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La finanza islamica e l’ordinamento italiano

L’apertura di una banca islamica in Italia è possibile a condizione che vengano rispettate le regole e i controlli previsti in caso di costituzione di una nuova banca. In primo luogo, è necessario valutare la compatibilità dell’oggetto sociale di una banca islamica che, dal punto di vista strettamente teorico non raccoglierebbe depositi né erogherebbe credito, con la legislazione bancaria italiana. Secondo l’art.10 comma 3 del Testo Unico Bancario (TUB) «le banche esercitano, oltre all'attività bancaria, ogni altra attività finanziaria, secondo la disciplina propria di ciascuna, nonché attività connesse o strumentali. Sono salve le riserve di attività previste dalla legge»305. Questa nozione di banca potrebbe in linea teorica accogliere al suo interno anche il modello della banca islamica, quale banca specializzata nell’erogazione di servizi finanziari, nell’ambito dei

305 Banca d’Italia, Testo Unico Bancario, Versione aggiornata al decreto legislativo 4 marzo 2014, n. 53, aprile 2014, p. 32. http://www.106tub.eu/tub_testo_unico_bancario.htm (Accesso del 29/08/2014).

quali potrebbero essere inquadrati i prodotti partecipativi tipicamente offerti dall’industria finanziaria islamica. Inoltre, l’impiego in Italia dei contratti bancari

shari’a compliant dovrebbe superare il vaglio di liceità e meritevolezza stabilito

dall’art.1322 del codice civile. A titolo di esempio, l’eventuale presenza nei contratti di una clausola che collega la validità e la vincolatività dell’accordo alla sua conformità rispetto alle norme coraniche solleverebbe importanti questioni di ammissibilità.

Da un punto di vista generale, l’apertura di una banca islamica in Italia può avvenire secondo le seguenti principali modalità306:

1. Apertura di una succursale di una banca islamica di un paese extraeuropeo. In questo caso è necessaria l’autorizzazione della Banca d’Italia, sentito il Ministero degli affari esteri, ai sensi dell’art.14 comma 4 del TUB. Inoltre l’autorizzazione deve essere subordinata al rispetto delle stesse condizioni riguardanti l’accesso all’attività da parte di banche italiane, quanto meno con riferimento:

a) capitale minimo determinato dalla Banca d’Italia; b) presentazione di un programma di attività iniziale;

c) i responsabili della succursale devono presentare adeguati requisiti di professionalità e onorabilità;

d) l’autorizzazione è rilasciata tenendo conto della condizione di reciprocità con il paese di origine dell’intermediario.

2. Apertura di una succursale di banca comunitaria (anche islamica). Le banche comunitarie non necessitano di alcuna autorizzazione da parte delle autorità Italiane né per l’apertura di succursali nel nostro paese, né per esercitare direttamente dal paese di origine le attività bancarie e finanziarie. Il primo insediamento è preceduto da una comunicazione alla Banca d’Italia da parte dell’autorità competente dello Stato di appartenenza;

3. Utilizzo del passaporto europeo da parte di una banca islamica autorizzata in un altro paese dell’Unione Europea.

4. Creazione all’interno di una banca ordinaria italiana di una finestra islamica. in questo caso l’istituzione dello sportello islamico non pone problemi di tipo autorizzativo, trattandosi di articolazioni interne di un’impresa già autorizzata.

Dal lato dell’offerta, la finanza islamica in Italia si scontra con tutti quei problemi di carattere legislativo e regolamentare che abbiamo già esaminato nel III Capitolo307, e che di seguito riassumiamo brevemente308:

• la garanzia dei depositi. La tutela dei depositanti tramite un sistema di garanzie dei depositi è una condizione essenziale per poter operare con licenza bancaria in Italia. Questo sistema di garanzia, secondo quanto stabilito TUB, è obbligatoria per tutte le banche autorizzate nel nostro paese e le banche islamiche non potrebbero fare eccezione. Tuttavia, una soluzione possibile potrebbe essere quella adottata dall’ordinamento inglese secondo cui, fermo restando il diritto alla garanzia dei depositi del cliente, può essere introdotta nel contratto una previsione in cui si evidenzi che l’eventuale richiesta di restituzione delle somme perdute costituirebbe una violazione della legge coranica;

• i criteri di adeguatezza patrimoniale, le cui linee guida, emesse dall’IFSB, ricalcano peraltro quelle degli accordi di Basilea;

• vigilanza prudenziale, riguardante la funzione dei contratti partecipativi e in particolar modo all’assorbimento delle eventuali perdite di gestione da parte dei depositi partecipativi;

vigilanza sugli standard della corporate governance. Lo statuto sociale di una nuova banca islamica dovrebbe essere in grado di garantire una governance ispirata ai principi della sana e prudente gestione e coerente con l’assetto organizzativo adottato dall’azienda. A tal fine, dovrebbe essere chiarito il ruolo dello shari’a Board all’interno della governance bancaria, in quanto le disposizioni di vigilanza richiedono una individuazione chiara delle funzioni e delle responsabilità degli organi di governo aziendale. Le stesse disposizioni richiedono, inoltre, che i processi decisionali non vengano articolati in una contemporanea presenza di molteplici organi interni, al fine di garantire unità ed efficienza del governo della banca;

• necessità di garantire, ai prodotti finanziari islamici, un’adeguata trasparenza e

306

S. Alvaro, “La finanza islamica nel contesto giuridico ed economico italiano”, in Quaderni giuridici, Consob, 6 luglio 20014, pp. 35-36.

307 Vedi, III.4 La finanza islamica in Europa prospettive e sfide. 308 Banca d’Italia (a cura di), “Finanza islamica”, cit., pp. 45-47.

correttezza in considerazione della mancata standardizzazione degli strumenti finanziari elaborati a seconda delle varie interpretazioni della legge coranica. Come suggerito dalla Banca d’Italia, un passo nella direzione di una maggiore certezza potrebbe essere compiuto con un intervento legislativo, come quello operato dalla legge sul risparmio del 2005 con riferimento alla c.d. finanza etica. L’art.117-ter, introdotto dalla l. 262/2005 demanda, infatti, alla Commissione

Nazionale per la Società e la Borsa (Consob) il compito di definire gli specifici

obblighi informativi e di rendicontazione cui sono tenuti i soggetti abilitati e le imprese di assicurazione che promuovono servizi e prodotti qualificati come etici o socialmente responsabili;

• è inoltre necessaria la rimozione di tutti quegli ostacoli di natura fiscale che incidono sulla parità di condizioni concorrenziali rispetto alla finanza convenzionale come, ad esempio, la doppia imposta di registro sulle transazioni immobiliari. In questo caso un esempio da seguire potrebbe essere quello del Regno Unito, dove nel 2003 è stata rimossa la doppia tassazione per i mutui islamici e dove regolarmente sono introdotte misure di armonizzazione del trattamento fiscale dei prodotti islamici a quello dei prodotti convenzionali attraverso il Finance Act annuale309.

In linea generale, possiamo affermare che l’offerta in Italia di prodotti o servizi della finanza islamica non richieda nel nostro paese l’introduzione di una regolamentazione ad hoc. Seguendo l’esempio inglese, tale concetto è riassumibile nella frase utilizzata dal Financial Service Authority (FSA) no obstacles, but not special favours alle imprese islamiche. Nel concedere l’autorizzazione alle banche islamiche nel Regno Unito l’FSA ha inteso accordare loro, il medesimo grado di protezione offerto alle banche convenzionali: adeguate risorse finanziarie di capitale e liquidità, sana e prudente gestione, affidabilità dei sistemi operativi e di controllo. Risulta invece necessaria la rimozione di tutti quegli ostacoli che incidono sulla parità di condizioni concorrenziali tra finanza islamica e finanza convenzionale, come gli ostacoli di natura fiscale e il corretto inquadramento dei prodotti finanziari islamici ai fini della loro tassazione. http://www.bancaditalia.it/pubblicazioni/econo/quest_ecofin_2/QF_73. (Accesso del 10/03/2013)

309 A. Brugnoni, Riflessioni sull’Islamic, cit., pp. 153-154.