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La crisi idrica

Nel documento Acqua: da risorsa naturale a merce (pagine 46-50)

4. CAPITOLO IV: UNO SGUARDO AL MONDO ASSETATO

4.1 COME FARE PER CONSERVARE L’ACQUA?

4.1.2 La crisi idrica

L’acqua ricopre i tre quarti della superficie del pianeta, ma per circa il 97, 5% è salata. Il restante 2,5% è composto di acqua dolce, ma non è utilizzabile in quanto si trova nelle calotte glaciali, nei ghiacciai e nel sottosuolo. Solo una frazione esigua del totale, appena lo 0,01%, è a diretta disposizione dell’uomo. Fortunatamente questa limitata quantità di acqua dolce viene continuamente ricostruita dal ciclo idrologico. L’acqua è diventata la risorsa maggiormente sfruttata dall’uomo, tanto da guadagnarsi l’appellativo di “oro blu” (Altamore, 2006).

Ogni anno l’energia solare converte in vapore acqueo quasi 500000 km ³ di acqua, che ritornano sulla superficie del pianeta sotto forma di pioggia e neve. Sulla terraferma ne ritornano circa 111000 km ³, 71000 dei quali sono restituiti all’atmosfera attraverso l’evaporazione e la traspirazione, mentre i restanti 40000 km ³ defluiscono in mare attraverso i fiumi e i flussi sotterranei. Di questi 40000 km ³, 31000 ritornano al mare senza poter essere trattenuti. Restano quindi circa 9000 km ³ di acqua dolce: le risorse idriche rinnovabili a disposizione dell’uomo

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Si tratta di una quantità più che abbondante sulla carta per una popolazione di 20 miliardi di persone. Occorre però considerare che, mentre la quantità di acqua utilizzabile resta globalmente la stessa, il consumo idrico mondiale è in continuo aumento per effetto dell’incremento demografico e dello sviluppo economico. Inoltre, data l’ineguale distribuzione geografica sia dell’acqua utilizzabile (il 60% delle fonti è localizzato in soli nove paesi tra cui Stati Uniti, Russia Brasile ed Indonesia) che della popolazione, la disponibilità idrica pro capite varia fortemente da regione a regione, da paese a paese e da zona a zona. A causa di questi ed altri fattori quali siccità, depauperamento delle falde acquifere (VEDI APPENDICE VI), inefficiente uso delle risorse idriche, la disponibilità idrica pro capite sta diminuendo e decine di paesi sono ormai vicini alla soglia della scarsità cronica d’ acqua o l’hanno già oltrepassata

(Lanza, 2002).

Al problema della scarsità si aggiunge quello della contaminazione dell’acqua, che sta assumendo una rilevanza sempre maggiore. Gli inquinanti più pericolosi sono le sostanze chimiche organiche sintetiche che dalle industrie, dalle città e dai campi, finiscono nei fiumi, nei laghi e nelle falde acquifere, mentre quelle immesse nell’atmosfera ricadono sul terreno con la pioggia andando anch’esse a contaminare le risorse idriche. Si può dire che non esista ormai un angolo del pianeta che non sia stato contaminato in qualche misura da tali sostanze, la cui produzione è aumentata e continua ad aumentare in maniera esponenziale (ibidem).

La maggior parte di queste sostanze viene immessa sul mercato senza rigorosi test di controllo. Dovrebbero infatti essere

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testate non solo le singole sostanze, ma le loro possibili combinazioni. Avviene così che le sostanze chimiche nocive rivelano i loro effetti tossici solo quando, dopo essersi accumulate nelle acque e negli organismi acquatici, raggiungono l’uomo attraverso la catena alimentare, provocando gravi patologie quali forme tumorali, danni al sistema immunitario, rallentamenti della crescita, disturbi della memoria (Lanza,

2002).

Un’altra fonte di contaminazione delle risorse idriche è costituita dalla crescente quantità di rifiuti che si va accumulando nel mondo. Dato che in genere solo una piccola parte viene smaltita o riciclata, il grosso è conservato nelle discariche. Da qui, soprattutto quando mancano adeguati sistemi anti- inquinamento, sostanze tossiche o comunque nocive possono finire nei corsi d’acqua e nelle falde acquifere. La situazione è resa ancora più critica dal fatto che molte discariche sono abusive

(Altamore, 2006).

Di fronte ai crescenti danni ambientali e sanitari provocati dalla contaminazione delle risorse idriche, nelle regioni più sviluppate sono state adottate legislazioni più rigide e misure anti-inquinamento, ma resta ancora molto da fare (ibidem).

La situazione è invece peggiorata nelle regioni

economicamente meno sviluppate, dove nella stragrande maggioranza dei casi le acque di superficie e sotterranee sono sempre più contaminate dai rifiuti urbani che non vengono smaltiti, dagli scarichi di industrie prive di impianti di depurazione, dai fertilizzanti e pesticidi impiegati senza alcun controllo né precauzione. Tra questi ultimi vi sono sostanze chimiche tossiche per l’uomo come il Ddt, l’aldrin e

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l’esaclorobenzene che da decenni sono state messe al bando nei paesi sviluppati e invece continuano ad essere prodotte ed esportate nei paesi in via di sviluppo. Tutto ciò, unito alla pressione demografica e alla modifica degli equilibri ambientali a causa delle attività umane, provoca un crescente inquinamento delle acque fluviali e lacustri con gravi danni agli ecosistemi

(Altamore, 2006).

Contribuisce alla contaminazione delle acque e

dell’ambiente anche il fatto che grandi quantità di rifiuti tossici vengono trasportati per vie legali o illegali, dalle regioni più sviluppate a quelle meno sviluppate. Qui i rifiuti tossici vengono sotterrati senza alcuna precauzione, dispersi nell’ambiente o smaltiti in impianti privi di sistemi anti- inquinamento (Segre,

Dansero, 2004).

La contaminazione delle acque colpisce, nelle regioni meno sviluppate, soprattutto la popolazione povera. In genere essa attinge l’acqua per uso domestico da pozzi o reti idriche

fatiscenti oppure direttamente dai fiumi inquinati. Le

conseguenze sul piano sanitario sono devastanti: l’80% delle malattie ed oltre il 33% dei decessi nelle regioni meno sviluppate, sono associati all’ingestione di acqua contaminata (ibidem).

Proseguendo l’attuale tendenza caratterizzata dal calo della disponibilità idrica procapite e dal contemporaneo peggioramento della qualità dell’acqua, il mondo si troverà ad affrontare nei prossimi decenni una crisi idrica di proporzioni mai viste, che colpirà maggiormente le regioni meno sviluppate. Ciò farà accrescere le controversie ed i conflitti per l’acqua soprattutto nelle zone dove uno stesso bacino fluviale o lacustre è diviso tra due o più paesi (Altamore, 2006).

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Oggi esistono centinaia di situazioni di questo tipo, tipico è il caso del Medio Oriente, dove vi sono forti controversie sullo sfruttamento delle acque sia nel bacino del Giordano, che in quelli del Tigri e dell’Eufrate. Casi analoghi si verificano nell’ Asia centrale e nel subcontinente indiano (ibidem).

Nel documento Acqua: da risorsa naturale a merce (pagine 46-50)