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2. L'A DVERSUS CATHAROS ET VALDENSES : I CONTENUT

2.3 L IBRO TERZO

Il terzo libro dell’opera è dedicato in particolar modo alla cristologia. Già all'interno del libro primo Moneta aveva riportato alcune tesi catare che rimandavano a una concezione docetista in riferimento alla figura di Cristo1, ma in questa parte del testo le varie problematiche vengono affrontate in un modo più approfondito e con alcune probationes volte a dimostrare la correttezza della posizione della Chiesa. Vi è tuttavia un collegamento con la discussione precedente in cui il problema consisteva nel ritenere che non ci furono uomini buoni prima di Cristo: infatti, il terzo libro si apre con l'intento di stabilire se i 'precursori' di Cristo, così come vengono definiti da Moneta, furono buoni. Il primo episodio scritturale esaminato è l'annunciazione: gli eretici sostengono che l'angelo a cui venne affidata l'annunciazione a Maria fosse in realtà un angelo mandato da Satana, tesi a cui Moneta replica portando a smentita le auctoritates bibliche. Allo stesso modo si esamina il caso di Giovanni Battista e dei suoi genitori, Zaccaria ed Elisabetta: i catari ritengono che questi ultimi fossero persone malvagie, così come Giovanni Battista stesso. Essi infatti affermano che nessuno prima della nascita di Cristo poté avere lo Spirito Santo; il mondo era interamente governato dal male, un regno nelle mani di Satana. Secondo quanto riportato da Moneta, Giovanni Battista fu mandato dal diavolo e il suo stesso battesimo fu compiuto da Satana in modo da impedire il battesimo di Cristo: «dicunt etiam quod eius baptismus fuit a Diabolo, qui misit eum baptizare ut baptismum Christi impediret»2. Per quanto riguarda la figura di Maria, la madre di

1 Per una trattazione della figura di Cristo all'interno del dualismo si veda Riparelli, cfr. E. RIPARELLI, Il volto del Cristo dualista: da Marcione ai Catari, Berna 2008 (European University

Studies. Series 23, Theology 855).

Cristo, viene provato da parte di Moneta che non fu un angelo, diversamente da quanto sostenuto dagli eretici, in particolare dai catari radicali: essi infatti affermano che Maria aveva «carnem caelestem» senza possedere alcuna caratteristica di una donna umana3. Anche Gesù fu un angelo, secondo la posizione catara, e si incarnò in Maria attraverso un suo orecchio, teoria di cui si ha qui un'attestazione: «per aurem Mariae intravit in eam et per aurem eius exivit»4. In realtà questa è una tradizione ravvisabile in alcuni testi orientali, come il commento armeno di Efrem al Diatessaron di Taziano nella versione latina, in cui si legge «per aurem Mariae vita intravit»5. Nel tentativo cataro di razionalizzare i misteri, l'immacolata concezione è stata resa fisicamente tangibile, mediata da letture allegoriche (come, per esempio, quella di Efrem) snaturate in senso letterale, come una fecondazione di Dio stesso che, attraverso le parole dell'angelo, è penetrato nell'orecchio della vergine. Sia Maria che Gesù assunsero soltanto in apparenza una forma umana: «machinantur autem insuper illum Angelum, qui in muliebri forma appellatus est Maria, assumpsisse intra se alium Angelum, qui dictus est Jesus»6. Appare evidente come la narrazione catara dell'incarnazione derivi dalla loro visione fortemente negativa della generazione umana e più in generale della materia e della corporeità. Da ciò consegue che Cristo, espressione pura del bene, non può contenere in sé contaminazioni con nessuna sostanza di tipo materiale e terrena, pertanto anche il suo ingresso nel mondo deve essere mediato da una sostanza che fa parte delle creature

3 Cfr. ibid., p. 232. «Nunc videamus de Matre Christi, de qua falso loquuntur illi qui duo principia ponunt, dicentes quod carnem caelestem habuit; Angelus enim fuit, ut afferunt, nec sexum habebat foemineum, nec foemina erat in veritate».

4 Ibid.

5 EPHRAEM SYRUS, Evangelii concordantis expositio facta a Sancto Ephraemo; in Latinum translata a

Ioanne Baptista Aucher; cuius versionem emendavit, adnotationibus illustravit et edidit Georgius Moesinger, ed. G. Moesinger, Venezia 1876, p. 249.

celesti del regno immateriale. Il catarismo quindi deve necessariamente negare l'idea di un Cristo che si fa uomo, poiché ciò significherebbe che il bene viene a mescolarsi con il male, cosa che per la concezione catara è del tutto irrazionale e impossibile. Soltanto la 'carne celeste' di un angelo ‒ Cristo ‒ può essere stato il tramite attraverso il quale il bene ha avuto accesso al mondo. Si può notare inoltre come in questa visione viene recuperato il significato originario di αγγελος come messaggero, portatore del principio del bene nel regno dominato dal principio del male.

Il terzo capitolo si concentra interamente sulla figura di Cristo: l'intento di Moneta è quello di stabilire se Cristo sia Dio, se quindi abbia la stessa sostanza del Padre, oppure no; in secondo luogo verrà esaminata la questione dell'umanità di Cristo, se egli ebbe un vero corpo materiale e se morì realmente come essere umano. In ultima analisi sarà discussa la sua resurrezione e il suo ritorno per il giudizio universale. La struttura di questo capitolo ha la forma di una disputatio immaginaria con un eretico, con un susseguirsi di obietiones e solutiones; una struttura che soggiace all'intera opera ma che qui si presenta con un ritmo particolarmente serrato; nonostante questo non è tuttavia presente un carattere argomentativo di tipo speculativo, ma la disputatio si basa essenzialmente sul mostrare auctoritates bibliche volte ad avvalorare l'una o l'altra tesi.

Si è visto che i catari si rifiutano essenzialmente di riconoscere la divinità di Cristo. Essi infatti ritengono che egli sia una creatura di Dio; inoltre sarebbe dotato di un corpo celeste, quindi immateriale, esattamente come gli angeli7. Inoltre, Cristo, in quanto Figlio del Padre, è comunque posteriore – sia in senso temporale che sostanziale – al Padre e di conseguenza non è eterno; non resta quindi che concludere che Cristo non

7 Cfr. ibid., p. 234. «In hoc autem tertio capitulo de Christo errant Cathari, qui puram creaturam eum confitentur, qui duo ponunt principia: secundo autem errant quia carnem eius caelestem putant de caelo ipso in hunc mundum allatam».

può essere Dio: «ergo est posterior Patre, et ita non est aeternus. Ergo non est Deus»8. Non è ben chiaro come si ponga per i catari la figura di Cristo rispetto alle altre creature celesti, se è a loro superiore oppure se tutti gli angeli possono considerarsi figli di Dio.

All'interno di questa discussione cristologica si ritrova un'argomentazione da parte di Moneta di carattere razionale e non basata esclusivamente sulle Scritture; con essa egli intende dimostrare come Cristo sia consustanziale con il Padre. Moneta si domanda da cosa abbia avuto origine la sostanza di Cristo. Se si afferma che essa ebbe origine dalla sostanza del Padre bisogna indagare se Cristo ebbe la sua sostanza dal Padre per intero o soltanto in parte. Non è possibile sostenere che la ebbe soltanto in parte, dal momento che la sostanza divina non è suddivisibile in parti, dato che non è una sostanza composta. Di conseguenza Cristo ebbe la sua sostanza dall'intera sostanza del Padre, in conclusione non resta da ammettere che il Figlio è un'unica sostanza col Padre. D'altra parte non si può affermare che Cristo ebbe la sostanza da qualcosa d'altro all'infuori del Padre, dal momento che la generazione è univoca: così come l'uomo genera l'uomo, così Dio genera Dio. Non si può che concludere che Padre e Figlio sono un'unica sostanza, di conseguenza anche un'unica potenza e quindi il Figlio è necessariamente uguale al Padre9.

8 Ibid., p. 238.

9 Cfr. ibid., p. 242. «Modo quaero: ex quo eum substantialiter genuit? De substantia sua, an non? Si dicas: de substantia sua: ergo dedit ei vel totam substantiam suam, vel partem eius. Sed partem non, quia divina substantia impartibilis est, quia incomposita est, cum omne compositum sit creatum. Dedit ergo ei totam substantiam suam. Ergo est Filius unius substantiae cum ipso. Si dicas quod de alia substantia eum genuit: hoc esse non potest, quia veritas generationis diversitatem generis, hoc est, naturae non admittit; generatio enim univoca est, sive in eadem specie; homo quippe generat hominem et equus equum: ergo et Deus Deum. Ex quo patet quod una est substantia Patris, et Filii, et ad hoc sequitur quod una sit potentia utriusque et sic erit Filius aequalis Patri».

All'interno dei capitoli seguenti vengono esposte le tesi catare a cui Moneta ha già precedentemente accennato. I catari negano che Cristo fosse realmente nato da Maria, che soffrì materialmente la passione e morì realmente sulla croce; essi sostengono che dal momento che Cristo non ebbe un corpo materiale, non poté neppure compiere nessuna azione che avesse a che fare con la corporeità, e che di conseguenza anche i miracoli furono soltanto apparenti. I catari rifiutano inoltre che Cristo avesse un'anima umana con tutte le facoltà conseguenti, proprio in virtù del fatto che in realtà era un angelo10. Per quanto riguarda la resurrezione, essa è inammissibile, proprio a partire dalle premesse del catarismo che non ammette una resurrezione del corpo; dato che materia e corpi sono stati posti in essere dal diavolo, nulla di corporeo e materiale può ascendere al regno immateriale e incorruttibile.

Il libro terzo dell'opera si conclude con una trattazione dedicata allo Spirito Santo e con l'analisi da parte di Moneta del concetto di trinità. A ben vedere è proprio la struttura dei primi tre libri dell'Adversus catharos et valdenses a seguire un andamento trinitario: dopo aver parlato del primo principio che è il Dio Padre (libri primo e secondo), si passa a Cristo e allo Spirito Santo (prima e ultima parte del libro terzo). La probatio da parte di Moneta consiste nel mostrare come lo Spirito sia Dio, eguale quindi nella sostanza al Padre e al Figlio11, tuttavia non sono presenti argomentazioni filosoficamente rilevanti.

10 Cfr. ibid., p. 260. «Negant eum habere animam et dicunt istud corpus phantasticum, quod habuit secundum eos vegetatum fuisse ab Angelo quem Deus misit in mundum».

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