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2. Tradurre l’America.

2.2 L’origine del meraviglioso

Se si pensa alle cronicas del XVI secolo dei navigatori spagnoli e portoghesi, la dinamica di figurazione del meraviglioso nei territori del Nuovo Mondo ha un’origine ben più datata. I diari di bordo che riportano descrizioni inverosimili di terre ed esseri fantastici, costituivano il resoconto di una missione portata avanti da ex galeotti diventati marinai e supportata dalla Corona e dalla Chiesa.

L’atteggiamento ermeneutico più o meno ingenuo di Colombo all’approdare nelle prime isole caraibiche consisteva nel un dare nome a ciò che sino a quel momento aveva costituito il lato oscuro del mondo occidentale. A questo fine battezza i luoghi prima di tutto, le popolazioni in un secondo momento, assegnando loro una nuova e cristianissima toponomastica col fine ultimo di appropriarsene.

Le cronicas e i diari di bordo contribuiscono alla costruzione di un’America meravigliosa e assurda, una terra che non appena acquista un nome entra ufficialmente nella geografia occidentale. Il Colombo di Todorov, per esempio, è un ermeneuta che interpreta in maniera finalistica le nuove terre americane. Secondo il filosofo bulgaro:

Colombo pratica una strategia «finalistica» dell’interpretazione, simile a quella di cui si servirono i Padri della Chiesa nell’interpretare la Bibbia. Il senso finale è dato subito di primo acchito; quel che si cerca è il percorso che collega il senso iniziale (il significato apparente delle parole del testo biblico) con quel senso ultimo. Colombo non ha nulla di comune con un moderno empirista: l’argomento decisivo è un argomento d’autorità, non di esperienza. Egli sa in anticipo ciò che troverà; l’esperienza concreta non viene interrogata – secondo certe regole prestabilite – per la ricerca della verità, ma serve ad illustrare una verità che si possiede già da prima.50

50

Todorov T., La conquista dell’America. Il problema dell’«altro», Einaudi, Torino, 1984, p.20.

43 Continuo a citare Todorov:

É interessante osservare il modo in cui le credenze di Colombo influenzano le sue interpretazioni. Egli non si preoccupa di capir meglio le parole di coloro che a lui si rivolgono, perché sa a priori che incontrerà ciclopi, uomini con la coda e amazzoni. Vede bene che le «sirene» non solo delle belle donne (come si credeva che fossero). Ma anziché concludere per l’inesistenza delle sirene, preferisce correggere un pregiudizio con un altro pregiudizio: le sirene non sono belle come si pretende che siano.51

L’ermeneutica della conquista descritta sopra fa in modo che la realtà americana venga sussunta dalla verità europea; tuttavia, come afferma Quijano, non è tanto questo l’aspetto eccezionale della dinamica interpretativa finalista, di cui peraltro sarebbero capaci i conquistatori di tutte le latitudini e culture, quanto piuttosto il fatto di diffondere quella verità come unica ed egemone nel contesto mondiale.

Quella che più tardi verrà chiamata America Latina è il nuovo mondo inaugurato dallo sguardo dell’europeo creato dalla Conquista, se si pensa che l’idea stessa di scoperta suppone la legittimazione di quello sguardo straniero come l’unico possibile.

Da questo fatto, il complesso di invisibilità che grava sull’America Latina si palesa sin dalla sua nascita: perché la nascita fu allo stesso tempo una

cancellazione. 52

L’annullamento della facoltà di autodeterminazione di un continente da parte del pensiero occidentale, riposa su una distinzione tra forme di essere e di sapere riconoscibili come esistenti, quelle cioè che rientrano nel paradigma di valori egemonico e altre forme che ne risultano escluse. Queste ultime pur costituendo la base del pensiero egemonico ne rimangono costantemente all’ombra, spariscono dalla realtà e vengono percepite come non-esistenti, separate dal pensiero egemone per mezzo della linea abissale di Santos.

51

Ibidem, p.20.

52

Campra Rosalba, América Latina: la identidad y la máscara, Siglo XXI Editores, México DF, 2007, p.14.

44 Nel momento in cui l’America Latina viene inglobata nella geografia occidentale, si configura automaticamente come il lato oscuro della modernità, la base invisibile del pensiero egemonico.

L’appropriazione europea sfocia inevitabilmente in una generalizzazione trasversale che interessa diverse dimensioni del Nuovo Mondo, una specie di meccanismo unificatore che investe la realtà linguistica, sociale, culturale e naturale americana, che tende alla sintesi con fini classificatori. Il modello del Systema Naturae di Linneo per esempio, trova la sua ragion d’essere nella prima metà del XVI secolo con la spedizione La Condamine, considerata un trionfo per la comunità scientifica europea. Organizzata dalla corona spagnola con la collaborazione eccezionale di altri stati europei tra cui l’Inghilterra e la Francia, la spedizione prese il nome del geografo francese Charles de La Condamine e inaugurò un lungo periodo di ricerche scientifiche, una sorta di contributo internazionale alla determinazione della faccia esatta della Terra. La spedizione diede vita a svariate vicissitudini e leggende, ma la testimonianza reale rimane incisa sui resoconti e storie di viaggio, un

corpus esteso composto da generi disparati, come afferma Pratt:

Textos orales, textos escritos, textos perdidos, textos secretos, textos robados, abreviados, traducidos, antologados, plagiados; cartas, informes, relatos de superviviencia, descripción cívica, narraciones de navegación, monstruos y maravillas, tratados de medicina, polémicas académicas, antiguos mitos vividos e invertidos: el corpus de La Condamine ejemplifica bien el variado perfil de la literatura vinculada con los viajes en las fronteras de la expansión europea a mediados del siglo XVIII. 53

Come spiega la linguista canadese, la letteratura di viaggio, in questo caso i resoconti scientifici, costituiranno il più importante apparato di controllo europeo sulle nuove terre conquistate, il quale formerà la base di nuovi sistemi di idee e di ideologie attraverso cui gli stati europei entreranno in contatto con le altre parti del mondo.

53

Pratt, Mary Louise, Ojos Imperiales. Literatura de viajes y transculturación, México, FCE, 2010, p. 57.

45 L’atteggiamento dei primi conquistadores non cambiò nei secoli successivi alla conquista, al contrario, si amplificò con il proliferare della letteratura di viaggio.

In diversi momenti del progetto espansionistico europeo, la letteratura di viaggio supportò e letteralmente creò quelle parti di mondo ancora estranee al pubblico dell’Europa desideroso di avventura. Pratt nel suo libro Ojos Imperiales, chiama veedor, ossia ‘colui che vede’, il soggetto bianco e maschio del discorso paesaggistico europeo: colui i cui occhi imperiali contemplano passivamente e possiedono, che con le sue

cronicas o relatos de viaje colma il duplice bisogno della borghesia

europea di affermare la propria egemonia e superiorità, contemporaneamente alla propria innocenza.54

In effetti il senso privilegiato dall’europeo all’arrivo nelle terre d’America fu la vista prima di tutti gli altri.

L’Occidente privilegiò l’occhio su tutte le altre maniere di sentire e percepire l’incontro coloniale. Ed è per questo che per noi è così difficile sentire come un quechua o un aymara nei confronti della pachamama (la madre terra), perché questo tipo di relazione non trova la mediazione della vista.

Il rapporto uomo/natura assume presso queste culture un posto centrale nell’organizzazione di una rete comunicativa che situa l’uomo egli elementi naturali sullo stesso piano discorsivo:

[…]un sistema di pensiero capace di contemplare le esigenze dell’ecosistema e, soprattutto, la percezione di una radicata idea di consustanzialità tra gli esseri viventi e il pianeta che ci ospita sono, di per sé, elementi sufficienti a scardinare assiomi della logica occidentale come l’antropocentrismo o la dicotomia natura/cultura. 55

54

Cfr. Pratt, Mary Louise, Ojos Imperiales. Literatura de viajes y transculturación, México, FCE, 2010, p.35.

55

Badini R., L’altra voce della letteratura ispanoamericana nell’editoria italiana, in “Letterature d’America. Rivista trimestrale”, n°128, Bulzoni Editore, p.157.

46 L’Occidente ha caricato la vista di forme di controllo attraverso le quali ripropone la visione eurocentrica delle relazioni sociali, politiche, e conseguentemente della produzione culturale e letteraria.

Localizzare e classificare sono state le armi più potenti della Conquista, grazie alle quali assimila al suo paradigma tutto il restante mondo considerato privo di capacità ermeneutiche tali da potersi autodeterminare. Quindi la dinamica per la quale l’America nasce nel momento stesso della sua scoperta porta a considerare parziale la storia e le sue testualizzazioni e necessaria una riflessione genealogica della produzione letteraria e della sua ricezione.

La storia letteraria dei diversi stati dell’America Latina, che come tutte le storie letterarie è parziale e canonica e contribuisce in maniera forte alla creazione della mitologia nazionale, non annovera quelle manifestazioni letterarie che rispondo a canoni altri, siano essi contro-canoni od opere rispondenti a sistemi di valori diversi da quello egemone.

A partire dagli anni Ottanta questa parzialità ben nota anche nei paesi europei comincia a essere inesorabilmente colmata non solo dall’offensiva della nuova letteratura ispanoamericana (come nel caso del fenomeno McOndo), ma anche dall’affermazione - ancora più sotterranea dei movimenti metropolitani - delle culture autoctone, con l’avvio di una produzione letteraria nelle diverse lingue amerindiane.

Incomincia ad affiorare nel panorama letterario latinoamericano un insieme di voci alternative al boom e nascono delle tendenze la cui presenza non suscita grande attenzione da parte dell’editoria mondiale, probabilmente per questioni estetiche e stilistiche, se non per l’uso di lingue difficilmente accessibili e visibili al pubblico globalizzato.

Sono discorsi fortemente localizzati che nascono dalle regioni andine, peruviane, cilene, dalla selva messicana, dall’Honduras, voci di popoli che hanno parlato e vissuto nell’esclusione sociale, culturale e politica all’interno dell’organizzazione degli stati nazione latinoamericani. Il loro ingresso nella modernità non è automatico, in quanto propongono figure e valori inconsueti rispetto alla visione omologante del paradigma occidentale; in parte questo è un esito della ricezione del discorso letterario latinoamericano in Europa e nel resto dei paesi occidentali,

47 considerato troppo spesso un’aggregazione di topoi del fantastico e del

real maravilloso.

I mezzi che una cultura ha per rapportarsi ad un discorso altro, sia esso letterario o appartenente ad altri campi disciplinari, fanno parte di un paradigma autoctono di valori e teorie, che funge da struttura a quella stessa cultura. Un’affermazione forse banale, ma necessaria nella misura in cui essa rivela l’esigenza di una genealogia del pensiero critico europeo/occidentale e la dichiarazione della sua egemonia nel panorama della ricezione dei discorsi letterari latinoamericani.

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