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A. S AVIO , Giovanni Datta`ri

4. L’inventario

Come si e` detto nella corrispondenza con gli studiosi inglesi in piu` di un’occasione Dattari denunciava il proposito di pubblicare una seconda edi-zione del suo lavoro anche e soprattutto perche´ nel frattempo la sua collezio-ne si era ampiamente arricchita e ‘‘descritta’’ in un originale inventario co-stituito da 327 pagine piu` decine di tavole con circa 7.000 esemplari in piu` del catalogo del 1901, tutti riprodotti in calchi a mina di matita. Questo inventario privato uscito dalla polvere di qualche biblioteca dimenticata in-sieme ad altri documenti di cui si parlera` in seguito, fu pubblicato, per i tipi dell’editore Giulio Bernardi di Trieste che lo aveva scovato, da chi scrive nel 1999 con il titolo Catalogo completo della collezione Dattari. Numi Augg. Ale-xandrini. 382 tavole con l’aggiunta di oltre 7000 monete rispetto al catalogo del 1901.

La pubblicazione dell’inventario Dattari, citato ormai in letteratura co-me DATTARI2007 per distinguerlo dal catalogo cairota (cioe` il DATTARI1901), fu inizialmente prevista in poche decine di esemplari di gran pregio, in attesa della risposta del pubblico degli studiosi e degli amatori, che risulto` subito entusiastica, tanto che una ristampa fu eseguita dopo pochi mesi dalla prima edizione. La ristampa fu in breve tempo esaurita e nel frattempo Giulio Ber-nardi acquisı` una seconda chicca dimenticata e polverosa, cioe` il supplemen-to dell’inventario, costituisupplemen-to da un secondo registro (136), composto da 163 fogli di carta velina, con una numerazione per pagine pari corrispondente a 326 pagine, cioe` coerente con quelle del volume precedente; su tali fogli Dattari incollava, in posizione complementare con quelli rappresentati nel-l’inventario, i calchi in mina di matita dei nominali evidentemente acquisiti successivamente alla chiusura del primo registro; e detti calchi assommano a 701, il che fa lievitare il totale degli esemplari della collezione a piu` di 13.200. Anche il supplemento fu pubblicato in una seconda edizione com-prensiva della prima da Giulio Bernardi a cura di chi scrive nel 2007 e con il

(135) CARACI1926, p. 46.

(136) Il registro fu acquistato al Cairo e precisamente nella cartoleria J. Parladi & Taha Ibrahim, 21 Rue el Maghrebi, Caire, come recita una nota incollata all’interno.

titolo Numi Augg. Alexandrini. Catalogo della collezione Dattari (seconda edi-zione) che ben presto si impossesso` dell’abbreviazione DATTARI-SAVIO.

Il ‘‘santuario’’ del Dattari, compilato dopo il catalogo, comprende, oltre ai 6.580 esemplari elencati nel 1901 (citati con il vecchio numero d’ordine), ancora alcune migliaia di nominali tutti diversi, anche se per leggerissime va-rianti, evidentemente acquisiti negli anni successivi (137). Un vero e proprio corpus, piu` che l’inventario di una raccolta individuale, come sembra che il Dattari stesso pensasse, quando meditava future pubblicazioni.

Il corpus si dipana in 327 pagine di cui 4 saltate (138): si inizia a p. 1 con le tracce dei bronzi di Augusto e si giunge fino a p. 292 con quelle, impres-sionanti per la quantita`, delle rarissime monete di Domizio Domiziano. I no-minativi dei membri della casa imperiale sono apposti con un timbro fino a Traiano, poi a penna fino a Julia Domna, in alcuni casi in lingua italiana, in altri in lingua latina; infine vengono tralasciati. La successione delle monete segue le regole del catalogo del 1901 (139). Le pagine 293-313 sono dedicate alla monetazione dei nomoı´. Seguono teorie di monete senza effigie imperia-le, di incuse per accidente (140), di nummi sbagliati, a rovescio liscio e fusi (p. 314); poi una serie di monete false di Nerone (pp. 315-319) (141) e di altri augusti (pp. 319-320). Si finisce con i piombi, le tessere di vetro e qualche medaglia. Seguono 26 tavole da comporre numerate da XXXVIII a LXIII, cioe` in continuazione di quelle del catalogo del 1901.

Le pagine sono chiosate a matita con diversi appunti e le varie monete risultano spuntate: in molte occasioni la pagina e` considerata ‘‘completa’’; in altre si constata la mancanza di alcuni numeri e si destina uno spazio vuoto per l’esemplare mancante contrassegnandolo con un asterisco; in altre l’av-vertenza ‘‘manca’’ si scontra con il fatto che invece il rubber esiste e non

ri-(137) Almeno, secondo la logica del Dattari, per il quale due monete uguali per im-pronta ma con conio decisamente diverso meritano entrambe di essere descritte.

(138) Le pp. 177, 178, 179, 180; la serie delle monete, comunque, sembra continuare senza interruzione (tetradrammi di Antonino Pio, R/Nike a s., anno 4). Anche nel supple-mento le medesime pagine sono saltate.

(139) Prima i tetradrammi elencati a seconda dei rovesci, poi le monete di bronzo. Quanto ai rovesci, precedono quelli con nome di imperatore, imperatrice o cesare; seguono quelli con riferimento all’imperatore; poi quelli rappresentanti personificazioni di divinita`; poi quelli rappresentanti monumenti e oggetti (qualche volta frammisti), infine quelli rappre-sentanti animali.

(140) Sono le tre monete incuse per accidente di cui Dattari scriveva in DATTARI1913, p. 395, ovvero una di Claudio I, una di Faustina II e una di Massimiano (rispettivamente i nn. 11908, 11909, 11210).

(141) Sono le monete citate da Christiansen in CHRISTIANSEN1985, p. 95: ritrovamento A 38, ovvero 300 pezzi di Nerone e 1 di Adriano.

sulta spuntato; in qualche caso l’avvertenza e` ripetuta vicino al calco; in un caso si denuncia: ‘‘manca tutta la pagina’’ o ‘‘mancano fino a...’’. E` probabile che queste chiose abbiano a che fare con un confronto fra collezione e inven-tario e che le avvertenze significhino che nella collezione manca un pezzo (o piu` pezzi) registrato nell’inventario o il contrario. La mano del verificatore, piu` che quella di Giovanni Dattari, sembrerebbe quella della figlia Maria.

Anche i calchi del supplemento sono spuntati. Inoltre accanto a molti di essi e` stato aggiunto un numero che rimanda all’inventario con l’evidente intento di segnalare il luogo dove la moneta deve essere inserita. Ma molti di questi numeri sembrano collocati a caso, il che ci autorizza a pensare che an-che in questa occasione l’autore delle chiose non fosse Dattari, ma Maria, la quale non sembra fosse particolarmente competente di numismatica (142).

Le pagine da 1 a 291 sono occupate dalle monete degli augusti e delle auguste; da 295 a 312 sono illustrate le monete dei nomoı´; le pagine 314 e 320 riportano rispettivamente pezzi anomali per fabbricazione e pezzi fusi. Seguono due pagine (322 e 324) dedicate ai piombi. Sull’ultima pagina, cioe` la 326, e` illustrato un solo esemplare, probabilmente un vetro, con le effigi affrontate di Geta e Caracalla. A differenza che nell’inventario principale, le cui pagine risultano piene fino ad esaurimento degli spazi, quelle del supple-mento appaiono spesso vuote, segno evidente che per alcuni imperatori il Dattari non aveva ritrovato nulla di notevole dopo la chiusura dell’inventa-rio. Gli imperatori piu` rappresentati nel supplemento risultano essere Traia-no, Adriano e Antonino Pio (Fig. 14); mancano pezzi di Settimio Severo e di Domizio Domiziano. Molti numerali del supplemento, come in qualche raro caso nell’inventario, recano la chiosa ‘‘n.d.’’ probabilmente ‘‘non descritto’’, il che significa che il verificatore (Maria?) lavorava confrontando i due volumi non solo con la collezione ma anche con il manoscritto della seconda edizio-ne che Giovanni aveva ultimato da anni. Il fatto che la menzioedizio-ne ‘‘non de-scritto’’ appartenga piu` al supplemento che all’inventario lascia pensare, inol-tre, che Dattari, probabilmente troppo occupato dal lavoro sugli scarabei, avesse continuato a raccogliere monete senza aggiornare il manoscritto.

(142) Anche il fatto che una parte dei calchi siano privi di numerazione depone a fa-vore dell’incompetenza dello spuntatore o spuntatrice che fosse; significa infatti che non si riusciva a collocare la moneta neppure in una serie. Alcuni errori come avere confuso una nor-male moneta di Traiano con una dei nomoı´o avere confuso Semasia con Nike non possono essere stati compiuti da Dattari.

5. Come lo Stato Italiano riuscı` a non acquisire gratuitamente la collezione