati ma adoperano elementi di linguaggio di più facile consumo”20.

Le norme stabiliscono dei limiti alla costruzione degli edifici fino ad arrivare all’arredamento. Il numero massimo di aule è fissato a 24 mentre il numero di piani fuori terra non può superare i due. L’arredo dell’aula segue anch’esso delle norme: si elimina per esempio il banco con la sedia incorporata per sostituirlo con un sistema più flessibile agli spostamenti; anche la dimensione della cattedra viene ridotta, sostituendo un tavolo più piccolo rispetto all’imponente cattedra con pedana.

Nel 1956 Bruno Zevi scrive in merito alle norme, definendo che cosa deve essere la scuola moderna: “prima che un edificio, è un elemento urbanistico. Deve sorgere in ampi spazi verdi, costituire il gioiello e l’epicentro della vita comunitaria […] è il cuore del quartiere, deve essere fruita dagli adulti nei pomeriggi e alla sera per le loro attività ricreative”21.

17 C.Cicconcelli, Il piano decennale della scuola: 130.000 aule-130.000 occasioni di civiltà, in “L’architettura cronache e

storia”, n.53, marzo 1960.

18 Legge 9 agosto 1954, n.645, (G.U., n.187 del 18-8-54).

19 F.E.Leschiutta, Linee evolutive dell’edilizia scolastica, vicende-norme-tipi 1949-1974, Bulzoni Editore, Roma 1975, cit.,

p.22.

20 Ibidem, p.23. 21 Ibidem.

Se da una parte le norme hanno introdotto elementi innovati nel campo scolastico, il loro utilizzo soprattutto da parte delle scuole di paese ha portato i progettisti a cogliere “l’aspetto più superficiale e appariscente […] cioè lo smembramento dell’insieme in una pluralità di unità funzionali”22.

In questo periodo vengono approvati i programmi didattici per la scuola primaria che accolgono il principio della scuola attiva.

Il 9 dicembre 1959 viene approvato il disegno di legge n.129 che prende il nome dal

Nel documento Il Collettivo di Architettura 1949-1973 (pagine 95-100)