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La legittimità nello stato costituzionale di diritto

Legalità, legittimità, effettività

2. La legittimità nello stato costituzionale di diritto

Nonostante quanto detto finora a partire dalla ricostruzione weberiana, non può sfuggire che nel linguaggio comune l’aggettivo che più spesso qualifica il sostantivo «legittimità» è «democratica». Un «governo» viene comunemente riconosciuto come legittimo perché espressione della volontà popolare. Ciò sembra in contrasto con quanto detto finora sulla legittimità legale-razionale, non legata ad alcuna specifica forma di governo. In letteratura si ritrova, infatti, il tema ricorrente del conflitto fra la legittimità democratica e la legalità intesa come «governo sub iuribus», tipica del modello degli «stati costituzionali di diritto». Ad esempio:

La teoria costituzionale americana è perennemente perseguitata, se non totalmente logorata, dalla ricerca di un’armonia tra quelli che vengono generalmente concepiti come due principi configgenti: da un lato, l’ideale del governo soggetto alla legge (costituzionalismo) e dall’altro, l’ideale del governo attraverso la volontà popolare (democrazia).65

Sembra, cioè, doveroso scegliere fra vincoli costituzionali e sovranità popolare, fra Locke e Rousseau. Tale tensione ha a che fare con la riconfigurazione del rapporto fra legalità e legittimità alla luce del passaggio (storico) dallo «stato legislativo di diritto» allo «stato costituzionale di diritto». La teoria della «legittimità democratica» di Luigi Ferrajoli è, però, un esempio di superamento (apparente?) di tale contrasto. Nel secondo volume di Principia

iuris, vengono distinte due dimensioni dalla legittimità democratica, una

formale, l’altra sostanziale. Un ordinamento democraticamente legittimato da un punto di vista formale richiede, per Ferrajoli, il rispetto dei diritti secondari



65 F. Michelman, Brennan and democracy (1999) tr. it., La democrazia e il potere giudiziario. Il dilemma

(politici e civili66) che «designano i poteri attraverso il cui esercizio un sistema

democratico viene fondato e attivato»67. La legittimità sostanziale, invece,

riguarda i vincoli relativi al contenuto del diritto oltre alle regole formali circa la sua produzione. Tali vincoli sono costituiti dai diritti cosiddetti primari (di libertà e sociali) che «designano invece le finalità su cui esso [il sistema democratico] si fonda»68.

Tale teoria ricostituisce la legittimità democratica ricorrendo a un modello quadripartito (democrazia politica, civile, liberale e sociale), a sua volta fondato sull’opposizione fra dimensione formale della dinamica giuridica e dimensione sostanziale governata da rapporti nomostatici di derivazione fra norme. Risulta chiaro, allora, come l’espressione «legittimità» non venga usata da Ferrajoli quale criterio diretto per riconoscere la titolarità del potere; si tratta bensì di un metro di giudizio delle norme che riguarda il problema della legalità dell’intero ordinamento come insieme di condizioni alle quali un potere mantiene la propria legittimità. A differenza di quel che accadeva in Kelsen, e forse anche in Weber, la teoria normativa dello «stato democratico di diritto» di Ferrajoli ritraduce le forme classiche della legalità («governo per leges» e «governo sub

lege») a partire dall’ideale del governo sub iuribus proprio delle «democrazie

costituzionali»69. I diritti fondamentali, infatti, ancor prima di essere specificati



66 Si noti che la classificazione quadripartita delle classi di diritti fondamentali in Ferrajoli è

assolutamente originale e a questa, non ad altre più «tradizionali», si fa riferimento in questo paragrafo. A tale proposito si veda P. Comanducci, Problemi di compatibilità fra i diritti fondamentali, «Analisi e diritto», 2002-2003.

67 L. Ferrajoli, Principia iuris, cit., vol. II, p. 24. La configurazione dei diritti politici e civili come

diritti-potere, è ancora una caratteristica propria della teoria del diritto di Ferrajoli (ivi, vol. I, p. 647). Si noti, inoltre, come il profilo di legittimità democratica formale di Ferrajoli ricalca, sia pure non perfettamente, quelle che Bovero - a partire dalla teoria democratica bobbiana - ha definito «condizioni della democrazia»; mentre la legittimità sostanziale è più simile alle «precondizioni». Si veda N. Bobbio, Dall’ideologia democratica agli universali procedurali (1987), in Id., Teoria generale della politica, cit., pp. 370-83; M. Bovero, Contro il governo dei peggiori. Una grammatica della democrazia, Laterza, Roma-Bari 2000.

68 L. Ferrajoli, Principia iuris, cit., vol. II, p. 24.

69 «Possiamo intendere per “costituzione democratica” una legge fondamentale che soddisfi le

condizioni della democrazia, ossia che comprenda tra i diritti fondamentali, costituzionalmente

da una teoria normativa, richiamano, nella loro struttura formale, l’ideale dell’eguaglianza. La definizione, puramente formale, di «diritti» («Sono ‘diritti fondamentali’ tutti quei diritti soggettivi che spettano universalmente a ‘tutti’ gli esseri umani in quanto dotati dello status di persone, o di cittadini, o di

persone capaci d’agire»)70, non dice nulla sul contenuto semantico dei termini

«persona», «cittadino» o «capace di agire», compatibili con ordinamenti massimamente inegualitari. Ma, afferma Ferrajoli:

questo carattere ‘formale’ della nostra definizione non toglie che essa sia sufficiente a identificare nei diritti fondamentali la base dell’eguaglianza giuridica. Grazie ad esso, infatti, l’universalità espressa dalla quantificazione dei (tipi di) soggetti che di tali diritti sono titolari viene a configurarsi come un loro connotato strutturale, che come vedremo comporta il carattere inalienabile e indisponibile degli interessi sostanziali in cui essi consistono.71

Le istituzioni democratiche costituiscono, del resto, una sorta di realizzazione storica della finzione «di ragione» del pactum unionis, che non costituisce (esplicitamente in molti degli autori del giusnaturalismo moderno)



protetti, i diritti di partecipazione politica cosí come sono previsti dalle regole del gioco democratico: tali regole infatti non sono altro che le norme che stabiliscono la titolarità e regolano l’esercizio dei diritti politici. Analogamente, possiamo intendere per “democrazia costituzionale” quella forma di governo in cui gli organi del potere democratico vengono esplicitamente limitati e vincolati, dalla norma costituzionale, al rispetto e alla garanzia (anche) degli altri diritti fondamentali, in primo luogo i diritti di libertà e i diritti sociali». (M. Bovero, Democrazia costituzionale e viceversa, manoscritto)

70 La definizione completa proposta da Ferrajoli è la seguente: «Sono ‘diritti fondamentali’ tutti

quei diritti soggettivi che spettano universalmente a ‘tutti’ gli esseri umani in quanto dotati dello status di persone, o di cittadini, o di persone capaci d’agire; inteso per ‘diritto soggettivo’ qualunque aspettativa positiva (a prestazioni) o negativa (a non lesioni) ascritta a un soggetto da una norma giuridica, e per ‘status’ la condizione di un soggetto prevista anch’essa da una norma giuridica positiva quale presupposto della sua idoneità ad essere titolare di situazioni giuridiche e/o autore degli atti che ne sono esercizio». (L. Ferrajoli, Diritti fondamentali, Laterza, Romaa-Bari 2001, p. 5)

71 Ivi, p. 6. A tale proposito si veda il dibattito fra Guastini e Ferrajoli contenuto nel volume

citato: R. Guastini, Tre problemi di definizione, soprattutto pp. 45-47; L. Ferrajoli, I diritti fondamentali nella teoria del diritto, p. 135-139; e L. Ferrajoli, I fondamenti dei diritti fondamentali, pp. 309 e ss.

la ricostruzione della genesi del potere politico di qualsivoglia stato, quanto piuttosto la ricognizione teorica delle caratteristiche del potere politico

legittimo72. È ancora Ferrajoli, però, a ricordare: «ciò che peraltro rende

l’immagine del contratto sociale più d’ogni altra pertinente a raffigurare l’atto costituente di una democrazia costituzionale è il fatto che nella costituzione da esso prodotta sia stipulata l’uguaglianza tramite il conferimento a tutti di diritti fondamentali. Vengono in essa convenute, infatti, due dimensioni dell’eguaglianza: la dimensione formale, in forza della quale le dinamiche dell’ordinamento istituito, cioè l’intera produzione normativa sono affidate, direttamente o indirettamente, all’autonomia individuale o collettiva, degli stessi contraenti e consociati; e la dimensione sostanziale, in forza della quale tali dinamiche sia pubbliche che private, sono vincolate alla garanzia dei diritti fondamentali e, in particolare, al rispetto dei diritti di libertà e alla soddisfazione dei diritti sociali»73.