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L’utilizzo dei Big Data per prevenire le frod

Nel documento Il cyber risk in banca (pagine 118-129)

Le soluzioni di cybersecurity in ambito bancario

4.2 Le nuove frontiere della cybersecurity a livello nazionale

4.2.3 L’utilizzo dei Big Data per prevenire le frod

Un elemento che ha caratterizzato la rivoluzione 4.0 nel settore bancario è quello dei Big Data: questi ultimi sono figli dell’evoluzione tecnologica in atto nell’era moderna. Infatti, quando si parla di Big Data ci si riferisce ad un’enorme mole di dati che non possono essere trattati con metodologie tradizionali, ma anzi richiedono l’utilizzo di tecnologie avanzate proprio per la loro grande quantità.

I Big Data sono un tema attuale in quanto grazie ad essi le banche sono in grado di raccogliere grandi quantità di informazioni utili ai loro scopi. In particolare le banche stanno prendendo confidenza con la “Big Data Analytics”, vale a dire un processo che consente di raccogliere e analizzare dati riguardo ai propri clienti attraverso la

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combinazione di informazioni provenienti sia da fonti interne sia esterne all’istituto di credito che effettua l’analisi124.

I dati raccolti possono essere strutturati o non strutturati: i primi si riferiscono ai dati provenienti dalle transazioni delle carte di credito, dal portafoglio di investimento, dall’anagrafica generale interna della banca, mentre i secondi derivano dai post condivisi dai clienti sui social media o dalle immagini digitali, quindi si tratta di dati di carattere più personale e inerenti la vita privata.

Dall’incrocio tra dati interni ed esterni le banche possono ricavare un profilo del soggetto su cui esse hanno puntato l’attenzione al fine di avere un quadro più chiaro riguardo ai suoi comportamenti e abitudini.

I Big Data vengono utilizzati dagli istituti di credito per varie finalità, tra cui:

1) Miglioramento della relazione con il cliente → l’obiettivo primario delle banche si è modificato nel tempo, spostando queste il focus dal prodotto al cliente: nell’epoca della trasformazione digitale e in presenza di concorrenti sempre più attenti alle esigenze dei clienti (come le Fintech), le banche utilizzano i Big Data per ottenere informazioni sulle abitudini e gli hobby dei propri utenti, in modo da conformare la loro offerta di prodotti e servizi alle necessità in un certo momento dei consumatori. Quest’obiettivo di miglioramento della relazione tra banca e cliente può essere facilmente raggiunto poiché la società si sta adeguando ai cambiamenti imposti dalla trasformazione digitale e tramite i device posseduti mette a disposizione una grande quantità di dati.

2) Possibilità di fare previsioni sui trend di consumo dei clienti → tramite l’utilizzo dei Big Data le banche possono capire quale sarà la tendenza dei clienti nell’ambito della propensione al consumo e agli investimenti.

Un esempio può essere ricavato dai dati anagrafici del cliente: nel caso di un cliente giovane, egli sarà maggiormente propenso ad un investimento di lungo termine e con caratteristiche di maggior rischiosità; se invece il cliente appartiene ad una fascia di età più elevata, allora egli sarà portato ad investire in prodotti con un orizzonte temporale di breve termine e con una bassa rischiosità.

Un altro esempio è dato dalle transazioni finanziarie effettuate dai clienti: infatti, se dal conto corrente o dalla carta di credito risultano molti movimenti, allora si può prevedere che per questi soggetti il trend di consumo sarà positivo; la stessa

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conclusione non si può trarre per i clienti dai quali risultano poche transazioni finanziarie.

3) Individuazione delle frodi finanziarie → dall’incrocio dei dati interni ed esterni alle banche è possibile effettuare una profilazione dei soggetti e individuare quindi quelli sospetti, cioè quelli che potenzialmente possono compiere frodi finanziarie a danno degli istituti di credito.

Le frodi nel settore bancario sono un’emergenza attuale, e gli istituti di credito stanno studiando dei metodi volti a prevenire i crimini informatici. Una possibile soluzione al problema è quella dell’utilizzo dei Big Data nell’ambito della cybersecurity.

In particolare, le banche stanno rivolgendo l’attenzione ai processi di “Forensic Data Analysis”, vale a dire un processo di analisi strutturata dei dati al fine di individuare comportamenti fraudolenti. Le fasi di questo processo si possono riassumere nelle seguenti125:

- Raccolta e caricamento dei dati → il primo step consiste nella raccolta di dati interni ed esterni: i primi derivano dagli storici delle transazioni, dai dati sul rischio di credito, dalle carte di pagamento; i dati esterni sono rilevati tramite indicatori di frodi o crimini finanziari, quali ad esempio la presenza di fallimenti, insolvenze o sanzioni per riciclaggio di denaro.

- Analisi della qualità dei dati → in questa fase si verifica che i dati raccolti ai fini della FDA siano completi, nel senso che non deve mancare nessun campo ai fini dell’analisi, e precisi, cioè devono garantire la possibilità di identificare in maniera efficace le frodi finanziarie.

- Pulizia, sistemazione e miglioramento → questa fase consente di controllare ulteriormente la qualità dei dati raccolti con riferimento in particolare ai dati anagrafici di soggetti e aziende.

- Collegamento, allineamento e visualizzazione → poiché i criminali occultano la propria identità attraverso nomi fasulli, la FDA si avvale di algoritmi avanzati che cercano di cogliere le somiglianze tra il vero nome del frodatore e il nome inventato per mettere in atto la frode (ad esempio Mary/Maria, Mario/Marco). - Analisi dei social network → i social media ricoprono un ruolo chiave

nell’individuazione delle frodi finanziarie, poiché tramite questi è possibile estrapolare informazioni utili a ricostruire il profilo dei soggetti ritenuti sospetti.

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- Profilaggio e aggregazione → i dati sui clienti vengono raggruppati in categorie omogenee in termini di caratteristiche e di comportamento, in modo da agevolare la rilevazione di segnali ambigui.

- Utilizzo di algoritmi per l’individuazione delle frodi → questa fase può essere condotta in due modi:

a) Utilizzo di algoritmi basati su regole → in questo caso vengono richieste competenze specifiche in tema di indagine sulle frodi; si cercano somiglianze con casi di frode già noti; quest’approccio è poco praticabile a causa della sua rigidità, lentezza e complessità.

b) Utilizzo di algoritmi basati su modelli statistici → si basano sulla ricerca di affinità con serie di dati storici; possono costituire la base per la scoperta di nuove tipologie di frode; riprendono modelli di frode già noti senza necessità di seguire regole specifiche; tutte queste caratteristiche rendono il modello più flessibile rispetto al precedente e dunque più utile per gli investigatori. I Big Data rivestono quindi un ruolo fondamentale nella prevenzione delle frodi informatiche nel settore bancario, anche se non mancano delle criticità nel loro utilizzo: la prima è di natura organizzativa, nel senso che per poter adottare una strategia di prevenzione dei crimini finanziari basata sui Big Data occorre che le banche si dotino di personale altamente qualificato nell’attività di investigazione delle frodi, come i Data Manager, che abbiano anche elevate competenze informatiche.

Un altro problema riscontrato nell’utilizzo dei Big Data nella prevenzione e contrasto delle frodi consiste nella violazione della privacy dei clienti: infatti, anche se l’acquisizione dei dati viene fatta allo scopo di porre fine ad azioni criminali, si pone la questione del limite al trattamento dei dati personali dei soggetti interessati.

Infine, l’uso dei Big Data richiede ingenti investimenti da parte delle banche in tecnologie idonee a supportare il processo dei Big Data Analytics: basti pensare che nel 2016 il settore finanziario ha aumentato gli investimenti in Big Data del 28%126.

Questa spesa si rende necessaria poiché i Big Data stanno rivoluzionando l’economia mondiale, e anche il settore bancario si sta adattando a questa rivoluzione, prevedendo un approccio “data driven”, cioè orientato all’utilizzo dei dati per la creazione di valore.

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CONCLUSIONI

Nel presente lavoro l’obiettivo è stato quello di indagare gli aspetti più “oscuri” del processo di innovazione tecnologica che sta attraversando il settore bancario.

È ovvio che in un’epoca come quella attuale contraddistinta dalla presenza del fattore digital in ogni aspetto della vita quotidiana ci sia molto entusiasmo e curiosità di fronte ai cambiamenti radicali che le banche stanno lentamente apportando ai propri modelli di business.

La digitalizzazione è un’opportunità per le banche per svilupparsi e accrescere la propria competitività, tutto questo a vantaggio della relazione con i clienti e della vita di questi ultimi: basti pensare alla notevole semplificazione che la tecnologia ha prodotto per quanto riguarda le operazioni bancarie, che possono essere effettuate dagli utenti tramite app bancarie o addirittura sfruttando il canale social, senza essere vincolati dagli orari di apertura delle filiali e con costi di transazione contenuti.

Nonostante i molteplici benefici che la trasformazione digitale delle banche sta producendo, essa ha anche dei risvolti negativi, soprattutto in tema di sicurezza. Mentre in passato i pericoli maggiori per le banche derivavano dalle possibili rapine agli sportelli, oggi, poiché l’operatività bancaria si è spostata dalle filiali al web, il “luogo” percepito come più pericoloso per le banche è diventato il cyberspace.

Dunque il percorso verso la digitalizzazione del settore bancario non è privo di ostacoli, in quanto esistono dei rischi legati all’attività digitale che fino ad un recente passato venivano sottovalutati, ma che oggi si mostrano in tutta la loro pericolosità.

Infatti, da quando le banche hanno iniziato a includere nella propria offerta prodotti e servizi orientati al digitale, si sono moltiplicati gli attacchi informatici da parte di hacker, i quali sfruttano le falle presenti nei sistemi di sicurezza informatici degli istituti di credito.

La crescita degli attacchi informatici nei confronti delle banche rappresenta un segnale evidente del fatto che l’attenzione finora rivolta ad una corretta gestione del cyber risk non sia stata sufficiente a frenare l’ondata di data breach che si è verificata di recente. La sottovalutazione delle conseguenze negative dell’interconnessione tra oggetti, dell’utilizzo dei Big Data e della possibilità di effettuare operazioni bancarie tramite app e online banking ha inevitabilmente attirato i criminali informatici che hanno potuto agire indisturbati entrando nei sistemi delle banche per compiere frodi.

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Di fronte alla frequenza di tali attacchi, si sono resi necessari alcuni interventi normativi volti a rafforzare la cybersecurity nel settore bancario: il GDPR ha consentito una maggiore regolamentazione nell’ambito del trattamento dei dati personali rispetto al passato, mentre la Direttiva PSD2 ha agito dal lato dei servizi di pagamento.

Anche le autorità europee si sono mosse nella direzione del miglioramento della cyber resilience del settore finanziario, attraverso l’adozione di strategie e regole armonizzate a livello europeo.

Nonostante queste iniziative la sensazione è che ancora resti molto da fare all’interno del settore bancario per contrastare il cyber risk: le banche nel prossimo futuro dovranno incrementare gli investimenti in ICT, soprattutto per quanto riguarda l’aspetto della security.

Secondo uno studio di ABI Lab, tra le priorità di investimento nel settore ICT rientrano i progetti di potenziamento delle infrastrutture tecnologiche (67%), la gestione del rischio cyber (63%) e il potenziamento di Internet e Mobile Banking con particolare attenzione agli aspetti di sicurezza (48%).

Oltre agli investimenti in infrastrutture tecnologiche innovative, le banche possono rafforzare la cybersecurity attraverso l’impiego di personale altamente qualificato e specializzato in materie informatiche: a tal proposito, una tendenza sempre più frequente nel mondo bancario è il ricorso agli “ethical hacker”, vale a dire a soggetti che in passato sono stati dei veri e propri hacker, i quali, pentiti delle azioni criminose compiute, mettono a disposizione la loro esperienza e le loro competenze per effettuare verifiche sulla sicurezza dei sistemi delle banche e per svolgere simulazioni di attacchi in modo da controllare l’esposizione delle infrastrutture IT ad eventuali minacce.

Per concludere, si può affermare come l’evoluzione tecnologica nel settore bancario debba essere accompagnata da una parallela evoluzione della cybersecurity, poiché, come si è visto nel lavoro, soltanto un’adeguata gestione del cyber risk può consentire alle banche di fare il salto di qualità necessario a mantenere una posizione competitiva all’interno del settore. In un periodo delicato come quello attuale caratterizzato da un’intensa attività criminale cibernetica è importante considerare la sicurezza e la tutela dei clienti e degli stessi istituti bancari come una priorità, poiché i clienti utilizzano sempre di più quale criterio per la scelta di una banca la sua affidabilità, condizione questa essenziale per mantenere un rapporto di fiducia duraturo nel tempo.

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