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IL MICROCREDITO IN TANZANIA

2.3.4 L’inizio del microcredito

Nel 1995, il governo della Tanzania, l’università di Dar es Salaam e la Banca Mondiale, condussero uno studio chiamato Partecipatory Poverty Assestement

(PPA)121 che coinvolse oltre 6000 persone in 87 villaggi di tutta la Nazione.

Lo scopo dello studio era raccogliere dati per avere un’idea di come le persone vedessero e vivessero la povertà e mirava principalmente a dare voce ai poveri. A queste 6000 persone, venne chiesto come vivessero l’inflazione e gli altri trend economici nel corso del tempo, gli effetti della liberalizzazione nelle aree rurali, l’accesso al credito, al risparmio e ai servizi bancari e la relazione tra povertà e ambiente.

Lo studio rilevò alcuni aspetti fondamentali, come le differenze di genere (ossia la visione della povertà da un punto di vista maschile o femminile), l’importanza dell’agricoltura e del suo sviluppo nelle aree rurali e la necessità di poter accedere a una tecnologia basilare (come strumenti più moderni per la coltivazione), impossibili da ottenere per mancanza di capitale.

La Nazione si presentava ancora largamente rurale e quasi del tutto estranea alle dinamiche della finanza e del mercato. La popolazione non si fidava delle banche e molto spesso non ne aveva nessuna esperienza. La società era tradizionale, basata sui nuclei famigliari e sui villaggi, legati da un forte senso di appartenenza e identificazione.

Grazie a questo studio, probabilmente, il Governo comprese che le proprie aree rurali erano la chiave dello sviluppo, del lancio economico, ed erano necessarie azioni al fine di sviluppare la famigliarità con le istituzioni bancarie e il mercato. Nell’ultimo decennio i principali obiettivi politici del Governo si sono concentrati sulla crescita dell’economia nazionale e sulla riduzione della povertà, in linea con i principi dettati dalla Banca Mondiale e dal Fondo Monetario Internazionale.

120 Deepa Narayan-Parker : Voices of the Poor: Poverty and Social Capital in Tanzania (World

Bank)

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Per una descrizione dettagliata di questo tipo di programmi, consultare il sito della Banca Mondiale.

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Nonostante la Tanzania abbia goduto di stabilità politica (anche se dittatoriale), le infrastrutture e le funzioni di governo (esecutiva, legislativa, l’educazione, la sanità e il sistema giuridico) sono scarsamente sviluppate.

Recentemente, il Governo si sta impegnando per massimizzare l’utilizzo delle risorse nazionali e internazionali nell’ottica di riduzione della povertà e soluzioni dei problemi sociali.

Il governo della Tanzania cominciò le prime riforme finanziarie nel 1991, con lo scopo di creare un sistema finanziario efficace ed efficiente.

Il corpo della riforme consisteva nel permesso, dato alle istituzioni bancarie, di operare su basi commerciali, con la possibilità di operare e prendere le decisioni organizzative senza un intervento esterno ma solo con una supervisione.

I principali elementi delle riforme riguardavano la liberalizzazione dei tassi d’interesse, l’eliminazione del “administrative credit allocation” , il rafforzamento del ruolo della Bank of Tanzania nel regolamentare e supervisionare le istituzioni finanziarie, ricostruire l’influenza dello Stato nell’ambito finanziario e permettere l’entrata di banche locali e private nel mercato.

Queste riforme vennero incorporate nel “Banking and Financial Institutions Act” del 1991.

Il “Cooperative Societies Act”, sempre del ’91, provvide a mettere le basi per lo

sviluppo del “Savings and Credit Cooperative Societies” (SACCOs)122 come

istituzione privata basata su capitale proprio.

Nonostante i progressi cercati nel sistema bancario, i servizi finanziari ai poveri e ai contadini nelle zone rurali e urbane hanno uno sviluppo lento e larga parte della popolazione ancora non vi ha accesso.

Il Governo ha compreso che per ottenere un sistema finanziario efficace ed efficiente al fine di sviluppare l’economia , un elemento fondamentale è quello di allargare i servizi bancari anche alle fasce più povere della popolazione e integrare il settore della microfinanza nel sistema finanziario nazionale.

Ammettendo il profondo gap istituzionale, il Governo, in collaborazione con la comunità dei donatori, si è messo all’opera per sviluppare il settore della microfinanza.

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Per approfondimenti riguardo questo tipo di società, si consiglia di visitare il sito della Bank of Tanzania: http://www.bot-tz.org

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Una delle prime e più importanti azioni, è stata quella, nel 1996, di formulare una politica della microfinanza, con uno studio a livello nazionale nelle zone rurali. Nel maggio del 1999 una commissione apposita presentò al Governo un abbozzo di documento sulla politica nazionale della microfinanza (risultato di un incontro tra diversi stakeholder), approvato poi nel febbraio del 2001.

Il “National Microfinance Policy” presenta una chiara e articolata struttura sulla strategia da intraprendere per un’industria microfinanziaria sostenibile, specificando i vari ruoli dei diversi stakeholder chiave: il Governo e le sue principali agenzie per la guida politica e la realizzazione, le diverse istituzioni che provvedono ai servizi di microfinanza e la comunità dei donatori.

Dal punto di vista generale, il Governo riconosce il settore della microfinanza come parte integrante del settore finanziario, il quale rientra nella struttura generale del “Sector Reform Policy Statement” del 1991.

Nonostante la povertà in Tanzania rimanga una condizione diffusa e profonda, è importante sottolineare come il Governo stia facendo significanti e continui progressi in economia e nel settore delle riforme.

Soprattutto nei passati cinque anni, il Governo ha intensificato la politica delle riforme per l’economia, al fine di creare un sistema più stabile.

Ha compreso che la stabilità economica è indispensabile per una crescita sostenibile la quale, a sua volta, è fondamentale per la riduzione della povertà. Lo sviluppo per un’economia stabile procede a blocchi, tramite il riorientamento dell’ economia verso il mercato e lo sviluppo del grande potenziale nel settore privato123 .

Ulteriori miglioramenti nella politica per l’ambiente e per il mercato sono fondamentali al fine di ridurre significativamente la povertà.

Un altro grave problema per lo sviluppo di un sistema di microfinanza efficace è la mancanza di risorse umane, in particolar modo di personale specializzato. Il problema potrebbe essere ovviato tramite l’organizzazione di corsi mirati, organizzati dal Fondo Monetario Internazionale, oppure mandando il personale in istituzioni di microfinanza per l’apprendimento.

Va detto comunque che , nel 1980, il Governo creò un centro di apprendimento, il Amon Nsekela Bankers Training Istitute, che si occupava di istruire personale per le operazioni bancarie. L’istituto venne chiuso nel 1990, a seguito delle ultime

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privatizzazioni delle banche, e alcuni corsi di perfezionamento vennero trasferiti al Bank of Tanzania Training Istitute. Quest’ultima ,però, non si dimostrò capace di portare a termine il proprio compito. Da allora, i corsi di apprendimento vengono tenuti solo dalla Moshi University College of Cooperative and Business Studies.

La povertà in Tanzania è principalmente un fenomeno rurale.

Il 92% dei poveri è costituito da nuclei famigliari rurali e nelle zone di campagna generalmente manca ogni tipo di servizio finanziario.

Nel 1997, la Banca Mondiale diffuse un documento nel quale testimoniava che nei villaggi di campagna in Tanzania, il risparmio significava semplicemente

mettere da parte qualcosa per eventuali emergenze124 .

Il rapporto sosteneva che il concetto di risparmio veniva visto come “un aiuto nei periodi difficili di una vita difficile.”

Se la microfinanza aspira ad avere la funzione di strumento per la lotta alla povertà, il ruolo del risparmio nelle comunità rurali (ma anche più in generale nelle fasce povere della popolazione) deve essere pienamente compreso dagli eventuali stakeholder.

Il rapporto della Banca Mondiale, nella speranza di ovviare a questa situazione e quindi di “espandere” il concetto di risparmio tra la popolazione rurale, pose una serie di domande agli stakeholder, traendone delle conclusioni interessanti. Le risposte, infatti, diedero una visione più completa di come veniva vissuto il risparmio nella società rurale e quello che veniva chiesto alle istituzioni di microcredito o al governo: le persone chiedevano innanzitutto che gli venisse comprato del bestiame (che chiamavano walking cash) oppure capre e pecore (liquid cash), che comprassero delle sementi in surplus da tenere in caso di

carestia o disastri naturali, chiedevano la creazione di un Upatu125 (sistema

rotativo centrato sui villaggi), domandavano l’apertura di filiali bancarie o postali anche nei villaggi. Il rapporto, inoltre, evidenziò che la maggior parte delle persone teneva i propri risparmi in casa.

124 Per leggere il rapporto completo: Microfinance regulation in Tanzania. Implications for

Development and Performance of the Industry, World Bank (1997)

125 Secondo il rapporto, l’Upatu rappresentava la principale metodologia di risparmio nel 26% dei

villaggi. L’Upatu includeva dai 10 ai 20 membri, che si conoscevano l’un l’altro. Lo scopo dell’Upatu dovrebbe essere quello di creare circoli di fiducia e sostegno reciproco per permettere la sostenibilità del sistema di microcredito.

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Oltre a queste considerazioni, che dovevano rappresentare delle direttive rivolte al governo al fine di sviluppare il sistema, il rapporto evidenziò anche i principali problemi di accesso al credito: i massimi e i minimi del saldo del conto corrente, i tempi e i costi di spostamento dei depositi e dei versamenti alle filiali e la

mancanza di famigliarità con le operazioni bancarie126 .