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3. Fondamento giuridico, collocazione sistematica e disciplina della moderna causa

3.1. La necessità di reagire: uno standard soggettivo

La necessity si ritiene integrata quando la reazione è necessaria in base alle circostanze e ai fatti così come onestamente percepiti e creduti essere dall’agente41; si tratta di un giudizio basato su uno standard soggettivo: il contesto, alla luce del quale i giudici dovranno valutare la sussistenza della scriminante, è quello percepito dall’aggredito, anche se colpevolmente, purché genuinamente42. Pertanto, in ordine

39 Quello che le corti hanno sempre chiesto e tuttora chiedono è, infatti, che la reazione sia

complessivamente ragionevole, un principio che, come detto in precedenza, è stato recepito nello statuto del 1967.

40 ASHWORTH A., COLLINS J, Householders, self-defence and the right to life, in Law Quarterly Review, 132,

2016, p. 379; BAKER D. J., Textbook of criminal law, cit., p. 695; DINE J., GOBERT J., WILSON W., Cases and

Materials, cit., pp. 517-523.

41 LOVELESS J., Criminal law, cit., pp. 430-438.

42 In caso di percezione genuina, ancorché irragionevole, l’agente sarà tenuto al risarcimento del danno

e, eventualmente, ove l’erronea percezione sia qualificabile come gross negligence potrà comunque rispondere per la morte dell’aggressore a titolo di manslaughter; sul punto cfr. R. v. Williams (Gladstone)

(1984) e R (Duggan) v. HM Assistant Deputy Coroner (2014);HORDER J., Ashworth’s principles, cit., pp.

logico, il giudizio è volto ad accertare prima la genuinità della percezione dell’aggredito, ricostruendo i fatti di conseguenza, e poi la necessità della reazione.

Tale seconda valutazione attiene tanto ai mezzi utilizzati – la reazione è necessaria se l’agente ha usato il mezzo meno lesivo che al contempo è in grado di garantire una sicura, istantanea e definitiva difesa contro l’attacco43 –, quanto alla possibilità di darsi alla fuga, ossia il duty to retreat. In rapporto a quest’ultimo, è bene distinguere tra il contesto domiciliare, dove la giurisprudenza ha sempre escluso la sussistenza di tale obbligo44, e gli altri luoghi, in rapporto ai quali vi è stata una progressiva erosione del requisito45; attualmente, senza arrivare all’estremo principio della stand your ground law statunitense, le corti inglesi, con maggior parsimonia, hanno riconosciuto il diritto di non fuggire di fronte a un’aggressione avvenuta in luoghi pubblici, trasformandolo da obbligo a uno dei fattori da tenere in considerazione per valutare la ragionevolezza complessiva della reazione, come confermato dalla nuova section 76(6)(A)46. L’appena descritta evoluzione giurisprudenziale non è andata esente dalle critiche della dottrina, secondo la quale,

43 Sul punto cfr. STEINHOFF U., Self-Defense and the Necessity Condition, 15 marzo 2013, disponibile in:

www.ssrn.com, 23-27, a cui si rimanda per un maggiore approfondimento in tema di necessità e ratio alla base di tale requisito nell’ordinamento inglese.

44 ASHWORTH A., Self-Defence and the right to life, in The Cambridge Law Journal, 34(2), 1975, p. 294; SANGERO

B., Self-defence in criminal law, cit., p. 202.

45 In un primo momento, con la pronuncia Palmer v. The Queen (1971), la possibilità di scappare era

considerata prova della sussistenza della legittima difesa, pur non essendo un obbligo; in seguito in R.

v. Jones (1975) è stato sostenuto che, ove possibile, l’aggredito fosse tenuto a invocare l’intervento delle

forze dell’ordine e a non fronteggiare autonomamente il pericolo; poi, in R. v. Julien (1979), è stato affermato che l’aggredito – pur non essendo obbligato a scappare – dovesse dimostrare l’assenza di volontà di combattere e di essere pronto a «temporise and disengage and perhaps to make some physical

withdrawal»; infine, in R. v. Bird (1985), è stato detto che, sebbene imporre un dovere di fuggire sia troppo

forte, tuttavia l’aver cercato una soluzione di questo tipo rappresenti una prova estremamente valida da contrapporre a ogni suggestione di aver agito per spirito di vendetta; ASHWORTH A., Self-defence and

the right to life, cit., pp. 285-287; HERRING J., Criminal law, cit., pp. 271-272; HORDER J., Ashworth’s

Principles, cit., p. 138-140; ORMEROD D., LAIRD K., Smith, Hogan, and Ormerod’s, cit., p. 400; WILSON W.,

Criminal Law, cit., pp. 268-269.

46 «In deciding the question mentioned in subsection (3), a possibility that D could have retreated is to be

considered (so far as relevant) as a factor to be taken into account, rather than as giving rise to a duty to retreat»

inserito dalla section 148 del Legal Aid, Sentencing and Punishment of Offenders Act 2012; cfr. DOBINSON I., ELLIOTT E., A householder's right to kill, cit., p. 81; LOVELESS J., Criminal law, cit., p. 443; STOREY T., The

meaning of ‘attributable to intoxication’: self-defence and mistaken belief: R v Taj [2018] EWCA Crim 1743, in The Journal of Criminal Law, 82(5), 2018, p. 365.

in questo modo, si realizzerebbe un’inversione dei beni giuridici, ponendo il patrimonio e l’integrità fisica (dell’aggredito) davanti al bene vita (del ladro/aggressore), favorendo l’autoaffermazione dei privati con la violenza47.

Sempre a partire dal concetto di necessità, è stato introdotto in via pretoria, e confermato poi nel già citato statuto del 2008, un limite temporale alla reazione: l’aggressione, infatti, deve essere in corso o anche solo imminente. Tale soluzione, tuttavia, non sempre è accolta dalla giurisprudenza, che è arrivata a legittimare in diverse occasioni i pre-emptive strikes, corrispondenti ai c.d. offendicula. Anche questa deriva giurisprudenziale è stata ampiamente biasimata dalla dottrina poiché, similmente alla progressiva eliminazione del duty to retreat, rischierebbe di spodestare lo Stato dal suo ruolo di primario detentore della forza48.

In ogni caso, per quanto lo standard sia soggettivo, l’eventuale stato di alterazione psicofisica dovuta all’assunzione di sostanze alcoliche o stupefacenti non può rilevare nel definire la percezione dell’aggredito, né tantomeno può essere posto a fondamento di un errore; questa scelta sembrerebbe rispondere ad esigenze di politica criminale piuttosto che a ragionevolezza49: lo scopo è, infatti, responsabilizzare

47 Per un approfondimento de iure condendo sul duty to retreat si veda DSOUZA M., Retreat, submission, cit.;

sul tema, cfr. anche HORDER J., Ashworth’s Principles, cit., p. 138-141; LEVIN B., A defensible defense, cit., p. 530; LOVELESS J., Criminal law, cit., p. 443.

48 È stata ritenuta legittima nelle pronunce Evans v. Hughes (1972) e R. v. Cousins (1982) la condotta di

chi, sapendo di un’aggressione futura, si era armato e preparato ad essa predisponendo dei meccanismi automatici difensivi; nel legittimare però tali strumenti lesivi vi sono due aspetti da considerare, la tempistica (un eccessivo divario temporale dovrebbe portare a escludere la legittimità della reazione) e la gravità e la probabilità della minaccia; DSOUZA M., Retreat, submission, cit., pp. 741-745; HORDER J.,

Ashworth’s Principles, cit., p. 137-141; LOVELESS J., Criminal law, cit., p. 443; SANGERO B., Self-defence in

criminal law, cit., p. 166; SIMESTER A. P., SPENCER J. R., STARK F., SULLIVAN G. R., VIRGO G. J., Simester and

Sullivan’s Criminal Law, cit., pp. 815-816; per una strenua difesa della necessità del requisito

dell’imminenza si veda STEINHOFF U., Self-Defense and Imminence, 15 maggio 2014, disponibile in:

www.ssrn.com.

49 La soluzione sarebbe incoerente con la disciplina generale sull’errore – normalmente, se genuino,

rileva ai fini dell’applicabilità della scriminante anche se irragionevole – e sul dolo – un soggetto che provoca la morte di un uomo in stato di volontaria intossicazione risponde per il reato meno grave di

manslaughter, mentre se ciò avviene in legittima difesa per errore provocato dall’intossicazione, risponde

per murder –. Peraltro, tale limite è stato di fatto esteso dalla giurisprudenza anche ai casi di incapacità o disturbi nascenti dalla cronica intossicazione da alcol, andando ben oltre quanto originariamente sancito dal common law e sollevando ulteriori dubbi sulla correttezza della soluzione adottata; cfr. sul punto STOREY T., The meaning of ‘attributable to intoxication’, cit.

chi decide di assumere alcol in luoghi pubblici. Nonostante tale ratio, la rigidità di trattamento riservata a queste situazioni è applicabile anche quando chi reagisce si trovi all’interno della propria abitazione; una soluzione ritenuta incoerente tanto dalla dottrina, quanto da una parte della giurisprudenza, posto che il proprietario di casa assume alcol nella convinzione di non dover intrattenere alcuna futura interazione sociale50.