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La nazionalizzazione dell'industria elettrica: le premesse (1944-1961)

LA NAZIONALIZZAZIONE DELL'INDUSTRIA ELETTRICA

3.2 La nazionalizzazione dell'industria elettrica: le premesse (1944-1961)

L'impegno del Partito socialista per la nazionalizzazione dell'industria elettrica affonda le radici nel periodo della prima guerra mondiale: nell'aprile 1917, in un convegno a Milano, il PSI e la CGdL avevano avanzato una proposta in tal senso, seguita tre anni dopo da un disegno di legge del deputato Umberto Bianchi per l'istituzione del monopolio statale sulla generazione e distribuzione dell'energia elettrica47. È tuttavia in coincidenza con la caduta del fascismo che la proposta socialista acquista slancio, precisandosi nei suoi contorni.

In un articolo del luglio 1944 Pietro Battara definisce l'industria elettrica italiana «una vera e propria “baronia economica” di un gruppo di individui, emersi per la

45 Su questo aspetto, cfr. Lombardi: i sindacati e il piano, «Avanti!», 23 giugno 1962. Lelio Basso arriva

a definire la programmazione «concertata» alla francese – che secondo il dirigente socialista stava per essere adottata anche in Italia – come «una pericolosa minaccia di totalitarismo». LELIO BASSO, Politica di piano e centro-sinistra, ivi, 22 settembre 1962, p. 3.

46 Discorso di Arialdo Banfi, APS, Discussioni, seduta del 13 novembre 1962, pp. 30125; corsivo

aggiunto. È qui espresso in maniera esplicita il rapporto meccanico di causa-effetto stabilito dai socialisti tra riforme strutturali e piano.

47 GIORGIO MORI, La nazionalizzazione in Italia: il dibattito politico-economico, in AA. VV., La

nazionalizzazione dell’energia elettrica. L’esperienza italiana e di altri paesi europei. Atti del Convegno internazionale di studi per il XXV anniversario dell’istituzione dell’Enel, Roma-Bari, Laterza, 1989, pp. 96-97.

maggior parte in periodo fascista». Le società elettriche, ricorda l'autore, avevano armato le squadre fasciste e dopo l'affermazione del regime, e con il pieno consenso di esso, avevano lucrato sopraprofitti praticando tariffe differenziate per classi di utenti, secondo un sistema che favoriva i grandi gruppi industriali a scapito dei consumatori privati. La loro condotta aveva quindi prodotto conseguenze nefaste sia nel campo politico che in quello strettamente economico. Alla luce di ciò, secondo Battara, l'unica soluzione possibile è l'espropriazione degli impianti, senza nemmeno la corresponsione di un indennizzo ai privati:

le industrie elettriche, per la loro funzione pubblica e per la potenza economica e politica che conferiscono ai capitalisti che ne sono i possessori, non possono essere affidate in mani private. La soluzione del problema sta nella statalizzazione delle grandi centrali elettriche, nella municipalizzazione delle centrali di importanza locale, nella formazione di consorzi tra comuni quando le centrali interessano più di un comune48.

Nella fase della Resistenza tutte le forze politiche concordano sulla necessità di nazionalizzare il settore elettrico; i socialisti hanno il merito di inquadrare tale problema in quello più ampio della ricostruzione postbellica, che l'approssimarsi della fine del conflitto pone all'ordine del giorno. Particolarmente attivo si dimostra Romita, il quale mette a punto un progetto organico di riordino del settore elettrico. Romita parte dalla constatazione che le condizioni in cui si trova il paese «richiedono che il problema dell'energia elettrica sia posto al n. 1 con precedenza assoluta», in quanto esso costituisce «il problema dei problemi». È infatti inutile secondo il dirigente socialista predisporre piani di ricostruzione economica se non si risolve preventivamente la questione elettrica; ed essa va risolta «non per vie traverse attraverso organi statali burocratici», bensì in modo originale, con la nomina di un «Commissario unico» dotato di poteri straordinari49, che tracci il programma di ricostruzione dell'industria elettrica50. La necessità di una guida monocratica deriva per Romita dal fatto che i progressi realizzati nel campo delle linee di trasmissione hanno unificato il sistema elettrico italiano trasformando l'Italia in una unica zona elettrica; inoltre, un dirigente unico avrebbe potuto trattare da una posizione più favorevole con gli alleati, chiamati a fornire gli aiuti indispensabili per la ricostruzione51. In concreto, il Commissario, strumento

48 PIETRO BATTARA, Una baronia economica: Le industrie elettriche, «Avanti!», 12 luglio 1944. 49 GIUSEPPE ROMITA, L'industria elettrica nel quadro della ricostruzione, ivi, 25 agosto 1944. 50 ID., Il commissario nazionale per l'industria elettrica, ivi, 3 settembre 1944.

dell'intervento statale nel settore elettrico, deve in primo luogo assicurare l'ottimale utilizzo della scarsa energia disponibile indirizzandola verso i servizi di pubblica utilità e l'industria, sacrificando, almeno in un primo momento, i consumi domestici e, soprattutto, con opportune manovre tariffarie, quelli di lusso 52. Il progetto di Romita si concretizza in uno «schema di decreto legislativo» che viene sottoposto all'attenzione del presidente del Consiglio Bonomi nell'ottobre 1944. Lo schema prevede l'istituzione, alle dipendenze della Presidenza del Consiglio dei ministri, di un «Commissario Nazionale dell'Elettricità» incaricato di «provvedere alla disciplina ed al controllo, tecnico ed economico, di tutte le attività inerenti alla produzione, alla distribuzione ed alla utilizzazione dell'energia elettrica» (art. 1). Il Commissario, coadiuvato da un Comitato Centrale Consultivo composto da rappresentanti di vari ministeri, della CGIL e dell'industria elettrica, provvede alla definizione di piani per il ripristino degli impianti danneggiati, la costruzione di nuove centrali e lo sviluppo degli elettrodotti ad alta tensione; ma, soprattutto, ha il potere di autorizzare eventuali aumenti di capitale, emissioni di obbligazioni e contrazioni di prestiti a medio o lungo termine da parte delle imprese elettriche (art. 3, comma c). Inoltre, è chiamato a dare un parere «sulle proposte di modificazioni e di coordinamento delle tariffe dell'energia elettrica» (art. 3, comma m) e può disporre «il trasferimento di energia da una regione all'altra» (art. 6). Di un certo interesse anche la norma (art. 4) che dispone l'istituzione di Commissari Regionali con l’incarico di attuare le direttive del Commissario Nazionale nelle aree in cui le imprese elettriche si sono di fatto spartite il territorio nazionale53.

Sebbene Ivanoe Bonomi, in qualità di ministro dei Lavori pubblici, si fosse a suo tempo occupato direttamente del settore elettrico promulgando un decreto epocale in materia di derivazione delle acque pubbliche54, il provvedimento messo a punto da Romita finisce nel dimenticatoio.

L’industria elettrica esce dalla guerra con una struttura fortemente oligopolistica, eredità dagli sviluppi degli anni Venti e Trenta. Il settore risulta infatti dominato da sei grandi gruppi a carattere regionale, riuniti nell'ANIDEL55: SIP (Piemonte), Edison (Lombardia, Emilia, Liguria), SADE (Veneto e parte dell’Emilia), La Centrale (Toscana, Lazio), SME (Campania), UNES (Marche), che controllano oltre la metà delle 259 imprese elettrocommerciali (che vendono cioè sul mercato l'energia da esse

52 ID., Problemi tecnici e sociali dell'industria elettrica, ivi, 28 settembre 1944. 53 ID., Il problema elettrico italiano, ivi, 28 ottobre 1944.

54 Il famoso decreto n. 1664 del 20 novembre 1916. Cfr. GIORGIO MORI, La nazionalizzazione in Italia,

cit., p. 95.

prodotta) italiane, coprendo l’85% della produzione totale di energia56. Lo Stato, attraverso l’IRI, controlla la SIP, parte della SME e la Terni, ossia il 27,8% della produzione; nel 1952 nasce una apposita finanziaria per la gestione delle partecipazioni statali nel settore, la Finelettrica, la cui linea di condotta risulta però completamente appiattita su quella delle società private.

Nella fase dei governi di unità nazionale il PSIUP, oltre all’iniziativa di Romita, propone in altre occasioni di nazionalizzare l’industria elettrica, ipotesi sulla quale si registra, almeno a parole, una sostanziale concordanza fra tutti i partiti, al punto che Angelo Saraceno ritiene possibile addivenire, per l'energia elettrica come per gli altri servizi pubblici, «ad una soluzione di socializzazione senza eccessivi contrasti»57. In un articolo del 1962 – nel pieno della battaglia per la nascita dell'ENEL – Nenni rivelerà che il tema era stato sollevato nel giugno 1945 durante una serie di colloqui intercorsi tra socialisti e democristiani sull'assetto del governo; e che un anno più tardi, all'indomani del referendum istituzionale, egli stesso aveva consegnato a De Gasperi «un progetto di nazionalizzazione delle fonti di energia, elaborato da Rodolfo Morandi e dal gruppo di studio che s'era costituito attorno a lui», che il segretario della DC aveva però respinto con l'argomento che in quella fase era prioritario il problema della riforma agraria58. Durante le trattative del giugno-luglio 1946 per la formazione del primo governo repubblicano, in una riunione della Direzione socialista, Angelo Corsi indica l'opportunità di «procedere immediatamente alla nazionalizzazione delle imprese quali quelle elettriche, che iugulano l'iniziativa privata, con tariffe proibitive dell'energia elettrica, specialmente nell'Italia meridionale»59. Alcuni mesi dopo Romita, divenuto ministro dei LL. PP., recupera il suo vecchio progetto, aggiornandolo. Esso prevede ora l’unificazione delle partecipazioni elettriche dell’IRI in una impresa pubblica che avrebbe assunto anche il controllo degli impianti della Terni sul Vomano, di quelli di Larderello appartenenti alle Ferrovie dello Stato e di quelli della Società Medio Adige (ancora in fase di costruzione), gestiti da Edision, SADE e La Centrale, oltreché

56 A questi gruppi principali sono da aggiungere altre due società elettrocommerciali: la SGES (Società

generale elettrica della Sicilia) e la SES (Società elettrica sarda). Operano inoltre nel settore le municipalizzate e gli autoproduttori. Cfr. BRUNO BOTTIGLIERI, L’industria elettrica dalla guerra agli anni del «miracolo economico», in VALERIO CASTRONOVO (a cura di), Storia dell'industria elettrica in Italia, vol. IV, Dal dopoguerra alla nazionalizzazione, Roma-Bari, Laterza, 1994, p. 69 sgg.

57 ANGELO SARACENO, La Riforma Industriale, cit., p. 13. 58 PIETRO NENNI, Ce la faremo, «Avanti!», 30 giugno 1962.

59 ISRT, AFL, Partito socialista italiano. Direzione nazionale, b. 4, fasc. 20 (riunione del 13 giugno

1946). Durante la riunione, Nenni si dichiara d'accordo con Corsi (sostenendo, oltre a quella dell'energia elettrica, anche la nazionalizzazione dei prodotti chimici); cauto invece Saragat, che invita il partito a spiegare le ragioni delle sue richieste di nazionalizzazione e a chiarire che queste non ledono il principio della libera iniziativa.

l'acquisizione della linea ad alta tensione della Compagnia nazionale imprese elettriche (CONIEL). È prevista anche una revisione in senso restrittivo del Testo unico sulle acque pubbliche del 193360. Il progetto subisce delle modifiche, concordate da Romita con il ministro delle Finanze Scoccimarro e con il Comitato interministeriale per la ricostruzione, e nel gennaio 1947 approda in Consiglio dei ministri. Tra i socialisti presenti non vi è però concordanza di vedute. Romita circoscrive la portata del progetto di legge, dichiarando che «se le aziende private compiranno il loro dovere, il governo non le disturberà»; Nenni critica invece le varianti apportate, con le quali «ci si allontana molto, troppo, anzi, dalla concezione dell’avviamento alla nazionalizzazione, almeno parziale, delle aziende elettriche». Al fianco di Romita si schiera tuttavia Morandi, segnalando «le gravi ripercussioni che potrebbero aversi ove si tenesse ancora sospesa la decisione su questa legge»; il ministro dell’Industria giudica inopportuna una battaglia politica sul tema della nazionalizzazione e rileva che l’industria elettrica non può allarmarsi per il progetto in discussione61. Anche questa seconda proposta di

Romita rimane senza seguito.

Nei mesi successivi il Partito socialista mantiene un atteggiamento ondivago sul problema della nazionalizzazione; Morandi in particolare continua a dimostrarsi scettico sulla possibilità di un’adozione immediata del provvedimento62. Il tema ritorna in auge

60 Cfr. FABIO SILARI, La nazionalizzazione elettrica in Italia. Conflitti di interessi e progetti legislativi

1945-1962, «Italia contemporanea», n. 177, dicembre 1989, pp. 52-53; ARISTIDE SAVIGNANO, Il regime normativo, in VALERIO CASTRONOVO (a cura di), Storia dell'industria elettrica in Italia, cit., pp. 93-94.