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Lo Studio Sociale di Architettura e “l’architetto condotto”

Nel documento Il Collettivo di Architettura 1949-1973 (pagine 37-42)

2) Impegnarsi a svolgere l'attività professionale solo all’interno della cooperativa 3) Accettare di venire pagati come gli operai in base alle ore di lavoro effettuate.

3.4. Lo Studio Sociale di Architettura e “l’architetto condotto”

Franco Marescotti e Irenio Diotallevi, membri con Ceccucci dello Studio Sociale di Architettura, pubblicano, dal 1948 al 1950, un manuale edito a schede intitolato Il

problema sociale costruttivo ed economico dell’abitazione. L’opera è appunto divisa in tre

aspetti: alcune schede si occupano del sociale (in colore rosso), altre dei problemi costruttivi (in verde) ed altre ancora degli aspetti economici (in azzurro). La collana, edita per tavole 34,5 x 24,5 cm “è stata suggerita dal desiderio di permettere una rapida consultazione e un aggiornamento periodico dei problemi relativi ad ogni specifico argomento”31. Gli studi derivano in parte dal volume Ordine e destino della casa popolare del 1941 degli stessi autori, che inaugura l’analisi sul tema dell’abitazione economica.

31 I.Diotallevi, F.Marescotti, Il problema sociale costruttivo ed economico dell’abitazione, Poligono, Milano 1948, cit.,

copertina.

Fig.9. Sul cantiere del Centro Sociale Cooperativo "Grandi e Bertacchi" si vedono dietro da sinistra: Anna Seniga, moglie di Achille Sacconi (a destra), Fredi Drugman con davanti Novella Sansoni, a fianco con l'impermeabile Franco Marescotti. Da destra verso sinistra ci sono Giacomo Scarpini e a fianco Umberto Riva.

Il tipo di studi e la stessa figura di Franco Marescotti, costituiscono l’input per la nascita del Collettivo di Architettura. La questione sociale della casa è al centro degli studi pubblicati e ciò diviene materiale essenziale per i giovani soci. Le tavole indagano le misure minime per le nuove costruzioni, le condizioni igieniche e il tutto viene studiato con molta attenzione attraverso tabelle, statistiche, mostrando ciò che non deve essere fatto e il modo per migliorarlo; “più che un manuale è una ricca raccolta di esempi, che indaga il rapporto tra la cellula elementare e l’organismo urbano”32. La casa è intesa come un bene collettivo e per essere tale non deve costituire un elemento dannoso per gli stessi abitanti: la tavola 10 del capitolo primo recita il motto “Il tugurio uccide più della guerra”33. La lotta contro tali abitazioni malsane e per nulla igieniche costituisce un forte esempio per il Collettivo che inizialmente milita attivamente nel territorio; con un furgone

32 P.Nicoloso, Genealogia del Piano Fanfani, in AA.VV.,La grande ricostruzione, il piano INA-Casa e l’Italia degli anni ‘50,

a cura di P.Di Biagi, Donzelli Editore, Roma 2001, cit., p.61.

33 I.Diotallevi, F.Marescotti, Il problema sociale costruttivo ed economico dell’abitazione, Poligono, Milano 1948, cit.,

capitolo 1, tavola 10.

Fig.10. I.Diotallevi, F.Marescotti, Il problema sociale costruttivo ed economico dell’abitazione, Poligono, Milano 1948. Tavola 1, capitolo 1.

ricoperto da manifesti riportanti il motto Lotta contro il tugurio, i soci vogliono combattere contro le disastrose condizioni di vita che affliggono numerosi comuni.

Il problema della casa, pur essendo al centro del dibattito architettonico e politico e costituendo il cuore degli studi di Diotallevi e Marescotti, non riesce nella loro pubblicazione a riscuotere un ampio successo; ciò “è imputabile da un lato all’improponibilità del programma funzionalista proprio quando, con il mutare della situazione politica, venivano meno i presupposti che avrebbe dovuto renderlo attuabile [...] d’altra parte, era ormai avvenuta l’assimilazione dei criteri compositivi illustrati”34.

34 M.Grandi, A.Pracchi, Milano guida all'architettura moderna, Zanichelli, Bologna 1980, cit., 243.

Fig.11. I.Diotallevi, F.Marescotti, Il problema sociale costruttivo ed economico dell’abitazione, Poligono, Milano 1948. Tavola 10, capitolo 1.

Il lavoro sul problema sociale dell’abitazione costituisce l’indirizzo intrapreso dal Collettivo dagli inizi degli anni ‘50; Franco Marescotti per alcuni soci costituisce un importante punto di riferimento ed alcuni di essi vi collaborano direttamente, tra i quali Giuliano Rizzi35. Apprendendo la lettura dei fenomeni sociali i soci dello studio si rivolgono quindi al territorio milanese; si sviluppa la figura dell’architetto condotto.

Insieme ai tuguri, le coree costituiscono una forte emergenza sociale che interessa buona parte del territorio milanese; esse si formano insieme alle due immigrazioni che interessano l’area di Milano: le popolazioni del Polesine in seguito al disastro avvenuto e l’immigrazione dal sud.

35 Intervista a Vincenzo Montaldo. Milano, 20 ottobre 2009.

Fig.12. I.Diotallevi, F.Marescotti, Il problema sociale costruttivo ed economico dell’abitazione, Poligono, Milano 1948. Tavola 19, capitolo 1.

“A Milano non c'era niente, nessuno sapeva dove andare [...] sono nate le coree che erano dei territori in cui ciascuno faceva qualche cosa per poter farsi una casa, racimolando dei mattoni dalle case distrutte dai bombardamenti si tentava di costruire qualcosa. Io ho sempre bene in mente una donna, e non me la toglierò mai dalla mente. Un giorno arrivo in una di queste coree, e c'è una specie di baracca di mezzi mattoni; c'erano le elezioni del ‘53 e facevo un giro elettorale del partito. Entro in questa casa e c'era una donna con un bambino che mi chiese l’elemosina. C'era un infante sul letto, e lei mi spiegò che l'unico modo per far asciugare i pannolini del bambino era metterli dietro la schiena durante la notte perché così con il suo calore si sarebbero asciugati. Fu una cosa che dopo sessant'anni ce l'ho ancora qui, tanto per spiegare la povertà e l'indigenza, lo strazio di queste popolazioni che arrivavano e non avevano niente, sono poi andati soprattutto nella zona del milanese Nord ovest”36.

Le difficili situazioni abitative obbligano il Collettivo a rivolgersi al sociale; lo studio concepisce l’architettura come lo strumento per migliorarne le condizioni. La politica è il legante, che viene trasmessa sul territorio attraverso la costruzione di casa e di servizi necessari a una vita civile. I soci operano principalmente nella cintura esterna di Milano, che nel dopoguerra è fortemente investita dalle popolazioni migranti: “la nostra fu un'opera di educazione culturale estremamente importante perché ci imbarcammo in un'operazione nei confronti di tutti i comuni dell'hinterland e questo avveniva normalmente alla sera. Ci recavamo a fare delle riunioni nelle giunte per cercare di spiegare che cosa fosse l'urbanistica”37. Il dibattito urbanistico in queste realtà è pressoché assente e l’azione dello studio è spiegare che esiste un sistema per organizzare il territorio: è in questo ambito, che deriva quindi il termine “architetto condotto”38 o “urbanista condotto”, concependo l’architetto come un militante sociale.

Nei primi anni ’50 iniziano ingenti costruzioni da parte dei privati che intendono comprare suolo per edificarvi; gli amministratori comunali si avvalgono dei membri del Collettivo per consulenza a nuovi interventi.

La propaganda urbanistica è un’attività essenziale per lo studio e rimarrà tale per tutti gli anni di vita; con il tempo si consolida maggiormente arrivando a coprire quasi tutti i

36 Intervista a Mario Silvani. Segrate, 15 ottobre 2009. 37 Ibidem.

38 Termine utilizzato da Achille Sacconi, nell’intervista del 16 ottobre 2009, ed apparso in M.Grandi, A.Pracchi, Milano.

Guida all’architettura moderna, Zanichelli, Milano, 1980, nota 114, p.366: “nell’attività di architetti condotti nei comuni

dell’hinterland amministrati dalle sinistre si segnalano in particolare i membri del Collettivo di Architettura, un gruppo di architetti comunisti che aveva iniziato la propria attività negli anni Cinquanta, attraverso la committenza del movimento cooperativo, al fianco dello Studio Sociale di Architettura di Marescotti”.

comuni dell’hinterland. Il capitolo 4 (I luoghi operativi), affronta in dettaglio l’attività nel territorio.

Se non ci fosse stata questa funzione sarebbe stato ritardato tutto il processo di acculturamento degli amministratori riguardo all'insieme dei problemi che riguardano urbanistica e edilizia, cercammo di offrire una funzione propedeutica nei confronti degli amministratori 39.

Nel documento Il Collettivo di Architettura 1949-1973 (pagine 37-42)