Il Family Business Group, organo costituito dalla Commissione Europea per trattare i principali problemi riguardanti le aziende familiari europee e per migliorare l’efficacia della sua azione di governo economico, ha proposto nel 2009 una definizione di azienda familiare. In sintesi, tale organo identifica la presenza di un family business qualora68:
la maggioranza dei poteri di voto è nel possesso della persona fisica che
ha creato l’azienda o delle persone fisiche che hanno acquisito le quote di capitale dell’azienda (coniugi, figli o nipoti) ;
la maggioranza dei poteri di voto può essere detenuta sia in maniera
diretta che in maniera indiretta;
almeno un rappresentante della famiglia è coinvolto nella gestione
dell’azienda;
nelle aziende quotate, se la persona che ha fondato l’azienda o le persone che hanno acquisito il capitale (coniugi, figli o nipoti) possiedono almeno il 25% della quota di capitale.
Questa definizione, tuttavia, presenta dei limiti in quanto considera familiari, ad esempio, le imprese dove il fondatore controlla il 100 per cento del capitale ed è l’unico familiare che vi è impegnato oppure i casi di aziende dove siano impegnati due o più soci senza legami di parentela e affinità. Tale definizione è quindi condivisibile a patto che si faccia una precisazione: la “natura familiare” si acquisisce solo quando il fondatore o i fondatori (in numero compreso tra le 4- 5 unità) coinvolgono nei loro processi decisionali la famiglia di appartenenza.69 In realtà, data la verità che caratterizza le aziende familiari, si può affermare che non esiste ancora oggi una definizione unitaria ed univocamente riconosciuta dagli studiosi delle imprese a gestione familiare. Alcuni vedono la modalità di distribuzione del capitale come elemento qualificante il family business, altri
68 N.ANGIOLA, M. TALIENTO, Ipo e family business, Analisi economico-aziendale del going public
nella prospettiva del governo delle imprese familiari, FrancoAngeli, Milano, 2012.
39 l’esercizio del controllo o ancora la prospettiva di continuità nelle componenti di proprietà e forma di governo. Una parte di letteratura ritiene che vi sia un’impresa familiare qualora un nucleo familiare o due o più nuclei legati da stretti legami di parentela o affinità, investono nell’impresa capitali finanziari “a pieno rischio” o “a rischio limitato”, garanzie personali o reali e abilità manageriali.70Si configura quindi in questo caso una interdipendenza se non una completa coincidenza tra la dimensione familiare e quella imprenditoriale, che evidenzia come la caratteristica peculiare di tale categoria di aziende sia il legame, quasi simbiotico, tra famiglia ed impresa. Considerando tale legame è possibile effettuare una prima classificazione dell’impresa familiare, distinguendo tra71:
Imprese familiari in senso stretto;
Imprese familiari allargate.
Le variabili considerate per la definizione delle due categorie sono la concentrazione della proprietà da un lato e la concentrazione del controllo dall’altro. Riguardo la prima variabile, essa può essere:
alta, quando un ristretto numero di soggetti legati da rapporti molto stretti, possiede l’intero capitale di rischio dell’impresa;
bassa, quando il numero dei conferenti il capitale aumenta ed i rapporti di parentela sono meno forti.
Passando ad esaminare la variabile “controllo”, si possono distinguere situazioni nelle quali le funzioni direzionali ed imprenditoriali sono svolte dalla famiglia proprietaria da altre dove alcuni incarichi sono delegati a soggetti esterni, fino al caso in cui riguardando la delega la totalità delle funzioni, si passa ad un’impresa di tipo manageriale.
70 G. CORBETTA, C. DEMATTE’, I processi di transizione nelle imprese familiari, Mediocredito
Lombardo (studi e ricerche), 1993.
71 C. DE VECCHI, G. FRAQUELLI, Dinamiche di sviluppo e internazionalizzazione del family business,
40 Le imprese familiari in senso stretto, di prima e seconda generazione, in genere si collocano sono solitamente gestite con metodi e procedure informali, tipiche del “padre di famiglia”. Le imprese allargate, al contrario, sono quelle, successive alla seconda generazione, in cui le quote dell’impresa sono più disperse tra un maggior numero di soggetti, in cui i vincoli di parentela sono meno forti. Le funzioni direzionali sono affidate solo a taluni familiari mentre altri sono solamente azionisti o dipendenti e molto frequentemente all’interno dell’azienda sono presenti manager “esterni”.
Corbetta propone una classificazione a partire da tre variabili72 (Figura 4): 1. Il modello di proprietà del capitale dell’impresa;
2. La presenza di familiari nel CDA e negli organi di direzione; 3. La dimensione dell’organismo personale.
Figura 4, Classificazione delle aziende, in base il modello di Corbetta.
Fonte: Corbetta, Le imprese familiari. Caratteri originali, varietà e condizioni di sviluppo.
72 G. CORBETTA, Le imprese familiari. Caratteri originali, varietà e condizioni di sviluppo, Egea,
41 In base alla prima variabile si possono individuare:
un modello di proprietà assoluta, con capitale posseduto da un solo proprietario;
un modello di proprietà familiare chiusa stretta, con capitale posseduto da un ristretto numero di persone;
un modello di proprietà familiare chiusa allargata, con capitale in mano ad un numero di persone più ampio;
un modello di proprietà familiare aperta, in cui il capitale è posseduto da soci discendenti dal fondatore e anche da altri soci.
La proprietà assoluta caratterizza le prime fasi di vita dell’impresa quando questa viene fondata da una sola persona, mentre la proprietà chiusa stretta è tipica delle imprese familiari di prima generazione fondate da più soci e di quelle di seconda generazione discendenti da un unico ceppo. La proprietà chiusa allargata è diffusa principalmente nelle imprese familiari aventi più fondatori a partire dalla seconda generazione ed in quelle con unico fondatore dalla terza generazione.73 Infine il modello di proprietà aperta può riguardare imprese familiari di ogni generazione.
La seconda variabile rappresenta la varietà dei rapporti che possono esistere tra famiglia e impresa e può essere articolata nel modo seguente:
1) Consiglio di Amministrazione e organi di direzione composti esclusivamente da membri della famiglia proprietaria del capitale;
2) Consiglio di Amministrazione composto solo da familiari e organi di direzione nei quali sono impegnati familiari e non familiari;
3) Consiglio di Amministrazione e organi di direzione dove sono impegnati familiari e non familiari. Tale distinzione mette in luce due passaggi critici caratterizzanti i rapporti tra famiglia e impresa, ovvero:
42 l’entrata in azienda di manager esterni, nel caso in cui la famiglia proprietaria non è in possesso delle competenze manageriali necessarie nella gestione dell’impresa. Può addirittura verificarsi l’uscita della famiglia da tutti gli organi di direzione qualora nessuno dei suoi membri sia in grado di svolgere, per età o capacità, alcun ruolo di vertice.
l’apertura del Cda a soci esterni alla famiglia proprietaria, quando vi è la necessità di apportare competenze ed esperienze non presenti all’interno del nucleo familiare o come conseguenza dell’entrata di soci non familiari nell’assetto proprietario.
La terza variabile, invece, che rappresenta i vari gradi di complessità dell’impresa, può essere scomposta in dimensione piccola (poche decine di persone), media (fino a poche centinaia di persone) e grande. Unendo le tre variabili è possibile individuare numerose tipologie di imprese familiari, tra le quali le più diffuse secondo Corbetta sono74:
1) imprese familiari domestiche, caratterizzate da un modello proprietario di tipo assoluto o stretto, da dimensioni aziendali piccole e da un Cda e organi di direzione composti solo da familiari;
2) imprese familiari tradizionali, nelle quali il modello proprietario è di tipo assoluto o stretto, le dimensioni aziendali pur potendo anche essere piccole, generalmente sono medie o grandi, il Cda è formato esclusivamente da familiari mentre negli organi di direzione sono coinvolti nella maggior parte dei casi sia familiari che non familiari;
3) imprese familiari allargate, contraddistinte da un modello proprietario di tipo allargato e da dimensioni solitamente medie o grandi (in pochi casi le imprese sono di piccole dimensioni); il Cda può essere composto sia esclusivamente da familiari che anche da non familiari e gli organi direttivi coinvolgono familiari e non familiari;
74 G. CORBETTA, Le imprese familiari. Caratteri originali, varietà e condizioni di sviluppo, Egea,
43 4) imprese familiari aperte, in cui anche persone non discendenti dal fondatore o dai fondatori possiedono quote del capitale, le dimensioni dell’impresa sono medie o grandi ed il Cda e gli organi di governo sono composti da familiari e non familiari.
Secondo un’ulteriore classificazione le aziende familiari possono essere distinte in quattro categorie sulla base della relazione e del grado di coinvolgimento che la famiglia vuole portare avanti nei confronti dell’impresa75:
1) impresa familiare di lavoro, in cui la famiglia vuole restare unita al comando dell’impresa anche attraverso il coinvolgimento diretto di numerosi suoi membri nell’attività lavorativa aziendale;
2) impresa familiare di direzione, che si distingue dalla precedente perché, nonostante la famiglia voglia ancora essere unita nella proprietà dell’impresa, in questo caso l’ingresso in azienda è riservato solo a quei membri maggiormente dotati di capacità imprenditoriali e manageriali in grado di ricoprire incarichi nel CdA o nei vertici aziendali;
3) impresa familiare di investimento, nella quale i membri della famiglia si occupano soprattutto di decidere in quali attività imprenditoriali investire, senza entrare obbligatoriamente nella gestione diretta di tali attività;
4) impresa familiare congiunturale, dove i membri si trovano ad essere uniti più per il fatto di essere eredi che per la reale volontà di continuare insieme nella gestione dell’attività aziendale.
Le varie classificazioni precedentemente analizzate sono utili nello studio del fenomeno “impresa familiare” ma presentano limitati obiettivi a livello pratico, in quanto essendo definizioni standard difficilmente trovano riscontro empirico
75
Il pensiero dell’autore è riportato in TOMASELLI S., Longevità e sviluppo delle imprese familiari. Problemi, strategia e strutture di governo, Giuffrè, Milano 1996.
44 nella realtà.76 Tuttavia, le diverse tipologie di impresa possono essere considerate come le diverse fasi che caratterizzano il ciclo di vita di una azienda familiare, che passando gli anni e le “generazioni al comando”, attraversa diverse fasi evolutive.