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La comunicazione dell’informatica e della sua storia

2. Comunicazione della storia dell’informatica

2.3. La comunicazione dell’informatica e della sua storia

In questo capitolo viene passata in rassegna la nascita della storia dell’informatica come settore disciplinare, sia nel contesto internazionale che in quello italiano. Si passa poi alle associazioni di amatori del retrocomputing, anche loro partecipano al racconto della storia dell’informatica. Infine si fa un collegamento con la

2.3.1. Come settore disciplinare

Un primo passo verso lo studio dell’informatica in una prospettiva storica fu nel 1973, con la Los Alamos Conference sulla storia del calcolo nel Ventesimo secolo, History of Compu- ting in the Twentieth Century organizzata da Nick Metropolis. Il motivo del raduno lo spiega bene Richard Hamming nella sua presentazione con lo slogan «to know what they thought when they did it» (Metropolis, Howlett, e Rota 1980). Gli atti furono disponibili solo sette anni dopo la conferenza e sono ancora oggi una pietra miliare per la storia dell’informatica (Metropolis, Howlett, e Rota 1980). Però, già nel 1971 il libro di Gordon Bell Computer Structures Reading and Examples aveva un’impostazione storica (Bell e Newell 1971).

Un altro fra i momenti considerati fondanti, almeno per il contesto nord americano, fu la conferenza sulla storia dei linguaggi di programmazione, History of Programming Langua-

ges (Lee e Sammet 1993), organizzata nel 1978 da Jean Sammet e John A.N. Lee, diretta conseguenza della conferenza di Los Alamos. Inoltre, fu il primo di una serie di meeting sul tema “la storia di...”, The History of... organizzati dalla ACM, Association of Computing Machinery, con l’intenzione di radunare i pionieri dei vari specifici sotto settori dell’infor- matica. Nel 1976, la American Federation of Information Processing Societies (AFIPS) lan- ciò l’iniziativa dei Pioneer Days, su richiesta di Jean Sammet, il presidente dell’AFIP Hi- story of Computing Committee (HOCC). Nel 1992, con la fondazione del IFIP Working Group 9.7, specificatamente dedicato alla storia dell’informatica, i Pioneer Days divennero parte integrante del periodico IFIP World Computer Congress.

La storia dell’informatica ha il supporto di una sola rivista autorevole, l’IEEE Annals of the history of computing, pubblicata dal 1979 («IEEE Xplore: IEEE Annals of the History of Computing»). A questa rivista vanno aggiunte le pubblicazioni degli atti delle conferenze organizzate dall’IFIP WG 9.7, pubblicate generalmente da Springer.

In Italia lo studio sulla storia dell’informatica si può far iniziare con il Convegno interna- zionale sulla storia e preistoria del calcolo automatico e dell’informatica, tenutosi a Siena dal 10 al 12 settembre del 1991, organizzato dall’Associazione Italiana per l’Informatica e il Calcolo Automatico. L’AICA, oltre ad avere un proprio gruppo di lavoro sulla storia dell’Informatica, ha promosso negli anni iniziative mirate come, nel triennio accademico 2006-2008, il supporto economico a corsi di storia dell’informatica in 11 Università italiane. Purtroppo spesso chiusi con la fine dei finanziamenti («Storia dell’informatica»).

2.3.2. Associazioni di appassionati e progetti di ricerca

Come anche per altre discipline, la storia dell’informatica è inizialmente stata di proprietà degli amatori, che hanno conservato e raccolto molti cimeli e documenti. Nonostante la de- finizione di un settore disciplinare, gli amatori continuano a raccogliere cimeli e a racconta- re la storia dell’informatica.

Sono proprio le associazioni che sono state il punto di partenza nella costruzione della co- munità per l’esperimento, poiché possibili vittime di verità veloci, ma comunque possessori di conoscenze sull’argomento. Le associazioni perseguono scopi nobili, ma spesso lo fanno con superficialità, vittime di una narrazione viziata in precedenza.

Per esempio l’associazione Vintage computer club italia ha fra i suoi scopi quello di «pro- muovere, preservare, divulgare tutto ciò che è inerente la Storia dell’Informatica» («Statuto - Vintage Computer Club Italia»), dove la promozione è messa al primo posto.

Esistono anche progetti di ricerca in storia dell’informatica, come Hackerando la Macchina Ridotta (HMR). Esso «Studia e racconta le tecnologie degli strumenti per il calcolo: calco- latori e calcolatrici (e altro), italiani in particolare (ma non solo)» («Hackerando la Macchi- na Ridotta»). Oltre a dichiarare lo scopo viene subito indicato un metodo: l’appassionato accanimento, tipicamente hacker («hacker») nel ricostruire con attendibilità le tecnologie del passato e le loro storie.

Si nota la differenza di approccio tra un’associazione di appassionati e un progetto di ricer- ca. Il Vintage computer club italia si limita a dichiarare obiettivi di promozione, preserva- zione e divulgazione; il progetto di ricerca pone il suo focus sullo studio e sul racconto af- frontati con metodo.

2.3.3. Verità veloci nella storia dell’informatica

Nel capitolo 1 abbiamo visto come Floridi (2017) e Baricco (2018) segnano l’inizio della ri- voluzione digitale con Turing, che diventa un simbolo.

Il contributo di Turing è importante sia per la definizione della Macchina di Turing (Turing 1937), sia per i contributi e le riflessioni filosofiche introdotte con l’articolo Computing Ma- chinery and Intelligence (Turing 1950). Però, al risultato di Turing era arrivato qualche mese prima Alonzo Church, con il suo Lambda calcolo (Church 1936). Entrambi i lavori, inoltre, sostanzialmente davano una risposta all’Entscheidungsproblem, il problema di deci- dibilità posto da David Hilbert e Wilhelm Ackermann nel 1928 (Hilbert e Ackermann 1959). La macchina di Turing e il Lambda calcolo, in quel momento, erano solo strumenti di dimostrazione.

Fu poi Kleene nel 1952 a dedicare a Church e Turing la sua congettura (Kleene 1952), sfruttando l’equivalenza fra la Macchina di Turing e il Lambda calcolo (e tutti gli altri for- malismi che in risposta a Hilbert avevano proposto anche Gödel, Post, Dedekind, ecc.). Questa congettura oggi dà fondamento teorico ai calcolatori che però, quando fu formulata, esistevano già da qualche anno (l’ENIAC è del 1946, i primi calcolatori commerciali del 1951).

La Macchina di Turing, come simbolo, arbitrario, di uno sviluppo scientifico tecnologico che abbraccia circa 15 anni, eventualmente può essere presa, come fa Floridi (2017) come inizio della quarta rivoluzione. Però, il lavoro di Turing è un contributo fra tanti, non citare gli altri è un po’ una verità veloce che nasconde la complessità di un lungo lavoro di ricer- ca.

Anche Baricco per narrare la rivoluzione digitale ha bisogno di introdurre dei concetti di informatica e purtroppo lo fa usando verità veloci. Osserva un fenomeno e ne diventa vitti- ma. Trovandosi a spiegare l’informatica al suo pubblico commette diverse imprecisioni, ne riportiamo giusto una.

Per Baricco (2018) “digitale” deriva da “digitus”. Infatti, significa “del dito”, come l’impron- ta. Però il “digitale” della rivoluzione deriva dalla parola inglese “digital” che vuol dire “a ci- fre”, da “digit”, cioè “cifra”. È vero che anche “digit” deriva da “digitus”, ma nel saltare il passaggio si perde il senso: nel digitale l’importante non sono le dita, ma le cifre, perché tutto è codificato e trattato tramite cifre. Per tutte le altre imprecisioni che commette Ba- ricco nel raccontare la storia dell’informatica in The Game si rimanda a (Cignoni 2019). La storia dell’informatica è importante per comprendere l’informatica. Un aritmometro, una calcolatrice meccanica del 1800, può insegnarci molte cose (Cignoni 2017). È digitale, nonostante funzioni a manovella. Perché, digitale significa a cifre e nell’aritmometro i suoi meccanismi lavorano sulle cifre. Digitale non implica binario, i suoi meccanismi lavorano su ingranaggi a 10 denti, uno per ogni cifra. Si scopre che la base è una scelta di comodo, si potrebbero costruire ingranaggi a 8 denti e lavorare in ottale, lavorando con l’elettronica conviene limitarsi a due cifre facilmente rappresentabili con due diversi stati elettrici. L’aritmometro è una calcolatrice e il calcolatore (computer in inglese) è la persona che usa la calcolatrice per svolgere i procedimenti di calcolo, gli algorirmi. Con l’elettronica le mac- chine si poté costruire macchine dotate di memoria e programmabili, cioè in grado di ese- guire algoritmi. Il termine calcolatore (computer) passò dall’umano alla macchina.

La storia dell’informatica non inizia nel XX secolo con l’invenzione dei primi calcolatori e nemmeno negli anni ’80 nei garage della Silicon Valley. Non è nemmeno la storia degli stru- menti per il calcolo, poiché c’è da considerare la scienza e le tecnologie che permettono la loro costruzione, il loro utilizzo e i risultati derivati dalle applicazioni pratiche. Per com- prendere la società di oggi la storia dell’informatica non può essere ridotta alla piccola por- zione, molto evidente, rappresentata dell’informatica di consumo.

2.3.4. La disinformazione come problema etico nella storia dell’informatica

Le imprecisioni sulla storia dell’informatica di Baricco non sono fondamentali per la com- prensione del suo libro, ma sono il sintomo di un modo di fare approssimativo, per dirla con l’autore “un lasciarsi trasportare dal Game”. Semplificare l’etimologia di “digitale” non produce danni gravi, ma neanche contribuisce a comprendere l’informatica e favorisce un’interpretazione di storia breve contraria alla realtà di macchine a cifre esistenti dalla fine del 1600. Le verità veloci sono facili, ma portano la trasmissione di conoscenza in una

direzione che usa i meccanismi della promozione pubblicitaria e si svuota di attendibilità. Il problema è comune, ma almeno a livello più generale, discipline come la public history si stanno adeguando alla rivoluzione digitale, sforzandosi di mantenere un metodo (Salvatori 2017).

Se in generale, come discusso in 1.4.4, la disinformazione crea un danno, nell’informatica il danno è più grave per il fatto che ci siamo immersi. Non si tratta solo di un pubblico di ap- passionati alla disciplina, ma anche di consumatori. Ognuno ormai consegna i propri dati nelle mani di aziende e utilizza strumenti informatici ogni giorno. Si configura un danno più grave nel diffondere informazioni che contribuiscono alla formazione di convinzioni sba- gliate in un ambiente e in un’epoca dove l’informatica è così pervasiva.

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