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Capitolo 3. Il senso di padronanza genitoriale della malattia cronica (SdiP-M(G))

3.3 I cugini concettuali del Senso di padronanza della Malattia Cronica

1.5.4 La Mastery nella letteratura sull’esperienza di malattia

A partire dal filone di studi sulla metacognizione, Fernie e collaboratori (2015) hanno proposto lo strumento “Metacognition about symptoms control scale”, uno strumento self report creato per valutare le metacognizioni circa il controllo dei sintomi distinguendo due aspetti: la focalizzazione sui sintomi e il pensiero concettuale sui sintomi.

Tabella n.5: “Metacognition about symptoms control scale”

1. When I experience symptoms, it is impossible to focus on anything else. 2. If I focus on the symptom, I can take the appropriate action to get better. 3. Ruminating about my symptoms helps me to figure out how to deal with them. 4. Thinking about my symptoms makes me feel frustrated.

5. If I do not pay attention to my symptoms, I could push myself too far. 6. Monitoring my symptoms helps me to predict how they will develop. 7. Thinking about my symptoms makes me feel negative and down. 8. I monitor my symptoms so I can figure out my physical limitations. 9. Thinking about my symptoms makes me feel exhausted.

10. Monitoring my symptoms enables me to better control them. 11. Focusing on my symptoms makes me feel anxious or stressed. 12. Monitoring my symptoms helps to keep me safe.

13. I am not able to stop thinking about my symptoms once I start. 14. By focusing on my symptoms, I can detect when I am getting better.

15. Not paying attention to my symptoms could lead to my illness getting worse 16. Focusing on my symptoms makes me feel down.

17. Thinking about my symptoms could make them worse.

L’ipotesi è che un controllo dei sintomi tramite l’attenzione focalizzata e la metacognizione rispetto ai pensieri associati ad essi possano costituire un modo per intervenire sugli outcome in termini di salute. Gli studi di validazione della scala sono stati fatti su popolazioni affette da CFS (chronic fatigue symptom) (Fernie et al., 2015). Si ritiene che la scala possa essere valida per la valutazione della symptom perception di tutte le malattie. Interventi sulla symptom perception, inoltre, possono offrire una

prospettiva concreta di sviluppo della padronanza nell’ambito specifico del fronteggiamento della malattia e dei sintomi16.

Il Common Sense Model di Leventhal.

Leventhal definisce “rappresentazione di malattia” l’insieme delle credenze implicite di

senso comune che il paziente serba nei confronti della malattia. Da queste credenze partono i comportamenti e le modalità che l’individuo intraprende per relazionarsi con la

malattia, in base alla sua comprensione di essa.

Il Common Sense Model quindi ambisce a estrapolare/cogliere/isolare le variabili che determinano il framework delle strategie di coping e degli outcome che la persona sarà in grado di mettere in atto, a partire da un rapporto analogo a quello individuato nel Sdip- M(G), ovvero quello tra teorie narrative, nel caso specifico credenze sulla salute, e tra processi regolativi, nel modello di Leventhal circoscritte alle strategie di coping.

Le fonti da cui si generano le credenze sono principalmente tre:

1) l’insieme di informazioni già assimilate perché parte del bagaglio culturale sulla malattia;

2) le informazioni fornite da persone autorevoli o significative;

3) informazioni che derivano dall’esperienza diretta, presente e passata della malattia. È chiaro che la personalità e il background socio-culturale concorrono, in quanto variabili trasversali, a influenzare le caratteristiche di queste tre fonti. Nel processo di elaborazione della rappresentazione di malattia, quindi, vediamo interagire livelli concreti e livelli astratti, relativi all’esperienza diretta e ai processi cognitivi, più o meno espliciti, attivati dai vissuti di malattia.

Il modello del CSM consente di ottenere informazioni relative:

16 Negli ultimi anni si assiste ad una crescita degli studi sul symptom perception ed il symptom

reporting sulle tecniche per favorirla e sulle conseguenze per la salute, che integra lo studio di processi bottom-up e processi top-down di regolazione psicobiologica (cfr. Van del Bergh et al., 2015 Walentinowiks et al, in press)

-all’identità, ovvero alla denominazione della malattia e all’identificazione dei sintomi esperiti;

-alla durata della prognosi e dei sintomi;

-alle conseguenze, quindi alle credenze relative all’impatto della malattia;

-alla controllabilità e curabilità, connesso alle strategie di coping.

Per Leventhal si tratterebbe quindi di un’attivazione parallela di rappresentazioni cognitive ed emotive. Alcuni autori hanno sottolineato che questi aspetti del CSM sono connessi tra loro attraverso pattern specifici, entro i quali le dimensioni varie costituiscono i “blocchi di base” (Heijmans & de Ridder, 1998), per indagare la rappresentazione complessiva. Dal punto di vista di chi scrive è possibile cogliere una doppia dimensione della parola “blocchi”, che rimanda sia a singoli elementi di una struttura, come blocchi di pietra, sia a componenti non dinamiche, rigide e statiche, bloccate.

La non dinamicità ovviamente caratterizza le rappresentazioni di malattia per il CSM, e la psicologia della salute s’interroga appunto sulle possibilità di mobilitare, trasformare, le rappresentazioni che danno luogo ad esiti inefficaci per la salute individuale percepita. Studi empirici sul modello di Leventhal evidenziano l’esistenza di una relazione causale tra rappresentazione e comportamenti messi in atto (Hagger & Orbell, 2003 in Leventhal, 2003) e di un legame tra rappresentazione, adattamenti fisico e psicologico ed outcome in termini di recupero funzionale di esiti patologici. Ciò che emerge, in particolare, è che una percezione più accurata dei sintomi e delle caratteristiche della malattia (l’aspetto che nel CSM viene individuato come l’identità è connessa a una ricaduta positiva in termini di funzionamento generale (Lacroix, 1991 in Leventhal, 2003). Numerosi studi hanno mostrato l’efficacia di interventi educativi basati sulla possibilità di influire sugli

outcomes, modificando gli antecedenti della risposta, ovvero le componenti del modello

CSM (vedi Reuille, 2002; Kim, 2002; Bonner, 2002; Cameron &Leventhal, 2003).

A differenza del common sense model, dunque, il SdiP-M poggia su una concezione processuale e meno normativa delle configurazioni di padronanza, la cui promozione, piuttosto che basarsi unicamente su interventi educativi, sarebbe più efficacemente stimolata dall’implementazione prima di tutto di setting riflessivi che permettano di prendere contatto con la polisemicità dei significati associati all’esperienza di malattia e

con l’identificazione delle configurazioni di padronanza più efficaci per ciascun nucleo familiare.

Capitolo 4: La Ricerca. L’Intervista sul Senso di Padronanza della