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Segue: due gruppi di lavoro della Conferenza Internazionale

2. Il caso della Jugoslavia

2.2. Segue: due gruppi di lavoro della Conferenza Internazionale

2.2.1. The ICFY Working Group on Ethnic and National Communities and Minorities

Il gruppo sulle comunità e minoranze etniche e nazionali (the ICFY

Working Group on Ethnic and National Communities and Minorities)

è stato incaricato nello stesso agosto 1992 di risolvere le questioni etniche. Iniziò i suoi lavori il 15 settembre 1992 con un incontro con i delegati di Slovenia, Croazia, Bosnia e Erzegovina, Macedonia.

Confermò i principi stabiliti nella Conferenza di Londra il 26 agosto 1992 54, tra cui il rispetto per alti standard dei diritti umani e libertà fondamentali riconosciuti in una società democratica come previsto dai Patti internazionali delle Nazioni Unite sui diritti umani, dalla Convenzione europea sui diritti umani e dai suoi protocolli e da altri strumenti delle Nazioni Unite, dalla Conferenza sulla sicurezza e cooperazione in Europea e il Consiglio di Europa.

Riprese poi anche parti rilevanti delle Treaty Provisions for the

Convention 55 realizzate insieme all’Unione europea e garanti di un insieme di diritti contenuti in vari documenti, tra cui la Dichiarazione Universale dei diritti umani, il Patto internazionale sui diritti civili e politici, la Carta di Parigi per una nuova Europa, la Convenzione sull’eliminazione della discriminazione razziale, la Convenzione sulla prevenzione e la repressione del crimine di genocidio.

In più però questo stabilì altri diritti come: il diritto alla non discriminazione; il diritto all’identità, alla religione, all’uso del linguaggio e dell’alfabeto sia in pubblico sia nel privato, all’educazione; l’esercizio delle libertà politiche ed economiche; il

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Statement of Principles approvato dalla Conferenza il 26 agosto 1992.

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diritto di decidere a quale gruppo nazionale o etnico appartenere (nel caso di matrimoni tra persone di diversi gruppi nazionali o etnici). Inoltre per le minoranze che vivono in aree dove la maggioranza è composta da componenti di diversa nazionalità o etnia, tale documento prevede ulteriori diritti, tra cui quello di avere e mostrare i propri emblemi nazionali; ad avere una seconda nazionalità oltre a quella della repubblica; il diritto ad un sistema che rispetti i valori e le necessità di quel gruppo (un corpo legislativo, una struttura amministrativa, un responsabile giudiziario).

Per quanto detto finora sembra quasi che tale gruppo di lavoro abbia fatto soltanto una ricognizione dei principi già esposti in precedenti atti. In realtà questo ha avuto senz’altro un approccio molto pratico come si vede dal report che il co-presidente sottopose al Consiglio di Sicurezza tramite il Segretario Generale l’11 novembre 1992, dove utilizza l’espressione “intensive work” 56 per riferirsi al lavoro svolto. Il co-presidente della ICFY avanzò la proposta di raggruppare i diritti umani in tre gruppi: diritti umani generali; diritti minori 57; diritti economici, sociali, culturali.

Inoltre egli vagliò la possibilità di creare schemi di autonomia per alcuni gruppi nazionali dell’Ex Jugoslavia, cioè delle Special

Autonomous Areas (SAA), con proprie attività e istituzioni culturali e

religiose, assistenza sanitaria, leggi proprie etc. Avrebbero dovuto adottare costituzioni negoziando con il governo centrale, con il quale avrebbero dovuto comunque continuare a mantenere relazioni anche informali. Anche il controllo delle frontiere sarebbe dovuto essere del governo centrale così come la politica estera e commerciale. In seguito

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“Intensive work was done in the Special Group on Kosovo. The basic approach

agreed to by both sides is to try a pragmatic breakthrough in one important sector – the ethnic Albanians chose education – in order to improve the political atmosphere for talks on more fundamental issues where positions are at present irreconcilable.

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“Minority” rights, as expressed in instruments such as the 1992 draft Declaration

on the rights of persons belonging to national or ethnic, religious and linguistic minorities and in the 1990 Recommendation 134 (1990) of the Parliamentary Assembly of the Council of Europe, on the rights of minorities. B. DE ROSSANET, Peacemaking and peacekeeping in Yugoslavia, pag. 30.

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nelle successive repubbliche molti gruppi avanzarono richieste di autonomia 58 e il co-presidente rispose suggerendo accordi di negoziazione di fronte a queste istanze.

2.2.2. The ICFY Working Group on Humanitarian Issues

Un altro gruppo che operò all’interno della Conferenza fu quello sulle questioni umanitarie (the ICFY working group on humanitarian

issues), presieduto dall’Alto Commissariato per i Rifugiati delle

Nazioni Unite in base ai compiti assegnatigli dal Consiglio di Sicurezza. In particolare il 15 dicembre 1991 il Consiglio di Sicurezza aveva incalzato il Segretario Generale affinché questo facesse più sforzi possibili in Jugoslavia in accordo con la Commissione Internazionale della Croce Rossa, l’Alto Commissariato per i Rifugiati delle Nazioni Unite, l’UNICEF e altre organizzazioni umanitarie per prendere provvedimenti urgenti al fine di affrontare i bisogni dei civili. In particolare fu enfatizzato, nelle successive risoluzioni del Consiglio di Sicurezza, un bisogno urgente di assistenza umanitaria, materiale e finanziaria.

Dal punto di vista umanitario la crisi nell’Ex Jugoslavia è stata considerata una delle peggiori 59 e il Consiglio di Sicurezza ritenne opportuno stilare otto punti da tenere presenti:

- il rispetto dei diritti umani e delle norme umanitarie durante i conflitti armati;

58 B.G. RAMCHARAN Human rights and UN operations: Yugoslavia, Martinus

Nijhoff publisher , Leiden - Boston, 2011.

59 Lo storico militare Sir Michael Howard ha scritto: “No situation that has

confronted the UN has been more violent, deep-seated, and complex than that which arose from the civil war in Yugoslavia in 1991…Peace-making would have involved the kind of pacification indistinguishable from military conquest, with the consequent and open-ended obligation to maintain order thereafter. No member of the UN … shows any real desire to undertake such a responsibility”, in A. Roberts and B.

Kingsbury, United Nations Divided World: the UN’s Role in International Relations (1993), pp. 78-39.

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- la protezione e la condanna delle violazioni dei diritti umani e delle norme umanitarie;

- l’indicazione di sanzioni e penalità;

- la creazione di safe areas sotto la protezione delle Nazioni Unite;

- l’utilizzo delle forze di peacekeeping;

- il supporto degli Stati membri e degli organismi regionali, in particolare la NATO;

- il non riconoscimento degli atti illegali derivanti da questi; - l’esplicita invocazione del capitolo VII della Carta delle

Nazioni Unite.

Tornando al gruppo di lavoro, questo era guidato dal Programma di Azione sulle questioni umanitarie (the Programme of Action on

Humanitarian Issues), stilato nella sessione di Londra della

Conferenza internazionale nell’agosto del 1992. In questo programma le tre parti in conflitto in Bosnia – Erzegovina si impegnarono ad una piena collaborazione soprattutto riguardo alla detenzione dei civili, detenuti in condizioni pessime, e alla possibilità di permettere l’immediata evacuazione dei casi medici critici sotto la supervisione del Comitato Internazionale della Croce Rossa (ICRC International

Committee of the Red Cross). Le parti del conflitto avevano vari

compiti, tra cui: il rispetto dei loro obblighi secondo il diritto umanitario internazionale, in particolare le Convenzioni di Ginevra del 1949 e i Protocolli Aggiuntivi; la responsabilità per l’esercizio della piena autorità sulle loro aree così da evitare un regime di anarchia; consentire ai rifugiati di ritornare volontariamente e in sicurezza nel loro paese di origine; vennero aborriti la confisca e la distruzione della proprietà e tutti gli atti che attengono ad una pulizia etnica; la protezione umanitaria doveva essere data in modo imparziale e su base non politica.

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In particolare tale gruppo di lavoro rivolse le sue attività contro il background del Comprehensive Humanitarian Response, lanciato il 29 luglio 1992. Tale documento era stato voluto dal UNHCR per mobilitare un’assistenza umanitaria per la Ex Jugoslavia secondo i seguenti sette punti: rispetto dei diritti umani e per il diritto umanitario; la protezione preventiva (preventive protection); l’accesso umanitario in caso di bisogno; le misure per rispondere a speciali incontri umanitari; misure di protezione temporanee; assistenza materiale; rieducazione.

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