3.3 Il Consortium Agreement: caratteristiche generali e modelli
3.3.2 La gestione della proprietà intellettuale La Sezione ottava
La versione del CA che ci si appresta ad analizzare è quella applicabile ai progetti finanziati attraverso il programma Horizon 2020 e che sono regolati dal Multi-beneficiary General Grant Agreement, in particolare nelle tematiche corrispondenti a “Research and Innovation Actions (RIA)” e “Innovation Actions”. Rimanendo ferma l’imprescindibile conformità del Consortium Agreement alla convenzione di sovvenzione, i partner hanno la possibilità, all’interno dell’accordo di consorzio, di delineare le clausole nel modo che più si avvicina ai loro interessi. Infatti, i modelli di CA offrono ai propri utenti diverse opzioni, ognuna delle quali rispecchia una determinata strategia di implementazione del progetto: tipicamente, vi sono versioni che molto chiaramente assecondano le necessità del mondo accademico, mentre altre sono maggiormente calibrate sull’esigenza, tipicamente industriale, di ottenere un profitto da tutto quello che potenzialmente può generarlo. L’elezione di un modello, comunque, non preclude la possibilità di operare modifiche a clausole che, in fin dei conti, sono regole di default che semplificano la negoziazione.
Inoltre, il Coordinatore del progetto, se lo ritiene opportuno, può inserire sottosezioni ad hoc per disciplinare dettagliatamente determinati aspetti del progetto, caratterizzati da particolare sensibilità o importanza. Si pensi al caso in cui sia necessario predisporre regole applicative specifiche per un progetto in cui, tra i vari risultati programmati, spicchino ad esempio alcuni prototipi, la cui ideazione (ed elaborazione) rappresenti l’attività principale del consorzio. In tali circostanze, alcuni partner potrebbero ritenere auspicabile dedicare a questo aspetto una speciale trattazione.
Muovendosi nel solco creato dalla regolamentazione giuridica del Grant Agreement, viene ribadito che la proprietà dei risultati è della parte che li ha generati806. Posto questo principio generale, occorre completare la disposizione, non essendo la realtà non connotata dalla medesima linearità. Ad esempio, in caso di attività condotta congiuntamente, per i partner si rivela necessario accordarsi sull’appartenenza dei risultati. Se il prodotto di ricerca è stato elaborato da un solo partecipante, o laddove ognuno compia la sua attività autonomamente e dia origine ad un proprio risultato, la proprietà, in questo caso, è scissa: ogni beneficiario gode del diritto di proprietà in modo pieno e assoluto. Le difficoltà nascono nel momento in cui i partner svolgono l’attività in stretta collaborazione: si pensi al caso in cui cooperino per elaborare, ad esempio, una parte di codice sorgente. Le soluzioni solitamente adottate nella prassi sono molteplici.
Qualora l’Università dimostri di non avere interesse nello sviluppo di un certo risultato, questo ben può essere ceduto al partner che, diversamente, intenda sfruttarlo commercialmente. Occorre, pertanto, verificare se la clausola sulla proprietà concerne un risultato che all’Ateneo effettivamente interessa (operazione utile per capire, in definitiva, se sia necessario avviare una discussione che può eventualmente rallentare la negoziazione, oppure se
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risulta più conveniente rinunciare alla conoscenza ottenuta dal progetto). Nel caso dell’Università, quindi, è buona pratica coinvolgere attivamente i ricercatori: se, da tale confronto, emerge che dalla ricerca non può derivare alcunché dotato di un valore commerciale rilevante, allora può essere opportuno rinunciare alla proprietà e proseguire nella negoziazione di ulteriori clausole del contratto. Evitare di confrontarsi con i propri docenti e ricercatori, per i partner “accademici”, significherebbe rischiare di far arrestare il progetto, allungando le tempistiche prefissate. Per converso, le imprese cercano fin da subito di ottenere la proprietà dei risultati che le possono essere utili: tentano, pertanto, di ottenere gratuitamente il risultato dall’Università (senza pagare, di fatto, un bene di mercato).
Può anche essere concordato, all’interno del Consortium Agreement, che il risultato appartenga a tutti i partecipanti, e che ognuno di loro possa farne ciò che preferisce o che ritiene conforme con la propria politica interna. Oppure, è possibile optare per un regime più severo, stabilendo che, vigente uno stato di comproprietà, chiunque desideri utilizzare il risultato debba ottenere il consenso dall’altro/i partner, offrendo una compensazione nel caso in cui voglia intraprendere una commercial exploitation.
Su questa linea si pongono anche i modelli, i quali presentano soluzioni, a volte di vario tipo, a questo tipo di problematiche e che permettono di ottenere un assetto giuridico calibrato sugli interessi che ruotano attorno al progetto. Così si muove DESCA, presentando due opzioni. In Option 1 viene delinea una sorta di duplice regolamentazione. In primo luogo, salvo diverso accordo, ognuno dei comproprietari deve avere il diritto di utilizzare gratuitamente (on a royalty-free basis) i risultati oggetto di comproprietà per le attività di ricerca non commerciale, senza avere l’obbligo di richiedere il previo consenso degli altri comproprietari; inoltre, ad ogni joint owner deve essere permesso di sfruttare in diverso modo i risultati di proprietà congiunta, nonché di concedere licenze non esclusive a terze parti (escludendo ogni diritto di sublicenza), a patto che agli altri partner del consorzio venga dato un preavviso di almeno 45 giorni di calendario e una compensazione equa e ragionevole. Lo stesso DESCA, nei commenti esplicativi, suggerisce di specificare il tipo di attività di ricerca che si intende disciplinare con la prima parte dell’opzione: infatti, teoricamente questa regola è stata scritta per quelle situazioni in cui non è richiesto un ulteriore trasferimento o licenziamento della proprietà intellettuale condivisa (diversamente, la disciplina ottimale dovrebbe essere ricavata dalla seconda parte dell’opzione). Come si può intuire ad una prima lettura, il primo capoverso riguarda le attività tipicamente correlate alle università (in certi casi, anche alle piccole e medie imprese e al mondo industriale): la ricerca interna e la ricerca collaborativa (con o senza il finanziamento pubblico). Anche le attività di ricerca per conto di terze parti possono rivelarsi non commerciali, in particolare laddove vengano condotte da organizzazioni di ricerca no-profit. In certi casi, comunque, occorre prestare molta attenzione nell’interpretare le caratteristiche di tali attività: può accadere, infatti, che, a certe condizioni, queste ultime possano essere inquadrabili diversamente, come attività finalizzate a produrre effetti nel mercato.
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L’Option 2, invece, è caratterizzata da una previsione meno vincolata e, da un certo punto di vista, più permissiva. Il suo testo, infatti, chiarisce che, in caso di joint ownership, ogni comproprietario ha il diritto di sfruttare i risultati come meglio crede (“as it sees fit”) e di concedere licenze non esclusive, senza necessità di essere autorizzato, pagare un indennizzo, o senza oneri di rendicontazione agli altri partner, a meno che non sia diversamente stabilito tra i comproprietari stessi; i beneficiari, inoltre, devono accordarsi circa tutte le misure di protezione e sulla divisione dei relativi costi in anticipo.
A questo punto, occorre evidenziare che, per un Ateneo, è preferibile l’opzione che assoggetta la possibilità di utilizzare i risultati ai fini dello sfruttamento (soprattutto commerciale) ad una fair and reasonable compensation: pertanto, la prima opzione è quella che un Ufficio di Trasferimento Tecnologico (laddove esista) sceglierà di proporre nella generalità dei casi. La seconda opzione, infatti, spossessa l’università di un risultato che potrebbe dimostrarsi profittevole nel lungo periodo. Questo tipo di scelta favorisce, inevitabilmente, l’impresa.
Come previsto nell’art. 41.2 Rules for Participation e nell’art. 26 GA, infine, in DESCA si suggerisce di pervenire ad ulteriori accordi, maggiormente dettagliati, relativi ai costi collegati alla protezione dei risultati, all’estensione della privativa, ecc.: si parla, a questo fine, di “separate Joint Ownership agreements”. Specialmente nel caso in cui, infatti, i risultati siano destinati ad un “market use”, è auspicabile stipulare un contratto nuovo e successivo, un accordo terzo rispetto a GA e CA, che regolamenti in forma dettagliata unicamente le conoscenze e i diritti di proprietà intellettuale di proprietà condivisa (seguendoin pieno, lo si ribadisce, le regole generali contenute nella convenzione di sovvenzione e quelle più specifiche inserite nell’accordo consortile). Nella pratica, tuttavia, questa strada non è stata ancora abbastanza percorsa.
Nelle indicazioni fornite da DIGITALEUROPE si enfatizza invece la difficoltà di gestione della joint ownership, e l’opportunità di evitarla completamente807. In mancanza di un accordo tra i “contributors”, la soluzione da preferire è quella che garantisce a tutti i partner la libertà di utilizzare i risultati oggetto di comproprietà e di garantire licenze non esclusive, senza l’altrui consenso o compenso. Nella sezione ottava di MCARD 2020 spicca la regola in forza della quale non trova applicazione il secondo paragrafo dell’art. 26 GA (pertanto, chi si affidi in toto al modello non avrà l’obbligo di stipulare un joint ownership agreement e potrà concedere licenze non esclusive senza il previo avviso di 45 giorni ed una compensazione equa e ragionevole). Come regola di default (quindi, modificabile), ogni comproprietario ha un interesse uguale e indiviso nel risultato, così come i conseguenti diritti di proprietà intellettuale. La sezione 8.2 prosegue, prevedendo il diritto di sfruttare i risultati come credono, nonché di concedere licenze non esclusive senza ottenere il
807
Cfr. DIGITALEUROPE, Launch of the DIGITALEUROPE Model Consortium Agreement.
Ownership of results, 2014, in Rete:
<http://www.digitaleurope.org/DesktopModules/Bring2mind/DMX/Download.aspx?Command=C ore_Download&EntryId=762&PortalId=0&TabId=353>.
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consenso, pagare alcuna compensazione o altrimenti rimborsare gli altri comproprietari. Interessante è l’attenzione per la protezione dei risultati: ogni comproprietario degli IPRs legati ai risultati ha il diritto di intentare un’azione di “infringement”808 in seguito alla violazione di tali diritti, ma unicamente con il consenso degli altri comproprietari; una tale autorizzazione può essere rifiutata dal partner il quale dimostri che l’azione proposta sarebbe pregiudizievole per i propri interessi. Completano la sezione due opzioni, alternative, relative alla scelta del regime di protezione adeguato. La prima, che si presenta maggiormente completa, prevede l’avvio di “good faith discussions” tra i comproprietari, finalizzate al raggiungimento di un accordo circa la linea d’azione per il deposito della domanda (o delle domande) per l’ottenimento dei diritti di proprietà intellettuale sui risultati, oltreché per la designazione del partner cui affidare la predetta procedura; nella generalità dei casi, la presentazione della domanda richiede il reciproco accordo tra le parti ed i relativi costi devono essere ripartiti equamente tra i comproprietari. Nel caso in cui una parte non intenda continuare nei pagamenti delle spese di gestione o altri oneri (definita come “Relinquishing Owner”), questa deve prontamente notificare alle altre la sua decisione, mentre i restanti comproprietari possono scegliere di farsi carico del pagamento della quota rimasta scoperta: in quest’ultimo caso, la parte rinunciante deve cedere alla parte che si fa carico dei costi il proprio diritto, la proprietà e, dice la norma, l’interesse nei diritti di proprietà intellettuale oggetto di comproprietà, mantenendo tuttavia una licenza non trasferibile, non esclusiva, a titolo gratuito, interamente versata. La concessione di sublicenze per la realizzazione dell’azione e per lo sfruttamento dei risultati, diversamente, non è consentita alla parte rinunciante e ai soggetti ad essa collegati, per tutta la durata dei diritti di proprietà intellettuale o per i territori o i Paesi interessati. La seconda opzione, più concisa, ad una prima lettura sembra quasi una raccomandazione: i comproprietari devono accordarsi circa tutte le misure di protezione e la suddivisione dei relativi costi prima che qualsiasi azione venga intrapresa da un’altra parte.
Al Consortium Agreement non sono affiancati esclusivamente accordi separati: al suo interno, infatti, possono essere inclusi allegati. È, questo, il caso della sezione 8.2 di DESCA (“Transfer of Results”). Si può affermare che, con Horizon 2020, sia aumentata l’attenzione per lo sfruttamento dei risultati. Il nuovo Programma Quadro, allontanandosi dalla ricerca di base, assume una chiara impostazione verso la ricerca applicata. È per questo motivo che la Commissione, nella valutazione delle proposte, si fonda sempre di più sul punteggio assegnato all’impact del progetto. Più la descrizione di un progetto dimostra un notevole appeal (determinato dalla capacità di avere un impatto
808
In questo frangente,Il termine viene utilizzato dal modello con riferimento alla violazione dei diritti di proprietà intellettuale. Integrano tale fattispecie tutti gli usi non autorizzati del materiale protetto. In tema di brevetto, ad esempio, è stato scritto che gli atti di violazione si fondano sulle pratiche commerciali standard con cui l'autore della violazione tenta di farsi strada nei diritti monopolistici del titolare del brevetto. Tra questi vi sono la fabbricazione, l’utilizzo, l’esercizio, il disporre o l’offerta di cessione del prodotto o del processo brevettato. Fonte: R.PASIPANODYA,
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sulla società e sulla ricerca scientifica), maggiori saranno le probabilità di ricevere il finanziamento europeo.
Ogni beneficiario può trasferire i propri risultati in conformità alle procedure dell’art. 30 GA. In aggiunta, la parte può specificare in un apposito allegato (Attachment 3) determinate parti terze a cui intende trasferire la proprietà dei propri risultati. Attraverso questo documento, gli altri partner rinunciano al loro diritto di ricevere il preavviso e di opporsi al passaggio di proprietà, nei casi di trasferimento alle terze parti in esso identificate. L’Allegato terzo, quindi, contiene una elencazione dei soggetti esterni c.d. preautorizzati, a cui è possibile trasferire la tecnologia con permesso conferito ex ante. In questo modo, viene data una forma giuridica alle idee di exploitation development, di business planning, elaborate in ambito accademico o aziendale. Anche in MCARD 2020 (Sezione 8.3) è inserito l’Allegato terzo, anche se, è bene ricordarlo, la regola generale relativa al trasferimento dei risultati prevede che ogni parte possa cederne la proprietà ad ogni soggetto ad essa collegato, senza avvisare i partner.
In relazione a quest’ultima parte della Section 8, viene in luce l’importanza della stipulazione preventiva dell’accordo di consorzio rispetto al contratto concluso con la Commissione europea. Una gestione efficiente della negoziazione contrattuale e dell’esecuzione del progetto, infatti, impone la prevenzione del contenzioso e della litigiosità. Per questo motivo, utilizzare l’allegato in questione permette di evidenziare quali soggetti estranei all’azione non possono assolutamente entrare in contatto con i risultati, ad esempio perché concorrenti di un partner. Agendo in via prudenziale, viene rimossa la componente emozionale che indubbiamente emergerebbe in una fase avanzata di sviluppo del progetto.
Il modello DESCA prosegue, aggiungendo l’obbligo per la parte trasferente, (diversamente da quanto avviene in MCARD 2020) di informare gli altri partner e di assicurarsi che tale operazione non pregiudichi i loro diritti (come, in tal caso, è previsto anche in MCARD 2020)809. In generale, tutte queste obbligazioni si devono applicare fino a che le altre parti hanno (o possono richiedere) i diritti di accesso ai risultati810.
La terza macrocategoria che compone la Sezione ottava è quella relativa alla diffusione dei risultati (dissemination). Nella sezione 8.3.1 di DESCA viene inserita la previsione che stabilisce che durante il progetto, e per un anno dopo la sua conclusione, la divulgazione dei propri risultati da parte di uno o più beneficiari (che comprende anche le pubblicazioni e le presentazioni) debba essere regolata dalla procedura di cui all’art. 29 del Grant Agreement, come integrata dalla disposizione in esame. Viene ribadito, infatti, il preavviso di (almeno) 45 giorni prima della pubblicazione. L’opposizione, da proporsi entro
809
In MCARD 2020 è possibile trasferire senza obbligo di notifica.
810
Si aggiunge, inoltre, un ulteriore frammento della sezione 8.2, ai sensi del quale le parti contraenti riconoscono che, nel contesto di una fusione o di una acquisizione, può essere impossibile per un beneficiario, a causa delle leggi europee e nazionali applicabili in materia societaria, dare il preavviso di quarantacinque giorni per il trasferimento, come previsto nel Grant Agreement.
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30 giorni dal ricevimento della notifica, deve essere fatta per iscritto e deve essere rivolta al coordinatore e alla parte (o le parti) che propone la diffusione.
Pubblicare, per il ricercatore, significa ottenere visibilità; per l’università, rappresenta l’attività che la caratterizza. Tuttavia, all’interno del consorzio non vi sono solo partner accademici. Può accadere che l’impresa, la quale ha priorità sostanzialmente differenti, opti per un piano di segretezza industriale e desideri, pertanto, mantenere la conoscenza sviluppata segreta. Gli interessi in gioco sono evidentemente contrastanti: per questo motivo, il modello DESCA (come pure gli altri modelli di CA) contengono una clausola che impone al ricercatore (quindi, all’Università) di sottoporre l’articolo all’attenzione degli altri beneficiari prima della pubblicazione. In questo modo, l’impresa ha la facoltà di esaminare il testo della futura pubblicazione e verificare quali elementi saranno oggetto di disclosure. Tendenzialmente, quindi, la negoziazione relativa a questa clausola si concentra sul margine temporale imposto al docente o ricercatore per l’informativa agli altri partner. La soglia dei 45 giorni di preavviso, la maggior parte delle volte, si rivela eccessiva per gli studiosi, impegnati nella redazione dei propri articoli di ricerca: dal punto di vista di un ricercatore, presentare un lavoro con una tempistica troppo restrittiva può rivelarsi difficoltoso. L’università tenterà perciò di strappare agli altri beneficiari il minor anticipo possibile, cercando di pervenire ad un obbligo di una notifica entro 7 giorni dalla pubblicazione.
La sezione deve essere letta in relazione a due ulteriori aspetti: da una parte, viene in luce il tema del segreto industriale e delle strategie aziendali che inevitabilmente vengono in gioco anche, e soprattutto, nella redazione dell’accordo di consorzio; dall’altra, la necessità di non esaurire il requisito della novità, evitando di perdere la possibilità di proteggere un risultato che si vorrebbe industrializzare (e monetizzare)811.
DESCA completa la disposizione elencando i (due) motivi che giustificano l’opposizione di una parte alla divulgazione delle conoscenze altrui: la protezione dei risultati o del background della parte obiettante potrebbe subire lesioni; gli interessi legittimi, accademici o commerciali, della parte opponente sarebbero significativamente danneggiati. MCARD 2020, il quale riprende quasi fedelmente questa previsione, aggiunge una terza ipotesi, che consente ad un beneficiario di ostacolare la dissemination pianificata da un partner: il fatto che la pubblicazione includa informazioni confidenziali della parte opponente.
Nonostante questa differenza, che permette di leggere nel secondo modello un apparato maggiormente protettivo degli interessi industriali, DESCA ed MCARD 2020 sono concordi circa la modalità attraverso cui gestire il conflitto: infatti, entrambi prevedono che le parti debbano discutere tra di loro per tentare di superare i giustificati motivi dell’opposizione in maniera tempestiva (ad esempio, con una correzione alla pubblicazione programmata, o trovando un modo con cui proteggere le informazioni sensibili prima della
811
Se il risultato è di proprietà di un solo partecipante, allora deve essere questo stesso soggetto a dover presentare la domanda di brevetto; se, diversamente, vi è stata un’azione
condotta congiuntamente, è necessario accordarsi: o si decide che la domanda deve essere depositata da un solo partner, o dall’insieme dei beneficiari.
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divulgazione al pubblico). Comprensibilmente, nel caso in cui, successivamente al confronto, vengano adottate misure risolutive, la parte che ha mosso le contestazioni non deve irragionevolmente persistere nella sua posizione di contrarietà.
Se il modello MCARD 2020 altro non dispone al riguardo, i compilatori del DESCA hanno stabilito di inserire una sorta di garanzia per la pubblicazione, al termine di un dato periodo di tempo. La sezione 8.3.1.3, infatti, prevede che la parte opponente non possa richiedere di prorogare la data della pubblicazione oltre il 90esimo giorno a partire dal momento in cui si è dimostrata contraria alla divulgazione. Pertanto, trascorsi circa tre mesi dall’opposizione, la pubblicazione è permessa, condizionata unicamente alla rimozione delle informazioni riservate dall’articolo. Si tratta di una specificazione che