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Storico del diritto e delle istituzioni nell’Ateneo maceratese

Luigi Lacchè

Sono grato ai curatori di questo volume dedicato al prof. Dante Cecchi. È un volume tempestivo, necessario, mosso dall’affezione ma anche da una più complessiva visione storico-critica delle tante sfaccettature della personalità di Cecchi. Sono, poi, specialmente grato perché l’invito a introdurre il volu-me mi consente di ricordare – molto brevevolu-mente – il Dante Cecchi docen-te dell’Università di Macerata. In realtà, per la ricostruzione del suo percorso accademico devo rimandare ai contributi puntualissimi di Giammario Borri.

La sua bibliografia sarà imprescindibile in futuro. In questa sede, nella mia ve-ste di rettore, voglio solo ricordare il legame scientifico di Cecchi con l’Ate-neo maceratese. Una buona parte della vita professionale del prof. Cecchi si è frammista alle sorti di una Università che amava profondamente e della quale riconosceva la fondamentale dimensione identitaria, oltreché culturale e scien-tifica, per la città e per il suo territorio. È stato il prof. Paolo Grossi – storico del diritto di fama mondiale e oggi illustre presidente della Corte Costituzio-nale – a “portare” Cecchi in Ateneo, nel 1963, come assistente volontario alla cattedra di Storia del diritto italiano presso l’antica Facoltà di Giurisprudenza.

A partire da quell’anno Cecchi non ha più lasciato l’Ateneo sino al pensiona-mento e al fuori ruolo, nel 1998. Dunque, trentacinque anni in Ateneo.

Il mio ricordo di Dante Cecchi è quello di un collega che appartiene allo stesso “settore scientifico-disciplinare”, l’allora “storia del diritto italiano”, poi

“storia del diritto medievale e moderno”. Per me evocare Paolo Grossi signifi-ca evosignifi-care il Maestro del mio Maestro, cioè Mario Sbriccoli, altro grande ma-ceratese, che proprio nel 1964 si sarebbe laureato con il professore fiorentino.

Sbriccoli è stato dapprima suo assistente ordinario e poi il suo primo allievo ad andare in cattedra nel 1970, per diventare rapidamente uno dei più illustri docenti e studiosi dell’Università di Macerata sino alla sua prematura scom-parsa nel 2005.

Ho avuto l’onore di succedere a grandi Maestri come Paolo Grossi e Ma-rio Sbriccoli e, dal 1992, di essere, io meno che trentenne, un collega del prof.

Cecchi nei suoi ultimi anni di insegnamento. Non faccio fatica a ricordarlo co-me il “professore del sorriso” (Borri), con il suo fare bonario e attento, sempre disponibile verso gli studenti che ne apprezzavano la grande umanità. Sarebbe interessante ricostruire il lavoro di Cecchi come promotore di ricerche. Credo che abbia avuto diverse centinaia di laureati…

Per capire però lo studioso di storia del diritto bisogna ritornare indietro nel tempo. Cecchi non era allievo di Grossi. In realtà il suo “Dna” scientifico era nato con la tesi di laurea in Giurisprudenza (era già laureato in Lettere) di-scussa nel 1945 avendo come relatore il prof. Antonio Marongiu. Si trattava di un “piccolo” ma serio lavoro dedicato a Il Parlamento nella Marca di Ancona dal 1357 alla fine del secolo XVIII, consultabile presso la biblioteca Mozzi-Bor-getti. Antonio Marongiu (1902-1989) si era formato a Roma con Francesco Brandileone discutendo nel 1924 una tesi di laurea sui parlamenti sardi nella storia del diritto pubblico comparato. Proprio questo primo interesse avrebbe segnato tutto il suo impegno scientifico diventando il più importante studioso italiano delle antiche assemblee “costituzionali” del Medioevo e dell’Età mo-derna, ricostruendo in chiave comparativa una vicenda fondamentale del “co-stituzionalismo” antico o pre-moderno, intrecciandola con la storia delle auto-nomie politiche (in Sardegna, Sicilia, ecc.) e dei ceti parlamentari. Marongiu è stato uno storico del diritto che ha contribuito alla nascita e al processo di identificazione e autonomizzazione della “storia delle istituzioni politiche” con

particolare riguardo alle istituzioni parlamentari. Uno storico diviso tra la di-mensione giuridica e quella politica. Del resto si era anche laureato in Scien-ze politiche con Luigi Rossi, un costituzionalista “storico”. Marongiu è stato un “grande sardo”, legatissimo alla sua terra e alle sue tradizioni (v. soprattut-to i ricordi della sua allieva Maria Sofia Corciulo, Profilo di Ansoprattut-tonio Marongiu (1902-1989), in Le carte e la storia, 2, 2012, pp. 33-39; (a cura di), Ricordo di Antonio Marongiu. Giornata di studio, Roma 16 giugno 2009, Soveria Man-nelli, Rubbettino, 2013). Marongiu era arrivato a Macerata in anni difficili, nel 1939, come titolare di Storia del diritto italiano, dopo aver insegnato ad Urbino e Cagliari. A Macerata rimase per un decennio nella Facoltà dei rettori Costantino Mortati e Luigi Nina.

Quindi, non meraviglia affatto che Dante Cecchi fosse stato avviato da Marongiu allo studio della più importante esperienza parlamentare medieva-le nella Marca a partire dall’età del medieva-legato pontificio Egidio Albornoz che pro-prio nell’assemblea di Fano del 1357 fece pubblicare le celebri Constitutiones Sanctae Matris Ecclesiae (meglio note come Constitutiones Aegidianae). Guar-dando la bibliografia di Cecchi, si vede come molto probabilmente siano stati l’incontro con Paolo Grossi e la nomina ad assistente volontario di Storia del diritto italiano, avvenuta il 23 ottobre 1963, a riportare lo storico macerate-se verso gli interessi degli anni Quaranta. Infatti, nei quasi venti anni trascorsi dalla laurea in Giurisprudenza Cecchi aveva scritto piccoli contributi di occa-sione su personaggi e istituzioni maceratesi, coltivando sempre – è ipotizzabile – l’idea di riprendere in mano il tema oggetto della sua tesi di laurea con Ma-rongiu. Così lo studioso delle tradizioni popolari e l’autore di commedie dia-lettali di successo pubblicò nel 1965 una monografia dal titolo Il Parlamento e la Congregazione provinciale della Marca di Ancona, Milano, Giuffrè, nella pre-stigiosa collana dell’Archivio della Fondazione italiana per la storia ammini-strativa, diretta dal fondatore Gianfranco Miglio. Negli anni successivi Dante Cecchi proseguì il suo percorso di ricerca nell’ambito della Storia dell’ammi-nistrazione pubblica, la materia e l’insegnamento universitario che più

rispec-chiavano i suoi interessi scientifici. Parallelamente alla sua opera eclettica di scrittore e di storico locale, Cecchi pubblicava nel 1968-1969 L’organizzazione amministrativa nel Dipartimento del Musone (1798-1799), Urbino, Argalia, 2 voll. Risalgono poi al 1975 e al 1978 i due volumi L’amministrazione pontificia nella 1a Restaurazione, 1800-1809, Macerata, Tip. Maceratese (Deputazione per la storia patria delle Marche. Studi e Testi, 9) e L’amministrazione pontificia nella 2a Restaurazione (1814-1823), Macerata, Tipografia Biemmegraf (Depu-tazione per la storia patria delle Marche. Studi e Testi, 11). Attorno a queste ricerche più ampie, ben documentate e dal metodo rigoroso, lo storico mace-ratese pubblicò molti altri saggi, approfondendo aspetti specifici.

L’altro grande interesse scientifico come storico del diritto e delle istitu-zioni è stato quello legato alla grande vicenda degli statuti comunali. In que-sto ambito Cecchi ha pubblicato sin dal 1966 diventando un punto di rife-rimento imprescindibile per tutti i cultori del lungo Medioevo marchigiano.

In quell’anno pubblicò la sua prima edizione: gli Statuta castri Campirotundi (1322-1366): proprietà fondiaria ed agricoltura negli statuti della Marca di An-cona, Milano, A. Giuffrè (Deputazione per la storia patria delle Marche. Stu-di e Testi, 5), avviando un intenso percorso che lo porterà a stuStu-diare e curare edizioni di statuti delle città ma anche di terrae e castra. Parliamo, tra gli altri, di Apiro, Colmurano, Fiastra, Macerata, Sefro, Serrapetrona, Fermo, Jesi, Se-nigallia, Filottrano, Montemarciano, Ostra, Ostra Vetere, Recanati, Tolentino, Castelfidardo, Sanseverino, Staffolo, Serra San Quirico. Attraverso gli statuti Cecchi ricostruiva il tessuto consuetudinario e normativo delle comunità lo-cali e rappresentava le tradizioni e le pratiche della vita sociale, confermando il suo particolare interesse per la vita concreta degli uomini nelle loro comunità territoriali. Su questo terreno incontriamo lo studioso ma anche l’uomo che amava gli altri uomini e che voleva capire meglio il funzionamento delle socie-tà e delle loro istituzioni. Anche per questo l’Universisocie-tà di Macerata continua a ricordarlo con sincera stima e affetto.

Con il corpo docente del Liceo Classico (in seconda fila al centro, con gli occhiali). Anni Cinquanta.

In gita con colleghi e studenti del Liceo Classico di Macerata (Vienna 1950).

Con i colleghi e gli studenti del III liceo, classi A e B (09/03/1954).

Con i colleghi e gli studenti del III liceo, classi A e B (10/03/1953).

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