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L’ospedale contemporaneo: umanizzazione della sanità

1.3 L’ospedale oggi

1.3.1 L’ospedale contemporaneo: umanizzazione della sanità

Il Novecento è stato un secolo nel quale il progresso scientifico e tecnologico ha ricevuto una spinta tale che le strutture costruite negli anni ‘60 e ‘70 sono risultate obsolescenti nel giro di pochi anni mentre gli ospedali degli anni ‘80 e ‘90 non sono riusciti a stare al passo con le nuove tecniche di day-hospital e day-surgery.

L’ospedale odierno deve sempre considerare l’avanzamento tecnico in campo medico e deve quindi essere il più flessibile possibile; in questo senso la progettazione contemporanea prevede un potenziamento e ingrandimento degli spazi tecnici e impiantistici. Oltre all’innovazione scientifica e tecnica che ha richiesto una nuova formulazione rispetto ai parametri con il quale ripensare l’ospedale, ci sono state nuove considerazioni di tipo sociale che sono entrate nel dibattito ospedaliero e più in generale sanitario.

Il concetto di ospedale come “macchina di guarigione”, che ha portato alla costruzione delle mega-strutture degli anni ‘80, ha in sé degli aspetti molto negativi quali spersonalizzazione del rapporto medico-paziente e una visione molto fredda e meccanica della guarigione. Di contro la propensione attuale è quel processo di umanizzazione della sanità che riporta il perno centrale della cura sull’uomo. Il paziente non è più solo un soggetto malato, ma innanzitutto una persona con le proprie esigenze, una propria cultura d’appartenenza e una propria psicologia. Va tenuto conto, infatti, che il paziente viene

“allontanato” dalla propria dimensione sociale per essere curato, in questo senso è importante che l’ambiente ospedaliero vada oltre la sola cura fisica e che quindi l’ambiente predisposto alla cura sia anche uno spazio di accoglienza. Questa dimensione alberghiera è infatti una delle attitudini contemporanee che viene presa in considerazione nella progettazione degli ospedali odierni. Questo ha portato a riconsiderare l’ampiezza delle camere, l’arredamento, ora pensato in modo che sia non solo funzionale ma anche personalizzato, i luoghi d’incontro come le sale d’aspetto o le aree verdi e ha portato a introdurre negli ospedali servizi che solitamente si trovano fuori dall’ospedale.

Oltre a riconsiderare il rapporto medico-paziente e il rapporto del paziente con l’ambiente ospedaliero un’altra delle tendenze attuali in termini di progettazione porta a valutare quale sia il rapporto del singolo presidio ospedaliero con il tessuto urbano in cui si trova.

Abbiamo visto come nel corso dei secoli la localizzazione degli ospedali sia sempre variata. Oggi diversi dibattiti prevedono una realizzazione ospedaliera in zone periferiche. Questa posizione rispetto al centro cittadino è motivata innanzitutto dall’ampiezza delle superfici territoriali che garantisce anche l’introduzione di aree verdi e superfici destinate ai parcheggi e consente poi una maggior fruibilità in termini di traffico. Gli ospedali che si trovano nel centro cittadino, infatti, sono difficilmente raggiungibili, oltre a doversi confrontare con l’inquinamento acustico e atmosferico che crea disagio nei pazienti. Il parcheggio sotterraneo è infatti

Figura 24

St. John’s Episcopal Pediatric Hospital, 1882.

Figura 25

Copenhagen Children’s Hospital, 3XN, completo nel 2024

una delle soluzioni proposte e che collima con lo standard alberghiero che si cerca. Importante per lo stesso motivo una costruzione che preveda camere soleggiate e ben aerate, cosa che trova una sua soluzione in un edificio che presenta un’ampia superficie e un’articolazione basata su più livelli.

Questa progettazione risulterà più semplice da realizzare qualora si abbia a che fare con un complesso autonomo e nuovo da costruire. In realtà bisogna far fronte a tutte quelle strutture già esistenti e obsolescenti, oltre al fattore economico e alla necessità dei giusti finanziamenti per una nuova costruzione.

Quello che si è cercato di fare in questi anni quindi, e che risulta essere una buona soluzione, sia in termini morfologici localizzativi che economici è di integrare nuovi corpi edilizi in quelli già esistenti. In questo senso gli ospedali a padiglioni e l’ospedale poliblocco, presenti perlopiù in Italia e in Europa, presentano dei vantaggi in termini di integrazione di quelli che sono gli standard attuali. Più difficile, ovviamente, sviluppare un’ampia superficie e che presenti un buon collegamento fra le varie parti che compongono l’ospedale odierno (spazio dedicato alla degenza, spazio dedicato alla cura, spazio d’accoglienza) nella ristrutturazione dell’ospedale monoblocco, che invece punta su una verticalità ormai superata e nelle strutture nate in zone periferiche ma che col passare del tempo sono state inglobate nel centro cittadino.

Per ciò che concerne invece il rapporto col resto della città, ricerche in questo senso sono state condotte già dagli anni ‘80 e le soluzioni proposte in questo senso si sono focalizzate su due strategie fondamentali: da un lato risulta importante una disseminazione di servizi sanitari sul territorio che s’interpongano fra i cittadini e l’ospedale, dall’altro è fondamentale integrare la rete sanitaria con il tessuto edilizio e sociale della città in modo da non rendere più l’ospedale un luogo “ermetico”.

Ricerche condotte nel Regno Unito hanno portato a riformulare l’assistenza sanitaria in un’articolazione di quattro livelli differenziati per intensità e specificità delle cure, partendo dall’assistenza familiare fino al ricovero intensivo. Anche l’Italia ha dovuto far fronte a un alto numero di strutture ormai non più adeguate in termini di funzionalità, comfort e sicurezza oltre a tutta una serie di costruzioni mai entrate in funzione.

Quello che si è cercato di fare, nella pianificazione di un nuovo

assetto ospedaliero è garantire prestazioni sanitarie adeguate e riqualificare funzionalmente un vasto patrimonio edilizio. Per ciò che concerne il rapporto con la città, molto importante è lo studio condotto da Renzo Piano per conto del Ministero della Sanità Italiano.