5. Il confronto/scontro tra marchio e segno sui generis: un’analisi comparata
5.1. Origine dei prodotti e loro caratteristiche
Dall’analisi della disciplina dettata dagli artt. 22 e 23 del TRIPs Agreement si evince, in estrema sintesi, che, eccettuato ciò che concerne i vini e le bevande spiritose, è rimesso ai legislatori nazionali il compito di definire lo strumentario
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Reperibile in
giuridico più adeguato a perseguire gli obiettivi fissati dall’Accordo, rimanendo sullo sfondo la valorizzazione del nesso tra origine geografica e qualità/reputazione del prodotto.
Per questa ragione differenti sono le posizioni assunte dai vari Stati o, per meglio dire, da due blocchi di Stati: i Paesi sostenitori della necessità di riconoscere a livello internazionale strumenti sui generis per la tutela della “qualità agroalimentare specificamente correlata a fattori naturali e umani presenti in un determinato territorio”205 (cd. milieu geographique) e i Paesi che, d’altro canto, fanno uso del marchio e delle sue differenti tipologie per la difesa del nesso origine qualità, ponendo in secondo e residuale piano lo spazio di operatività di specificazioni sui generis206.
La diversità di vedute non investe la classica dicotomia tra Paesi del Nord e Paesi del Sud del mondo, ma interessa prevalentemente l’Occidente industrializzato: da un lato i promotori di politiche volte al rafforzamento delle tutele a presidio della qualità agroalimentare (prima fra tutti l’Unione Europea), attraverso il riconoscimento di sistemi ad hoc a livello internazionale; dall’altro, Stati caratterizzati da economie di massa e poco sensibili alla tutela della qualità in senso forte, che insistono sulla concorrenza quantitativa basata sull’abbattimento dei costi di produzione. Il conflitto marchio – indicazione geografica è specchio, in questi termini, di una diversità culturale che interessa i protagonisti del dibattito, un
205
G.CAPUZZI, ibidem, pag. 300.
206
Cfr. M.FERRARI, Il nesso fra origine geografica e qualità dei prodotti agroalimentari: i diversi modelli di
dibattito complesso e talvolta incapace di giungere a soluzioni condivise, che fa emergere la rilevanza economica degli interessi in gioco.
Come si è più volte ribadito, in questo scenario l’Unione Europea ha sempre sostenuto, quale miglior sistema di tutela delle indicazioni dell’origine dei prodotti, quello dei segni distintivi ad hoc delle Dop e Igp, oggi disciplinato dal Regolamento UE n. 1152/2012. In posizione opposta troviamo la legislazione degli Stati Uniti contenuta nel Lanham Act207, in cui il ruolo principale nella difesa delle indicazioni geografiche non è svolto dai segni sui generis, ma da alcune peculiari tipologie dei marchi commerciali. In questo contesto, l’approccio canadese acquista fattezze più sfumate, collocandosi in un posizione mediana: il Trade-marks Act canadese menziona infatti alcune disposizioni che riconoscono espressa tutela alle indicazioni geografiche come segno distintivo diverso dal marchio, anche se la loro operatività è stata limitata al solo settore delle bevande alcoliche.
Si è visto come il modello delle denominazioni d’origine e indicazioni geografiche protette (Dop e Igp) faccia perno sul nesso inscindibile tra caratteristiche dei prodotti e territorio di provenienza, dal quale le prime dipendono essenzialmente o esclusivamente o nel quale avviene una delle fasi della produzione. Di conseguenza, solo i produttori del luogo geografico richiamato nel segno ne potranno beneficiare, “esclusivamente nella misura in cui i propri prodotti rispondano a caratteristiche qualitative circoscritte, legate al terroir di provenienza”208 e individuate
207
Si tratta della legge che disciplina i marchi negli Stati Uniti, contenuta nel titolo 15, capitolo 22 dello U.S.
Code, alla sez. 1051 e ss.
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dettagliatamente dal disciplinare di produzione predisposto e garantito da un apposito organismo di controllo.
La legislazione europea è chiara nell’escludere la registrazione di marchi individuali consistenti esclusivamente in indicazioni o segni che individuino la provenienza geografica di un dato prodotto, oltre che in elementi che possano trarre in inganno il consumatore sulla reale origine dello stesso. Disposizioni similari possono essere rintracciate nel tessuto normativo nordamericano, che escludono marchi consistenti in segni “primarily geographically descriptive” o “primarily geographically deceptively misdescriptive”209. Anche nell’ordinamento canadese si proibisce un marchio che sia “either crearly descriptive or deceptively misdescriptive” del luogo d’origine dei prodotti su cui è apposto210.
La ratio di tali norme è chiara: proibire l’appropriazione monopolistica di espressioni geografiche descrittive che, in quanto tali, dovrebbero essere nella libera disponibilità di tutti i produttori della zona evocata. La legislazione americana, come quella canadese211, conosce tuttavia due deroghe al regime sopracitato, tanto in relazione al carattere descrittivo delle indicazioni geografiche, più volte negata dalla giurisprudenza del nuovo continente a espressioni quali Fontina, Pharma ham, Champagne, ritenute oramai generiche, quanto all’acquisto da parte di un marchio
209
Titolo 15, Sez.1052, U.S. Code, reperibile in www.law.cornell.edu/uscode/text/15/1052
210
Sez. 12.1, b, Trade-marks Act canadese. Per una comprensione più approfondita della tutela delle indicazioni geografiche nell’ordinamento canadese, si veda D. R. BERESKIN, Legal Protection of Geographical Indications in Canada, paper presentato all’Intellectual Property Institute of Canada’s Annual Meeting, Halifax, il 18 settembre 2003, reperibile in
http://ipsard.gov.vn/images/2007/07/Legal%20protection%20of%20GI%20in%20Canada.pdf
211
Cfr. M.FERRARI,op. cit., pag. 151: “Il che trova espressa formulazione nella sezione 12.2 del Trade-marks Act canadese, a mente della quale un marchio che di per sé non potrebbe essere registrato perché “crearly descriptive or deceptively misdescriptive of the place of origin [of the waves]” può essere ritenuto comunque valido se è divenuto distintivo al momento in cui ne viene chiesta la registrazione”.
geografico di un secondary meaning che attribuisce allo stesso distintività e ne rende legittimo l’utilizzo come segno. Questo secondo aspetto trova espressa conferma nella sezione 1052, lett. f dello Us Code, il quale prevede che termini geografici normalmente posti nella disponibilità dei produttori possano essere registrati come marchi se divenuti distintivi. La norma aggiunge che costituisce presunzione relativa di distintività il fatto che il marchio sia stato utilizzato, in modo continuo ed esclusivo, nei cinque anni precedenti al momento in cui si richiede la registrazione212. La precisione del parametro di valutazione della distintività di un segno, normalmente generico, si rafforza quando esso contiene un riferimento geografico: si prescrive infatti che un marchio divenuto distintivo prima dell’entrata in vigore del North American Free Trade Agreement Implementation Act (NAFTA Agreement)213 sia valido anche se “primarily geographically deceptively misdescriptive”, derogando alla regola generale per cui un marchio di tal genere non possa esprimere alcuna distintività.
Se la regolamentazione dello Us Code esclude generalmente un marchio individuale contenente un’indicazione geografica, impedendo così appropriazioni monopolistiche di termini generici, tale possibilità è riservata ai collective marks (marchi collettivi) e certification marks (marchi di certificazione)214. I primi rappresentano marchi di cui è titolare “a cooperative, an association, or other
212
Title 15, Section 1052, Us Code: “Except as expressly excluded in subsections (a), (b), (c), (d), (e)(3), and (e)(5) of this section, nothing in this chapter shall prevent the registration of a mark used by the applicant which has become distinctive of the applicant’s goods in commerce. The Director may accept as prima facie evidence that the mark has become distinctive, as used on or in connection with the applicant’s goods in commerce, proof of substantially exclusive and continuous use thereof as a mark by the applicant in commerce for the five years before the date on which the claim of distinctiveness is made.”
213
Sull’accordo NAFTA si rimanda a https://ustr.gov/trade-agreements/free-trade-agreements/north-american-free-trade-agreement-nafta
214
collective group or organization”215 e vengono utilizzati dai membri di tali gruppi. I secondi consistono invece in denominazioni commerciali di cui è titolare un soggetto di natura pubblica o privata, terzo rispetto al loro utilizzatore, che sarà legittimato ad apporre il marchio sui propri prodotti nel caso in cui quest’ultimi rispondano alle condizioni prescritte in uno standard, predisposto dal titolare medesimo; lo standard è solo eventuale nei collective marks.
Seppur vi siano evidenti armonie tra il modello delle Dop/Igp e i marchi di certificazione statunitensi, soprattutto legate alla terzietà del soggetto che ne detta le condizioni di utilizzo, una loro totale sovrapposizione appare ardua. Se infatti nei certification marks la terzietà è elemento di garanzia della libera concorrenza tra operatori, nel sistema europeo la difesa del libero gioco concorrenziale è solo uno dei fattori presi in considerazione e, sicuramente, non il primo per importanza. Il certification mark trova espressione anche nell’ordinamento canadese e precisamente nella sezione 2 del Trade-marks Act, ove il primo è definito come un segno apposto su un prodotto con la finalità di distinguere beni o servizi, con riferimento alle loro caratteristiche, qualità o luoghi di origine. Di per sé la norma tace sulla natura collettiva del segno, per cui a rigore anche una singola persona fisica può registrare un certification mark. Ciò è confermato dalla medesima sezione 2 che, nel definire chi possa essere proprietario di un marchio di certificazione, si limita a dire che ne è titolare “the person by whom the defined
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standar has been established”216. Tuttavia, nel caso di marchi di certificazione geografici, che indichino cioè il luogo di origine del prodotto, la sezione 25 prevede che questi possano essere registrati o da una “administrative authority of a country, state, province or municipality including or forming part of the area indicated by the mark”, oppure da un’associazione di imprenditori che abbia un ufficio o un rappresentante nell’area cui il marchio si riferisce.
La più importante limitazione alla registrazione di un certification mark geografico è disposta ex sezione 10, in forza della quale non può essere registrato un marchio contrastante con un segno che, sulla base di un uso in buona fede continuato nel tempo, sia divenuto idoneo ad indicare una tipologia di beni, le loro qualità o, ancora, il loro luogo d’origine217.
Il cuore del certification mark risiede nello standard predisposto dal soggetto titolare del segno e il cui rispetto, in termini di qualità, caratteristiche o origine geografica del prodotto, ne legittima l’utilizzo da parte del produttore interessato. Vi sono tuttavia importanti differenze tra lo standard, che accompagna il marchio di certificazione, e il disciplinare di produzione delle Dop/Igp europee: il primo è sostanzialmente il frutto di un’iniziativa del privato, su cui l’autorità competente nella registrazione dei marchi ha un potere di intervento limitato; numerosi e pervasivi sono invece i poteri di intervento sul disciplinare di produzione. In aggiunta a ciò, mentre la normativa europea è puntuale nel definire ciò che va
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Ex sez. 23.4, può essere titolare di un marchio di certificazione anche un’associazione non riconosciuta: in questo caso a tutela del marchio possono agire i singoli membri dell’associazione, ma solo in via inibitoria.
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Cfr. M.FERRARI,op. cit., pag. 155; “Nel caso Producteurs laitiers du Canada v. Cyprus, i giudici hanno ritenuto che il termine “Halloumi”, che indica un formaggio prodotto nell’isola di Cipro, non potesse essere registrato come certification mark, poiché tale espressione era divenuta in Canada indicativa di un tipo di formaggio”.
inserito nel disciplinare per attestare le caratteristiche qualitative del prodotto, ciò non accade per lo standard, il quale rappresenta perciò uno strumento più flessibile e più facilmente accostabile ai regolamenti d’uso dei marchi collettivi europei. Le ricadute pratiche dei due sistemi di tutela del nesso qualità - origine del prodotto sono rilevanti, soprattutto se si guarda alle ipotesi di trademarks simili o identici a indicazioni geografiche già richiamate in Dop/Igp: se da una parte infatti, riferendoci alla tutela accordata dal marchio, vige il principio del first in time – first in right, che in Canada o Messico rende la registrazione della Dop Prosciutto di Parma impossibile data l’esistenza di un marchio avente i medesime caratteri e già registrato ivi, dall’altra il sistema euopeo non legittima l’utilizzo dei segni distintivi sui generis oltre i confini dell’area geografica richiamata, sulla base della connessione inscindibile tra caratteri del prodotto e sua origine.