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VERSO UN’INTERPRETAZIONE COSTITUZIONALMENTE ORIENTATA DELL’ART 74 C.C.

Si è visto, in ultimo, come l’adozione in casi particolari, seguendo l’ultimo orientamento della Cassazione, costituisce un istituto ad ampie potenzialità applicative, capace di offrire tutela in tutte quelle ipotesi in cui non sia altrimenti possibile soddisfare l’interesse del minore senza, al tempo stesso, ledere in misura irrimediabile altri valori costituzionalmente rilevanti: il best interest of child, infatti, non solo alla stregua della Costituzione, ma anche delle più importanti convenzioni internazionali poste

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a tutela dei minori83, va declinato alla stregua di un superlativo non assoluto, ma relativo, e deve ritenersi, pertanto, passibile di bilanciamento con altri interessi che siano di pari dignità84. Se si accetta, dunque, che l’adozione in casi particolari assurga ad una funzione cruciale di istituto di chiusura del sistema, costituente il “controlimite” alla soccombenza dell’interesse del minore rispetto a quel nucleo forse più inviolabile dei diritti inviolabili dell’uomo, rappresentato dalla dignità della persona, può, allora, continuare a ritenersi accettabile, nonostante la novella del 2012 e gli ultimi sviluppi giurisprudenziali in materia di maternità surrogata, un’interpretazione restrittiva della nozione di parentela, che si limiti all’adozione piena e riduca, quanto agli effetti, l’adozione in casi particolari a quella del maggiorenne?

Orbene, si è già visto, nei paragrafi precedenti, come entrambe le interpretazioni possano vantare, a proprio sostegno, argomenti più o meno validi, e che, ognuno di questi, a sua volta, presti il

83 Si consideri, in proposito, la Convenzione ONU sui Diritti dell'infanzia

del 1989 o la Convenzione sulla protezione dei minori e sulla cooperazione in materia di adozione internazionale, adottata all’Aja nel 1993.

84 Sul tema, fondamentale il contributo di LENZI, Note critiche in tema di

interesse del minore, Riv. Dir. Civ., 2016, 88 ss. e, in particolare, 89, in cui, trattando della traduzione della Convenzione dei diritti del minore del 1989, l’Autore afferma come la traduzione italiana “superiore” derivi dalla traduzione francese “supérieur” laddove, nel testo inglese, l’aggettivo best costituisce senza dubbio un superlativo relativo e non assoluto. Sul punto, inoltre, molto interessante la ricostruzione storico-comparatistica della dottrina dei best interests of the child svolta da LAMARQUE, Prima i bambini,

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fianco a confutazioni difficilmente superabili: da una parte, a sostegno dell’orientamento più conservatore, si adducono il criterio di specialità e la relazione illustrativa alla novella, che tradirebbe l’intenzione del legislatore di non ricomprendere anche l’adottato in casi particolari nell’ampliamento del primo periodo dell’art. 74 c.c., dall’altro, a supporto dell’interpretazione più favorevole all’adottato, si evidenzia l’analogia di ratio tra le due forme di adozione del minorenne. Nondimeno, specie alla luce delle nuove potenzialità espansive dell’istituto, non può non attribuirsi, ai fini della soluzione della questione, un peso fondamentale al perseguimento del miglior interesse del minore: se, infatti, questo non deve necessariamente prevalere sugli altri, ma costituire, quantomeno, un elemento da tenere in significativa considerazione, appare evidente come nel caso in questione, in cui ci si trova innanzi ad un contrasto interpretativo di difficile risoluzione, il criterio del miglior interesse del minore sospinga verso l’interpretazione estensiva della parentela, in modo tale che l’adottato in casi particolari non solo instauri un rapporto di parentela con l’adottante, ma anche con i parenti dell’adottato. Una soluzione del genere, di conseguenza, appare quella maggiormente coerente con i principi costituzionali: non solo, ex art. 117 Cost., per la maggiore aderenza con il contenuto delle plurime Convenzioni internazionali in materia di diritti dei minori nonché, soprattutto, nella misura in cui si mostra maggiormente compliant rispetto alla giurisprudenza CEDU, la quale richiede, come si è già visto, una forma di tutela comparabile a quella del rapporto di filiazione, ma anche in virtù del principio di non discriminazione, di cui all’art. 3 della Costituzione. Infatti, se

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appare giustificata dalla tutela di altri principi fondamentali la diversità di trattamento dei nati da tecniche di surrogazione di maternità, il medesimo discorso non può condividersi in pieno in proposito alla discriminazione tra minori adottati: al contrario, è proprio l’interesse “superiore” del minore che spinge verso la rimozione di tale differenza, in modo tale che l’adozione piena e l’adozione in casi particolari possano finalmente coincidere quanto agli effetti. In questo modo, si andrebbe verso una forma di saldatura del sistema delle adozioni dei minori, all’interno del quale le due species potrebbero distinguersi soltanto dal punto di vista procedurale: si tratterebbe, in sostanza, di un percorso simile a quello già subito, negli ultimi decenni, dall’istituto della filiazione, all’interno della quale le due forme, in origine denominate “legittima” e “illegittima”, si son pian piano avvicinate, fino ad essere completamente equiparate in punta di effetti e a distinguersi unicamente, oggi, per i modi di costituzione.

L’interpretazione estensiva dell’art. 74 c.c., in altri termini, non è importante soltanto di per sé stessa, ma anche e soprattutto per la sua emblematica valenza assiologica e sociale: equiparare la situazione del minore adottato in casi particolari a quella dell’adottato pieno, riunendo un istituto che la legge del 1983 aveva concepito, per certi aspetti non spiegabilmente, come diviso, consentirà forse di guardare anche con minore sospetto questa forma di adozione, spesso vista alla stregua di un quid minoris rispetto all’altra. In tal modo, inoltre, in tema di maternità surrogata, rispetto alla Sezioni Unite del 2019, le quali, sul punto, non prendono alcuna posizione, sarà possibile trovare un punto di equilibrio ancora più favorevole all’interesse del minore,

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senza sfociare, tuttavia, nella libera trascrivibilità dell’atto di nascita formato all’estero, soluzione tuttora sostenuta da parte autorevole della dottrina: si tratta, quindi, di un bilanciamento assiologico ancora malfermo, tanto che, ad appena un anno di distanza, a seguito di una recentissima ordinanza di rimessione, effettuata dalla Prima Sezione della Cassazione85, la questione è stata sottoposta, questa volta direttamente, al giudice delle leggi, chiamato ad assumere una decisione che, si spera, possa porre una volta per tutte un punto fermo sulla questione.

85 Cass. civ., 29 aprile 2020, n. 8325, in Corr. Giur., 902 ss., con nota di SALANITRO.

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