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La natura di Dop e Igp: una dimensione proprietaria?

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1.4. La natura di Dop e Igp: una dimensione proprietaria?

Se si vuole analizzare la natura dei segni sui generis, definiti dalla legislazione europea come baluardo a difesa della qualità agroalimentare e non solo, non si può prescindere dalla fondamentale idea per cui “il nome geografico è una sorta di common che deve essere nella disponibilità di tutti coloro che operano nell’area cui il nome si riferisce”104. Questo è il punto di partenza per comprendere i tratti della dimensione proprietaria celata dietro a Dop e Igp. Da un punto di vista storico, la

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L’art. 94, comma 2 del regolamento sui prodotti vitivinicoli non impone, nella redazione e presentazione del disciplinare di produzione e a differenza di quanto disposto dall’art. 7, lett. d del reg. 1151/2012, che siano indicati “gli elementi che dimostrano che il prodotto è originario della zona geografica delimitata”.

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Nella regolamentazione su Dop e Igp vitivinicole si dispone infatti l’esatto opposto; l’art. 100, comma 3, prescrive che: “il nome di una varietà di uva da vino, se contiene o è costituito da una denominazione di origine protetta o da una indicazione geografica protetta, non può essere utilizzato nell’etichettatura dei prodotti agricoli”.

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ratio che ha spinto teorici e pratici ad includere le indicazioni geografiche all’interno del paradigma proprietario è la stessa che ha condotto la figura del marchio all’interno della intellectual property: è indubbio che entrambi esprimano originariamente un nome, personale o individuale, allusivo al concetto di provenienza e fattore di demarcazione di identità. In altre parole, secondo la concezione tradizionale “se il marchio è oggetto di proprietà, […] allora non è irragionevole parlare anche nel caso delle indicazioni geografiche di segni distintivi oggetto di proprietà”105 . Ma la dimensione individuale che caratterizza il marchio e che sembra essere assente nelle indicazioni geografiche, a meno di non voler trasformare il concetto di identità individuale in quello di collettività, ha posto e ripone oggi la domanda: le geographical indications possono essere considerate una delle forme di espressione della proprietà intellettuale? Nessuna risposta può esser data, non tenendo conto dell’univocità dei tre formanti legislativo106, giurisprudenziale107 e dottrinale108, che convergono nel definire le indicazioni geografiche come una forma di proprietà intellettuale ovvero industriale. D’altra parte potrebbe essere fuorviante discutere di proprietà come una sorta di monolite e

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Cfr. M.FERRARI,op. cit., pag. 135.

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Per ciò che attiene alla legislazione europea, si riprenda il considerando 56 del regolamento 1151/2012: “Le disposizioni relative ai sistemi che conferiscono diritti di proprietà intellettuale, in particolar modo i diritti conferiti dal regime di qualità riguardante le denominazioni di origine e le indicazioni geografiche o quelli conferiti dalla normativa sui marchi […]”, e l’art. 43 che richiama le norme “che disciplinano la proprietà intellettuale, in particolare quelle relative alle denominazioni d’origine e indicazioni geografiche”.

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Cfr. High Court of Justice, Chancery Division, Bollinger vs Costa Brava wine co ltd, dicembre 1960, in

RPC 16, Chapter 262, che venne battezzata successivamente come il caso dello Spanish Champagne,

vertente sul tentativo di alcuni imprenditori francesi di bloccare la vendita del Regno Unito di vino frizzante, prodotto in Spagna ed etichettato, per l’appunto, come Spanish Champagne. Nelle argomentazioni della Corte il termine Champagne viene definito oggetto di un right to property appartenente ai produttori della regione francese dello Champagne. Per questo i giudici giungono ad applicare il tort of passing off, sanzionando la distribuzione del vino così etichettato.

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Ex multis V.MANTROV,EU Law on Indications of Geographical Origin, Theory and Practice, Springer,

2014, pag. 46: “It is a generally accepted view that IGOs are IP (and simultaneously industrial property) objects falling into the legal sphere of IP rights. It is also generally accepted that IGOs as IP objects belong to private rights both in legal literature and in legal regulation […]”.

non prendere in considerazione, invece, la pluralità di statuti proprietari ancora oggetto di discussione tra i vari studiosi teorici della prorpietà. Assodato infatti che le geographical indications rappresentino una forma proprietaria, risulta interessante chiedersi che tipo di paradigma proprietario esprimano, se univoco o plurimo. Le Dop e le Igp sottendono un modello proprietario caratterizzato principalmente dall’elemento pubblicistico, come si desume in massima misura dall’impossibilità di individuare per le stesse un titolare in senso formale. Anche se la loro registrazione, come si è visto, viene promossa da associazioni di produttori o enti pubblici, le denominazioni d’origine e indicazioni geografiche protette non sono di proprietà di alcun soggetto specifico. Da ciò deriva tutta una serie di limitazioni in riferimento ad alcune forme di circolazione delle stesse: innanzitutto l’impossibilità di alienazione. Tale carattere trova ragion d’essere non solo nell’inesistenza di un soggetto titolare formale, ma anche nel forte legame con il territorio109 cui rimandano, che comporta una loro sostanziale incorporazione nello stesso; “la loro funzione è proprio quella di esprimere e reificare il territorio attraverso la valorizzazione dei prodotti che da quel territorio provengono. Disgiungere una Dop o Igp dal territorio di riferimento, consentendone la cessione e, quindi, la libera circolazione, tradirebbe l’essenza stessa di quei segni distintivi”110. Secondo la dottrina più autorevole, è questo secondo carattere a

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Come nota a ragione M. FERRARI in op. cit., pag 156, lo stesso concetto di territorio ha subito una trasformazione: “Da un territorio come semplice luogo di provenienza di un prodotto, privo cioè di caratteri distintivi particolari, si è passati a un territorio contraddistinto da caratteri morfologici peculiari e misurabile secondo parametri costanti ed oggettivi; per giungere infine, negli ultimi anni, a un territorio inteso come idea evocativa, come elemento che rimanda a fattori ulteriori e più complessi, in cui si intrecciano storia, cultura, usi e valori”.

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definire maggiormente la dimensione pubblicistica insita nel paradigma delle Denominazioni d’origine e Indicazioni geografiche potette: il territorio di per sé non può circolare in quanto fattore statico per antonomasia, e se Dop e Igp esprimono il territorio, l’impossibilità di una loro circolazione emerge dall’interno della loro stessa struttura.

Non si può di certo non notare che la dimensione pubblicistica di tali segni conviva con elementi di tipo privatistico, che avvicinano Dop e Igp all’ampio genus del marchio. Si fa riferimento a tal proposito alla valutazione di legittimità di un provvedimento che riconosce una denominazione o indicazione protetta: la Cassazione italiana, ad esempio, ha infatti stabilito che, seppur tale giudizio si inscriva nella giurisdizione del giudice amministrativo, in forza della natura pubblicistica dei segni trattati, nondimeno il giudice dovrà esprimere una valutazione sulla base di “parametri privatistici, quali l’originalità e la distintività, per pervenire all’illegittimità e quindi all’annullamento del […] provvedimento”111. Il secondo aspetto attiene alla gestione di Dop e Igp non deferita alla pubblica amministrazione, bensì a consorzi volontari di diritto privato che raggruppano gli stessi operatori che fregiano i propri prodotti con i segni registrati; l’affidamento della gestione al soggetto privato implica necessariamente che si è in presenza di un segno che, seppur caratterizzato da venature pubblicistiche, serve nondimeno interessi privati.

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