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La co-creazione come volano per le imprese

culturali del territorio10

4.3

si assunsero il compito di ricostruire l’immagine della città attraverso interventi simbolici. È accaduto, però, che i valori sociali della convivialità, della conversazione, della politica si siano ritirati in zone sempre più private perché il mercato prelevava per sé lo spazio pubblico. I criteri produttivi del “grande evento”, così come si sono consolidati nel tempo, hanno generato opere pensate per i contenitori, contenitori sovradimensionati e inabili a fungere da centri di ricerca e di produzione di opere. Tutto questo si è voluto evitare per Matera2019.

I progetti che costituiscono il programma culturale della candidatura sono nati dalla collaborazione tra artisti, collettivi, istituzioni e associazioni, locali ed europei. Ogni progetto ha racchiuso tre dimensioni: locale, mediterranea ed europea. Il percorso

che ha portato alla consegna e alla vittoria del dossier di candidatura è una complessa esperienza di innovazione sociale. Il dossier di candidatura è stato dunque una

“dichiarazione di esistenza” e, in secondo luogo, una prospettiva di sviluppo. Sono stati mobilitati centinaia di volontari, associazioni, privati e tutti i comuni della regione.

La partecipazione degli abitanti di Matera è stata perseguita attraverso numerose e capillari strategie di animazione territoriale. Durante Museo per un giorno, ad esempio,

il Museo Nazionale d’arte Medievale e Moderna della Basilicata ha esposto in due diverse manifestazioni alcune delle sue opere più importanti in sei appartamenti privati, in diverse parrocchie, in centri di aggregazione e di aiuto dei quartieri di Serra Rifusa e di Spine Bianche, chiedendo ai ragazzi del quartiere di allestire un loro personale museo, con gli oggetti personali o famigliari più preziosi. In occasione della Festa della Bruna, invece, più di quattromila bandiere con il logo della festa e quello di Matera 2019 sono state distribuite gratuitamente per abbellire i balconi della città, stabilendo un visibile e consapevole legame di continuità tra le radici e il potenziale, auspicato, futuro.

I progetti chiave, che hanno collegato antico e contemporaneo, sono stati due:

l’Istituto Demo-Etno-Antropologico - I-DEA, che ha messo in rete gli archivi della Basilicata, disegnando una cartografia culturale di inestimabile valore, e l’Open design

School, laboratorio che pratica l’apprendimento come esperienza tra pari e genera

e testa modelli didattici.

L’ambiente fisico di Matera, non meno del racconto orale, ha incoraggiato a ripensare il tempo: Open Future è lo slogan di Matera. Lo sviluppo del programma culturale

è stato un continuo ripensamento dei traumi del passato nel rilancio verso il futuro.

Per il 2016–2019 il programma di candidatura ha previsto, ad esempio, su un tema soggettivo come quello della bellezza e della vergogna, una piattaforma — La più bella

delle vergogne — che coinvolge artisti. Questa piattaforma ha implicato un ribaltamento

nella percezione della realtà geofisica di Matera. Nella creazione del programma culturale di Matera 2019 Capitale Europea della Cultura, ampia attenzione è stata data alla relazione tra l’Arte e la Scienza con l’individuazione di un tema specifico. Il tema

Futuro Remoto rappresenta, ad esempio, una riflessione sul rapporto millenario con

lo spazio e le stelle; un rapporto che, ripercorrendo anche i passi di Pitagora, uno dei residenti più illustri della Basilicata, esplora l’antica bellezza universale della scienza. Si mettono a confronto pratiche antichissime con modelli di vita attuabili, capaci di influenzare le idee di cultura e di sviluppo dei prossimi decenni.

10 Realizzato in

collaborazione con Agostino Riitano – Project Manager Supervisor della Fondazione Matera-Basilicata 2019, già coautore nel 2014 del dossier di candidatura di Matera Capitale della Cultura Europea

I O SO N O C U LT U R A R A P PO RTO 2 0 1 9 C U LT U R A C O M E D R I V E R D I SV I LU P PO T E R R I TO R I A L E E S E T TO R I A L E

I lavori per Matera nel 2017 sono passati dalla dimensione valoriale dichiarata nel dossier a quella di esecuzione del processo produttivo. Anziché individuare un grande

direttore artistico abbiamo puntato sulla co-creazione: a differenza della progettazione

partecipata, che prevede il coinvolgimento intorno a un tema prestabilito, essa inizia proprio con l’individuazione del tema. Più del 50% del programma culturale di Matera 2019 è frutto di questa metodologia, utile a creare spazi nei quali cooperano soggetti di solito separati: chi produce cultura e chi ne fruisce. Per farlo, ci siamo serviti di uno strumento abituale, un bando pubblico. Il bando, però, non è servito per selezionare progetti ed attribuire risorse, bensì per individuare imprese lucane operanti

nel settore culturale e interessate a mettersi in gioco in un processo, imprese

tramutate in project leader di altrettanti progetti del programma culturale di Matera

2019. La programmazione così messa a punto è un lavoro sartoriale, cucito e rifinito

a misura. Se per Matera sono stati messi a budget 48.000.000 €, il budget allocato per questa operazione dalla Fondazione era di 6.000.000€. Poiché un finanziamento non ben dimensionato poteva rappresentare una criticità nella crescita organica delle imprese coinvolte, al contributo a fondo perduto abbiamo preferito un sistema

imprenditoriale: l’80% del budget di ciascun progetto è stato erogato dalla Fondazione

Matera-Basilicata 2019, mentre il restante 20% è stato apportato dalle imprese

culturali lucane come quota di co-produzione, di cui il 50% in cash e il restante 50%

in kind mediante la valorizzazione del lavoro, delle sedi e delle competenze disponibili. Per tutto il 2018 abbiamo portato avanti dei percorsi di capacity building, con

un’attività di fiancheggiamento costante agli imprenditori in una dinamica one to one.

Alcuni strumenti hanno determinato effetti entusiasmanti, come ad esempio il Go

and See: un voucher dal valore simbolico di 2.019€, che abbiamo messo a disposizione

di ciascuna organizzazione e che poteva essere speso per viaggiare in Europa e

incontrare partner di progetto: oggi contiamo 280 partner internazionali, che hanno moltiplicato il valore culturale dei singoli progetti. Il 2018 è stato anche l’anno

dei crash test: con un anno di anticipo rispetto al 2019, le organizzazioni culturali hanno avuto la possibilità di sperimentarsi con il mercato, il pubblico e la fattibilità tecnica, avendo così la possibilità di riparametrare, in un contesto protetto, gli obiettivi e la missione del progetto.

Tutto è stato progettato e realizzato pensando a quale sarebbe stato il lascito dopo il 2019. Una parte rilevante della nostra legacy si sostanzia nel patrimonio di consapevolezza, conoscenze e competenze che si è diffuso sul territorio e che può giocare la sua partita non solo su una dimensione locale, ma nazionale ed europea.

Il Parco Archeologico della Valle dei Templi è la riduzione in scala di un sistema territoriale complesso: all’interno del grande attrattore trovano attivazione la filiera culturale e turistica, rendendolo luogo da valorizzare ma anche per valorizzare ciò che vive fuori. È ciò che accade ad Agrigento, dove nel 2017 è stata avviata la nuova gestione dei servizi aggiuntivi alla cultura firmata dal Raggruppamento Temporaneo d’Impresa CoopCulture, in sinergia e unitarietà di obiettivi con l’Ente Parco.

Una nuova palestra di sperimentazione per CoopCulture che trova anche in questa esperienza un modo di esprimere la capacità trasformativa dell’impresa culturale e creativa nei confronti dei propri pubblici, delle comunità in senso più ampio e dei territori in cui opera.

Il Parco Archeologico della Valle dei Templi è uno degli esempi più rappresentativi del principio dell’Anno Europeo del Patrimonio di “promuovere modelli innovativi di governance partecipativa e di gestione del patrimonio culturale, coinvolgendo tutti i portatori di interessi, comprese le autorità pubbliche, il settore del patrimonio

culturale, gli attori privati e le organizzazioni della società civile” 12. E quindi un caso che

si candida ad essere best practice internazionale: il modello sostenibile del Parco Archeologico della Valle dei Templi, che vede coinvolto un Ente Parco autonomo, capace di fare programmazione culturale in autonomia e nel lungo periodo, nell’ambito di un ampio sistema di relazioni con gli stakeholder del territorio 13. In grado di includere attori

terzi, pubblici e privati, tramite specifici accordi di partenariato, nella complessità degli usi e dei possibili sviluppi del bene, per ampliare e moltiplicare i benefici che il parco può produrre. Tra gli attori pubblici, figurano innanzitutto attori locali come la Regione Siciliana e il Comune di Agrigento, ma anche l’Università di Bologna, con cui è stata avviata la ricerca all’interno dell’Insula III del quartiere ellenistico-romano. A questi, si accompagnano attori privati quali il FAI, dal 2011 impegnato nella rimessa a coltura del Giardino della Kolymbethra all’interno della Valle; l’azienda Val Paradiso, che cura la crescita vegetativa degli uliveti della Valle; la cooperativa sociale Al Kahrub,

Sicilia. Il Parco Archeologico