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2.3. Trasferire la conoscenza: cessione e licenza Contratto conto terzi e

2.3.1 La licenza Negoziazione e remunerazione

La licenza, nella pratica delle relazioni contrattuali, si rivela uno strumento di monitoraggio posto nelle mani del licenziante nei confronti del licenziatario,

606

Cfr.RODRIGUEZ, Material transfer agreements: open science vs. proprietary claims, cit., 489.

607

Cfr.GRANIERI, La gestione della proprietà intellettuale nella ricerca universitaria, cit., 245. 608

Modelli disponibili in Rete:

<http://www.wipo.int/tk/en/databases/contracts/texts/mtacanada.html>;

<http://www.wipo.int/tk/en/databases/contracts/texts/centers.html>;

<http://www.wipo.int/tk/en/databases/contracts/texts/ncimta.html>.

609

Cfr. GRANIERI, La gestione della proprietà intellettuale nella ricerca universitaria, cit., 287; v.

supra, par. 2.3.2, p. 85. 610

Cfr. A.FRIGNANI,M.TORSELLO, Il contratto internazionale, II ed., Cedam, Padova, 2010, 232.

611Cfr. F

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finalizzato al suo interesse di valorizzazione dei diritti di proprietà intellettuale612. Al tempo stesso la licenza deve regolare un necessario bilanciamento tra interessi imprenditoriali e valori appartenenti al mondo accademico (basti pensare alla pretesa libertà della ricerca), nonché esigenze che maturano in seno ai ricercatori (ad esempio, l’aspirazione, attraverso il proprio lavoro, al prestigio e al riconoscimento tra i pari)613. Di conseguenza, anche da parte degli atenei deve essere prestata una particolare attenzione nel gestire questo tipo di vincolo contrattuale, ponderando i (pur legittimi) bisogni commerciali di chi ottiene la licenza con l’obiettivo, fondato sull’interesse pubblico e sulla missione educatrice e filantropica dell’università, di assicurare un’applicazione pratica diffusa dei frutti dei programmi di ricerca a cui partecipano614.

Per questi motivi, è necessario prestare attenzione alla pratica del “licensing” e a determinati aspetti di tali contratti. Nell’ordinamento giuridico italiano, la licenza (o concessione d’uso) rappresenta una tipologia di accordo che rientra nella categoria dei c.d. contratti atipici, e che, quindi, ai sensi dell’art. 1322 c.c., non appartiene ai “tipi [contrattuali] aventi una disciplina particolare”. In questo modo, le parti manifestano a pieno la propria libertà contrattuale, predisponendo e organizzando le diverse operazioni contrattuali nel modo che meglio si confà alle proprie esigenze615. Non godendo di una regolamentazione legislativa ad hoc, il contratto di licenza è caratterizzato in negativo dall’assenza di una specifica disciplina suppletiva, studiata per andare a colmare le eventuali lacune lasciate dalle parti in sede pattizia (anche se nella pratica è ammesso il ricorso analogico al contratto di locazione) e per limitare, se non evitare, successive situazioni controversiali616.

Le parti sono riducibili idealmente a due: il licenziante (o, con terminologia anglosassone, “licensor”), titolare di uno o più diritti o beni immateriali (diritti di proprietà intellettuale come brevetto e diritto d’autore, ma anche know-how) che ha intenzione di sfruttare la propria privativa e, di conseguenza, concedere tale diritto in licenza ad un altro soggetto; il licenziatario (o, in inglese, “licensee”) che, da parte sua, si impegna a pagare un corrispettivo617. Occorre, all’interno di un contratto di licenza stipulato fra università e impresa, prestare attenzione alle clausole relative ai risultati, con particolare riferimento al regime di proprietà e di sfruttamento degli stessi, nonché alla clausola relativa al corrispettivo e alla

612Cfr.GRANIERI, La gestione della proprietà intellettuale nella ricerca universitaria, cit., 188. 613

Cfr. GUARDA, Creation of Software Within the Academic Context: Knowledge Transfer,

Intellectual Property Rights and Licenses, cit., 517. 614

Cfr. AUTM, Nine Points to Consider in Licensing University Technology, 2007, 2, in Rete: <https://www.autm.net/AUTMMain/media/Advocacy/Documents/Points_to_Consider.pdf>.

615

Cfr. V.ROPPO, Il contratto, Seconda Edizione, Giuffrè Editore, Milano, 2011, 400. L’atipicità contrattuale, infatti, è un aspetto della più generale libertà contrattuale riconosciuta ai privati: queste ultime, infatti, non hanno più l’onere di optare per un determinato (e disciplinato) tipo contrattuale, ma possono limitarsi a constatare l’avvenuta conclusione di un contratto e a richiedere conseguentemente la tutela dei diritti che ne discendono.

616

Cfr. O. ORZALESI, I principali elementi di un contratto di licenza (articolo), 2009, in Rete: <http://www.licensingitalia.it/news/I-principali-elementi-di-un-contratto-di-licenza.php>.

617

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sua forma di determinazione (“lump-sum”, royalties, eccetera)618.

La fase della negoziazione, pertanto, si rivela particolarmente delicata per il futuro assetto degli interessi e per uno svolgimento sereno del rapporto contrattuale (cosa che, ovviamente, vale anche per la cessione). Occorre, in particolare, accertarsi circa l’effettiva titolarità dei diritti di proprietà intellettuale ed operare una stima circa il grado di maturità della tecnologia che si intende licenziare619. A questo fine, le parti devono condurre le trattative secondo buona fede (in senso oggettivo) e, quindi, con una condotta ispirata al canone della correttezza. Il dovere di buona fede, sancito dall’art. 1337 c.c., imponendo alle controparti di agire con lealtà e serietà, si scompone a sua volta in una serie di doveri, primo fra tutti quelli di informazione secondo verità (obbligo che assume una grande importanza qualora vi siano asimmetrie informative)620. L’esistenza stessa della negoziazione, inoltre, fa in modo che persista un generale obbligo di riservatezza, da ritenersi esistente ogniqualvolta la divulgazione potrebbe comportare un pregiudizio per uno dei contraenti, oppure l’intervento di terzi tale da far fallire le trattative621. Se, quindi, emerge l’esigenza di evitare che le controparti divulghino informazioni confidenziali relative alle parti che le hanno fornite, tale necessità può essere assolta anche in modo esplicito, attraverso gli accordi o lettere di riservatezza (i “non-disclosure agreements”, o NDA, della terminologia anglosassone), che regolano lo scambio di informazioni durante le trattative622. Questi negozi giuridici sopravvivono anche successivamente, trovando applicazione nelle ipotesi di mancata conclusione del contratto o qualora il contratto venga stipulato ma in esso non si ribadisca l’impegno di confidenzialità623. Il non disclosure agreement rappresenta il luogo in cui le parti si riferiscono informazioni relative all’operazione in atto e che possono rappresentare una qualche sensibilità, oppure dati in ogni caso riservati: intorno a queste “confidential informations” si crea un perimetro, oltre il quale le notizie possono liberamente circolare.

L’aspetto relativo alla confidenzialità si rivela determinante nel caso del Material Transfer Agreement: tale contratto privatistico, infatti, richiede la confidenzialità, a differenza dell’istituto del brevetto, che invece, una volta ottenuto, promuove la rivelazione (come è stato evidenziato in dottrina)624. Attraverso il regime di riservatezza dell’MTA, il proprietario gode dei diritti di accesso (al fine di verificare l’effettivo e appropriato utilizzo del materiale trasferito), ma può negoziare poteri ancora più incisivi: ad esempio, ottenere la

618

Cfr. GUARDA, Creation of Software Within the Academic Context: Knowledge Transfer,

Intellectual Property Rights and Licenses, cit., 517. 619

Cfr.GRANIERI, La gestione della proprietà intellettuale nella ricerca universitaria, cit., 239.

620Cfr. R

OPPO, Il contratto, cit., 168-169. 621

Cfr.FRIGNANI,TORSELLO, Il contratto internazionale, cit., 163.

622

Cfr. GRANIERI, La gestione della proprietà intellettuale nella ricerca universitaria. Invenzioni

accademiche e trasferimento tecnologico, cit., 248.

623

Cfr. FRIGNANI, TORSELLO, Il contratto internazionale, cit., 174. Gli Autori fanno specifico riferimento all’ipotesi dell’inserimento dell’impegno a non divulgare determinate conoscenze acquisite nella trattativa in un documento preliminare o lettera di intenti.

624

Cfr. K.E.NOONAN, Conflating MTAs and patents, in Nature Biotechnology, 2009, 27, 6, 504- 505, 505.

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comunicazione, da parte del recipient, della volontà di produrre pubblicazioni scientifiche (relative agli studi sul materiale oggetto del contratto) e poter ritardare, se non bloccare, la divulgazione stessa625.

Un altro tipo di atto preliminare, o pre-contrattuale, è la lettera d’intenti, accordo che interviene nel caso in cui la negoziazione si presenti lunga e complessa626. Il documento in questione si risolve in una definizione in linea generale di ciò che le parti si prefiggono di realizzare attraverso l’instaurazione di un vincolo contrattuale. In questo modo vengono fissati, all’interno di tali accordi, i punti centrali che le parti non hanno più intenzione di rimettere successivamente in discussione, sebbene non sia infrequente l’ipotesi dell’assunzione negli stessi di veri e propri impegni giuridici, da cui scaturiscono obbligazioni per i contraenti (si può avere, ad esempio, l’impegno a non condurre trattative parallele, fino ad arrivare all’impegno, a carico di una o di entrambe le parti, a concludere un contratto definitivo)627. La struttura non è sempre univoca, in quanto la lettera può essere strutturata come contratto bilaterale o come impegno unilaterale. Secondo la dottrina, fin tanto che, all’interno delle lettere d’intenti, rimane in bianco uno degli elementi essenziali del contratto, si è ancora nel campo degli accordi precontrattuali e della responsabilità precontrattuale628: tale considerazione evidenzia quanto sia labile il confine tra atto preliminare o preparatorio e contratto vincolante tra le parti.

La prassi dei negoziati, tuttavia, conosce ulteriori strumenti atti a facilitare l’avvicinamento della volontà delle parti nelle operazioni commerciali di grande entità629. Spesso, le controparti contrattuali si accordano sui termini chiave della transazione, lasciando gli altri termini ad ulteriori negoziazioni da svolgersi a tempo debito: accettano di trattare su tali scadenze in buona fede, ovvero con l’intenzione di concludere un accordo definitivo rispettando i termini convenuti630. Si parla in tal caso di “term-sheets”, documenti preparatori firmati all’inizio delle trattative e che, oltre a decretarne l’avvio, ne sanciscono anche la fine, dato che le parti con essi stabiliscono la data prevedibile del “closing” (in altre parole, della conclusione del contratto)631.

Si è affermato che all’interno di questa tipologia contrattuale (così come avviene per la cessione) vi è un necessario bilanciamento di interessi delle diverse parti. La licenza permette a chi ne fa uso di avere la libertà di proteggere i propri affari attraverso una forma di “private legislation”632. L’utilizzo di un contratto atipico rappresenta (o può rappresentare) quindi un vantaggio per il licenziante, in quanto si trova nella posizione favorevole di andare oltre al piano della legislazione e di valorizzare la proprietà intellettuale di cui è titolare.

625

Cfr. GRANIERI, La gestione della proprietà intellettuale nella ricerca universitaria, cit., 293.

626

Id., 250.

627

Cfr.FRIGNANI,TORSELLO, Il contratto internazionale, cit., 171-174.

628

Id., 171. 629

Cfr.GRANIERI, La gestione della proprietà intellettuale nella ricerca universitaria, cit., 250.

630Cfr. O. HERZFELD, Agreements to Negotiate License Agreements in Accordance with Term Sheets, in The Licensing Journal, 2014, 34, 8, 18-19, 18.

631

Cfr.GRANIERI, La gestione della proprietà intellettuale nella ricerca universitaria, cit., 250.

632

Cfr. WINSTON, Why sell what you can license? Contracting around statutory protection of

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Nella generalità dei casi, si tende a pensare che chi detiene i diritti (e, quindi, la tecnologia) oggetto di commercializzazione entri nella fase della negoziazione in qualità di parte privilegiata e che, se il negoziato fallisce, questa possa rivolgersi ad altri potenziali licenziatari, o dare avvio ad uno sfruttamento (e ad una conseguente produzione) in proprio633. Quando il licenziante è un’università gli equilibri e i rapporti di forza sono diversi. L’investimento pubblico in R&S ha la finalità primaria di trasformarsi in un prodotto innovativo e suscettibile di una applicazione commerciale. L’azione di un ente pubblico di ricerca tuttavia non va a coprire tutto quel processo necessario che va dallo sviluppo di una idea alla immissione nel mercato di una tecnologia: a meno che non si opti per la creazione di uno spin-off, non è possibile a livello accademico produrre in proprio. Per questo motivo, è di vitale importanza trovare un licenziatario e assicurarsi una remunerazione, nonché l’impegno nello sviluppo futuro634.

A questo proposito, l’Association of University Technology Managers (AUTM)635 ha enucleato, grazie alla collaborazione di diverse università statunitensi, alcuni punti chiave da tenere in considerazione nel momento in cui si opti per l’utilizzo della licenza. Nel secondo punto di tale documento si suggerisce all’ateneo di strutturare la licenza in modo tale da incoraggiare il potenziamento e l’industrializzazione della tecnologia: per questo motivo, le università devono prestare molta attenzione nell’assicurarsi che, una volta concessa una licenza esclusiva di lunga durata, i licenziatari si assumano il compito di sviluppare e divulgare il trovato innovativo (evitando, in questo modo, di licenziare a chi non è in grado o non è disposto ad adoperarsi al fine di far progredire l’innovazione tecnologica)636. Garantire una continuità ed un’utilizzazione pratica ad un’idea nata nei dipartimenti accademici significa anche, ad avviso dell’Association, richiedere ai propri licenziatari esclusivi di garantire sublicenze a terze parti con l’obiettivo di incontrare e rispondere ai bisogni del mercato non ancora soddisfatti, o affrontare esigenze in materia di sanità pubblica (c.d. “mandatory licensing”). Questa soluzione permette inoltre di mettere in commercio nuove applicazioni dei diritti licenziati: le parti devono, pertanto, assicurarsi di aver definito congiuntamente cosa si intenda per nuova applicazione o bisogni insoddisfatti, cercando di mettere in luce gli obiettivi perseguiti, evitando di lasciare questo aspetto in ombra637.

Una volta concessa la tecnologia attraverso la conclusione del contratto di

633Cfr. GRANIERI, La gestione della proprietà intellettuale nella ricerca universitaria, cit., 259. 634

Id., 258-259. 635

AUTM è un’organizzazione no-profit dedicata a mettere in moto la ricerca sostenendo e valorizzando la professione del trasferimento tecnologico accademico attraverso diversi strumenti, quali ad esempio l’istruzione e lo sviluppo professionale. Si veda, in Rete: <http://www.autm.net/autm-info/>.

636

Cfr.AUTM, Nine Points to Consider in Licensing University Technology, cit., 2-3. Gli altri punti di questa fonte di soft law riguardano ad esempio la gestione dei conflitti di interesse (prevedibile nel caso in cui la licenza venga stipulata tra l’università e una start-up fondata da studenti o ricercatori) e la focalizzazione su alcune tematiche particolarmente sensibili, quali ad esempio il miglioramento delle tecnologie terapeutiche, diagnostiche e agricole.

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licenza, inizia per il licenziatario la fase dello sfruttamento. Lo sviluppo e l’utilizzo del bene materiale o immateriale viene accordato sulla base di una contropartita, che può essere rappresentata da un corrispettivo monetario o non monetario. Nel caso in cui si opti per una retribuzione del primo tipo, le possibilità sono diverse638. Ad esempio, può essere previsto un rimborso, totale o parziale, delle spese sostenute per il conseguimento dei titoli. Le parti possono accordarsi, inoltre, per l’accollo delle spese future di manutenzione e conservazione, per la pattuizione di royalties, oppure per l’attribuzione di equities (dividendi intersocietari, quote di capitale utilizzate come corrispettivo); infine, vi è l’ipotesi del pagamento di una somma fissa, la c.d. lump sum.

In relazione a quest’ultima forma di remunerazione, tuttavia, esistono delle specificazioni: si distingue così tra “upfront license issue fee”, che intercorre quando l’emolumento viene versato al momento della firma dell’accordo di licenza639, e di “paid-up license”, quando non sono quindi richiesti ulteriori pagamenti (quindi, quando il pagamento fisso non è ricorsivo)640; se la somma fissa è prevista come anticipo è definita diversamente “downpayment”. Qualora, infine, sia previsto che il licenziatario debba versare determinate somme di denaro se e quando un certo evento accade si parla invece di “milestone payments”641.

Le royalties, diversamente, sono canoni periodici e variabili642. La loro definizione si trova nella legge sull’affiliazione commerciale (o franchising), la n. 129/2004: si stabilisce, infatti, che per royalties si intende “una percentuale che l'affiliante [quindi, in questo caso, il licenziante] richiede all'affiliato [qui: licenziatario] commisurata al giro d'affari del medesimo o in quota fissa, da versarsi anche in quote fisse periodiche”643. È evidente che la percentuale, che viene applicata alla base di calcolo delle royalties, è frutto di una negoziazione tra le parti, essendo il canone variabile una forma di controllo del licenziante per la propria controparte contrattuale, impedendo eventuali suoi comportamenti opportunistici644. La combinazione di questi meccanismi di pagamento dipende strettamente dagli obiettivi che si pongono le parti della transazione, nonché dalle analisi costi-benefici della specifica operazione in essere645.

I corrispettivi non monetari, invece, possono consistere, in primo luogo, in contribuzioni in natura (c.d. “consideration in kind”) come attrezzature, commesse di ricerca e sviluppo, diritti di utilizzazione di strumentazione646. In secondo luogo, è possibile che le parti si accordino per un intreccio di diversi contratti di licenza, essendo il corrispettivo fornito al licenziante (che concede

638

Cfr.GRANIERI, La gestione della proprietà intellettuale nella ricerca universitaria, cit., 269-271.

639

Cfr. OECD, Guidelines for the Licensing of Genetic Inventions, OECD Publishing, 2006, 20, in

Rete: <https://icgc.org/files/daco/OECD_GeneticInventions_2006_en.pdf>.

640Cfr.GRANIERI, La gestione della proprietà intellettuale nella ricerca universitaria, cit., 270. 641

Cfr. OECD, Guidelines for the Licensing of Genetic Inventions, cit., 20. 642

Cfr.GRANIERI, La gestione della proprietà intellettuale nella ricerca universitaria, cit., 271-272.

643

Art. 1.3 lett. c), legge 6 maggio 2004, n. 129, Norme per la disciplina dell'affiliazione commerciale, GU n.120 del 24-5-2004.

644

Cfr.GRANIERI, La gestione della proprietà intellettuale nella ricerca universitaria, cit., 272.

645

Cfr.OECD, Guidelines for the Licensing of Genetic Inventions, cit., 20. 646Cfr. G

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DPI) costituito da altra proprietà intellettuale647. Questa seconda ipotesi si riscontra nel caso delle licenze incrociate (c.d. “cross-licensing”)648.