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generAl pAnel corporAtion

2.2 L’industrializzazione edilizia in Italia

In Italia, dai primi anni del Novecento, si iniziano a sviluppare sistemi pre- fabbricati realizzati in calcestruzzo armato: piccoli componenti strutturali per solai ed elevazioni ma anche sistemi più complessi, come quelli sperimentati da Pierluigi Nervi e da Angelo Mangiarotti. L’impiego di prefabbricati in cal- cestruzzo si diffonderà a partire dagli anni Sessanta anche grazie alla crescente meccanizzazione del cantiere, che permetteva di movimentare parti pesanti e velocizzare le procedure di manodopera, riducendone i costi: l’impiego di que- sti strumenti contribuiva a spostare i processi di prefabbricazione dall’officina al cantiere e consentiva, ad esempio, di eseguire tutte le fasi di montaggio a terra e non più in quota, movimentando e assemblando la parte finita tramite l’ausilio di macchinari.

I prefabbricati in calcestruzzo trovarono applicazione nella realizzazione di abitazioni ma, per restare entro i limiti economici di convenienza, era neces- sario lavorare a grandi complessi. Sia i sistemi tridimensionali gettati in opera13 che i sistemi prefabbricati a pannelli14 (e i rispettivi sistemi di collegamento), si rivelarono troppo vincolanti per uno sviluppo convincente del progetto archi- tettonico15 e, al contempo, non garantivano finiture adeguate alle esigenze degli utenti. La delusione dei progettisti si può misurare nelle parole di Guido Nardi: “[…] i dubbi maggiori sulla prefabbricazione sono soprattutto di ordine forma- le: il concetto di serialità, di ripetizione di un elemento sempre uguale, ritenuti propri di un processo di industrializzazione, inducono a formulare l’equazione prefabbricazione-uguale-monotonia” (Nardi, 1992, p. 43). Il passare del tem- po mostrò anche che tali sistemi erano difficili da integrare con gli impianti di più recente sviluppo, che era pressoché impossibile intervenire con opere di manutenzione sulle canalizzazioni che erano state annegate nelle gettate e che l’organizzazione spaziale degli alloggi risultava eccessivamente vincolata dall’invadente presenza degli elementi portanti, molto più numerosi degli ele- menti portati (che si possono facilmente rimuovere o demolire per trasformare gli alloggi o alcune parti di essi).

La prefabbricazione divenne, per i vantaggi promessi e le potenzialità intrin- seche, uno dei temi principali del dibattito intorno all’architettura italiana: nel 1962 a Milano si svolse il Primo Congresso internazionale della prefabbricazione e nel 1964 venne inaugurata a Bologna la prima edizione del SAIE, il Salone Inter-

nazionale dell’Edilizia, che costituirà per anni il luogo e l’occasione di incontro

e di confronto per produttori e progettisti. Si sviluppò attorno alla prefabbrica- zione un forte dibattito e le pubblicazioni, le testate giornalistiche e i convegni ne testimoniano l’interesse: da un lato emerge la delusione nei confronti della prefabbricazione pesante, dall’altro alcuni progettisti riconoscono nei limiti im- posti dai processi di industrializzazione uno stimolo per lo sviluppo di nuovi progetti. In questo contesto, spiccano i nomi di Angelo Mangiarotti, Vittorio Gregotti, Bruno Morassuti e Ignazio Gardella, alcuni degli architetti che hanno

sviluppato e impiegato sistemi di prefabbricazione nel contesto italiano, soprat- tutto per la realizzazione di strutture pubbliche. Si tratta di progetti che descri- vono una costante ricerca nell’impiego dell’industrializzazione come una parte del processo progettuale e quindi la ricerca e il dialogo con la produzione, tesa a produrre componenti appropriati al progetto da realizzare. Tra gli esempi più noti, gli elementi strutturali in calcestruzzo precompresso progettati da Angelo Mangiarotti per gli stabilimenti della ditta ELMAG (1964, Lissone): travi, pilastri e tegoli di copertura, assemblati, davano forma a un particolare telaio denominato FACEP FM; o ancora i pannelli di tamponamento in calcestruzzo e legno per le residenze in via Quadronno a Milano (1960) dove Mangiarotti, con Bruno Morassuti, sviluppò tre tipologie del FACEP (fig. 03) attraverso lo sviluppo di un sistema di collegamento che garantiva l’intercambiabilità tra le parti, in funzione delle richieste dell’utente dell’alloggio (Campioli, 2017). Ignazio Gardella proget- ta una serie di unità abitative per edifici residenziali che, grazie al disegno basato su moduli, rendono possibile lo sviluppo di un processo produttivo prefabbricato. Si tratta quindi di ricerche progettuali che trovano nell’industrializzazione prima di tutto la possibilità di avvicinare la produzione al progetto, e non tanto un’im- posizione della monotonia e della ripetitività sulla tecnica.

Più numerose furono le applicazioni e gli sviluppi progettuali fondati sull’im- piego della prefabbricazione aperta e leggera, fatta di parti più o meno complesse e tra loro assemblabili. Nel 1968, in occasione della IV edizione del Salone SAIE, l’Ente Autonomo per le Fiere di Bologna e l’Associazione Italiana Prefabbricazio- ne per l’edilizia industrializzata organizzarono la mostra Il componenting che rac- cogliesse esempi e considerazioni in merito all’integrazione tra progettazione e produzione industrializzata. L’obiettivo era mettere in evidenza i caratteri propri dello processo che ha origine da tale integrazione e che Ciribini, in riferimento alla politica del “Component Approach” adottata in quegli anni dal governo britanni- co, denominò appunto componenting. Nel testo edito in occasione della mostra, si legge che tale processo corrisponde alla capacità di “offrire ad una domanda effettiva o potenziale risposte in termini di componenti edili ancora soggetti ad una normazione generale dimensionale qualitativa, ma coordinati in diversi siste- mi costruttivi” (Ciribini, 1968, p.13): tale coordinazione sussiste esclusivamente in relazione ad una normalizzazione della produzione, vale a dire ad una definizione di valori standard utili a descrivere la dimensione degli elementi e dei sistemi di collegamento. In questo modo i produttori avrebbero potuto sviluppare sistemi costruttivi prefabbricati essendo certi dell’integrazione tra le parti realizzate da altri produttori e organizzandosi in consorzi a garanzia della convenienza degli investi- menti volti all’innovazione industriale e qualità degli edifici finiti, sia al confronto con i progettisti che con gli utenti finali (Franco et al., 1968, p. 16).

Le connessioni, che da sempre hanno una parte rilevante nel progetto e nella produzione dei materiali da costruzione, divengono il luogo in cui esprimere il valore architettonico del progetto, sia per la loro funzione e che per il carattere estetico che possono conferire all’architettura (Frateili, 1967, p. 18; Nardi, 1992, p. 61). L’architetto statunitense di origini tedesche Wachsmann, ha fatto del giunto di collegamento tra elementi il cardine di una vera e propria “cultura dei prodotti assemblati nelle relazioni” (Nardi, 1992)16. Prima collaboratore di Gropius e poi suo socio nell’azienda General Panel Corporation in America, Wachsmann dedica la propria ricerca17 alle relazioni tra i componenti edili, con l’obiettivo di garantire il carattere di intercambiabilità delle aste strutturali per la realizzazione delle unità abitative della Packaged House e di sfruttare al meglio

03. residenze in via Quadronno a milano (1960), di Angelo mangiarotti e Bruno morassuti. Fac- ciata composta con il modello FAcEP sviluppa- to in tre tipologie: loggia, finestrato, tamponato con elementi in legno. Francesca castanò.

il processo produttivo industriale (fig. 05). L’obiettivo era quello di realizzare un connettore universale, adatto a differenti modalità di impiego, al fine rendere flessibile anche l’installazione dell’elemento strutturale (nello specifico, l’asta in metallo). Il connettore è costituito da più parti in metallo che sono tra loro assemblabili rendendo il connettore trasformabile e variamente inseribile all’in- terno del sistema costruttivo; allo stesso tempo, ciascuna parte del connettore è standardizzata e può sfruttare le potenzialità del sistema industriale, una compo- nente fondamentale nel processo architettonico della Packaged House.

In relazione alla prefabbricazione aperta, la progettazione del giunto doveva soddisfare due requisiti principali: l’intercambiabilità, per permettere a ogni ele- mento di essere inserito in più punti e non necessariamente in una posizione speci- fica all’interno del sistema costruttivo dato, e la neutralità formale, per non incidere sull’immagine finale del manufatto e lasciare al progettista la possibilità di definire l’aspetto del componente senza i vincoli imposti dagli spessori e dalle forme dei giunti18. I collegamenti progettati con una morfologia caratterizzante assumono un ruolo all’interno del progetto, mentre “i componenti disponibili ad assumere

05. Dettaglio del giunto per le unità abitative della Packaged House (1942-1952). il collega- mento è stato sviluppato da Konrad Wach- smann, con l’obiettivo di realizzare un giunto componibile, realizzato attraverso l’assemblag- gio di più parti prodotte serialmente. Harvard Art museums/Busch-reisinger museum, Gift of Walter Gropius.

configurazioni combinatorie aperte, sono elementi non significanti che si disper- dono nella struttura generale della costruzione a cui sono destinati, determinandola solo come materialità senza partecipazione semantica. Spetterà quindi all’architetto e alla sua capacità conferire un’aggiunta di significato” (Nardi, 1992, p. 60).

Per rispettare il principio di intercambiabilità nel processo di componenting, si prediligeva una tipologia di giunto a secco e non a umido, questo poteva es- sere progettato e realizzato come una parte dell’elemento da connettere oppure poteva essere un elemento indipendente. In entrambi i casi la progettazione del- la connessione avveniva prima della posa in opera e non era ideata ed effettua- ta direttamente in cantiere, come avveniva nella stragrande maggioranza delle costruzioni tradizionali realizzate a umido: in questo modo la progettazione della connessione diviene importante, quanto o più quella dell’elemento, poiché determina l’intercambiabilità delle parti (Franco et al., 1968, p. 39) e quindi il carattere flessibile proprio della prefabbricazione aperta e del componenting.

La razionalizzazione della produzione negli anni ‘60 e ‘70 viene considerata come un valore aggiunto alla progettazione, tuttavia questa fiducia divenne ben presto cieca: “[le tecniche esecutive negli anni ‘70] vengono infatti considerate una questione marginale per la rifondazione disciplinare e professionale. Questo atteggiamento è reso possibile perché si ritiene, erroneamente, che le possibilità tecniche siano esuberanti rispetto alle esigenze della forma: per raggiungere l’o- biettivo, si pensa che si possano adottare indistintamente diverse tecniche, tutte adatte, e nello stesso tempo nessuna determinante. Questa valutazione sottende un’implicita delega per la risoluzione dei problemi tecnici ad altri campi: il pro- gettista tende a demandare al rappresentante commerciale per i piccoli lavori, o direttamente agli uffici tecnici delle imprese o alle società di ingegneria, per i grandi lavori, il collegamento fra attività ideativa e attività esecutiva” (Nardi, 1992, p. 63). Ciò accade ancora oggi, qualora i progettisti si affidino agli uffici tecnici non per una consulenza, bensì per delegare la progettazione esecutiva, con importanti ripercussioni sul progetto edilizio finale. Una pratica consolidata dagli appalti pubblici, dove la progettazione architettonica e la direzione lavori non sono sempre coordinate dallo stesso progettista.

L’industrializzazione dei sistemi produttivi edili ha contribuito a ridefinire il ruolo delle imprese all’interno del processo architettonico che, nel corso degli anni ’80 e ’90 del Novecento, hanno cercato di specializzarsi su particolari sistemi costruttivi. Ciò è evidente nel settore del legno, che è stato tra i primi ad essere condizionato dall’industrializzazione e le cui imprese si sono oggi specializzate non solo nella produzione ma anche nella messa in opera degli elementi. Que- ste imprese, operando in funzione del settore industriale e quindi di un mercato formato da prodotti standardizzati, di semilavorati, di componenti e di macchine, offrono sempre più spesso “soluzioni a pacchetto” (Sinopoli, 1997): l’impresa co- struttrice si allontana sempre più dallo stereotipo dell’impresa artigianale (piccola, familiare, locale o tradizionale) e, assomigliando sempre più ad una fabbrica di prodotti standardizzati, limita il numero delle varianti da gestire all’interno dello stabilimento e di conseguenza impone vincoli al progetto architettonico.

La produzione di soluzioni a pacchetto non si limita al settore del legno e neppure all’ambito delle strutture, è invece una tendenza che coinvolge l’intero comparto edilizio e che in qualche modo testimonia la ricerca e la volontà di adot- tare e diffondere i principi dell’industrializzazione e della produzione in serie. Ad accelerare questo progresso vi è la crescita della digitalizzazione, che permea l’in- tero processo progettuale e che influenza anche l’elaborazione del disegno. Risale

al 1982 la prima versione di AutoCAD e nell’arco di pochi anni, attraverso la configurazione su PC, il software trova un ampio campo di applicazioni gra- zie alla riduzione dei tempi di calcolo e di misura e alla possibilità di modifica- re localmente i disegni senza compromettere l’intero elaborato grafico (come invece accadeva nel caso dei disegni realizzati a mano). Per queste principali ragioni AutoCAD divenne rapidamente il software per il disegno digitale più utilizzato al mondo.

L’implementazione dei software e dei sistemi digitali contribuiscono a ren- dere le linee di produzione sempre più autonome. In Italia ciò è evidente so- prattutto osservando il comparto automobilistico: come testimonia l’azienda COMAU di Torino, oggi uno dei principali produttori di robot industriali al mondo e parte del gruppo FCA (Fiat Chrysler Automobiles); l’azienda nasce come Consorzio Macchine Utensili e raggruppa, nell’area torinese, i produttori e fornitori di componenti per le automobili VAZ di Togliatti, in Russia.

Lo sviluppo dell’industrializzazione nel settore edile, che per sua conforma- zione progredisce con tempi più lunghi, è stato rallentato ulteriormente dalla crisi economica del 2008, eco della bolla immobiliare e della conseguente ban- carotta statunitense. In Italia gli investimenti nelle costruzioni si sono ridotti di circa il 36,5%19, a danno soprattutto delle nuove costruzioni nel settore residen- ziale. In questi anni tuttavia sono emerse diverse eccezioni a questo andamento, con l’introduzione e lo sviluppo nel mercato di nuovi sistemi costruttivi e pro- dotti sempre più performanti, come testimonia il sistema X-Lam che ad oggi è adottato nel 45% delle nuove costruzioni in Italia20. Anche le sperimentazioni che fondano lo sviluppo del progetto sull’impiego di software e strumenti di ultima generazione si fanno più numerose, adottano bracci robotici e droni e sono testimoniate da installazioni quali l’alloggio stampato in calcestruzzo a Milano in occasione del Salone del Mobile 2018 (Locatelli, Arup, Italcementi), l’Armadillo Pavilion del gruppo di ricerca di Philippe Block e presentato alla 15° Biennale d’Architettura di Venezia (2016) o l’unità mobile di montaggio ROB ideata da Gramazio Kohler Research (ETH Zurigo) in occasione della 11° Biennale di Architettura di Venezia (2008). Pur trattandosi di esperimenti e di prototipi, la ricerca sta evidenziando le potenzialità dell’automazione in uno spettro di azioni e operazioni ampio come quello edile, con possibilità di

Flessibilità del sistema Classificazione dei giunti

reticolo di riferimento applicazione libera

Tenuta morfologia

sistema chiuso

sistema aperto

il collegamento viene realizzato attraverso la geometria e la forma delle parti

Il collegamento è utilizzato per connettere specifiche parti

il collegamento è polivalente e può essere utilizzato per differenti tipologie di collegamento, con differenti angolazioni degli elementi

il collegamento viene realizzato attraverso l’impiego di connettori che mantengono collegate le parti

forza

Flessibilità del giunto

06. Ipotesi di classificazione dei giunti, princi- pali aspetti (fonte “il componenting” 1968).

intervento nei campi della raccolta ed elaborazione dei dati, fino alle fasi di pro- duzione e montaggio, contribuendo a costruire nuove prospettive di sviluppo per un settore in trasformazione.