• Non ci sono risultati.

La Conferenza Internazionale per l’Ex Jugoslavia

2. Il caso della Jugoslavia

2.1. L’azione diplomatica

2.1.3. La Conferenza Internazionale per l’Ex Jugoslavia

Vediamo ora da vicino la Conferenza Internazionale per l’Ex Jugoslavia, che era composta da sei gruppi di lavoro, tra cui un gruppo addetto alla Bosnia – Erzegovina.

Fu formata alla fine dell’agosto del 1992 e si basò sulla Conferenza dell’Unione europea sulla Jugoslavia e in particolare sui principali accordi presi a Londra 50, tra cui:

- principi sul cessate-il-fuoco e sull’uso della forza; - il tentativo di negoziazioni;

- il rispetto per i più elevati standard dei diritti umani e delle libertà fondamentali previste in una società democratica; in particolare la garanzia di tali diritti a persone appartenenti a minoranze etniche e religiose;

49 The International Conference on the Former Yugoslavia. 50

B. DE ROSSANET, Peacemaking and Peacekeeping in Yugoslavia. Kluwer Law International, 1996.

32

- la condanna delle detenzioni illegali e la chiusura dei campi di detenzione;

- l’osservanza da parte di tutte le persone dei loro obblighi in base al diritto internazionale umanitario;

- il rispetto per l’integrità territoriale di tutti gli stati e l’inviolabilità delle frontiere;

- attuare quanto sarà previsto dalla Conferenza Internazionale. Basandosi su questi principi, la Conferenza adottò alcune decisioni, che come punti cardini avevano da una parte la cessazione delle violenze, dall’altra questioni umanitarie.

Quanto al primo aspetto diciamo che lo scopo complessivo della Conferenza era proprio quello di giungere ad una completa cessazione delle ostilità in territorio bosniaco. Per fare questo era necessario: togliere gli assedi dalle città; attuare una supervisione sulle armi pesanti; ricondurre tutte le forze sotto un comando centrale.

Quanto al secondo aspetto, venne proprio confezionato un programma di azione con le parti in conflitto, consistente in: aiuti umanitari come il progressivo sviluppo di missioni di soccorso dalla Croazia, Serbia e Montenegro in tutte le aree della Bosnia, l’accettazione di un monitoraggio a livello internazionale in quelle zone, la riparazione di strade e viabilità tra Ploce, Mostar e Sarajevo; il progressivo ritorno dei rifugiati nelle loro case e la necessità che essi venissero identificati dagli operatori delle Nazioni Unite; lo smantellamento dei campi detentivi e la conseguente liberazione sotto la supervisione internazionale; creare delle “safe areas” 51; collaborazione a livello internazionale tra gli Stati e il Segretario Generale delle Nazioni Unite; un insieme di sanzioni efficaci; l’idea da parte del co-presidente della creazione di una corte criminale internazionale per la repressione delle violazioni del diritto internazionale umanitario.

51

33

Dopo aver visto i principi e gli scopi della Conferenza, andiamo ora a vedere concretamente le attività poste in essere.

Innanzitutto il co-presidente del Comitato di Coordinamento e il presidente del Gruppo di lavoro sulla Bosnia – Erzegovina lavorarono fin dall’inizio per elaborare un piano di pace. Tuttavia quello inizialmente elaborato non venne accettato dai serbi bosniaci, per cui successivamente vennero fatti altri accordi.

In particolare Cyrus Vance (co-Presidente del Comitato direttivo della ICFY) e Lord Owen svilupparono ben cinque approcci per risolvere la situazione bosniaca:

1) uno Stato centralizzato; tuttavia dato che i musulmani rappresentavano il 45 % della popolazione, tale soluzione non sarebbe stata accettata da serbi e croati;

2) uno Stato formato da un certo numero di province (da sette a quattordici), ognuna connotata etnicamente, ma contenente anche gruppi di minoranza;

3) la soluzione di Cutileiro era quella di prevedere tre repubbliche caratterizzate etnicamente e confederate in una unione; 4) tre Stati indipendenti caratterizzati etnicamente; tale soluzione fu apprezzata da serbi e croati;

5) assorbimento della area serba della Bosnia da parte della Serbia e di quella croata da parte della Repubblica di Croazia, lasciando il territorio rimanente della Bosnia ai musulmani.

Di queste il co-presidente considerò le ultime due al di fuori del suo mandato, poiché non mantenevano l’integrità del territorio bosniaco, come invece la Dichiarazione di Londra aveva previsto. La terza fu considerata instabile perché era la base della quarta. La prima soluzione fu considerata inaccettabile dai rappresentanti di circa metà della popolazione bosniaca.

Quindi fu accettata la seconda soluzione da parte del co-presidente, dopo una serie di consultazioni con le tre parti della Bosnia, e

34

nell’ottobre del 1992 fu presentato al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite il “Proposed Constitutional Structure for Bosnia and

Herzegovina”.

Il 2 gennaio 1993 la Conferenza Internazionale riuscì a riunire allo stesso tavolo le tre parti della Bosnia e il co-presidente fece tre proposte:

1) “Agreement Relating to Bosnia and Herzogovina” contenente principi costituzionali;

2) una mappa dove la Bosnia Erzegovina è suddivisa in dieci province; 3) “Agreement for Peace in Bosnia and Herzegovina” elaborato dalle tre parti militari incontratesi sotto la presidenza dell’UNPROFOR; 4) “Agreement of Interim Measures” per colmare il vuoto che c’era tra la situazione di guerra e la necessità di creare una costituzione.

E su queste basi nell’aprile del 1993 venne redatto il Vance-Owen 52

Peace Plan (“VOPP”), che dunque includeva accordi costituzionali e la cessazione delle ostilità e anche una mappa. Si prevedeva uno Stato decentralizzato, formato da tre popolazioni a cui venivano attribuite delle province. Sia le province sia il governo centrale avrebbero dovuto costituire democraticamente una legislatura, un potere esecutivo e un indipendente potere giudiziario. La Presidenza sarebbe dovuta essere composta da tre rappresentanti eletti, ognuno rappresentativo di ciascun popolo. Si prevedeva una supervisione sulle prime elezioni da parte delle Nazioni unite, della Unione europea, della Conferenza sulla sicurezza e la cooperazione in Europa.

Tale piano fu accettato subito dai bosniaci croati, a marzo dai musulmani e solo a maggio dai serbi.

Nell’attesa di una risposta da parte dei serbi, i bosniaci musulmani e i croati si incontrarono, sotto la supervisione di un consulente legale della ICFY, il 31 maggio e il 1 giugno 1993 e si accordarono sulla presenza di una Corte dei diritti umani, una missione di monitoraggio

52

Vance era un politico e avvocato statunitense (Segretario di Stato dal 1977 al 1980). Owen era un politico britannico.

35

del rispetto dei diritti umani internazionali, la previsione di un comitato militare. Nonostante poi questa idea venne abbandonata, questi principi furono comunque ripresi successivamente.

Nell’agosto 1993 venne fatto l’“Invincible Plan” 53

a Ginevra. Riprendeva i “Cutileiro principles” e la terza opinione della ICFY, prevedendo tre repubbliche tenute insieme da un debole governo centrale.

Tale piano affidava ai musulmani il 30 % del territorio bosniaco, per cui essi lo rifiutarono, in quanto il VOPP invece attribuiva loro una percentuale più elevata: il 36 %.

Subito dopo l’entrata in vigore nel 1993 del Trattato di Maastricht, i ministri degli esteri europei cercarono di far rivivere l’Invicible Plan. Essi avrebbero previsto un ammorbidimento delle sanzioni per la FRY (Federal Republic of Yugoslavia) se i bosniaci serbi fossero stati d’accordo a dare ai musulmani un terzo del territorio bosniaco. Dopo molti tentativi, svoltisi a Ginevra e Bruxelles, i serbi, che detenevano il 70 %, erano d’accordo a dare ai musulmani soltanto il 33, 3 % del territorio e ai croati il 17, 5%. Tuttavia non c’era pieno accordo su questa soluzione, che nel gennaio 1994 fu abbandonata.

53

36

2.2. Segue: due gruppi di lavoro della Conferenza

Documenti correlati