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L E SEZIONI U NITE DEL 2019:

L’ADOZIONE IN CASI PARTICOLARI COME MEZZO DI BILANCIAMENTO

Innanzi, dunque, al tassativo ed ineludibile divieto al ricorso alla maternità surrogata, legato all’introduzione della legge n. 40, se da un lato si è quasi completamente scongiurato il ricorso a tali pratiche all’interno dello Stato italiano, dall’altro si è parallelamente rafforzato il meccanismo elusivo della legislazione italiana: infatti, un numero sempre crescente di coppie fruisce della surrogazione di maternità all’estero, recandosi in quegli stati dove questa è consentita e in cui è legittimata, parimenti, l’instaurazione di un rapporto di filiazione tout court tra i genitori c.d. “sociali” e i soggetti attraverso il ricorso a tale pratica. Il problema, del resto, non era stato affrontato neppure dalla legge Cirinnà63, cioè la legge

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introduttiva delle unioni civili tra coppie dello stesso sesso: ad esito, infatti, di una lungo e complesso iter parlamentare, l’introduzione della possibilità di adottare da parte delle coppie omosessuali che fossero unite civilmente venne stralciata dal testo normativo, il quale, al comma 20°, stabilisce soltanto che “resta fermo quanto previsto e consentito in materia di adozione dalle norme vigenti”, formula evidentemente ambigua, ma che, alla luce dell’art. 6 della legge n. 18464, esclude le coppia omosessuali dall’adozione piena65.

Orbene, ad esito di una lunga e contrastante stagione giurisprudenziale66, che ha subito l’influenza massiccia anche

64 Quest’ultima norma, infatti, annovera tra i legittimati attivi i soli

“coniugi uniti in matrimonio da almeno tre anni”, in tal modo automaticamente escludendo dall’adozione piena le unioni civili, le quali non sono equiparabili al rapporto di coniugio e debbono invece ritenersi alla stregua di “formazioni sociali” tutelate ex art. 2 Cost: in questo senso, del resto, si era già espressa alcuni anni prima la Corte costituzionale, nella celeberrima sentenza n. 138 del 2010, aveva evidenziato come la disciplina delle unioni omosessuali trovi la propria sedes materiae nell’art. 2 e non nell’art. 29 Cost.

65 La clausola di apertura, invece, viene individuata, come si vedrà infra,

nell’adozione in casi particolari, specie con riferimento all’art. 44, lett. d).

66 Tra le moltissime sentenze in materia, deve svolgersi un discorso

differenziato tra corti di merito e corte di Cassazione. Per quanto attiene alle prime, infatti, si distingue un primo orientamento che, fin dall’entrata in vigore della legge 40, ritiene sempre inammissibile la trascrizione dell’atto di nascita formato all’estero in conseguenza del ricorso a tale forma di PMA: in questo senso, ex multis, può citarsi Trib. dei minorenni Milano 3 agosto 2012, in https://www.tribmin.milano.giustizia.it/it; contra, invece, Trib. Napoli, 1° luglio 2011, in Giur. Mer. 2011, 2695, in cui si obietta

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all’orientamento maggioritario come l’ingresso della norma straniera e dei suoi effetti non porrebbe in crisi i principi fondanti il nostro ordinamento, nonché App. Milano, 28 dicembre 2016, in Ilfamiliarista.it, 9 gennaio 2017, dove si fa riferimento, in particolare, al caso in cui la coppia committente abbia fornito un sia pur parziale contributo di tipo genetico. La corte di Cassazione, invece, nei casi in cui è stata chiamata a prendere una posizione sul punto, nonostante alcune sollecitazioni provenienti dai tribunali di merito, si è sempre opposta alla trascrizione dell’atto di nascita in virtù della contrarietà all’ordine pubblico internazionale del ricorso alla maternità surrogata: si veda, in particolare, Cass. 26 settembre 2014, n. 24001, in Corr. giur. 2015, 471 ss., con nota di RENDA; in senso analogo,

Cass. 22 giugno 2016, n. 12962, in Nuova giur. civ. comm., 2016, 1135, con commento di FERRANDO. Sul punto, in dottrina, si rimanda a CALDERAI,

Modi di costituzione del rapporto di filiazione e ordine pubblico internazionale, in Nuova giur. civ. comm., 2017, 986 ss.

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della Corte europea dei diritti umani67 e, rispetto ad alcuni profili, della Corte costituzionale68, sono finalmente intervenute,

67 In primo luogo, assume rilievo la sentenza CEDU 26.6.2014, ric.

65192/11, in Nuova giur. Civ. comm. 2014, 1132, con nota di CAMPIGLIO,

la quale condannava lo stato francese al risarcimento del ricorrente per violazione dell’art. 8 della Convenzione (“Ogni persona ha diritto al rispetto della propria vita privata e familiare, del proprio domicilio e della propria corrispondenza”) nei riguardi non dei genitori committenti, ma del nato da maternità surrogata: in particolare, la Corte europea contestava alla Francia la violazione del diritto al rispetto della vita privata, nella misura impedisce al nato di acquistare la cittadinanza (francese) dei committenti. Un’altra decisione fondamentale, in senso opposto, è data da CEDU, Grande Camera, Paradiso and Campanelli v. Italia, 24 gennaio 2017, ricorso n. 25358/12, in F. it., 2017, IV, 105 ss. con nota di Casaburi: in particolare, tale sentenza, ribaltando quanto sancito dalla Seconda Camera CEDU nel 2015, stabiliva la non contrarietà del decisum dell’autorità giudiziale italiana rispetto all’art. 8 CEDU, affermando ciò in virtù della brevità del legame fattuale instauratosi con il bambino. Infine, più recentemente, è da registrare un parere di grande rilievo: si fa

riferimento, in particolare, a CEDU, G.C. avis consultatif 10 aprile 2019, R.

P 16- 2018-001, nel quale la Corte sostiene come la tutela dell’interesse dei minori, il quale costituisce il fondamentale principio rispetto al quale deve essere ricostruita la disciplina della maternità surrogata, non impone necessariamente la trascrivibilità dell’atto di nascita straniero, ma può essere assolta anche in altri modi, ad esempio mediante l’adozione.

68 Una decisione di particolare rilievo fu data da C. cost. n. 272 del 2017, la

quale, trattando della presunta incostituzionalità dell’art. 263 c.c. nella parte in cui non prevede che l’impugnazione del riconoscimento del figlio minore per difetto di veridicità possa essere accolta solo quando sia rispondente all’interesse dello stesso, concludeva in tal modo: “Si è già visto come la regola di giudizio che il giudice è tenuto ad applicare in questi casi debba tenere conto di variabili molto più complesse della rigida alternativa vero o

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a porre un punto fermo decisivo sulla questione, le Sezioni Unite della Cassazione, le quali, con sentenza dell’8 maggio 2019, n. 1219369, hanno deliberato circa l’ipotesi di trascrivere nei registri dello stato civile il provvedimento straniero che riconosceva lo status filiationis nei confronti del nato da maternità surrogata: in considerazione dell’importanza della questione, prima di procedere al commento della sentenza, appare opportuno ripercorrere brevemente la vicenda fattuale e passare in rassegna alcune delle principali argomentazioni a sostegno del decisum. Una coppia omosessuale di due uomini, uniti in matrimonio secondo le leggi canadesi, al fine di procreare si era avvalsa in Canada della surrogazione di maternità di tipo eterologo: in particolare, questa era stata attuata con la partecipazione di due donne esterne alla coppia committente, una prima donatrice di ovociti e una seconda che, parimenti senza la previa corresponsione di un corrispettivo, portava a compimento la

falso. Tra queste, oltre alla durata del rapporto instauratosi col minore e quindi alla condizione identitaria già da esso acquisita, non possono non assumere oggi particolare rilevanza, da un lato le modalità del concepimento e della gestazione e, dall’altro, la presenza di strumenti legali che consentano la costituzione di un legame giuridico col genitore contestato, che, pur diverso da quello derivante dal riconoscimento, quale è l’adozione in casi particolari, garantisca al minore una adeguata tutela.

Si tratta, dunque, di una valutazione comparativa della quale, nel silenzio della legge, fa parte necessariamente la considerazione dell’elevato grado di disvalore che il nostro ordinamento riconnette alla surrogazione di maternità, vietata da apposita disposizione penale”.

69Cass., Sez. un., 8 maggio 2019, n. 12193. In Nuova giur. civ. comm., 737 ss.,

con commento di SALANITRO, Ordine pubblico internazionale, filiazione

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gravidanza. In tal modo, di conseguenza, il nato presentava un legame genetico unicamente con uno dei committenti, colui il quale aveva messo a disposizione il proprio seme per lo svolgimento della pratica procreativa in questione: nondimeno, in aderenza alle leggi canadesi, la Superior Court of Justice dell’Ontario accertava il rapporto di genitorialità anche con l’altro soggetto committente, il quale non aveva contribuito, geneticamente, alla nascita del minore. In seguito a tale vicenda, l’ufficiale dello stato civile di Trento, a fronte della richiesta della coppia, aveva rifiutato la trascrizione del succitato provvedimento canadese, che avrebbe consentito, in sostanza, di riconoscere la cogenitorialità dei due soggetti; a fronte di tale rifiuto, i due coniugi ricorrevano alla corte d’appello di Trento70, la quale, in contrasto con la già citata giurisprudenza maggioritaria, accoglieva l’appello, affermando come la trascrizione dell’atto di nascita formato all’estero, in cui si riconoscesse lo status filiationis anche nei riguardi del genitore non genetico, non dovesse ritenersi in contrasto con l’ordine pubblico internazionale, laddove l’opposta soluzione appare maggiormente conforme all’interesse del minore, come anche interpretato dalla CEDU. Avverso tale decisione, proponevano ricorso per Cassazione il Pubblico Ministero, il ministero dell’interno e il sindaco di Trento: in seguito, in considerazione “delle questioni di massima di particolare importanza” implicate dai motivi di ricorso, la Prima Sezione della Cassazione rimetteva la

70 App. Trento, 23 febbraio 2017, in Fam. e dir., 2017, 669 ss., con nota di

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decisione alle Sezioni Unite, le quali, in data 8 maggio 2019, emettevano la sentenza oggetto di esame.

Orbene, dopo aver esaminato alcune questioni di carattere procedimentale, che pure avevano costituito motivi di ricorso, la Suprema corte si concentra sul punto nevralgico della decisione, cioè se sia o meno in contrasto con l’ordine pubblico internazionale la trascrizione dell’atto di nascita formato all’estero e attestante lo status filiationis con il genitore “sociale” instaurato a seguito del ricorso alla maternità surrogata di tipo eterologo. In proposito, come si ricava dal ragionamento della Corte, deve premettersi come non sia contrario all’ordine pubblico che il rapporto di genitorialità si instauri con due genitori dello stesso sesso: infatti, ad avviso delle Suprema corte, aderendo a due precedenti decisioni della Prima Sezione71, la diversità di sesso dei due genitori non incarna un principio costituzionale fondante il nostro ordinamento, sicché, pur essendo tale diversità richiamata da alcune norme ordinarie72, non assurge a un elemento irrinunciabile del sistema giuridico italiano; di conseguenza, secondo la Corte, la trascrizione

71 In questo senso, Cass. 30 settembre 2016, n. 19599, in Corr. giur., 2017,

181 ss., con nota di FERRANDO; Cass. Cass., 15 giugno 2017, n. 14878, in

Fam. e dir., 2018, 5 ss., con nota di LONGO. In dottrina, lo stesso

orientamento è espresso da GORGONI, Nuova genitorialità e filiazione, in

Nuova giur. civ. comm., 2019, 167 ss.

72 In particolare, si fa riferimento all’art. 5 della legge n. 40 del 2004, il quale

afferma: “Fermo restando quanto stabilito dall'articolo 4, comma 1, possono accedere alle tecniche di procreazione medicalmente assistita coppie di maggiorenni di sesso diverso, coniugate o conviventi, in età potenzialmente fertile, entrambi viventi”.

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dell’atto di nascita non può essere impedita dal solo fatto che i coniugi appartengano allo stesso sesso. Il punto davvero problematico, invece, nel quale ricadeva anche la vicenda sottoposta alle Sezioni Unite, concerne le ipotesi nelle quali l’atto di nascita formato all’estero certifichi il rapporto di filiazione tra il nato da maternità surrogata e il genitore privo di qualsiasi legame genetico o biologico con il bambino: tale casistica, ovviamente, include primariamente quelle ipotesi in cui i committenti della pratica di surrogazione siano due individui di sesso maschile, non potendo esserci un contributo di entrambi alla procreazione, nonché quei casi in cui, in una coppia omosessuale di sesso femminile, una delle due donne sia impossibilitata a portare a compimento la gravidanza. Orbene, posta innanzi a una questione di tale complessità, la Suprema corte innesta il proprio decisum sulla corretta ricostruzione della nozione di ordine pubblico internazionale, il quale, conformemente a quanto affermato dalla Corte d’appello di Trento, deve essere visto in un’ottica non già difensiva, ma promozionale: l’ordine pubblico internazionale, dunque, va considerato non alla stregua di un argine all’ingresso di istituti “ritenuti contrastanti con i valori sottesi alla vigente normativa interna”, ma, al contrario, come uno strumento volto alla condivisione delle tradizioni giuridiche e all’armonizzazione degli ordinamenti, sì da limitare il giudizio di compatibilità con l’ordinamento interno “ai valori tutelati dalle norme fondamentali” 73 . Di conseguenza, al contrario di quanto

73 In questo senso, in dottrina, si veda, ex multis, BARILE, Ordine pubblico

(dir. internaz. priv.), in Enc. dir., XXX, Milano, 1980, 1100; BUSNELLI,

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affermato in alcune più risalenti decisioni di legittimità74, l’ordine pubblico internazionale va nettamente distinto da quello interno, pena l’inutilità delle norme di diritto internazionale privato, dovendosi individuare i principi di ordine pubblico internazionale non nelle mere norme inderogabili, ma nei “principi (…) fondamentali della nostra Costituzione o in quelle altre regole che, pur non trovando in essa collocazione, rispondono all’esigenza di carattere universale di tutelare i diritti fondamentali dell’uomo, o che informano l’intero ordinamento in modo tale che la loro lesione si traduce in uno stravolgimento dei valori fondanti dell’intero assetto ordinamentale”.

Ciò premesso, il ragionamento della Suprema corte, a questo punto, diverge da quello della corte di merito: infatti, precisano le Sezioni Unite, dal momento che l’ordine pubblico è dato “dall’insieme dei valori fondanti dell’ordinamento in un determinato momento storico”, questo deve essere valutato non soltanto sulla base dei principi costituzionali nonché di quelli consacrati nelle fonti sovranazionali, ma anche di come quei principi “si sono incarnati nella disciplina ordinaria” e, soprattutto, dell’interpretazione ad essi fornita da parte della giurisprudenza: anche il diritto “vivente”, pertanto, costituirebbe un elemento importantissimo ai fini della valutazione della contrarietà ad ordine pubblico internazionale. Applicando tale considerazione al caso in esame, prosegue la Corte, il quale, per le modalità con cui è stato realizzato, non può

74 Cass., Sez. I, 12 marzo 1984, n. 1680; Cass. Sez. lav., 25 maggio 1985, n.

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essere assimilato alla fecondazione eterologa (come, invece, i casi utilizzati come precedenti dalla Corte d’appello di Trento) ma integra a tutti gli effetti la pratica della surrogazione di maternità, bisogna considerare che l’art. 12, comma 6°, della legge n. 40, allorquando vieta la maternità surrogata, in virtù anche dell’interpretazione che ne è stata data dalla Corte costituzionale75 e nei precedenti di legittimità76, incarna proprio alcuni dei principi fondanti l’ordinamento italiano: in particolare, a ledere l’ordine pubblico internazionale non sarebbero, di per se stessi, elementi quali l’assenza di un rapporto tra il genitore e il nato77 o, comunque, l’interesse alla verità del rapporto di filiazione; alla luce dell’interpretazione giurisprudenziale e della precipua natura “costituzionalmente necessaria” della legge n. 40, in quanto chiamata ad esprimere il bilanciamento tra una serie di valori costituzionalmente rilevanti, è piuttosto il fatto che, nel caso di specie, l’interesse alla verità sia associato all’utilizzo della surrogazione di maternità, pratica “che offende in modo intollerabile la dignità della donna e mina nel profondo le relazioni umane”78. Il ricorso alla maternità surrogata, pertanto, appare come un limite invalicabile: al di là di questo, l’identità genetica prevale sull’autodeterminazione dell’individuo.

75 C. cost. n. 272 del 2017, v. d. supra.

76 Cass. 26 settembre 2014, n. 24001, cit., v. d. supra.

77 Come si è già messo in luce, ad esempio, un vero e proprio rapporto di

filiazione sorge anche attraverso l’adozione piena, la quale, ovviamente, prescinde dalla sussistenza di un rapporto biologico con l’adottante.

78 Lo afferma la sentenza prendendo le mosse dalla stessa C. cost. n. 272

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Ciò stabilito, le Sezioni Unite chiariscono ulteriormente come un tale orientamento non tradisca i principi contenuti nelle Convenzioni internazionali né, in particolare, la giurisprudenza della Corte EDU: quest’ultima, infatti, lascia agli stati un certo margine di discrezionalità della disciplina degli effetti della maternità surrogata in punto di riconoscimento dello status filiationis nei confronti del genitore meramente intenzionale. Anche in questo caso, dunque, la sussistenza di un legame biologico o genetico costituisce il limite alla discrezionalità del legislatore: in assenza di questo legame, a giudizio della CEDU, il legislatore non è tenuto al riconoscimento del rapporto di filiazione, ma ad un più generico obbligo di garantire una tutela di tipo comparabile allo status filiationis e che sia, dunque, comunque idonea a realizzare l’interesse del minore. A questo riguardo, la soluzione prospettata dalle Sezioni Unite, in aderenza con l’interpretazione estensiva dell’art. 44, lett. d), della legge sulle adozioni, è quella del ricorso all’adozione in casi particolari, strumento che consente, dunque, al genitore intenzionale di instaurare verso il nato un rapporto sostanzialmente equivalente, come si è visto supra, a quello che intercorre tra genitore e figlio: questa soluzione, dunque, costituisce l’esito di un bilanciamento, sul piano assiologico, tra il perseguimento dell’interesse del minore e la tutela della dignità della persona, la quale sarebbe messa in discussione dal riconoscimento dello status filiationis nei confronti del genitore intenzionale che abbia fatto ricorso alla maternità surrogata79; al

79 Su questo approdo, la dottrina è apparsa polarizzata: in senso

favorevole, ex multis, Salanitro, Ordine pubblico internazionale, filiazione omosessuale e surrogazione di maternità, cit., 740; contra, si veda DOGLIOTTI,

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tempo stesso, da un punto di vista pratico, l’articolato procedimento richiesto dall’adozione in casi particolari, se ha attirato alcune delle più significative obiezioni sollevate in dottrina alla conclusione della Suprema corte 80 , dall’altro parrebbe garantire, a differenza dell’automatismo dato dal mero meccanismo di trascrizione dell’atto di nascita formato all’estero, l’effettività del “rapporto sociale” intercorrente tra il nato e il genitore intenzionale.

In considerazione dell’approdo delle Sezioni Unite, dunque, l’adozione in casi particolari, specie alla luce dell’interpretazione estensiva offerta dell’art. 44, lett. d)81 – la quale con “impossibilità di affidamento preadottivo” farebbe dunque riferimento ad una impossibilità non solo fattuale, ma altresì giuridica – può essere ripensata come non più uno strumento a raggio ridotto, da

Le Sezioni Unite condannano i due padri e assolvono le due madri, in Fam. e dir., 2019, 667 ss., dove si obietta al ragionamento delle Sezioni Unite come l’interesse del minore al riconoscimento del proprio status filiationis formato all’estero, pur a seguito delle pratiche di maternità surrogata, dovrebbe ritenersi prevalente rispetto all’ordine pubblico, anche in considerazione della gratuità dell’accordo del caso di riferimento; inoltre, attribuire tale rilievo all’assenza di un rapporto genetico o biologico ai fini della trascrizione dell’atto di nascita pare discriminare le coppie di committenti composte da due uomini.

80 G.FERRANDO, I diritti del bambino con due papà. La questione va alla Corte

costituzionale, in Fam. dir., 2020, 687.

81 Con riferimento alle oscillazioni giurisprudenziali sul punto, apprezzate

soprattutto in tema di stepchild adoption, si rimanda all’analisi di NOCCO,

L’adozione del figlio di convivente dello stesso sesso: due sentenze contro una lettura eversiva dell’art. 44, lett. d), l. n. 184/1983, in Nuova giur. civ. comm., 2016, 209 ss.

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applicare nei soli casi tassativamente previsti dalla legge82, ma alla stregua di un istituto atipico, una valvola di apertura del sistema capace di garantire, come extrema ratio, l’interesse del minore laddove non sia possibile l’instaurazione di un rapporto di filiazione tout court né, parimenti, sia possibile l’adozione piena.

Chiarito questo aspetto, a fortiori in considerazione del più ampio spazio di applicazione indirettamente attribuito dalle Sezioni Unite all’istituto dell’adozione in casi in particolari, appare ineludibile prendere una posizione sul quesito originario, ovverosia quale delle due interpretazioni dell’istituto, alla stregua della riforma dell’art. 74 c.c., appaia preferibile: a questo sarà rivolta l’ultima parte del lavoro.

IV. CONCLUSIONI:

VERSO UN’INTERPRETAZIONE COSTITUZIONALMENTE

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