CAPITOLO 3: LE COOPERATIVE VITIVINICOLE
3.3 LA LEVA STRATEGICA DELL’ASSOCIAZIONISMO
La situazione rappresentata mette in luce le problematiche dell’intero mercato caratterizzato da profondi squilibri e da un sistema contrattuale che non risulta in grado di limitarne le problematiche e ne aumenta l’instabilità. In questo senso si rende necessaria una profonda riorganizzazione che consenta di ritrovare un equilibrio nelle transazioni anche attraverso l’introduzione si soluzioni come l’interprofessione in grado di fungere da moderatore del mercato.
Questo risulta essere un elemento di enorme importanza per l’organizzazione delle produzione agricola. L’utilizzo di strumenti per ottenere l’aggregazione dell’offerta
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produttiva, strategie di sviluppo e un piano per la valorizzazione dei prodotti nel mercato permetterà ai viticoltori di operare attraverso l’utilizzo di leve strategiche in grado di entrare nel mercato con un maggior peso (anche a livello contrattuale) e ottenere un maggior ritorno dal valore generato durate tutto il processo produttivo. I fattori citati consentono anche di assumere un peso diverso in sede di mercato con i soggetti contrattualmente più forti come ad esempio la Gdo (attraverso azioni incentrate alla creazione di una massa critica) e al tempo stesso operare seguendo una linea strategica ben definita che impedirà, attraverso un controllo sulla produzione, il verificarsi di crisi nel marcato. La definizione di una chiara strategia sull’offerta può rappresentare un fattore importante in quanto consente di raggiungere un certo grado di stabilità dei prezzi e di conseguenza sul profitto degli agricoltori; un aspetto di notevole importanza data la possibilità che l’assenza del sostegno comunitario (voluta dalla nuova riforma della PAC) possa causare degli squilibri nel mercato (Ismea, 2012).
In quest’ottica la definizione del grado di qualità dei prodotti offerti risulta essere un’arma nelle mani dei soggetti associate in quanto permette loro di svolgere un ruolo attivo nelle decisioni, nelle strategie e nella definizione della strada da perseguire. L‘associazionismo produttivo porta con se una serie di vantaggi che permettono alle imprese agricole di godere di un forza nel mercato che altrimenti risulterebbe essere irraggiungibile. È importante segnalare (Saccomandi V., 1991):
1. il lavoro svolto per l’ottenimento di una massa critica di prodotto in grado di sfruttare le economie di scala e una strategia di marketing mix vincente che intercetti al meglio la domanda espressa dal mercato;
2. la facoltà di organizzare e strutturare l’offerta dei prodotti sulla base dei bisogni espressi dalla domanda di mercato;
3. opportunità di sfruttare nel miglior modo possibile e ad un costo contenuto le informazione derivanti dal mercato col fine ultimo di identificare una strategia d’offerta di successo e limitare le azioni opportunistiche che possono venire a crearsi;
4. opportunità di ricercare le migliori soluzioni per accedere al credito o all’acquisizioni di altri fattori;
5. possibilità di programmare investimenti col fine di ottenere vantaggi per l’intera collettività in particolar modo nel settore dell’innovazione della produzione.
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La realtà mostra come le iniziative mosse a favorire il sistema associativo nella produzione (per ricercare l’aggregazione dell’offerta) siano complesse e per nulla scontate.
I dati derivanti dall’analisi del settore evidenziano come i risultati raggiunti siano ben diversi da quelli auspicabili al momento della rivoluzione normativa per quanto riguarda la struttura dei mercati. A distanza di anni dal D. Lgs. N. 228 del 2001 è possibile contare solamente 142 Organizzazioni riconosciute dislocate nei diversi settori produttivi (Mipaaf, 2012).
L’idea che può essere sviluppata sulla base delle informazioni raccolte è che a fronte di tutti gli aspetti positivi elencati il sistema dell’associazionismo nel nostro Paese rimane poco sfruttato. I motivi di questo possono essere riconducibili ad un’assenza di incentivi finanziari necessari per supportare gli investimenti o da un’immagine non ben definita dell’organizzazione del sistema produttivo agroalimentare o ancora da un intervento del ministero non sempre tempestivo nella messa in pratica degli strumenti messi a disposizione dal quadro normativo.
È tuttavia importante segnale come siano presenti dei casi importanti che evidenziano come il sistema associativo sia efficiente in particolar modo se agganciato ad un sistema territoriale di valore. Esistono infatti alcuni esempi nel Nord Italia e nel centro come il consorzio CIO di Parma che vanta un’importanza a livello comunitario nell’ambito del sistema associativo.
Il tema riguardante il coordinamento risulta essere una delle problematiche che intercorrono nella gestione di un gruppo di soggetti eterogenei; i molti produttori coinvolti possono infatti essere portatori di interessi diversi che complicano non poco le trattative e l’adozione di soluzione che rispondono alle modifiche in atto nel mercato. Il successo dell’iniziativa collettiva è condizionata in primo luogo dalla definizione di un piano strutturale ben definito e dall’efficienza nella gestione ottimale di tutti i soggetti coinvolti (Raynaud E., 2007).
Risulta importante in questo senso raggiungere un livello tale dove l’associazionismo produttivo diventa un attore importante e credibile anche dal punto di vista della forza contrattuale esercitata (Valceschini E., 2007).
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Questa discriminate risulta di fondamentale importanza del piano di sviluppo dell’intero settore che ancora deve adattarsi ai cambiamenti e agli aspetti di ristrutturazione del mercato che risulta caratterizzato da una riorganizzazione delle strutture, da un modello di integrazione verticale, dall’influenza di una PAC che evidenzia il forte orientamento verso la ricerca di livelli qualitativi elevati, che lavora sulla tracciabilità e su un forte risvolto verso soluzione ecocompatibili.
Le attività evidenziate necessitano di una interrelazione e un’integrazione fra i diversi soggetti che operano lungo la filiera di produzione creando così una massa critica che consentirà loro di operare nel mercato con un maggiore peso contrattuale e al tempo stesso di cogliere i benefici offerti da una maggiore collaborazione verticale andando a ripartire in maniera equa vantaggi e svantaggi che si vengono a creare (Sodano, 1994). Un altro elemento che può essere utilizzato per favorire e rafforzare l’integrazione o i legami tra le diversi livelli della filiera è quello dell’interprofessione attraverso il quale è possibile combattere ed eliminare la presenza di azioni opportunistiche a svantaggio di quelle per lo sviluppo cooperativo.