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I LUOGHI OPERAT

Nel documento Il Collettivo di Architettura 1949-1973 (pagine 47-52)

3.5 1951-1973 Conformazione dello studio

4. I LUOGHI OPERAT

“Del nostro lavoro è stato più interessante una cosa meno misurabile e cioè il contributo sociale e politico all'attività architettonica e urbanistica nei comuni di sinistra, quello è stato eccezionale direi, straordinario”1.

1 Intervista ad Alessandro Tutino. Verona, 28 gennaio 2010.

4.1. Brevi cenni sulla situazione urbanistica nel secondo dopoguerra

La ricostruzione del paese non viene affrontata in Italia con un piano regolatore generale ma con un piano di ricostruzione decennale, “con un contenuto urbanistico analogo a quello del piano particolareggiato di esecuzione, relativo quindi alla definizione di massima della rete stradale e delle infrastrutture, alle zone destinate alle demolizioni e alle conseguenti ricostruzioni, ma anche alle nuove costruzioni tout court”2. L’urbanistica ha ancora alle spalle la legislazione del 1942 articolata per piani. Tale provvedimento prevede alla grande scala la redazione di un piano territoriale di coordinamento che interessi intere porzioni di territorio, da questo strumento derivano i piani regolatori intercomunali e comunali; infine i piani particolareggiati riguardano piccole porzioni di aree comunali. La legge urbanistica del 1942 consente ai Comuni di espropriare le aree necessarie per la crescita urbana ma il momento storico e la conseguente mancanza di fondi, non ne permettono l’attuazione completa.

Gli anni ’50 sono la fase del miracolo economico che scatenano la forte crescita urbana, “sono le città a produrre ricchezza, richiamando mano d’opera e aumentando il fabbisogno edilizio”3. Di fronte alle espansioni urbane a macchia d’olio, la campagna è il terreno privilegiato dove gli operatori immobiliari investono, costruendo senza pensare alla dotazione di servizi necessari ai futuri abitanti.

Il primo approccio del Collettivo di Architettura nei comuni della provincia milanese avviene confrontandosi con la dura realtà delle coree, fenomeno esteso soprattutto nella fascia nord-ovest. “Si è cominciato intorno agli anni ’51-52-53, […] sono piccoli agglomerati sparsi un po’ ovunque senza nessun coordinamento, piccole casette costruite direttamente dagli immigrati che provenivano dalle aree depresse”4.

Questi aggruppamenti di case auto-costruite costituiscono un grosso problema sociale. A seguito dall’immigrazione dal meridione la gente non ha una casa e quindi cerca una sistemazione provvisoria edificando la propria abitazione con le rovine della guerra. Mancando tutti i servizi, compresi quelli di urbanizzazione primaria, la questione diventa

2 F.Oliva, La città e i piani, in Cinquant’anni di urbanistica in Italia 1942-1992, a cura di G.Campos Venuti, F.Oliva,

Laterza, Roma-Bari, cit., p. 41.

3 G.Campos Venuti, Cinquant’anni: tre generazioni urbanistiche, in Cinquant’anni di urbanistica in Italia 1942-1992, a

cura di G.Campos Venuti, F.Oliva, Laterza, Roma-Bari, cit., p. 13.

4 M.Silvani, Intervento al Convegno Regionale su “Metodi ed esperienze di pianificazione intercomunale”, a cura della

Federazione Italiana del PCI, Milano 16 giugno 1962, Unità archivistica CA 17, Archivio di Virgilio Vercelloni presso il C.A.S.V.A., Milano, cit., p.18.

un’emergenza che porta i soci del Collettivo a entrare nel vivo del problema al fine di migliorare le condizioni delle persone che vi abitano.

Alessandro Tutino individua all’inizio degli anni ’50 le leggi vigenti relative all’igiene del suolo, “di epoca fascista”5, e scopre che un’area senza acquedotto e fognature non può venire edificata: “con la bandiera di questa legge andavo nei comuni dicendo no, non si può fare e lì avevamo cominciato a dire ai privati che non potevano vendere i lottini a questa gente con l’unico fine della speculazione”6. In questo ambito nascono le

lottizzazioni convenzionate7, di cui i soci del Collettivo rappresentano gli iniziatori.

I membri dello studio si rivolgono direttamente alle Amministrazioni cercando di discutere e mediare con i proprietari terrieri per raggiungere dei compromessi: se il privato intende costruire su una certa area mancante di alcuni servizi, spetta allo stesso operatore contribuire in parte alla costruzione delle risorse; inizialmente si richiedono semplici opere di urbanizzazione primarie ma con il tempo anche scuole. “Da questa sperimentazione pratica sono nate le diverse tecniche di convenzionamento, confluite nella legge-ponte 765”8. Da semplici consulenti, i membri dello studio diventano “tecnici comunali incaricati”9 per tre, quattro comuni ciascuno i quali “si trovavano totalmente impreparati a ricevere il colpo di questo sviluppo dei loro insediamenti”10.

Contemporaneamente alle lottizzazioni, la questione del piano regolatore interessa Milano. Esso viene approvato nel 1953, costituendo un passo importante verso l’organizzazione del territorio che il Collettivo vede come uno strumento da estendere anche ai comuni dell’hinterland.

Il capoluogo lombardo è una delle prime città a dotarsi di questo strumento il quale “provvede generici servizi nelle zone di espansione, ma non indica le aree che le ospiteranno, né prescrive che queste siano fornite dai proprietari”11. La redazione di un PRG non è obbligatoria per tutti i Comuni ma solo per quelli superiori ad un certo numero

5 Intervista ad Alessandro Tutino. Verona, 28 gennaio 2010. 6 Ibidem.

7 Lottizzazioni convenzionate è un termine con cui i soci dello studio definiscono tali contrattazioni tra pubblico e

privato.

8 Intervista ad Alessandro Tutino. Verona, 28 gennaio 2010.

9 M.Silvani, Il treno rosso, ricordi e riflessioni di un uomo qualunque, documento gentilmente donato dall’autore, Milano

2001, cit., p. 74.

10 M.Silvani, Intervento al Convegno Regionale su “Metodi ed esperienze di pianificazione intercomunale”, a cura della

Federazione Italiana del PCI, Milano 16 giugno 1962, Unità archivistica CA 17, Archivio di Virgilio Vercelloni presso il C.A.S.V.A., Milano, cit., p.19.

11 G.Campos Venuti, Cinquant’anni: tre generazioni urbanistiche, in Cinquant’anni di urbanistica in Italia 1942-1992, a

di abitanti; in questo senso il Collettivo svolge un’operazione di “educazione culturale”12 nei confronti delle amministrazioni milanesi, spiegando quali sono i vantaggi che porterebbe una corretta organizzazione del territorio. Mario Silvani si concentra per esempio sull’area di San Giuliano Milanese, iniziando dapprima con le lottizzazioni e di seguito progettando un piano regolatore nella seconda metà degli anni ’50, approvato con difficoltà poiché “la Prefettura combatteva i piani regolatori comunali […] dicendo che il Comune non era obbligato a farlo e quindi non era consigliabile”13. San Giuliano è il primo comune, nel milanese, a introdurre il “concetto degli oneri di urbanizzazione a carico dei privati”14, elemento di grande novità.

Le strategie messe in campo dal Collettivo diventano una pratica quotidiana per molte amministrazioni, confluendo di seguito nella legislazione. In particolare è Alessandro Tutino che svolge il ruolo più importante di urbanista all’interno dello studio.

La prima proposta di vera riforma urbanistica viene presentata dall’Istituto Nazionale di Urbanistica (INU) nel 1960 in cui lo stesso Tutino ne ricopre la presidenza dal 1976 al 1983; in particolare vengono previste alcune norme che obbligano i proprietari a cedere a titolo gratuito al Comune il 30% dell’area totale in cui si intende intervenire, da destinare ad attrezzature pubbliche e insieme contribuire alle spese per l’urbanizzazione primaria.

12 Intervista a Mario Silvani. Segrate, 15 ottobre 2009.

13 M.Silvani, Intervento al Convegno Regionale su “Metodi ed esperienze di pianificazione intercomunale”, a cura della

Federazione Italiana del PCI, Milano 16 giugno 1962, Unità archivistica CA 17, Archivio di Virgilio Vercelloni presso il C.A.S.V.A., Milano, cit., p.19.

14 A.Tutino, 1945-1985: il governo delle trasformazioni territoriali, in L'intervento urbanistico nella periferia metropolitana.

Analisi e proposte per il comune di Rozzano, cura di Valeria Erba, Alessandro Tutino, Franco Angeli, Milano 1989.

Oltre ad essere una riforma in cui aderiscono i partiti della sinistra, il governo è attento ai contenuti tant’è che il ministro dei Lavori Pubblici Zaccagnini pubblica una proposta nel 1961 che è simile a quella dell’INU. L’anno seguente, la proposta prosegue con il problema dei terreni e delle rendite fondiarie, questione che è alla base del disegno di legge del 1962 del ministro dei Lavori Pubblici F.Sullo, del governo Fanfani. Il disegno di legge Sullo viene presentato nel giugno dello stesso anno:

“la pianificazione urbanistica si articola in: piano regionale, piano comprensoriale, piano regolatore comunale e piano particolareggiato […] il Comune promuove l’espropriazione di tutte le aree inedificate e delle aree già utilizzate per costruzioni, se l’utilizzazione in atto sia sensibilmente difforme rispetto a quella prevista dal piano particolareggiato”15.

Secondo Alessandro Tutino e Giuseppe Campos Venuti, la proposta affronta con coraggio il problema della struttura dei suoli urbani16. Il provvedimento scatena il così detto “scandalo urbanistico”: nella primavera del 1963, il ministro Sullo viene accusato di togliere al casa alla popolazione italiana.

Sulla base di questa proposta si sviluppa la legge n°167 del 1962 che mira “a favorire l’acquisizione delle aree fabbricabili per l’edilizia economica e popolare”17. Alcuni progetti a seguito di questo provvedimento sono i piani del 1963 di Montaldo per Cormano e Vimodrone, i piani del 1964 di Vercelloni per Pero, Settimo milanese e San Donato Milanese.

Un altro concetto introdotto dal Collettivo, che diventa di seguito legge, è quello degli

standard urbanistici.

“Quando si fa un piano regolatore bisognava individuare gli standard per i servizi pubblici in funzione sia delle aree di espansione che del fabbisogno arretrato cioè se mancavano scuole, asili ecc. si doveva provvedere a supplire questa carenza […] era questo uno dei

15 V.De Lucia, Dalla legge del 1942 alle leggi di emergenza, in Cinquant’anni di urbanistica in Italia 1942-1992, a cura di

G.Campos Venuti, F.Oliva, Laterza, Roma-Bari, cit., p. 92.

16 A. Tutino, G.Campos Venuti, Proposta alla Commissione Enti Locali del P.C.I. di una risoluzione sulla nuova legge

urbanistica, 26 ottobre 1962, dattiloscritto, Unità archivistica CA 18, Archivio di Virgilio Vercelloni presso il C.A.S.V.A.,

Milano, cit., p.2.

17 V.De Lucia, Dalla legge del 1942 alle leggi di emergenza, in “Cinquant’anni di urbanistica in Italia 1942-1992”, a cura

punti importanti della legge regionale che abbiamo fatto io e Morpurgo praticamente, dibattendola poi in sede regionale con forte presenza”18.

La vicenda del Piano intercomunale milanese è molto importante in questo senso; Alessandro Tutino è un componente del comitato tecnico direttivo. Nel 1959 il Ministro dei Lavori Pubblici Togni dispone la forma del PIM i cui confini vengono estesi a trentacinque comuni della provincia ed affidandone l’elaborazione al Comune di Milano. Nel 1961 Tutino presenta con De Carlo e Tintori una proposta; bisogna però aspettare il 1967 perché il piano venga approvato. Il Progetto Generale di Piano contiene al suo interno standard urbanistici da rispettare nell’elaborazione dei vari strumenti urbani. Tutino propone ad Azon, presidente del PIM, di introdurre degli standard obbligatori per tutti i comuni. Nell’anno seguente il PIM passa da trentacinque comuni a novantaquattro in seguito all’approvazione del decreto del ministro dei Lavori Pubblici Mancini; il PIM istituisce inoltre il Consorzio Intercomunale per l’edilizia Economica e Popolare (CIMEP) e contribuisce alla creazione dei centri scolastici medi superiori. Contemporaneamente, nell’agosto del 1967, viene approvata la legge n°765, cosi detta legge ponte; essa modifica sostanzialmente la legge urbanistica del 1942 e contiene alla base le idee di convenzionamento introdotte dal Collettivo. Gli obiettivi principali sono tre:

1. Applicare i piani urbanistici e garantire che vengano rispettati.

2. Vengono disposte limitazioni all’edificazione in assenza di strumenti urbanistici; diventa obbligo poter costruire solo se sono già previsti dei piani particolareggiati di iniziativa pubblica o lottizzazioni private.

3. Diviene obbligo ottenere la partecipazione dei privati alle spese di urbanizzazione che

Nel documento Il Collettivo di Architettura 1949-1973 (pagine 47-52)