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La comunicazione per il terzo settore. Perché comunicare?

Nel documento Partnership Profit – Non Profit. (pagine 53-58)

CAPITOLO 2 – IL MONDO NON PROFIT

2.5 La comunicazione per il terzo settore. Perché comunicare?

La comunicazione viene spesso sottovalutata dal mondo non profit: è un errore comune di tutto il settore che tende, frequentemente, ad avere una comunicazione quasi inesistente o ad affidata a volontari con nessuna competenza in materia, finendo per ottenere risultati poco efficaci e poco professionali.

Le motivazioni che stanno dietro a queste scelte sono prevalentemente riconducibili alla scarsità di risorse economiche da potervi allocare e da una sottile presunzione che caratterizza queste organizzazioni secondo cui, lavorare “facendo del bene,” con progetti e mission che hanno una certa sostanza possa far perdonare una forma approssimativa dei contenuti53. Ma la realtà è un’altra: “affinché le

organizzazioni non profit cambino la realtà su cui agiscono, la rendano un luogo migliore dal loro punto di vista, devono comunicare, e devono farlo bene, con cura e passione, investimenti e professionalità54”.

Sono principalmente quattro gli obiettivi55 per cui un’organizzazione non

profit deve comunicare:

1. Raccogliere fondi (Fund Raising) → la comunicazione è fondamentale per sensibilizzare i destinatari alla propria causa e promuovere ricerche di fondi, indispensabili per la sopravvivenza dell’organizzazione.

2. Trovare volontari (People Raising) → i volontari sono la linfa vitale di queste organizzazioni. La comunicazione è strumentale alla ricerca di tali

53 Fonte: https://raffaellaronchetta.it/blog/comunicazione-no-profit/

54 Fonte:

https://www.lenius.it/comunicazione-non-profit/#:~:text=Affinch%C3%A9%20le%20organizzazioni%20non%20profit,e%20passione,%20investimenti%20e% 20professionalit%C3%A0.

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figure: è necessario persuadere le persone affinché si uniscano attivamente alla propria causa.

3. Comunicare la propria identità → “una buona comunicazione tiene

informati gli stakeholder (le persone e le realtà direttamente o indirettamente coinvolti) presenti e potenziali degli avvenimenti relativi alla vita organizzativa, rendiconta le azioni svolte, esplicita le proprie necessità, motiva donatori, volontari e operatori, chiama all’azione, fa cultura e advocacy precisando le proprie posizioni in merito a temi vicini alla propria causa, crea comunità56”.

Il paradigma di riferimento è il seguente: Identità > Immagine > Fiducia. 4. Modificare percezioni, comportamenti, cultura → se si vuole attivare percorsi di cambiamento è necessario comunicare, fare informazione, approfondimenti, advocacy ed eventi sui propri temi.

L’attività di comunicazione dovrebbe andare di pari passo con la progettazione delle proprie attività, allocando le giuste risorse e competenze per poterne trarre benefici.

2.5.1 Criticità dei processi comunicativi

Fino a non molto tempo fa la comunicazione veniva vista come una prerogativa del mondo profit57: il non profit si trovava in difficoltà nell’approcciare questa disciplina, perché veniva ritenuta non necessaria per il settore e perché

56 Fonte:

https://www.lenius.it/comunicazione-non-profit/#:~:text=Affinch%C3%A9%20le%20organizzazioni%20non%20profit,e%20passione,%20investimenti%20e% 20professionalit%C3%A0.

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veniva confusa con approcci di marketing aggressivi e strumentali. Ora questa concezione è cambiata drasticamente: non solo la comunicazione è diventata un’esigenza per il terzo settore, ma anche un’opportunità chiara e strategica in termini di posizionamento.

La tardiva presa di consapevolezza però ha causato un ritardo culturale in termini di comunicazione che non ha permesso al settore di potersi esprimersi al meglio e, conseguentemente, di raggiungere risultati degni di nota. Non tutte le organizzazioni, infatti, riservano risorse per una produzione comunicativa di qualità: sono ancora molte le realtà dove la comunicazione viene affidata a volontari senza nessuna competenza o dove vi è assenza di pianificazione strategica.

Nel corso degli anni si è assistito ad un incremento delle iniziative di comunicazione da parte delle organizzazioni non profit, in particolare tramite il ricorso alla pubblicità, “affidandosi alla disponibilità gratuita di fornitori esterni

sia per la produzione che per la sua trasmissione58.” Anche questo approccio però,

non garantisce il raggiungimento di standard elevati. I motivi principali sono i seguenti:

• “essendo un contribuito volontario e gratuito, il processo produttivo è

sbilanciato a favore del fornitore che, fornendo un servizio non retribuito, tende ad occupare un ruolo dominante, proponendo soluzioni che rispondono più spesso a proprie esigenze di visibilità che a quelle del committente59”;

58 Gadotti G., Bernocchi R., “La Pubblicità sociale. Maneggiare con cura”, Roma, Carrocci Editore, 2010

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• affidandosi spesso a produzioni esterne, senza una vera e propria pianificazione strategica e continuità nel rapporto tra le parti, i prodotti finali risultano di scarsa efficacia;

• “nonostante gli accordi tra emittenti e utenti di pubblicità

sull’affollamento pubblicitario favoriscano la trasmissione di spot sociali60”, difficilmente campagne sociali promosse da soggetti non profit riescono a raggiungere la soglia di visibilità. Vi sono spesso scarsa frequenza e continuità e di conseguenza, scarsa visibilità ed efficacia.

Per cercare di arginare questi problemi, un numero crescente di organizzazioni ha iniziato ad allocare maggiori risorse da destinare in comunicazione: investendo non più solo nella pubblicità ma nella creazione di dipartimenti specializzati (per chi se li può permettere) o nella promozione di partnership, di tipo strategico e non episodico, con soggetti più competenti. Chi dispone, invece, di un numero molto limitato di risorse ha iniziato ad affacciarsi al digitale, leva strategica per il contenimento dei costi.

2.5.2 Le opportunità create dal digitale

Il mondo del non profit conta diverse organizzazioni, dalle piccole e medie dimensioni, che non mai avuto hanno risorse adeguate da allocare in ambito comunicazione. Ciò è stato molto scoraggiante fino all’avvento del digitale, che ha invece creato opportunità uniche per il terzo settore in termini di comunicazione, garantendo un rilevante contenimento dei costi.

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Secondo il magazine Vita, mensile dedicato in generale al mondo del non

profit, che approfondisce temi sociali, come il volontariato e la sostenibilità

economica e ambientale, sono tre le principali leve strategiche del digitale applicabili al terzo settore:

1. la possibilità di gestire meglio gli interventi sul territorio attraverso un monitoraggio più efficace dell’impatto, garantendo così una miglior previsione e pianificazione delle attività sul territorio;

2. una gestione più efficace della comunicazione con gli stakeholder;

3. una gestione finanziaria più veloce ed efficace, in termini di fundraising e rendicontazione.

Il digitale dunque rappresenta un’importante opportunità da sfruttare perché può dare rilevanti contributi. Può ad esempio aiutare a61:

• definire meglio il proprio posizionamento e promuovere la propria identità;

• aumentare l’impatto della comunicazione interna;

• sviluppare il fundrasing in modo innovativo, attraverso l’uso di piattaforme, canali di comunicazione diretta e sistemi di rendicontazione; • fornire servizi migliori a persone con fragilità.

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Il ricorso al digitale garantisce un risparmio economico e di tempo da non sottovalutare, soprattutto in contesti come quello del non profit dove le risorse sono limitate.

Nel documento Partnership Profit – Non Profit. (pagine 53-58)