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La completezza nel giudizio abbreviato dopo la riforma

La riforma Orlando, aspirando ad una maggiore deflazione processuale, ha cercato di rendere maggiormente appetibili i riti deflattivi del dibattimento. Tra questi il giudizio abbreviato è il procedimento speciale al quale la legge n. 103 del 2017 ha apportato il maggior numero di modifiche.

Innanzitutto, il comma 41 della legge disciplina una prassi ormai consolidata dalla giurisprudenza circa la possibilità di presentare la richiesta di giudizio abbreviato a seguito del deposito delle investigazioni difensive. A questo proposito, il rito abbreviato delineato dalla legge 479 del 1999, ha dato luogo ad alcuni problemi di compatibilità con la disciplina contenuta nella legge 397 del 2000 in materia di indagini difensive.

Ai sensi dell’art. 391 octies c.p.p., infatti, può essere presentata la documentazione relativa alle indagini difensive nel corso delle indagini preliminari. Questa è inserita nel fascicolo delle difensore, conservato preso l’ufficio del giudice per le indagini preliminari. Da questo momento il pubblico ministero e il difensore possono effettuare ulteriori integrazioni investigative e sono invitati, ai sensi dell’art. 419 comma 3 c.p.p., a trasmettere la documentazione relativa alle indagini eventualmente espletate dopo la richiesta di rinvio a giudizio. Questa,

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una volta ammessa dal giudice, può essere utilizzata per la decisione circa il rinvio a giudizio154.

Tale disciplina delle indagini difensive non dava nessuna indicazione relativa ai riti speciali. Ciò ha creato dei problemi soprattutto in ordine alla circostanza in cui, prima che fossero formulate le conclusioni nell’udienza preliminare ai sensi dell’art. 438 comma 2 c.p.p., l’imputato avesse chiesto il giudizio abbreviato non condizionato contestualmente, o in stretta successione temporale, al deposito delle investigazioni difensive in udienza. In questo caso, il risultato più evidente era che il pubblico ministero era privato del diritto all’ammissione della prova contraria in una situazione con esiti differenti rispetto a quelli derivanti dall’analoga situazione processuale disciplinata dall’art. 438 comma 5 c.p.p.155

Questa ulteriore tipologia di giudizio abbreviato, introdotta dalla prassi e aggiuntasi a quella “semplice” e a quella “condizionata”, unitamente al venir meno del consenso del pubblico ministero per l’instaurazione del rito, ha, fin da subito, suscitato dubbi circa il rispetto del principio della parità delle armi di cui all’art. 111 comma 2 Cost.

La Corte costituzionale ha tracciato il percorso evolutivo di questa tematica. Inizialmente fu messa in discussione la costituzionalità dell’art. 438 comma 5 c.p.p. nella parte in cui non prevedeva che, nel

154 P. Tonini, Manuale di procedura penale, cit., p. 785.

155 Marinucci, Le indagini difensive e la loro utilizzabilità nel giudizio abbreviato, In Cass. pen., 2002, 2952.

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caso di deposito delle indagini difensive seguito da richiesta di giudizio abbreviato non condizionato, fosse consentito al pubblico ministero l’esercizio del diritto alla prova contraria, così come previsto per il giudizio abbreviato condizionato, ma la Corte dichiarò la manifesta inammissibilità156. “La Corte non è sembrata, per la verità, disconoscere in parte qua l’esistenza di uno squilibrio tra la posizione dell’accusa e quella della difesa. Ha negato, tuttavia, che la rettifica di tale asimmetria dovesse necessariamente passare attraverso una declaratoria di incostituzionalità, e non, invece, fondarsi su una interpretazione del sistema normativo vigente costituzionalmente orientata”157. La Corte continuava osservando che va assicurata ad entrambe le parti il diritto al contraddittorio sulle prove “a sorpresa”.

Tuttavia, tale chiave di lettura, recepita anche dalla giurisprudenza di legittimità158, non risolveva la questione. Dopo una pronuncia interlocutoria159, la questione è stata riproposta alla Corte costituzionale sotto una diversa prospettiva. “In questo caso a venire in gioco era la stessa declinazione costituzionale del contraddittorio inteso - come noto - secondo una duplicità di accenti, ora in funzione prettamente

156 Corte cost., 24 giugno 2005, n. 245, in Cass. pen., 2006, 435.

157 A. Ziroldi, Giudizio abbreviato e indagini difensive: il contraddittorio imperfetto,

in Proc. pen. giustizia, 2013, 1, p. 78 e ss.

158 Cass., sez. VI, 31 marzo 2008, n. 31683, Cass. pen, 2010, 242 che ha dichiarato

infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 442 c.p.p., comma 1-bis, affermando che deve essere assicurato al pubblico ministero il diritto di ottenere il differimento dell’udienza al fine al fine di poter efficacemente svolgere indagini dirette a contrastare l’efficacia euristica del materiale introdotto dalla difesa.

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epistemologica, come metodo di accertamento dei fatti, ora invece, come oggetto di garanzia disponibile da parte dell’imputato”160. Alla Corte veniva chiesto di giudicare sulla legittimità costituzionale dell’art. 442 comma 1-bis c.p.p. nella parte in cui prevede la possibilità dell’utilizzo del materiale raccolto mediante indagini difensive per la decisione del giudizio abbreviato. “Si osservava da parte del remittente che la produzione in giudizio in vista del giudizio abbreviato degli atti di indagine difensiva avrebbero finito per sottrarre tale materiale al principio del contraddittorio assecondando una irrazionale concezione del consenso dell’imputato, che si oggettiverebbe su atti dallo stesso prodotti, anziché dalla parte avversa”161. La Corte dichiarò l’infondatezza della questione162, affermando che “il principio del contradditorio nel momento genetico della prova rappresenta precipuamente uno strumento di salvaguardia del rispetto delle prerogative dell’imputato”. L’utilizzabilità degli atti di investigazione difensiva appare, dunque, rispettare il principio di parità tra le parti ed è legittimata anche in funzione di garanzia di un riequilibrio dei poteri asimmetrici delle parti. La fase delle indagini, infatti, è congegnata in modo che il pubblico ministero disponga di maggiori poteri e mezzi

160 A. Ziroldi, Giudizio abbreviato e indagini difensive: il contraddittorio imperfetto,

cit., p. 79.

161 A. Ziroldi, Giudizio abbreviato e indagini difensive: il contraddittorio imperfetto,

cit., p. 80.

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investigativi rispetto alla difesa. A detta della Corte, dunque, a seguito di tale fase, rendere utilizzabili ai fini della decisione anche gli atti dell’investigazione difensiva, non può compromettere il principio costituzionale in analisi.

La Corte costituzionale, nuovamente interpellata su questa materia dopo due anni, ha individuato nell’inizio della discussione il termine ultimo per la produzione del materiale probatorio e, quindi, anche per il deposito delle indagini difensive. Avendo la stessa Corte individuato il termine finale per la richiesta di giudizio abbreviato da parte dell’imputato nella discussione del difensore, si creava un lasso temporale tra il deposito delle investigazioni difensive e la richiesta di giudizio abbreviato163.

Tale impostazione, delineata dalla Corte costituzionale, risulta, tuttavia, insoddisfacente. Afferma, infatti, che il giudice, qualora gli venga richiesto, può riequilibrare la posizione processuale del pubblico ministero posticipando l’udienza affinché la pubblica accusa possa svolgere indagini suppletive per contrastare le risultanze delle investigazioni difensive prodotte prima della discussione finale, in udienza preliminare. Di conseguenza è “inevitabile che la posizione processuale del pubblico ministero finisca per restare affidata alla

163T. Alesci, La nuova fisionomia del giudizio abbreviato tra normativizzazione del dato giurisprudenziale e lacune interpretative, In G. Spangher (a cura di), La riforma Orlando: modifiche al codice di penale, codice di procedura penale e ordinamento penitenziario, Pacini giuridica, Ospedaletto (Pisa), 2017.

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decisione del giudice di concedere il rinvio dell’udienza per consentire lo svolgimento delle indagini dirette a contrastare le risultanze probatorie emerse dalle indagini difensive prodotte a sorpresa”164.

La riforma Orlando tenta quindi di porre una soluzione. Ai sensi del nuovo comma 4 dell’art. 438 c.p.p., il giudice provvede alla richiesta di rito abbreviato, intervenuta “immediatamente dopo il deposito” delle investigazioni difensive, solo dopo il decorso del termine eventualmente richiesto dal pubblico ministero, non superiore a sessanta giorni. Questo ulteriore termine permette all’organo di accusa una valutazione degli elementi prodotti dalla difesa e di compiere indagini suppletive laddove sia necessario.

Questa nuova impostazione non è, tuttavia, esente da critiche. Si sostiene, infatti, che questo ulteriore potere investigativo concesso al pubblico ministero vada ad alterare l’equilibrio relativo alla parità delle armi. Da un diverso punto di vista, invece, la mancanza di una precisa indicazione del termine entro il quale il giudizio abbreviato può essere richiesto successivamente al deposito delle investigazioni difensive, “rischia di attribuire eccessiva discrezionalità al giudice circa la tempestività della richiesta. Infatti, da una lettura a contrario, appare chiaro che se tra il deposito delle investigazioni difensive e la richiesta di giudizio abbreviato intercorre un lasso di tempo ragionevole, al

164 A. Ziroldi, Giudizio abbreviato e indagini difensive: il contraddittorio imperfetto,

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pubblico ministero non spetterebbe la concessione del termine per il compimento di ulteriori attività”165. La nozione di immediatezza contenuta nel comma 4 dell’art. 438 c.p.p., infatti, sembra poter essere soggetta a varie interpretazioni.

Alcune perplessità sono determinate anche dall’inciso della disposizione che prevede la facoltà di revocare la richiesta di giudizio abbreviato. Mancando, anche in questo caso, una precisa indicazione temporale, non appare chiaro se la revoca possa essere effettuata già dalla richiesta di concessione del termine per le ulteriori indagini da parte del pubblico ministero, oppure a seguito del loro compimento. In ogni caso, la scelta del difensore di revocare la richiesta potrebbe essere interpretata in vari modi sia dal pubblico ministero che dal giudice, rendendola di dubbia utilità. Il pubblico ministero, infatti, potrebbe ricondurla all’emersione di elementi a carico dal compimento delle ulteriori indagini. Il giudice, invece, potrebbe ordinare l’integrazione probatoria ai sensi dell’art. 441 comma 5 c.p.p., rendendo vana la facoltà di revoca della richiesta riservata all’imputato166.

La soluzione delineata dal legislatore con il nuovo art. 438 comma 4 c.p.p. può essere letta anche sotto il punto di vista della completezza delle indagini. Già la Corte costituzionale, con la sentenza n. 184 del

165 T. Alesci, La nuova fisionomia del giudizio abbreviato tra normativizzazione del dato giurisprudenziale e lacune interpretative, In G. Spangher (a cura di), cit., p. 185. 166 T. Alesci, La nuova fisionomia del giudizio abbreviato tra normativizzazione del dato giurisprudenziale e lacune interpretative, In G. Spangher (a cura di), cit., p. 185.

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2009, aveva sottolineato che il dovere del pubblico ministero è quello della completezza delle proprie indagini che, dunque, dovrebbero includere anche la puntuale e rigorosa verifica e “tenuta” degli elementi “a carico” nel riscontro con quelli eventualmente “a discarico”167. Nella disciplina previgente, quindi, se il pubblico ministero non avesse rispettato il principio di completezza delle indagini e il difensore avesse richiesto il giudizio abbreviato immediatamente dopo il deposito delle investigazioni difensive, l’organo della pubblica accusa avrebbe dovuto discutere il rito abbreviato sulla base di indagini incomplete, a meno che il giudice non avesse disposto il rinvio dell’udienza per permettergli di svolgere ulteriori indagini e contrastare, quindi, le risultane delle investigazioni difensive.

Il legislatore, dunque, modificando il comma 4 dell’art. 438 c.p.p., prevede che, “quando l’imputato chiede il giudizio abbreviato immediatamente dopo il deposito dei risultati delle indagini difensive, il giudice provvede solo dopo che sia trascorso il termine non superiore a sessanta giorni, eventualmente richiesto dal pubblico ministero, per lo svolgimento di indagini suppletive limitatamente ai temi introdotti dalla difesa”. In questo modo viene meno la discrezionalità del giudice sulla concessione di un nuovo termine per lo svolgimento di ulteriori indagini. È il legislatore, infatti, ad individuare il termine non superiore a sessanta giorni che può essere richiesto dal pubblico ministero qualora

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le indagini da lui svolte non risultino complete e necessitino di una integrazione per contrastare gli elementi introdotti mediante deposito delle investigazioni difensive.

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