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L’interpretazione e l’equilibrio tra le diverse istanze.

3. I limiti all’integrazione nell’esecuzione degli appalti 1 Interessi pubblici, istituti di diritto privato.

3.4. L’interpretazione e l’equilibrio tra le diverse istanze.

Le istanze tecnologiche, legate alla rapida obsolescenza di alcune tecniche di esecuzione delle clausole verdi, non sono le sole a spingere per una maggiore flessibilità della clausola.

                                                                                                               

Occorre considerare anche i problemi che si pongono in materia di interpretazione delle clausole ambigue e l’utilizzo della clausola generale di buona fede in executivis.

La dottrina civilistica che si è occupata di appalti verdi ha sostenuto la possibilità di scegliere, in sede di interpretazione di una clausola dubbia, la soluzione che assicura l’effetto ecologico più virtuoso, colorando di verde l’art. 1367 c.c.. La prospettiva sarebbe giustificata da una scelta a monte: se «il legislatore ha riconosciuto ad un principio, poniamo quello del costo inferiore, una vis maggiore di quella riservata a principi antagonisti, poniamo quello di un’economicità legata al prezzo più basso, va da sé che quest’ultimo divenga cadetto e che, in sede di aggiudicazione o di un appalto tra privati, sia tenuto in non cale»76. Ancora, partendo dal dato oggettivo dell’interesse pubblico77, la dottrina ha valorizzato «come criteri primari d’interpretazione ecologicamente orientata degli appalti “verdi” […] l’interpretazione funzionale del contratto (art. 1369 c.c.) [… che] permette di risolvere la plurivocità del testo contrattuale nel senso più conveniente alla protezione dell’interesse ambientale o al miglioramento dell’efficienza energetica78. Anche la buona fede è stata più volte ‘colorata di verde’, in particolare, valorizzando l’art. 1366 c.c.79.

Tuttavia, un utilizzo spregiudicato dei principi ambientali rischia di trascurare un noto insegnamento della Corte Costituzionale, ripreso anche di recente80, e a detta del quale «tutti i diritti fondamentali tutelati dalla Costituzione si trovano in rapporto di integrazione reciproca e non è possibile pertanto individuare uno di essi che abbia la prevalenza assoluta sugli altri. La tutela deve essere sempre

                                                                                                               

76 S. PAGLIANTINI, Sul c.d. contratto ecologico, op.cit., p. 20337.

77 M.PENNASILICO, L’ermeneutica contrattuale tra pubblico e privato, in Contratti, 2014, p. 187 ss.,

spec. p. 193.

78 G.BELLANTUONO, I contratti dell’energia: mercato al dettaglio; fonti rinnovabili; efficienza energetica, in

V. ROPPO- A.M. BENEDETTI(a cura di), Mercati regolati, in Tratt. contr. Roppo, vol. V, Milano,

2014, p. 1363 ss., spec. p. 1397; S.TRINO, Il contratto di rendimento energetico. Il tipo contrattuale nella prospettiva del diritto privato regolatorio, in Annuario di Diritto dell’energia, 2016, Politiche pubbliche

e disciplina dell’efficienza energetica, a cura di L. CARBONE -G.NAPOLITANO -A.ZOPPINI,

Bologna, 2016, p. 393 ss., spec. p. 404.

79 M.PENNASILICO, Sviluppo sostenibile e “contratto ecologico”: un altro modo di soddisfare i bisogni, in

Rass. dir. civ., 2016, p. 1291 ss.

“sistemica e non frazionata in una serie di norme non coordinate ed in potenziale conflitto tra loro” (sentenza n. 264 del 2012). Se così non fosse, si verificherebbe l’illimitata espansione di uno dei diritti, che diverrebbe “tiranno” nei confronti delle altre situazioni giuridiche costituzionalmente riconosciute e protette, che costituiscono, nel loro insieme, espressione della dignità della persona»81.

Ammettere che l’interpretazione del contratto possa attingere in ogni caso ai principi in materia ambientale significa, infatti, trascurare gli affidamenti che la parte privata ha riposto nel contratto, all’esito della procedura di selezione delle offerte e dell’aggiudicazione e, al contempo, ledere la par condicio: il risultato interpretativo, allora, non potrà essere accettato.

Quanto alla prima conseguenza, la parte aggiudicataria avrà preventivato le spese da destinare all’opera, né queste potranno aumentare a dismisura per un ritorno a tutti i costi in termini di sostenibilità ambientale. Avvenuta l’aggiudicazione, del resto, i limiti all’integrazione dei valori ambientali si fa più stringente, essendo più intenso l’affidamento del privato. Ciò non toglie, tuttavia, che ancora resistono gli spazi per un bilanciamento: lo stesso istituto dell’affidamento – valorizzato di recente anche dal Consiglio di Stato82 - si presta allo scopo.

Rimandando al paragrafo successivo l’analisi di questo istituto, si può analizzare brevemente la seconda conseguenza, che colpisce le parti private non aggiudicatarie. Il principio di concorrenza permea anche la fase di esecuzione del contratto; perciò, l’interpretazione di una clausola ambigua in un senso che impone, tra le due, la soluzione maggiormente eco-compatibile potrebbe creare una lesione della par condicio, non potendo far altro che trascurare (essendo ormai già avvenuta l’aggiudicazione) eventuali offerte economicamente più vantaggiose e che avrebbero risposto meglio alle esigenze ambientali della Pubblica Amministrazione.

3.4.1. Causa del contratto, ius variandi e par condicio.

                                                                                                                81 Corte Cost., 9.5.2013, n. 85. 82 CdS, Ad Plen., 4.5.2018, n. 5.

Il transtipo dei contratti di durata, in cui rientra a pieno titolo anche l’appalto, si caratterizza per uno speciale grado di resistenza: i rimedi manutentivi sono preferibili rispetto alla risoluzione, per la stessa realizzazione della causa del contratto. Ed il motivo è che l’accordo iniziale delle parti spesso definisce una progettazione strutturalmente bisognosa di successive integrazioni: ne è una conferma il fatto che le nuove misure deterrenti introdotte dal d.l. 90/2014 non hanno comportato una diminuzione del numero di varianti83.

Così, il rafforzamento (non dell’immutabilità del contenuto delle obbligazioni, ma) della resistenza dell’appalto alle sopravvenienze tutela in primo luogo l’interesse dell’impresa a non subire un’alterazione dell’equilibrio contrattuale, che possa indurla ad una surrettizia riduzione degli standard qualitativi84. A limitare, nel campo degli appalti pubblici, tale potere unilaterale concorrono, però, anche i principi di origine comunitaria tra cui, in particolare, quelli di trasparenza e concorrenzialità: principi che emergono dalle condizioni a cui le direttive europee hanno sottoposto l’istituto delle varianti e che se non mettono in discussione, quanto meno limitano il potere conferito alla P.A. in termini di autotutela privata.

L’esempio dello ius variandi funge da stimolo per un’indagine più generale e che riguarda anche il grado di flessibilità delle clausole verdi. Si consideri, per esempio, una gara d’appalto ai cui partecipano due concorrenti: il primo offerente si aggiudica la gara con un’offerta che viene considerata dalla stazione appaltante economicamente più vantaggiosa; nei sessanta giorni successivi, il contratto viene stipulato introducendo anche il gruppo di clausole verdi che erano state preventivamente accettate dall’aggiudicatario. Si immagini, allora, che una di queste clausole, al momento dell’esecuzione, risulti ambigua: l’interpretazione che impone la soluzione maggiormente eco-compatibile non può essere utilizzata in ogni caso, tanto più se arriva a prescrivere l’utilizzo di una

                                                                                                               

83 L’art. 37 prevede l’obbligo di trasmissione della varianti all’ANAC. Tuttavia l’effetto

deterrente sperato non appare comprovato dai dati trasmessi all’ANAC, laddove la frequenza delle varianti in corso d’opera è risultata stabile, provando che le varianti significative sono adottate in quanto necessarie.

tecnologia che l’altro concorrente avrebbe offerto ad un costo complessivamente più conveniente.

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