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La partnership e le possibilità per la Valbelluna

3.3. Progetto S.Co.Re

3.3.1 La partnership e le possibilità per la Valbelluna

Tramite la direttrice e antropologa del museo etnografico di Serravella, Perco Daniela sono venuto a conoscenza del progetto S.Co.Re (Sustainable & Competitive REsort). Questo è un progetto a cui Daniela Perco stessa sta collaborando. il Museo sta ospitando le giornate di incontro tra i vari attori sociali ed economici, e la dottoressa Perco collabora in qualità di antropologa con un’esperienza pluriennale sulla civiltà contadina che si è sviluppata nei secoli nel territorio bellunese, e come direttrice del museo che ospita le giornate di lavoro e incontro tra i vari attori sociali ed economici che vi partecipano. Il museo non è un una scelta a caso, perché è un museo etnografico, un luogo dove si preserva e cura la cultura/e del territorio, le sue particolarità cercando di mantenerle vitali, nonostante in Italia la vita dei musei, molto belli e interessanti come questo, non hanno una vita facile.

Il progetto a mio parere è molto interessante perché è una collaborazione transfrontaliera di «promozione e valorizzazione del territorio» (come recita l’opuscolo che mi è stato dato) che interessa la provincia di Belluno (regione Veneto), il Tarvisiano (regione Friuli Venezia Giulia) e, più a nord, i territori austriaci del Salisburgese e della Carinzia, confinanti con il Friuli e il Trentino Alto Adige. Esso potrebbe essere una risposta a questa mia domanda iniziale e potrebbe ridare nuova vita a questi territori di mezza montagna, che si situano tra le prealpi trevigiane e le dolomiti venete (nel caso della regione Veneto), compresa la zona in cui vivo. Infatti, per quanto riguarda la provincia di Belluno, si parla di una visione che abbraccia tutta la Val Belluna (che si estende da Ponte nelle Alpi circa ed arriva fino ai comuni di Arsiè, Lamon e Sovramonte) comprendendo anche il territorio dell’Alpago che geograficamente non ne

fa parte, ma che è comunque contiguo ad esso e vive caratteristiche socioeconomiche- territoriali simili. È una fascia di territorio che risente molto dei rapporti avuti, per secoli, con la Repubblica della Serenissima più che con i territori più a nord della stessa provincia, e che fa da cerniera tra la pianura veneta e i paesaggi dolomitici e alpini di alta quota. Interessante è la presenza di uno Stato come l’Austria, che nell’immaginario degli italiani è sempre visto caratterizzato da un’economia migliore e più funzionale di quella italiana ma che al suo interno, da come ho compreso, in certi suoi territori, soffre delle stesse problematiche delle altre regioni interessate.

Infatti, anche se ai miei occhi queste “montagne di mezzo” (parafrasando la terra di mezzo di Tolkien) sono zone molto belle con delle caratteristiche interessanti sia nell’architettura delle case rurali ancora esistenti, sia per la presenza di laghi e torrenti particolari, sia per esempio per la storia locale di ogni paese, sia per la flora e la fauna, i turisti in generale preferiscono allungare la strada verso i passi dolomitici, verso le abetaie e le malghe di alta quota. Riflettendo con il prof. Vallerani tutto questo ha un senso, perché le Dolomiti e le Alpi, per chi viene dalla pianura, dal Sud Italia o da altri stati rappresentano l’esotico, il territorio “altro” rispetto il proprio, dove lo “stacco visivo” tra montagna e pianura è rilevante e per questo ricercato. Mentre la mezza montagna della Val Belluna, pur avendo gruppi montuosi dolomitici importanti come la Schiara e il Pelf alle spalle di Belluno, il monte Pizzocco, alle spalle di Cesiomaggiore e il Sass de Mur, dal quale si può accedere dalla val Canzoi, nonché tutto il gruppo delle Vette Feltrine, non ha la stessa attrattiva delle sorelle più note, e non sono raggiungibili normalmente tramite facili sentieri o passi carozzabili. Mentre per godere da vicino le cime dolomitiche basta arrivare nei vari passi alpini, sostare l’auto e godersi il panorama.

Per quanto riguarda la pratica alpinistica, le montagne della Val Belluna, per esperienza personale condivisa anche da altri amici, sono le montagne alle quali ci si avvicina dopo aver camminato in lungo e in largo le dolomiti cadorine, ampezzane, della val Badia ecc… Il bosco stesso, ceduo, di latifoglie, e non formato da pini, abeti e larici, è meno attrattivo rispetto a quest’ultimo, perché è più simile alle tipologie di alberi che si possono riscontrare anche in pianura o in collina; ha meno effetto sull’immaginario influenzato dai diversi media che spesso veicolano l’immagine della montagna come quella formata da abeti e alte cime, neve compresa. Non che questo sia sbagliato, ma gli ambienti di montagna sono diversi, a quote diverse e con

caratteristiche diverse. Tutti a loro modo unici e belli nonché interessanti. Poi c’è anche un problema di stagione invernale per cui se in alta montagna si può praticare lo sci e altri sport invernali, non la stessa cosa si può affermare (a parte qualche eccezione) per la mezza montagna. Per cui sarebbe da inventarsi altre attrattive per incuriosire e attrarre dei visitatori. È per questo che per attirare in questi distretti delle persone che abbiano voglia di visitarli, dalle ricerche effettuate tramite il progetto S.Co.Re è emerso che bisogna puntare sulle particolarità locali di ogni paese o valle. Sui prodotti agricoli che crescono o che vengono coltivati in un certo modo solo lì; sulle feste legate alle tradizioni che sono ancora sentite dai paesani o su nuove feste legate a stimoli culturali, sensoriali ed emotivi; alla storia di ogni luogo, alla possibilità di saperla raccontare; all’artigianato che si è sviluppato nel tempo lavorando con le risorse locali; all’espressione dell’amore per il proprio territorio, all’architettura rurale-montana che ancora resiste e alla presenza per esempio dei musei locali e agli ecomusei.