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La definizione di alimento del regolamento 178/02/CE

La sicurezza alimentare

3.1.2 Il regolamento 178/02 del Parlamento europeo e del Consiglio del 28 gennaio 2002

3.1.2.1 La definizione di alimento del regolamento 178/02/CE

L’importanza del regolamento 178/02 si evince, oltre alle motivazioni di cui sopra, anche per l’introduzione di una sorta di lessico giuridico in materia alimentare. Infatti, nel provvedimento in esame le definizioni rinvenibili sono ben diciannove e tutte di estrema rilevanza data la loro natura innovatrice, ma questo studio vuole soffermarsi sulla definizione di alimento previsto dall’art. 2 del regolamento, visto l’importanza ricoperta nell’ambito della sicurezza alimentare.

Il concetto di alimento è la prima definizione offerta dal 178 ed è quella che sancisce l’apertura del regolamento stesso. Tale posizione di rilievo è giustificata dal fatto che il concetto di alimento diventa nozione fondamentale non solo nell’ambito del regolamento in questione, ma anche per l’intera legislazione alimentare comunitaria. In questo senso, infatti, la definizione di alimento da un lato, “ ha lo scopo di circoscrivere l’ambito di applicazione del presente regolamento, dall’altro di delimitare l’intero raggio di azione della legislazione alimentare”(Canfora, 2003, p 147).

La scelta del legislatore di dedicare una norma a sé stante alla definizione di alimento e di non accorparla insieme alle altre in unico articolo (come avviene nell’art. 3) è presto giustificata dal fatto che il concetto di alimento costituisce l’oggetto della legislazione alimentare. Inoltre, la necessità di una qualificazione specifica di alimento è necessaria al fine di delimitare il campo d’applicazione delle misure volte a garantire la sicurezza alimentare. E’ proprio per garantire l’applicazione delle regole poste a tutela della sicurezza che diventa necessario stabilire cosa s’intenda per alimento, soprattutto con riferimento alla cosiddetta produzione primaria (art 3, n. 17). L’alimento è sì l’oggetto della sicurezza alimentare e della libera circolazione dei prodotti sul mercato, ma al contempo, costituisce il punto di arrivo della normativa (la sicurezza del prodotto): al suo interno contiene diverse ramificazioni, che interessano anche l’attività di produzione primaria, garantita indirettamente attraverso il rispetto dei requisiti di sicurezza degli alimenti, ad esempio, si pensi agli articoli sulla rintracciabilità (Canfora, 2003, p 147-157).

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La prima e più significativa caratteristica dell’articolo in esame è la natura innovatrice del concetto oggetto di disciplina. L’art. 2 del regolamento 178/02 rappresenta la prima definizione di alimento di origine comunitaria. Un’altra nozione simile a quella di alimento è la definizione rinvenibile nella direttiva sull’etichettatura e presentazione dei prodotti alimentari23.

Sia il regolamento 178/02 sia la direttiva 79/112/CEE fanno riferimento al concetto di “prodotto alimentare”, ma la differenza tra le due definizioni in esame (alimento e prodotto alimentare) si basa sulla differente impostazione dei due provvedimenti: la definizione data dalla direttiva sull’etichettatura fornisce sostanzialmente una informazione, mentre la definizione del 178 è finalizzata a garantire la libera circolazione degli alimenti in un mercato unico e sicuro. La definizione di alimento è essenziale in riferimento all’esigenza di costituire un sistema complesso per il controllo della sicurezza (Canfora, 2003, p 147-157).

Articolo 2 del regolamento 178/02

“Ai fini del presente regolamento s’intende per “alimento”(o “prodotto alimentare”, o

“derrata alimentare”) qualsiasi sostanza o prodotto trasformato, parzialmente trasformato o non trasformato, destinato ad essere ingerito, o di cui si prevede ragionevolmente che possa essere ingerito, da esseri umani. Sono comprese le bevande, le gomme da masticare e qualsiasi sostanza, compresa l’acqua, intenzionalmente incorporata negli alimenti nel corso della loro produzione, preparazione o trattamento. Esso include l’acqua nei punti in cui i valori devono essere rispettati come stabilito dall’articolo 6 della direttiva 98/837Ce e fatti salvi i requisiti delle direttive 80/778/CEE e 98/83/CE”.

Non sono compresi:

a) i mangimi;

b) gli animali vivi, a meno che siano preparati per l’immissione sul mercato ai fini del consumo umano;

23 Direttiva 79/1127CEE, poi successivamente sostituita dalla direttiva 2000/13/CE

103 c) i vegetali prima della raccolta;

d) i medicinali ai sensi delle direttive del Consiglio 65/65/CEE e 92/73/CEE;

e) i cosmetici ai sensi della direttiva 76/68/CEE del Consiglio;

f) il tabacco e i prodotti del tabacco ai sensi della direttiva 89/622/CEE del Consigli;

g) le sostanze stupefacenti e psicotrope ai sensi della convezione unica delle Nazioni Unite sulle sostanze psicotrope del 1971;

h) residui e contaminanti.

Articolo 1 Direttiva 79/112/CEE

La presente direttiva riguarda l’etichettatura dei prodotti alimentari destinati a essere consegnati come tali al consumatore finale, nonchè determinati aspetti concernenti la loro presentazione e la relativa pubblicità .

Fatte salve le disposizioni comunitarie che saranno adottare in materia, la presente direttiva si applica anche ai prodotti alimentari destinati a essere consegnati a ristoranti, ospedali, mense e altre collettività del genere, se così decidono gli Stati membri .

Ai sensi della presente direttiva s’intende per:

a) etichettatura: le menzioni, indicazioni, marchi di fabbrica o di commercio, immagini o simboli riferentisi a un prodotto alimentare e figuranti su qualsiasi imballaggio, documento, cartello, etichetta, anello o fascetta che accompagni tale prodotto alimentare o che a esso si riferisca;

b) prodotto alimentare in imballaggio preconfezionato: l’unità di vendita destinata a essere presentata come tale al consumatore finale, costituita da un prodotto alimentare e dall’imballaggio in cui è stato confezionato prima di essere messo in vendita, avvolta interamente o in parte da tale imballaggio, ma comunque in modo che il contenuto non possa essere modificato senza che l’imballaggio sia aperto o alterato .

Nell’ambito della legislazione dei singoli stati membri, una definizione di alimento interessante e che ha rappresentato il modello di riferimento del legislatore comunitario nella redazione dell’articolo 2 è quella rinvenibile nel Food Safety Act britannico del 1990.

Molti sono i punti in comune con il 178: per esempio, anche il Food Safety Act si apre con la

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definizione del concetto di alimento e anche il legislatore britannico, come quello comunitario, chiarisce cosa s’intenda per alimento, specificando dettagliatamente ciò che è incluso e ciò che è escluso, utilizza cioè la il metodo dell’elencazione (Germanò, Basile, 2005, p 249-270)

Altre definizioni sono ad esempio rinvenibili nel diritto internazionale. Si pensi a quella presente nel Codex Alimentarius, in cui il cibo viene qualificato come qualsiasi sostanza destinata al consumo umano, inclusa l’acqua e la gomma da masticare, ma ad esclusione, invece, di tabacco e stupefacenti. O ancora al Federal Food, Drug and Cosmetic Act 24, in cui per alimento si intende “( …) articles used for food or drink for man or other animals, chewing gum, and articles used for components of any such article”. In quest’ultima si fa riferimento anche ai prodotti destinati alimentazione animale, mentre nella prima non se ne fa alcun cenno. In ogni caso, tutte le definizioni qui citate individuano il concetto di alimento in considerazione della sua destinazione finale. A tal proposito, il legislatore qualifica alimento qualsiasi sostanza destinata al consumo umano, non facendo però alcun riferimento (in quest’articolo, ma non nel resto del regolamento) al consumo destinato all’alimentazione animale.

Nel primo comma dell’articolo in esame il legislatore non specifica esplicitamente il fine nutrizionale umano (che è ciò che poi qualifica l’alimento come tale), ma quest’ultimo è desumibile dalla seconda parte della norma, in cui il legislatore esclude dal concetto di alimento sostanze quali: i mangimi, gli animali vivi, salvo che non siano preparati per l’immissione sul mercato ai fini del consumo umano, i vegetali prima della raccolta, i medicinali, i cosmetici, il tabacco, le sostanze stupefacenti , i residui e i contaminanti.

Proseguendo con lo studio del primo comma dell’articolo in questione è possibile notare che il legislatore qualifica come alimento qualsiasi sostanza o prodotto trasformato,

24 US Federal Food, Drug and Cosmetic Act del 1906: “For the purposes of this chapter (…) (f) The term “Food”

means articles used for food or drink for man or other animals, chewing gum, and articles used for components of any such article”.

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parzialmente trasformato o non trasformato destinato a essere ingerito. Dall’analisi di queste prime righe della norma emerge che oltre ad essere la destinazione finale l’elemento qualificante l’alimento, altra questione importante è che, se il legislatore non pone alcuna distinzione tra ciò che è sostanza semplice, trasformata, parzialmente trasformata o addirittura non trasformata, ciò significa che c’è una sorta di equiparazione tra le diverse fasi della catena alimentare. Ne risulta che la logica sottesa alla norma e a tutta la sicurezza alimentare è quella di garantire il prodotto in tutte le sue fasi, soprattutto nelle fasi di trasformazione industriale. In questo modo, la sicurezza alimentare coinvolge anche la produzione di materie prime e il loro controllo nella fase di trasformazione delle medesime. Inoltre, “il richiamo alla ragionevolezza nella destinazione d’uso, riferito agli utilizzatori del prodotto (imprese alimentari o consumatori finali), coinvolge direttamente i produttori della materia prima, i quali devono offrire la garanzia che, fino al momento in cui non sia compiuta una differenziazione del prodotto destinato all’alimentazione o ad altri usi, la sostanza risponda agli standards di sicurezza richiesti per la produzione di alimenti” (Canfora, 2003, p 152).

Nel secondo comma, il legislatore include nel concetto di alimento le bevande, la gomma da masticare e qualsiasi sostanza intenzionalmente incorporata nella sua produzione o preparazione. L’intenzionalità, quindi, diventa un elemento qualificante una sostanza come alimento.

Nel terzo e ultimo comma, invece, il legislatore elenca le sostanze che non sono comprese nelle definizioni di alimento. Riflettendo sulle categorie escluse dalla nozione di alimento, emerge che le motivazioni dell’esclusione sono riconducibili: innanzitutto al fatto che anche se alcuni dei prodotti indicati sono parte della catena alimentare, non sono destinati all’alimentazione (mangimi, animali vivi, vegetali prima della raccolta), al fatto che altri prodotti non sono destinati all’alimentazione nonostante possano essere ingeriti (medicinali, cosmetici, tabacco, sostanze stupefacenti), altri ancora non possono far parte dell’alimentazione umana (residui e contaminanti). Da queste considerazioni si evince che il legislatore applica il criterio della destinazione finale anche nello stabilire le categorie di sostanze da escludere dalla nozione di alimento.

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