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L’impegno per la rinascita dell’Accademia dei Catenati

Nazzareno Gaspari

La partecipazione attiva di Dante Cecchi alla vita dell’Accademia dei Catena-ti per ben settanta anni (dal 1945 al 2015) ne fa l’accademico con la militan-za più lunga nella storia del sodalizio maceratese fondato nel 1574; e se quella dei Catenati è una delle pochissime Accademie di origine cinquecentesca an-cora oggi in attività (non più di otto, metà delle quali sorte successivamente al 1574), è anche grazie all’impegno da lui profuso nei vari incarichi ricoperti:

pro-segretario già nel 1945, consigliere per più mandati in vari decenni, con-sigliere-vicario, Principe dal 2002 al 2010, infine Principe onorario negli ulti-mi anni di vita.

L’attività svolta come Catenate costituisce un aspetto della intensa e fe-conda vita di studioso di Dante Cecchi che ne evidenzia in particolare la di-mensione rivolta all’animazione e alla promozione culturale oltre gli ambiti propriamente istituzionali, nel solco della migliore tradizione accademica; ne mette in luce lo stile personale conforme allo spirito degli alacres sequentes, me vollero definirsi i Catenati delle origini, per la volontà e la capacità di co-niugare leggerezza e profondità, curiosità e rigore; e ne esprime compiutamen-te quella che è stata una delle molle principali del suo costancompiutamen-te incompiutamen-teresse per la ricerca: l’amore per la storia e la cultura della propria terra.

Nelle pagine che seguono viene ricostruito il contesto storico e culturale in cui maturò l’aggregazione di Dante Cecchi all’Accademia dei Catenati nei mesi della rinascita postbellica e vengono richiamati alcuni degli studi che, per

motivazione o destinazione, sono direttamente riconducibili all’appartenenza all’Accademia, tenendo sullo sfondo il contributo propositivo e organizzativo dato nell’esercizio delle molteplici cariche accademiche da lui ricoperte negli anni.

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L’aggregazione di Dante Cecchi avvenne nel 1945, quando un gruppo di per-sone di cultura maceratesi ebbe la felice intuizione di sollevare l’antica Acca-demia dalla inoperosità in cui versava dalla fine del secolo precedente. Nello slancio della ricostruzione morale e materiale che animava gli ambienti cultu-rali e politici più aperti di Macerata e Provincia, prese infatti corpo la consape-volezza che per l’Accademia dei Catenati si stessero «riaffacciando le premesse per la sua esistenza più insistenti e più urgenti di allora: il sorgere del dovere, in quanti lo possono, di lavorare a tutta lena onde la poesia delle idealità spi-rituali abbia il sopravvento sulla forza del nudo istinto, ora che l’uomo torna ad avere il diritto a far funzionare il proprio cervello, unità pensante non nu-mero monotonamente indicativo in grigia massa di abulici, seppur rumoreg-gianti automi»1.

Nella Storia delle Accademie d’Italia pubblicata nel 1926, Michele May-lender aveva iniziato le pagine dedicate all’Accademia dei Catenati con un ac-corato rimprovero: «Spontaneo e sincero, scevro però da ogni acredine, s’im-pone alla nostra penna un rimprovero: Macerata, la colta, la generosa ed invi-diata regina del Piceno, ha lasciato spegnersi, ha sacrificato all’edacità del tem-po, senza rimpianto, senza il benché minimo tentativo di preservarla, l’antica Accademia dei Catenati!» 2. Maylender faceva risalire il «repentino, brusco ed inconsiderato troncamento» al periodo immediatamente successivo alla

torna-1 Così un anonimo corsivo sul settimanale maceratese Il Cittadino del 3 febbraio torna-1945, p. 2.

2 M. Maylender, Storia delle Accademie d’Italia, vol. I, Bologna, Cappelli, 1926, p. 508.

ta accademica del 1868, che aveva visto tra l’altro l’ingresso nell’Accademia di Terenzio Mamiani. In realtà la presenza organizzata dei Catenati è documen-tata almeno per i successivi due decenni: il 6 giugno 1869 si svolse una so-lenne tornata accademica nella Gran Sala del Palazzo Prefettizio per celebrare la Festa dello Statuto, come risulta dal resoconto che ne diede Il Vessillo del-le Marche3; nell’occasione fu anche data lettura di una lettera dell’accademico Niccolò Tommaseo; nel 1871 fu eletto Principe dei Catenati Teofilo Valenti, già reggente dal dicembre 1868; nel 1884 il segretario dell’Accademia Raffaele Foglietti fu interpellato per informazioni utili al progetto del pittore Giovan-ni CingolaGiovan-ni di realizzare una grande tela raffigurante Torquato Tasso nell’at-to di sotnell’at-toporre la Gerusalemme Liberata al giudizio dei Catenati4. Ma, indi-pendentemente dall’esatta determinazione del periodo a cui il “troncamen-to” dell’attività risaliva, resta il fatto che esso si era indubbiamente verificato, sull’onda degli eventi che avevano profondamente modificato gli scenari po-litici e culturali nel secondo Ottocento; e quel “rimprovero” accorato di May-lender appare un riconoscimento autorevole del ruolo culturale svolto dall’Ac-cademia dei Catenati nei primi tre secoli di vita, essendo un riconoscimento che per calore e motivazioni non trova eguali nei cinque volumi in cui il mas-simo storico delle Accademie italiane ricostruisce l’attività e registra l’estinzio-ne di oltre duemila di esse.

È dunque comprensibile la volontà affermatasi nel 1945, nel clima di ri-nascita culturale oltre che politica ed economica che animò quel periodo, di ricollegarsi direttamente alla tradizione dei Catenati e di risvegliare la storica Accademia dal troppo lungo letargo in cui era caduta; quella volontà matu-rò nell’ambito degli incontri e degli interessi culturali suscitati dalle Lecturae Dantis programmate tra gli ultimi mesi del 1944 e i primi del 1945 con

ca-3 Il Vessillo delle Marche, 9 giugno 1869, pp. 270-271.

4 E. Bettucci, Torquato Tasso che sottopone al giudizio dell’Accademia dei Catenati in Macerata la Gerusalemme Liberata, Macerata, Tipografia Cortesi, 1885, p. 4. La tela di cui trattasi si trova oggi nel Salone d’onore della Prefettura di Macerata.

denza settimanale – ogni martedì alle 17,15 – nella Sala della Vittoria (attuale Sala consiliare) del Palazzo comunale di Macerata. Le Lecturae furono affida-te non solo a docenti (come Filippo Ingletto, Nazzareno Cioppettini, Flavio Parrino, Filippo Bonugli, Dante Cecchi), ma anche ad ecclesiastici come don Silvio Ubaldi e ad affermati professionisti come gli avvocati Fernando Tam-broni e Rinaldo Franciosi, a testimoniare il coinvolgimento di tutte le risorse culturali della città.

L’allora giovanissimo Dante Cecchi condusse la lectura del canto XXV dell’Inferno il 27 marzo 1945.

La prima traccia dell’idea di ridare vita all’Accademia dei Catenati la tro-viamo, non casualmente, proprio in esplicita connessione con queste Lecturae Dantis: su Il Cittadino del 3 febbraio 1945, un anonimo corsivista subito dopo aver espresso plauso per l’iniziativa delle Lecturae ed aver manifestato “confor-to” per la “ripresa nel campo culturale” di cui esse erano prova, parlò dell’idea di «dare nuova vita alla Accademia dei Catenati»5, rilevando la presenza delle condizioni che rendevano “insistente ed urgente” la sua esistenza come sopra riportato.

Alla ricostituzione dell’Accademia si pervenne attraverso una serie di pas-saggi che videro impegnati «per varie sedute e innumerevoli vivaci discussioni»6 esponenti di riconosciuto prestigio della cultura maceratese, resisi benemeriti nella scienza, nella letteratura e nell’arte in rinomate istituzioni locali o di al-tre città.

«Appena la Nazione poté riacquistare la libertà del suo territorio e del suo avvenire, un gruppo di cittadini, primo fra essi il compianto Prof. Ferdinando Lori […], si accinse a rinnovare la vita della non mai dimenticata Accademia dei Catenati, conservandone, in omaggio alle nobili tradizioni, i riti e le regole,

5 Il Cittadino, 3 febbraio 1945, p. 2.

6 L’Accademia dei Catenati durante il decennio della sua ricostruzione, Macerata, Tip. S. Giuseppe, 1957, p. 5.

con aderenza però all’andamento dei tempi ed al perfezionamento degli studi, al disopra di ogni divisione politica e campanilistica, guardando unicamente alla scienza, alla letteratura, all’arte»7.

Si formò anzitutto un Comitato promotore spontaneo nelle persone di Ferdinando Lori, Amedeo Ricci, Guido Ghino Vitali, Pierluigi Perri, don Sil-vio Ubaldi, Ferruccio Giuseppucci, Ezio Sebastiani. Da un resoconto informa-le della riunione tenuta dal Comitato il 28 giugno 1945 nella Sala VII della biblioteca Mozzi-Borgetti, conservato nell’Archivio dei Catenati, conosciamo l’identità dell’anonimo corsivista che nel febbraio precedente su Il Cittadino aveva per primo auspicato la rinascita dell’Accademia: «Il dott. Pierluigi Perri informa che sin dal 3 febbraio 1945 espresse su Il Cittadino l’idea di ricostitu-ire l’Accademia dei Catenati e si compiace che tale proposito sia stato raccolto […]». Nella stessa riunione Ferdinando Lori invitò i presenti a formulare nella successiva adunanza «un elenco di persone distintesi nel campo delle Scienze, delle Lettere e delle Arti da aggregare all’Accademia», e l’anonimo verbalizzan-te annotò seduta stanverbalizzan-te in un angolo del foglio quelli che a suo giudizio erano i primi “nominativi da proporre”: nell’ordine Isabella Ciccolini Costa, Dante Cecchi, Flavio Parrino, Mario Biagini8.

Dante Cecchi dunque, pur ancora giovanissimo, fresco di laurea e alle prime esperienze di insegnamento, fu individuato tra i primissimi candidati a far parte della ricostituita Accademia dei Catenati9.

Il Comitato promotore spontaneo, seguendo un protocollo rigoroso e collaudato, elesse successivamente un Senato Accademico di cinque membri, uno per ciascun settore culturale, a cui demandò il compito di nominare il

7 Istituzioni culturali della Provincia di Macerata (nell’attualità e nelle origini), a cura del Consorzio provinciale obbligatorio per l’istruzione tecnica e dell’Accademia dei Catenati, Tolentino, Tipografia Filelfo, 1953, p. 13.

8 Dal resoconto informale della riunione del 28 giugno 1945, verosimilmente stilato da Amedeo Ricci, conservato nell’Archivio dell’Accademia dei Catenati.

9 L’aggregazione all’Accademia, fin dalle origini, avviene per cooptazione.

primo nucleo di accademici e promuovere le prime iniziative pubbliche; es-so risultò composto da Ferdinando Lori, già docente al Politecnico di Milano e all’Università di Padova di cui era stato anche rettore, per le Scienze; Biagio Biagetti, già direttore dei Musei Vaticani e del Laboratorio Vaticano per il re-stauro, per le Arti visive; Lino Liviabella, docente di Composizione al Conser-vatorio di Bologna, per la Musica; Elia Bonci, artista e docente, per la Critica d’arte; don Silvio Ubaldi, studioso e docente, per le Lettere.

Il 3 novembre il Senato Accademico varò il primo elenco ufficiale degli Accademici, in tutto ventisei: tre per le Scienze naturali, fisiche e matemati-che; nove per le Arti visive e la Musica; quattordici per le Discipline letterarie, morali, storiche, sociali, giuridiche ed economiche; tra questi Dante Cecchi.

Il 25 novembre successivo, nella Sala della Vittoria del Palazzo comunale (la stessa delle Lecturae Dantis), alla presenza delle principali autorità cittadine e provinciali e di un folto pubblico, l’Accademia riprese ufficialmente le atti-vità con la proclamazione dei nuovi Accademici e due conferenze, rispettiva-mente di don Silvio Ubaldi sulla storia dell’Accademia stessa e sui motivi della sua ricostituzione («chiamare a raccolta uomini di buona volontà per ravvivare il culto della scienza, ed attraverso questa, rieducare al bello, al buono, alla giu-stizia, alla libertà»10) e di Ferdinando Lori sulle conquiste della Fisica moderna.

Nella stessa seduta gli Accademici deliberarono la conferma delle “leggi acca-demiche” promulgate nel 1779 e riformate nel 1829 e nel 1868 (ricollegan-dosi quindi – quanto a finalità e organizzazione – alla tradizione) ed elessero i membri del nuovo Consiglio: tra i più votati Ferdinando Lori, che fu acclama-to Principe, e Dante Cecchi che assunse la carica di pro-segretario.

In un notiziario dell’Accademia dei Catenati, dato alle stampe nel maggio 1962, così Pierluigi Perri ricorderà quei mesi: «[…] bisognava avere il coraggio di ricominciare, risollevando se stessi nella fiducia, nella fede; rigenerando in sé e negli altri la disciplina del dovere, la coscienza della responsabilità, il senso

10 Annali della Accademia dei Catenati 1965, Macerata, Tip. S. Giuseppe, 1965, p. 7.

dell’onesto […]; rigenerando i valori etici e culturali della nostra gente; riac-cendere la fiamma della saggezza e della sapienza. In quei lunghi e tetri giorni dell’anno 1944 e parte dell’anno 1945 eravamo spalle a terra […] per cui po-tevamo, nella miserevole condizione in cui eravamo caduti, vedere le stelle e fidare nelle stelle […]. Dicemmo: perché non diamo nuovamente vita alla Ac-cademia dei Catenati?»11.

Le prime attenzioni della ricostituita Accademia nello scorcio del 1945 furono rivolte alle condizioni economiche del territorio maceratese e ai «mezzi per una ricostruzione rapida e sicura dopo il ciclone bellico»12.

Ma già agli inizi del 1946 iniziarono le manifestazioni di carattere pro-priamente storico-letterario e Dante Cecchi fece il suo esordio come relatore nella prima tornata del “secondo anno di attività della risorta Accademia” con una conferenza su Il Parlamento della Marca di Ancona dal 1334 alla fine del sec. XVIII, tenuta il 29 febbraio nella Sala Castiglioni della biblioteca Moz-zi-Borgetti13.

Per dare un’idea del prestigio già guadagnato “sul campo” dal giovane Cecchi, basti ricordare che la successiva tornata accademica organizzata in quell’anno, il 19 maggio, vide protagonista il rettore dell’Università di Mace-rata Luigi Nina.

Le uscite pubbliche dell’Accademia suscitarono l’interesse, oltre che di singoli cittadini, anche di enti culturali ed economici; e i dirigenti della Cas-sa di Risparmio di Macerata, essendo ricorso nel 1944 il primo centenario di fondazione dell’Istituto, presero contatto nel 1947 con i Catenati per la realiz-zazione di un volume sulla sua storia. L’opera, che avrebbe riguardato la

sto-11 Notiziario dell’Accademia dei Catenati, maggio 1962, p. 2.

12 L’Accademia dei Catenati durante il decennio della sua ricostruzione, p. 8.

13 Ibidem. Cecchi nella conferenza anticipò quello che sarebbe divenuto il nucleo della pubblicazione data alle stampe quasi vent’anni dopo, ovvero Il Parlamento e la Congregazione Provinciale della Marca di Ancona, Milano, Giuffrè, 1965.

ria della sede di Macerata insieme a quella delle varie Casse e Istituti Popola-ri di Credito e Risparmio sorti nei centPopola-ri della Provincia e fusisi nel corso dei cento anni e più, fu affidata a quattro accademici: Dante Cecchi per la par-te storica; Ezio Sebastiani per la parpar-te economica; Guido Ghino Vitali per la parte contabile; Amedeo Ricci per le biografie. Agli inizi del 1949 l’elaborato fu presentato al committente che espresse la propria soddisfazione al Princi-pe dell’Accademia Orlando Buonaccorsi, succeduto nel frattempo a Ferdinan-do Lori: «Questa Amministrazione ha molto apprezzato il pregevolissimo la-voro, ammirandone la profondità, la completezza dello studio e l’accuratezza della compilazione. Pertanto assolvo il gradito incarico dell’Amministrazione di esprimere all’Accademia il suo compiacimento vivissimo»14. Ma il volume, contrariamente agli auspici e alle promesse, non vide subito la luce. Costituì il nucleo di un’edizione fuori commercio uscita molti anni dopo, per il 125° an-niversario della stessa Cassa di Risparmio15.

Le ricorrenze secolari avrebbero costituito uno dei principali motivi delle scelte tematiche e dei contributi culturali di Dante Cecchi alle attività dell’Ac-cademia. Amava cogliere le opportunità offerte da speciali anniversari per con-centrare l’attenzione sua e degli Accademici sui grandi fatti e protagonisti della storia religiosa, letteraria, artistica e scientifica; il motivo lo spiegò egli stesso:

«[...] a ben poco servirebbero queste ricorrenze, se fossero motivo soltanto di celebrazioni più o meno obbligate; raggiungeranno invece qualcosa di vivo se ci spingeranno, oltre che ad una più approfondita conoscenza di quelle anime grandi, ad una sincera meditazione»16.

14 Dalla lettera del presidente della Cassa di Risparmio al Principe dell’Accademia dell’8 febbraio 1949, riportata in L’Accademia dei Catenati durante il decennio della sua ricostruzione, p. 11.

15 Cecchi (a cura di), La Cassa di Risparmio della provincia di Macerata nel CXXV anniversario della sua fondazione, Tolentino, Tipografia Filelfo, 1970.

16 Annali della Accademia dei Catenati 1965, p. 25.

Nel 1947 un centenario duplice impegnò l’Accademia e in prima persona Dante Cecchi: quello della fondazione della Chiesa della Madonna della Mi-sericordia (secondo la tradizione sorta il 16 agosto 1447) e quello di San Giu-liano Ospitaliere. Fin dalle sue origini, l’Accademia si era resa parte attiva nel-la celebrazione degli avvenimenti e delle ricorrenze religiose e civili delnel-la cit-tà inserendo sempre tra le diverse manifestazioni una propria iniziativa. Così fu il 9 settembre 1947, quando nella Sala della Vittoria del Palazzo comunale Carlo Carletti parlò de “La Madonna della Misericordia nella venerazione del Piceno” e Dante Cecchi trattò della “Leggenda di San Giuliano”, «spaziando non solo nella Letteratura italiana, ma anche straniera, particolarmente belga e francese»17.

Per il IV centenario della morte di Michelangelo (1964), Cecchi tenne una conferenza su “Fede ed arte in Michelangelo” nella quale, pur dando at-to che «la profondità dello spiriat-to di Michelangelo si esprimeva molat-to meglio con il pennello e con lo scalpello anziché con la penna», affermò tuttavia come indubbio che il grande artista «sarebbe ricordato come uno dei lirici più note-voli del Cinquecento anche senza la Cappella Sistina e le Tombe Medicee»; e le «passioni della sua anima ed i motivi della sua ispirazione artistica trovano nelle “Rime” un commento autentico ed efficacissimo»18.

Per il VII centenario della nascita di Dante Alighieri (1965) si impegnò in un’ampia ricerca su “Il paesaggio marchigiano nella Divina Commedia”, pren-dendo le mosse dai versi 68-69 del canto V del Purgatorio, in cui il sommo poeta fa indicare al fanese Iacopo del Cassero quel paese / che siede tra Roma-gna e quel di Carlo, per commentare le terzine in cui si parla del Montefeltro (Inferno, XXVII), del promontorio di Focara (Inferno, XXVIII), di San Leo (Purgatorio, IV), del Catria e di Fonte Avellana (Paradiso, XXI), dell’Appen-nino (Purgatorio, XIV), di Urbisaglia e Senigallia (Paradiso XVI), sempre nella

17 L’Accademia dei Catenati durante il decennio della sua ricostruzione, p. 16.

18 Annali della Accademia dei Catenati 1965, p. 21.

consapevolezza che «nella Divina Commedia il paesaggio non è fine a se stesso ma è espressione di personaggi, di ideali, di problemi morali»19.

Sul nostro “paesaggio” tornò l’anno successivo, il 21 agosto 1966, in un contesto e con riferimenti del tutto diversi, quando in occasione della mostra retrospettiva allestita dal Comune di Montelupone per onorare la memoria del pittore Corrado Pellini, scomparso nel 1943 a venticinque anni, fu chiamato a tenere l’orazione ufficiale a nome dell’Accademia dei Catenati e illustrò come il giovane artista avesse trovato «prevalentemente nel suo e nostro paesaggio la voce interiore che lo ispirò, mite e gentile, misurata e schiva»20.

Nel frattempo Cecchi aveva dato il suo sostegno e la sua fattiva collabo-razione alla organizzazione di diverse iniziative, tra cui sono da ricordare una nuova serie di Lecturae Dantis (presso la Sala della Vittoria del Palazzo comu-nale nel 1948 e nell’Aula Magna dell’Università nel 1949); la commemora-zione della Costitucommemora-zione di Macerata in libero Comune tenuta il 6 novembre 1951; la tornata in onore di padre Matteo Ricci dell’8 novembre 1952 in occa-sione del IV centenario della nascita del missionario; la Mostra del libro svolta-si a Macerata dal 7 al 14 dicembre 1952 con un cospicuo settore dedicato agli Accademici Catenati; il venticinquesimo anniversario dei Patti Lateranensi ce-lebrato nel 1954 nell’Aula Magna dell’Università; le mostre d’arte di Giuseppe Fammilume, Giuseppe Mainini, Bruno da Osimo, Giuseppe Felici, Lamber-to Massetani. Aveva daLamber-to altresì il suo contribuLamber-to alla ricerca delle forme or-ganizzative più adeguate dell’Accademia, ricerca passata attraverso travagliate revisioni del Regolamento generale deliberate rispettivamente il 18 dicembre 1949, il 6 luglio 1950, il 17 febbraio 1951, il 6 luglio 1954, il 16 settembre 1956, il 10 giugno 1963.

Nel settembre 1956 era stato protagonista di un fatto singolare, frutto dei molteplici versanti del suo impegno. Nella ricorrenza del primo decennio

del-19 Ivi, pp. 26-33.

20 Annali della Accademia dei Catenati 1967-68, pp. 7-9.

la ripresa dell’Accademia, tra le varie iniziative era stato programmato per il 16 di quel mese un solenne ricevimento dei Catenati in Comune: essendosi do-vuto assentare quel giorno per cause di forza maggiore il sindaco Elio Ballesi, toccò al pro-sindaco, appunto Dante Cecchi, ricevere i colleghi Accademici e rivolgere loro un appassionato discorso augurale a nome dell’Amministrazione comunale e della città.

Com’è immaginabile, Cecchi rivolse i suoi interessi di studioso anche alla storia dell’Accademia dei Catenati. Non solo nel 1984 stilò una sintetica sto-ria dandola alle stampe nella forma di un agile depliant pro manuscripto poi ristampato nello stesso formato nel 2002, ma negli anni Sessanta aveva esplo-rato ed approfondito un poderoso corpo di manoscritti, conservati nella bi-blioteca Mozzi-Borgetti di Macerata, collegati alle origini dell’Accademia e ai suoi primi membri. Si trattava di ben cinquecentotrentatré composizioni ita-liane e latine in gran parte opera di Fabio Ranucci21, Catenate della prima ora e Principe dell’Accademia nel 1587, colui che in tale veste il primo novembre

Com’è immaginabile, Cecchi rivolse i suoi interessi di studioso anche alla storia dell’Accademia dei Catenati. Non solo nel 1984 stilò una sintetica sto-ria dandola alle stampe nella forma di un agile depliant pro manuscripto poi ristampato nello stesso formato nel 2002, ma negli anni Sessanta aveva esplo-rato ed approfondito un poderoso corpo di manoscritti, conservati nella bi-blioteca Mozzi-Borgetti di Macerata, collegati alle origini dell’Accademia e ai suoi primi membri. Si trattava di ben cinquecentotrentatré composizioni ita-liane e latine in gran parte opera di Fabio Ranucci21, Catenate della prima ora e Principe dell’Accademia nel 1587, colui che in tale veste il primo novembre