LA NAZIONALIZZAZIONE DELL'INDUSTRIA ELETTRICA
61 PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI DIPARTIMENTO PER L’INFORMAZIONE E
3.3 La nazionalizzazione dell’industria elettrica: la realizzazione (1962)
All’inizio degli anni Sessanta la produzione ed il consumo di energia elettrica sono ripartiti in modo profondamente disomogeneo tra le diverse macroaree del paese. Mentre nell’Italia settentrionale si raggiungono i 1454 Kwh per abitante e in quella centrale gli 887, nel Mezzogiorno si scende a 346 Kwh e nelle isole a 316. Tra i paesi
118 RENATO GIANNETTI, Investimenti e tariffe, cit., pp. 149-51. Un effetto collaterale dell’emanazione
del provvedimento è la presentazione il 7 luglio, da parte del democristiano De’ Cocci e di altri, del progetto di legge n. 3176, il quale, prendendo atto dei recenti sviluppi, propone l’istituzione di un «Comitato dell’energia» con il compito di «disciplinare e coordinare tutte le attività, private e pubbliche, relative alla produzione, al trasporto, alla distribuzione e alla utilizzazione di tutte le fonti di energia, per raggiungere il massimo sviluppo della produzione e per garantire il progresso dei consumi secondo l’evoluzione economica del Paese». Cfr. ARISTIDE SAVIGNANO, Il regime normativo, cit., p. 102.
119 Parziale l’unificazione delle tariffe elettriche, «Avanti!», 30 agosto 1961, p. 2; Legalizzati con le
nuove tariffe gli introiti abusivi dei monopoli, ivi, 31 agosto 1961, p. 8.
occidentali solo la Grecia, con 216 Kwh, presenta un livello di produzione per abitante inferiore a quello dell’Italia insulare, mentre il dato relativo all’Italia centrale è di poco superiore alla media mondiale (774 Kwh). Tutti i paesi all’epoca facenti parte del MEC hanno un livello di produzione superiore a quello delle regioni del nord; anche la media MEC risulta superiore a quella italiana (1583 Kwh contro 1125), sebbene la popolazione italiana rappresenti più di ¼ di tutta la popolazione dell’area del Mercato comune. La produzione è fornita per il 45,6% dalle società elettrocommerciali private, per il 25,6% dalla Finelettrica, per il 16% dagli autoproduttori, per il 6% dalle municipalizzate, per il 6,8% dalle Ferrovie dello Stato; il settore privato copre complessivamente il 61,6% della produzione, quello pubblico il 38,4. Tra le società che compongono il trust elettrico, il primato spetta alla Edison con la Edisonvolta, nonostante il declino relativo registrato negli anni Cinquanta. La società milanese detiene il 18,4% della potenza installata (2845 MW), contro il 14,4% della SIP (2230 MW), il 6,7% della SADE (1027 MW), il 5,6% della Centrale (868 MW), il 7,4% della SME (1142 MW), l’1,4% della Bastogi (213 MW); gli autoproduttori possiedono una quota del 24,8% (3824 MW), mentre le municipalizzate si attestano sul 9,1% (1410 MW)121. Nonostante i limiti, l’industria elettrica italiana, sul piano strettamente tecnico e limitatamente al comparto idroelettrico, è considerata all’avanguardia anche da suoi avversari dichiarati122.
Nel febbraio 1962 nasce, con l’astensione del PSI, il IV governo Fanfani, alla stesura del cui programma i socialisti hanno contribuito123. Uno dei punti qualificanti di questo programma – insieme all’imposta cedolare, alla scuola media unica, all’ente regione e alla riforma urbanistica – è la nazionalizzazione dell’industria elettrica. All’VIII Congresso della Democrazia cristiana, che si era svolto a Napoli dal 27 al 31 gennaio, Aldo Moro, in un passaggio della sua lunga relazione, si era dichiarato non
121 Per questi dati, cfr. FRANCESCO FORTE, op. cit., pp. 117, 119, 436.
122 Nel citato discorso del 27 maggio 1961 alla Camera, Lombardi aveva detto: «Chi contesta che
l’industria elettrica italiana sia una delle migliori del mondo, nel settore idroelettrico? Abbiamo qualche riserva da fare per il settore termoelettrico […]. Comunque, siamo di fronte ad un’industria elettrica che fa onore al paese. […] che l’industria elettrica faccia tecnicamente onore al paese non basta se la sua struttura economica appare invece arretrata quanto la sua tecnica è avanzata». APC, Discussioni, seduta del 27 maggio 1961, p. 21543. E mesi dopo, intervenendo ad una riunione della commissione incaricata di esaminare il disegno di legge governativo sulla nazionalizzazione (la cosiddetta Commissione dei 45), Lombardi dichiarerà che l’esigenza della nazionalizzazione non trae origine da inefficienza tecnica del settore. Per il giudizio meno lusinghiero del PSI sull’industria termoelettrica, cfr. invece il discorso di Stefano Lenoci in APC, Discussioni, seduta del 22 giugno 1956, pp. 26316-20.
123 GIUSEPPE TAMBURRANO, Storia e cronaca del centro-sinistra, Milano, Feltrinelli, 1973³, p. 122.
Il 19 febbraio, il Comitato centrale del PSI approva all’unanimità il programma di governo, constatandone la «larga corrispondenza» con l’impostazione emersa dal CC dell’11 gennaio precedente e quindi con la mozione economica approvata in quella circostanza.
contrario «in linea di principio al pensiero di portare nella sua interezza il settore elettrico nella sfera pubblica», qualora il provvedimento fosse stato inserito in una organica politica dell’energia e non fosse stato concepito «come una misura che si giustifica in sé, per il solo fatto che essa riduce l’area dell’iniziativa privata», aggiungendo che, per ottenere una riduzione dei costi, era necessario conferire al settore elettrico nazionale «un grado di unitarietà maggiore dell’attuale»124. Il partito rimaneva però diviso sull’argomento (e, più in generale, sulla linea di politica economica del costituendo governo); contrario alla nazionalizzazione è infatti il gruppo raccolto attorno a Pella. Repubblicani e socialdemocratici, gli altri due componenti della maggioranza e del ministero, si erano invece pronunciati già da tempo a favore della nazionalizzazione. Da una serie di appunti di Nenni – che assieme ai capigruppo Pertini e Barbareschi partecipa alla definizione del programma – è possibile ricostruire le fasi del confronto tra il PSI e gli altri partiti sulla politica economica in generale e sull’industria elettrica in particolare. In un documento non datato, ma risalente al febbraio 1962, intitolato Punti programmatici di politica economica per il governo di centro-sinistra125, vengono descritti nel dettaglio gli impegni che l’esecutivo assumerà in campo economico. Nel settore industriale è prevista la «formulazione di linee programmatiche per la distribuzione settoriale e territoriale degli investimenti, da valere per le iniziative dirette dell’industria a partecipazione statale e per condizionare le scelte settoriali e territoriali dell’industria privata»; il sostegno alle piccole e medie imprese; la costituzione dell’«Ufficio del piano» e della commissione di vigilanza sulle società e sulla borsa (già richiesti al Convegno dell’Eliseo dell’ottobre 1961); il varo di una legislazione antitrust; l’istituzione dell’anagrafe tributaria; l’emanazione dello statuto dei diritti dei lavoratori. Riguardo all’energia elettrica, si parla di promulgare «entro il limite temporale della presente legislatura» (cioè entro la primavera del 1963) una legge «che affidi la gestione degli impianti a un’azienda nazionale autonoma e decentrata e provveda al riscatto mediante la sostituzione degli attuali titoli azionari con altrettanti titoli obbligazionari, di rendimento pari alla media dei dividendi negli ultimi anni»;
124 Citato in BRUNO BOTTIGLIERI, l’industria elettrica, cit., pp. 81-82. Per le vicende del Congresso
DC, cfr. GIUSEPPE TAMBURRANO, Storia e cronaca, pp. 114-21. La Direzione socialista valuta gli esiti del Congresso nella riunione del 2 febbraio. Moderatamente soddisfatti Nenni, De Martino, Pieraccini, Lombardi, Cattani; critica la sinistra con Valori e Lussu. FPN, AN, Serie partito, b. 94, fasc. 2239. Per i commenti di parte socialista, cfr. LUCIANO PAOLICCHI, Dopo il Congresso DC problemi per tutti, «Mondo Operaio», a. XV, n. 1-2, gennaio-febbraio 1962, pp. 3-9; LELIO BASSO, Il dialogo sulla svolta a sinistra, cit.; PIERO ARDENTI, La DC al Congresso di Napoli, «Problemi del socialismo», a. V, n. 2, febbraio 1962, pp. 21-32; DARIO VALORI, Significato delle nuove posizioni democristiane, ivi, pp. 33-42.
inoltre, è annunciata l’approvazione, sempre entro la fine della legislatura, di una legge che attribuisca all’azienda nazionale elettrica l’esclusiva sulla produzione e distribuzione dell’energia nucleare. I termini dell’accordo subiscono però dei cambiamenti, come rivela un Appunto sulla relazione di Nenni ai gruppi parlamentari socialisti del 19 febbraio 1962126. A proposito dell’industria elettrica si legge infatti:
Accordo per la nazionalizzazione entro tre mesi. Impegno in questo senso dei tre partiti e di Fanfani. Ragioni tecniche ne impediscono l’annuncio prima che gli strumenti legislativi ed esecutivi siano pronti. La dichiarazione ministeriale annuncerà che il governo si impegna a sottoporre al Parlamento entro tre mesi un provvedimento di razionale unificazione del sistema elettrico nazionale nel pieno rispetto, in caso di nazionalizzazione, del disposto dell’art. 43 della Costituzione garantendo i diritti dei possessori di azioni e l’autonomo equilibrio economico dell’azienda nazionalizzata. (Chiarito per parte nostra che l’impegno della nazionalizzazione entro tre mesi è vincolante del nostro appoggio)127.
Due elementi sono da notare. Innanzitutto l’accordo raggiunto parla di «unificazione» del sistema elettrico, presentando la nazionalizzazione come una delle possibili modalità di attuazione del provvedimento; ciò che sarà causa, nei mesi successivi, di violenti contrasti. In secondo luogo, il termine per l’«unificazione», su pressione del PSI, viene drasticamente ridotto a tre mesi.
Il discorso con cui Fanfani alla Camera espone il programma del governo recepisce questi sviluppi. Il presidente del Consiglio in pectore deve riconoscere che «i tre partiti della maggioranza si sono trovati alla vigilia della risoluzione della crisi, in diverso atteggiamento circa le varie possibili soluzioni»; quindi annuncia che il governo si impegna a presentare al Parlamento «entro tre mesi dal voto di fiducia un provvedimento di razionale unificazione del sistema elettrico nazionale, nel pieno rispetto, in caso di nazionalizzazione, del disposto dell’articolo 43 della Costituzione, garantendo, cioè, i diritti dei possessori di azioni e l’autonomo equilibrio economico dell’eventuale ente»128. Il discorso di Fanfani accoglie dunque la richiesta socialista di fissare una scadenza precisa (tre mesi dal voto di fiducia) per la presentazione del provvedimento, mantenendosi però nel vago circa le modalità di attuazione del medesimo. Il breve passaggio dedicato all’industria elettrica era peraltro stato oggetto,
126 Ibidem.
127 Corsivo aggiunto.
da parte delle forze della maggioranza, di varie revisioni “stilistiche”, che, al di là dell’aspetto formale, celavano divergenze di carattere sostanziale129.
Il governo ottiene la fiducia il 10 marzo alla Camera e il 15 al Senato, con il PSI che nel primo caso si astiene130 e nel secondo abbandona l’aula al momento del voto (al Senato l’astensione equivale a voto contrario); il termine per la presentazione dell’annunciato provvedimento è dunque fissato per il 15 giugno. Fin da subito, emergono però delle difficoltà, legate alla campagna allarmistica lanciata dalla destra politica ed economica 131, ma anche, se non soprattutto, a contrasti insorti all’interno della stessa maggioranza. In casa socialista affiorano le prime preoccupazioni, di cui si fa latore, in via riservata, Lombardi, che nel mese di aprile ha uno scambio epistolare con Fanfani. Al presidente del Consiglio, che rivendica i successi ottenuti dal governo nel suo primo mese di vita con i provvedimenti a favore dei pensionati, delle lavoratrici, dei figli, delle comunità montane e dei coltivatori, e che annuncia come imminenti le misure riguardanti mezzadria, cedolare e regioni132, Lombardi non nasconde la propria
inquietudine. Il dirigente socialista – che in quel momento presiede il comitato di coordinamento istituito dal PSI per seguire la realizzazione del programma di governo e collaborare ad essa – si dice infatti preoccupato per l’emergere di tendenze dilatorie, manifestatesi con il rinvio dei provvedimenti relativi alla cedolare e all’istituzione della Commissione interministeriale per l’energia elettrica, rinvio che non può essere bilanciato dall’adozione di altri provvedimenti «opportuni ed utili ma non specificatamente caratterizzanti la natura del tuo attuale governo». Quindi aggiunge:
Per ciò che riguarda il provvedimento che più esige urgenza, perché più di tutti gli altri condizionato da una scadenza precisa e non modificabile (3 mesi dal voto di fiducia), cioè la
129 Per le varie stesure del passaggio del discorso di Fanfani sull’industria elettrica, cfr. FPN, AN, Serie
governo, b. 110, fasc. 2361. A quanto pare, il riferimento conclusivo all’autonomo equilibrio economico dell’ente era stato inserito su indicazione di Lombardi (con la formula «il riscatto sarà operato in modo da garantire l’autonomo equilibrio finanziario dell’ente»). Nella formulazione originaria, non emendata, si parlava anche di garantire «all’attuale capitale azionario la permanenza del reddito medio realizzato negli ultimi anni». I socialisti criticano il discorso di Fanfani, giudicandolo troppo timido su alcuni passaggi importanti. Cfr. la lettera inviata da Nenni a La Malfa il 3 marzo 1962 in Carteggio La Malfa-Nenni (1947-1971), Collana del Servizio studi del Senato della Repubblica, n. 5, Roma, 1991, pp. 81-82.
130 Le ragioni dell’astensione anziché del voto favorevole erano state spiegate da Nenni a Fanfani in una
lettera del 3 marzo. In essa, il segretario del PSI spiega che la scelta dell’astensione era stata assunta dal partito fin dal Congresso di Milano del marzo 1961 e che solo essa può garantire l’unità di voto dei gruppi socialisti. Nenni precisa però che questa astensione è qualitativamente diversa da quella decisa dal PSI nell’agosto 1960, all’epoca del governo delle «convergenze parallele», in quanto adesso il governo, se attuerà veramente il programma concordato, potrà contare sul sostegno «senza riserve» dei socialisti. La lettera in FPN, AN, Serie carteggio 1944-1979, b. 25, fasc. 1343.
131 Per la quale, cfr. GIUSEPPE TAMBURRANO, Storia e cronaca, cit., pp. 147-48.
132 Lettera di Fanfani a Lombardi del 22 aprile 1962, che Lombardi aveva trasmesso in copia a Nenni,
nazionalizzazione delle industrie elettriche, abbiamo lavorato e lavoriamo intensamente col risultato di avere, io credo ormai definito in tutte le sue implicazioni economiche, finanziarie, amministrative, costituzionali e organizzative il provvedimento, mettendo ancora in luce le essenziali alternative di applicazione fra le quali scegliere senza alterarne la sostanza.
Lombardi fa notare a Fanfani che i socialisti non hanno esternato pubblicamente le loro critiche per non prestare il fianco alle speculazioni della destra, precisando però che il mantenimento di questa condotta responsabile è condizionato alla dimostrazione, da parte dell’esecutivo, di una chiara ed inequivoca «volontà realizzatrice». I socialisti sono cioè «risoluti ad usare anche la virtù cardinale della pazienza solo in stretto collegamento con l’altra virtù cardinale della fermezza e anche con la virtù teologale della fede»133.
L’incertezza in merito alla reale attuazione del provvedimento stava intanto provocando dei turbamenti in borsa, di cui finivano per fare le spese i piccoli risparmiatori, e rischiava inoltre di compromettere la realizzazione dei programmi di investimento già decisi dalle imprese134. Per bloccare le speculazioni economico- politiche dell’ANIDEL e della destra, che crescono di intensità con il passare delle settimane, i socialisti chiedono una sollecita approvazione del provvedimento di nazionalizzazione con il ricorso alla procedura legislativa più diretta e sicura, il decreto legge. Nella Direzione del 17 maggio, Lombardi si trova d’accordo con un autorevole esponente della sinistra interna come Tullio Vecchietti sulla necessità di ricorrere al decreto legge, mentre Foa dichiara che a mettere in crisi il mercato finanziario non è la nazionalizzazione ma il protratto stato di incertezza sulle vere intenzioni del governo135. A coloro che si oppongono al decreto legge – sostenendo che questa procedura esproprierebbe il Parlamento del diritto di discutere una misura di rilevanza non solo economica ma anche politica, e che non vi sarebbero i requisiti di urgenza e necessità previsti dall’art. 77 della Costituzione136 – i socialisti replicano ricordando che tale strumento era stato utilizzato anche nel 1957 per l’irizzazione della rete telefonica137. Sembrerebbe però insorgere una differenziazione in seno al gruppo dirigente del PSI, a causa di alcune dichiarazioni di Nenni secondo cui il PSI avrebbe accettato, anche se
133 Lettera di Lombardi a Fanfani del 26 aprile 1962, che Lombardi aveva trasmesso in copia a Nenni,
ibidem.
134 Cfr. FRANCESCO FORTE, op. cit., pp. 123-24. 135 FPN, AN, Serie partito, b. 94, fasc. 2239. 136 Cfr. FRANCESCO FORTE, op. cit., pp. 124-25. 137 Contro tutte le manovre, «Avanti!», 18 maggio 1962.
solo come soluzione di ripiego, l’adozione di una legge-delega invece del decreto-legge; il partito smentisce tuttavia l’esistenza di divergenze sulla questione138.
L’iter legislativo da seguire per emanare il provvedimento rappresenta solo uno dei motivi di contrasto che dividono la maggioranza di centro-sinistra, e non il più importante. Il 4 giugno cominciano a Villa Madama le riunioni dei segretari e degli esperti dei partiti per stabilire la linea da tenere sulla questione elettrica; fin dal primo incontro emerge che non vi è intesa nemmeno sulla natura del provvedimento da adottare, al di là del comune ricorso al termine «nazionalizzazione»139. Le ipotesi in campo sono infatti diverse140. La prima, caldeggiata dalla DC con il ministro dell’Industria Colombo, prevede la cosiddetta «irizzazione» dell’industria elettrica, sul modello di quanto avvenuto alcuni anni prima per il settore telefonico; l’IRI avrebbe cioè dovuto assumere i pacchetti azionari di maggioranza delle imprese elettriche private, lasciando ai privati le quote di minoranza. La proposta, nel complesso, presenta non pochi inconvenienti141. Un’altra ipotesi allo studio, gradita ai socialisti, è quella di
nazionalizzare le imprese elettriche mediante la sostituzione delle azioni di queste con obbligazioni emesse dallo Stato o dal nuovo ente pubblico e garantite dallo Stato medesimo; per scongiurare gli effetti negativi prodotti da svalutazioni monetarie, le obbligazioni, come era avvenuto in Francia nel 1946, avrebbero potuto essere indicizzate, cioè collegate al corso dell’oro, al costo della vita o ai corsi medi di borsa, ed eventualmente integrate, in funzione complementare, con certificati azionari. Con questo sistema, lo Stato avrebbe acquisito il controllo delle imprese senza doversi procurare denaro contante, e sarebbe stato tolto ai privati il diritto di voto nelle assemblee e quindi la possibilità di influire, anche da posizioni di minoranza, sulla
138 Le nostre contraddizioni, ivi, 19 maggio 1962. Durante la Direzione, Lombardi aveva suggerito anche
l’ipotesi di procedere con il decreto legge per la «parte irrevocabile» del provvedimento e con la legge delega per la parte relativa alla struttura del nuovo ente elettrico nazionale. FPN, AN, Serie partito, b. 94, fasc. 2239. Il comunicato finale aveva però indicato come «mezzo parlamentare più idoneo» per procedere alla nazionalizzazione il decreto legge», senza fare cenno a possibili alternative. Anche nel citato articolo del 18 maggio l’anonimo autore aveva scritto che la legge delega era inadeguata ad eliminare lo stato di incertezza e le conseguenti speculazioni perché avrebbe creato aspettative per le leggi delegate del governo.
139 Cfr. «Il Corriere della Sera», 5 giugno 1962. All'incontro partecipa anche il presidente dell'IRI Petrilli.
Giorgio Mori (La nazionalizzazione in Italia, cit., p. 113, nota n. 57) indica come data di inizio delle riunioni il 1° giugno; tuttavia, il 4 giugno è indicato anche da EUGENIO SCALFARI, GIUSEPPE TURANI, Razza padrona, Milano, Baldini & Castoldi, 1998, p. 13.
140 Per esse, cfr. FRANCESCO FORTE, op. cit., pp. 102-111.
141 Il precedente “telefonico” non era stato dei più felici a causa dell’elevato prezzo di acquisto delle
azioni e del diritto di recesso esercitato da molti piccoli azionisti. Inoltre, il provvedimento era stato attuato nel momento in cui le concessioni stavano per scadere e le società telefoniche coinvolte erano concentrate quasi esclusivamente sul loro core business, a differenza delle elettrocommerciali, che detengono importanti partecipazioni in altri settori economici (il caso più noto è rappresentato dal massiccio impegno della Edison nel settore chimico). Cfr. FABIO SILARI, op. cit., p. 65.
gestione aziendale142. Vi era infine la possibilità di versare alle società elettriche un indennizzo in contanti diluito in più annualità.
Il PSI assume su tutte le questioni controverse una posizione ben definita, che emerge con chiarezza da una lettera inviata da Lombardi a La Malfa l’8 giugno143. Lombardi riassume i punti di contrasto sui quali «esistono differenze addirittura di principio», emersi nel corso di una riunione svoltasi presso il ministero del Bilancio, cui avevano preso parte gli stessi Lombardi e La Malfa oltre a Giacinto Bosco (ministro della Giustizia), Tremelloni (ministro del Tesoro), Ferrari Aggradi (componente della commissione Finanze e Tesoro della Camera), Pasquale Saraceno ed il prof. Antonio Mezzanotte. Il problema principale riscontrato durante il vertice era stata la divergenza di opinioni sul tipo di misura da adottare per stabilire il controllo pubblico sul settore elettrico: nazionalizzazione o irizzazione (ossia pubblicizzazione)? Lombardi spiega che la prima soluzione, propugnata dal PSI, prevede l’istituzione di un ente «unitario ma decentrato nelle funzioni», che non risulta dalla somma di singole imprese regionali (le quali non hanno personalità giuridica), ma che «affida determinate funzioni a organi territoriali di decentramento» e la cui gestione è vincolata al criterio di economicità «stabilito in sede di programma economico nazionale». La nazionalizzazione implica la riserva in esclusiva all’Ente dei nuovi impianti e delle concessioni, la decadenza delle concessioni e delle subconcessioni in atto, e, soprattutto, la liquidazione delle società