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La Crisi Informativa L’Informatizzazione Informativa come causa di instabilità

La decisione ‘critica’ (In)capacità informativa nell’era delle ICT

8. La Crisi Informativa L’Informatizzazione Informativa come causa di instabilità

Nelle economie moderne, le imprese si ritrovano a dover essere quanto più performanti possibile rispetto ai propri sovra-sistemi, con la complessità aggiunta dettata dal fatto che le imprese si ritrovino oggi ad agire in mercati globali (Borgonovi, 1996), caratterizzati dunque da un’elevata densità di attori, informazioni e relazioni, connessi da un reticolo informativo che rende sempre più immediata l’integrazione di risorse (Maglio, Spohrer, 2008). In tali mercati globali, ciò che rileva è la capacità del management di valorizzare i caratteri intangibili della propria value proposition (Frow et al., 2014), attraverso la possibilità di potenziamento e miglior utilizzo dei propri intangible assets (Teece, 1998), ossia l’insieme di conoscenze e competenze specialistiche detenute ed accumulate dall’azienda, ma anche “il complesso dei canali che le permettono l’acquisizione di informazioni rilevanti” (Brodoni, 2011). Le informazioni che confluiscono all’interno dell’organizzazione costituiscono risorse operant (Lusch, Vargo, 2014), in grado di definirne ed influenzarne il perimetro operativo. Per risorse operant si intendono le fondamentali fonti di vantaggio competitivo (Lusch, vargo, 2014). Ma risorse operant sono anche le competenze necessarie per la gestione dei canali utili per ottenerle e la dimestichezza intellettiva necessaria per ottimizzarne l’utilizzo.

Il reticolo comunicativo, che ha contribuito all’abbattimento di qualunque barriera e alla definizione di un mondo economico e sociale sempre più interconnesso (Basole, Rouse, 2008), ha definito la necessità, per le organizzazioni, di costanti aggiornamenti strutturali e sistemici, per riuscire ad essere quanto più performanti ed adattivi possibili alle cangianti dinamiche contestuali.

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È necessario che il soggetto decisore abbia strumenti e competenze tali per poter reperire e scremare le informazioni rilevanti.

Tuttavia, tale processo potrebbe non essere immediato, pertanto, alla luce di quanto fino ad ora esposto, in ambito generale, risulta interessante focalizzare l’attenzione circa le possibilità di sviluppo delle imprese in relazione ad una vera e propria rivoluzione digitale che, negli ultimi anni, ha condizionato, influenzato e stravolto il modo di operare delle imprese, ma anche della società in generale e degli individui. Le ICT, hanno infatti completamente sovvertito le regole di interazione tra gli attori, introducendo nuove possibili configurazioni degli stessi e nuove esigenze. Hanno definito ancor di più, la necessità di adottare nelle logiche di gestione d’impresa, un approccio orientato all’analisi della relazione tra gli attori e del possibile scambio di risorse tra gli stessi, in quanto reticolo in grado di veicolare con destrezza opportunità così come minacce (Ripamonti, 2010).

Le tecnologie hanno assunto oggi un ruolo sempre più rilevante all’interno delle organizzazioni, infatti hanno visto mutare la loro valenza da semplice strumento per reperire informazioni a vera e propria leva strategica (Neri, 2015). Infatti, dal momento in cui la sopravvivenza di una realtà aziendale è perseguibile attraverso azioni risonanti con il contesto, le stesse imprese necessitano di una continua integrazione di risorse con l’esterno (Barile e Gatti, 2007), motivo per cui risulta fondamentale analizzare la qualità della relazione che si instaura tra gli attori del contesto di riferimento e la rete che ne permette la più agevole realizzazione (Gummesson, 2006). Il mondo informatico si configura dunque, non soltanto come opportunità in termini di informazione reperibile, ma come effettivo possibile strumento di co-creazione di valore per le imprese e dunque favorirne un comportamento competitivo (Payne et al., 2008).

L’impatto addotto dall’ingresso delle tecnologie nelle tradizionali logiche organizzative ha imposto una radicale ridefinizione, in termini di competenze e strumenti da adeguare ai tumultuosi sussulti esterni, alle imprese e al loro personale (Bennato, 2015).

Le impegnative rivoluzioni interne, imposte dalla rivoluzione tecnologica ed innovativa, si riferiscono principalmente al management e alle risorse umane. É sorta infatti, negli anni, l’esigenza di nuove strutture organizzative, più confacenti ai big data (Davenport, 2014).

Per poter reperire infatti un’informazione in quanto tale, è necessario che le imprese detengano risorse adeguate in termini di raccolta ed elaborazione dei dati e che tali risorse siano in grado di associare a ciascun dato un significato.

Per poter definirie i big data, si ci riferisce ad almeno cinque dimensioni (Vanauer et al., 2015): il volume; la varietà, intesa come numero di diverse fonti di dati e moduli dati generati da strumenti e sensori; la velocità, correlata alla velocità di generazione dei dati e alle difficoltà dell'analisi in tempo reale e del miglioramento dei processi; il valore, l'utilità per scopi analitici; la veridicità, l'incertezza e l'affidabilità dei dati (Martinez et al., 2017). Il processo, invece, di estrazione di valore dai dati attraverso acquisizione, aggregazione, l’esplorazione ed interpretazione degli stessi (Grossman e Siegel , 2014), viene indicato con il termine analytics.

L’introduzione dei big data, come strumento di supporto al decision maker, ha comportato una nuova convinzione in base alla quale per poter sopravvivere le organizzazioni devono riuscire ad essere non soltanto risonanti con il proprio contesto, ma è necessario che siano anche quanto più veloci nel comprendere la volubilità del contesto stesso e rapide nell’offrirne un’adeguata risposta. Il nuovo orientamento al governo d’impresa, rispetto alla gestione della mole di dati reperibile attraverso le nuove tecnologie, comporta una rivoluzione non soltanto tecnologica, ma anche culturale, all’interno delle organizzazioni. Non risulta più, infatti, vincente l’impresa caratterizzata da una solida struttura, ma l’impresa caratterizzata da una struttura in grado di essere fluida così come il flusso di dati in entrata, flessibile così come gli adeguamenti tecnologici richiedono, agile nell’elaborare il dato e tramutarlo, sotto forma di risorsa, nella relazione instaurata con l’esterno (Davenport, 2014). Le grandi organizzazioni hanno infatti dovuto utilizzare regolarmente l'analisi dei dati per supportare i propri processi decisionali come parte delle loro procedure abituali, mentre le piccole e medie imprese si registra una difficoltà nel raccogliere e analizzare più dati con l'obiettivo di migliorare e supportare le decisioni (Davenport e Dyché , 2013).

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Per poter essere performanti è necessario che le aziende siano dotate di adeguate strumentazioni tecnologiche di opportune competenze specializzate nel loro utilizzo, tali da poter rilevare il dato; ma i big data richiedono anche un appropriato approccio umano alla gestione del dato.

Per poter essere utile e poter fornire al management informazioni utili di supporto alla decisione strategica, è importante che si abbiano competenze adeguate in grado di estrarre valore dai dati, saper comprendere la correlazione utile tra gli stessi, finalizzata all’estrazione dell’informazione rilevante ivi contenuta (Rezzani, 2013).

A tal fine rileva la possibilità che l’informatizzazione informativa, precedentemente esposta, possa costituire un gap all’interno delle organizzazioni e convertire il potenziale di crescita, connesso all’ottimale utilizzo delle nuove tecnologie, in potenziale minaccia, riferibile alla possibilità che le stesse possano impedire decisioni sostanzialmente consonanti o anche decisioni tempestive, in seguito a distorsioni informative determinate tanto da miopia informativa quanto da ipermetropia, inammissibili nei contesti sempre più complessi in cui le aziende si trovano oggi ad interagire ed in cui, le organizzazione costruiscono il proprio vantaggio competitivo sulla base di due caratteristiche fondamentali e distintive: la risonanza (Barile et al., 2012) e la velocità (Baccarini et al., 2015).

8.1 Azioni stabilizzanti.

Alla luce di quanto fino ad ora esposto, ed esplorate, dunque, le possibili condizioni potenzialmente in grado di condurre in soggetto decisore ad operare scelte avventate o a pianificare strategie inadeguate, e consapevoli di quanto risulti fisiologicamente necessaria un’azione preventiva sulle possibili cause o un agire tempestivo a seguito delle prime manifestazioni sintomatiche, si presenta utile, a fini della presente trattazione, l’individuazione di eventuali azioni stabilizzanti, che siano intendersi come correttive o preventive a seconda della condizione in cui l’impresa riversi (Pastore et al., 2016)

Nell’individuare le possibili azioni implementabili al fine di ricondurre l’impresa in una condizione di equilibrio, il management può tener conto di precondizioni strutturali e di determinanti sistemiche (Polese, 2017)

Ci sono, infatti, diverse precondizioni strutturali che potrebbero essere identificate ed ottimizzate dal management per promuovere la prevenzione e la gestione di una crisi d’impresa, al palesarsi di condizioni critiche nelle capacità decisionali dell’osservatore principale; così come determinanti sistemiche, che dovrebbero essere attenzionate dal management. Infatti, se da un lato si andrà ad indagare, tra le varie precondizioni strutturali identificabili, la configurazione di specifiche risorse tangibili e intangibili, in quanto si ritiene che, il rinnovamento, l’aggiornamento costante ed il miglior utilizzo possibile di esse, possa dar luogo a competenze sempre più specializzate in grado di consentire all’impresa stessa la definizione di un valore aggiunto inimitabile (Stampacchia, 2005), dall’altro si ritiene che per poter comprendere come immaginare un’azione efficace, tale da poter evitare il declino (Guatri, 1996), e tesa alla vitalità del sistema nel suo complesso, all’analisi riduzionista e statica circa gli aspetti strutturali su cui agire, vada associata un’indagine di tipo olistico su condizioni dinamiche identificabili rispetto alle medesime risorse.

Le azioni riferibili a precondizioni strutturali, si riferiscono a strategie, implementate dal management, volte a ridefinire la configurazione delle risorse detenute dall’impresa (Vicari, 1992) e quindi il design di alcuni dei suoi tratti strutturali. Pertanto, individuate in miopia informativa ed ipermetropia informativa, rispetto all’informatizzazione informativa, alcune delle possibili cause di una crisi d’impresa, potrebbe essere utile agire in una duplice direzione:

 correzione della miopia informativa attraverso un’azione volta ad una più efficiente ed efficace dotazione strumentale, tale da permettere all’impresa di essere sempre aggiornata nonostante i continui adeguamenti tecnologici che il mondo digitale impone e di essere sempre pronta per un’efficace aggregazione con i propri interlocutori esterni (Solima, 1010); ed un’azione volta

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alla valorizzazione delle risorse umane, preposte all’utilizzo di tali strumenti, attraverso formazioni specifiche volte a massimizzare le risorse operant, naturalmente appartenenti agli stessi, in termini di capacità distintive in un ottimale utilizzo delle nuove tecnologie abilitanti;  correzione dell’ipermetropia informativa, attraverso una formazione sempre più specializzata e

specializzante, in termini sostanziali, finalizzata alla efficace canalizzazione e scrematura di informazioni rilevanti.

Le azioni volte a favorire specifiche determinanti sistemiche, si riferiscono alle possibilità di valorizzare le dinamiche intercorrenti tra i diversi attori attraverso un’efficace integrazione di risorse tra di essi.

Posto che, nel processo di risoluzione di una crisi, si rivelino necessari alcuni aggiornamenti ed azioni su condizioni strutturali, come precedentemente illustrato; altrettanto si ritiene, richiamando l’ASV, che tali condizioni restino però in una posizione di staticità e rappresentino un potenziale non ancora valorizzato, fin quando, gli attori interessati in tale processo risolutivo, non inizino ad attivare le relazioni intercorrenti tra tutti gli elementi strutturali, in modo da permettere l’emergenza di interazioni volte alla risonanza (Polese, 2017), e dunque alla possibilità di sopravvivere nel tempo, indispensabili per perseguire condizioni di armonia tra gli elementi ed efficacia ed efficienza nell’azione dell'intero sistema osservato.

Gli attori, presenti all’interno dell’sistema immaginato, detengono risorse necessarie per contribuire al raggiungimento della finalità identificata. Dunque, diventano soggetti attivi nella loro interazione con gli altri e soltanto quando riusciranno a definire un’interazione efficace, giustificata da un’efficace integrazione di risorse, potranno determinare un comportamento risonante a beneficio di tutti (Pels et al., 2014) , fondato sulla sinergia tra gli obiettivi di tutti.

Ai fini del raggiungimento di una posizione di risonanza del sistema con i suoi sovra-sistemi, si ritiene necessaria pertanto la capacità dei vari attori coinvolti di co-creare valore (Polese et al., 2015). Tuttavia, la co-creazione di valore, e di conseguenza la risonanza, sono correlate all’attitudine degli attori ad integrare risorse per il beneficio proprio e degli altri soggetti coinvolti (Polese, 2017). Il processo di integrazione avviene attraverso il rilascio simultaneo, da parte degli stessi, delle risorse possedute, utili per l’azione degli altri, e la successiva benevola accettazione delle risorse ricevute (Wieland et al., 2012). In questo modo, ciascun attore rilevante ha ciò di cui necessita.

A sostegno di tale concezione, vi è l’acclarata rilevanza attribuita allo scambio di risorse intangibili (Edvardsson et al., 2011), idonea a produrre nuove conoscenze e dunque nuove attitudini circa la capacità di realizzare condizioni di sopravvivenza nel proprio contesto ed ottenere vantaggi sostenibili.

In questo modo, la comunicazione tra gli attori, intesa non soltanto come processo di ampliamento informativo quanto come potenziale strumento di accrescimento conoscitivo, assume importanza strategica (Sciarelli, 2002) e diviene requisito essenziale per l’operatività dei sistemi e la gestione delle difficoltà, in funzione della possibilità che si verifichi una convergenza di obiettivi, inizialmente differenti, dei diversi soggetti del sistema, realizzata attraverso lo scambio di risorse tra gli stessi, finality alignment (Polese et al., 2017). Egualmente, la rilevanza della comunicazione è da riscontrare anche in relazione al quinto concetto fondamentale dell’ASV, l’autoregolazione (Polese, 2013), in base al quale è necessario che le informazioni riguardanti il passato siano riportate nel sistema presente in modo da influenzare il futuro attraverso una retroazione autocorrettiva (Fiorani, 2011).

L’azione orientate a far emergere risonanti determinanti sistemiche deve essere finalizzata ad una efficace comunicazione tra le parti. Dunque, rileva la capacità del management di trasformare il dato in informazione rilevante per poter definire, attraverso tale informazione, un’adeguata comunicazione tra tutti gli attori presenti all’interno del proprio contesto.

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