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In data 22 agosto 2011, CERMEC S.p.A. ha depositato, presso il Tribunale di Massa, ricorso per l’ammissione alla procedura di concordato preventivo con continuità aziendale, dunque a una procedura concorsuale che non persegue fini liquidatori dell’attività bensì mira a soddisfare i creditori, in tutto o in parte, mediante la conservazione dei going concern aziendale, utilizzando proprio il cash flow generato dalla prosecuzione dell’attività d’impresa, e il contestuale raggiungimento dell’equilibrio economico-finanziario della società, attraverso il risanamento dell’impresa.

Il ricorso contiene la proposta, il piano e la relativa documentazione di cui all’art. 161 l.f. La società, infatti, non ha potuto beneficiare delle novità introdotte dal Decreto Sviluppo, entrato in vigore nel settembre del 2012, come quella del c.d. concordato in bianco (ad oggi proponibile ex art. 161, comma 6, l.f.) ovvero della possibilità per il debitore di presentare la domanda di ammissione, riservandosi di depositare la proposta e la necessaria documentazione entro un termine successivo, assegnato dal giudice, potendo, comunque, già beneficiare degli effetti protettivi che derivano dall’apertura della procedura concordataria e che si produrrebbero solo con la presentazione di una domanda di concordato

preventivo completa dei suoi elementi essenziali159.

159 Sono sorti molti dubbi circa la compatibilità del concordato in continuità aziendale con il c.d. pre-

concordato alla luce di quanto disposto dall’art. 186-bis, comma 1, in forza del quale si ha concordato con continuità aziendale solo in presenza di tre specifiche condizioni ossia quando: 1) il piano di concordato preveda la prosecuzione dell’attività d’impresa da parte del debitore, la cessione dell’azienda in esercizio ovvero il conferimento dell’azienda in esercizio in una o più società, anche di nuova costituzione; 2) il piano contenga anche un’analitica indicazione dei costi e dei ricavi attesi dalla prosecuzione dell’attività d’impresa, delle risorse finanziarie necessarie e delle relative modalità di copertura; 3) la relazione del professionista di cui all’art. 161, comma 3, attesti che la prosecuzione dell’attività d’impresa prevista dal piano di concordato è funzionale al miglior soddisfacimento dei creditori. E’ stato condivisibilmente affermato che queste tre specifiche condizioni, cui la legge subordina la configurabilità di un concordato

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Dunque, nel ricorso vi sono, innanzitutto, i documenti prescritti dalla legge (art. 161, comma 2)160 per la verifica e l’accertamento della sussistenza dei requisiti oggettivi e soggettivi per l’ammissione alla procedura. In particolare, per quanto attiene il presupposto oggettivo:

- la situazione patrimoniale ed economica della società al 30 giugno 2011 da cui emerge lo stato di crisi (configurabile come insolvenza); nello specifico risulta una perdita, relativa al periodo infrannuale 1/01/2011- 30/06/2011 pari a € 284.513,00.

- una relazione aggiornata sulla situazione patrimoniale, economica e finanziaria dell’impresa; al fine di dare compiuta rappresentazione dell’evoluzione dello stato di crisi aziendale la ricorrente ha ritenuto

in continuità aziendale, presuppongono tutte che il piano sia già esistente nella sua forma definitiva, con la conseguenza che prima del deposito di un piano definitivo non è mai configurabile un concordato in continuità aziendale. Ciò evidentemente non significa che un imprenditore che proponga un pre- concordato non possa continuare di fatto l’attività d’impresa dopo aver depositato il relativo ricorso. Potrà, infatti, certamente proseguire la sua attività, provvisoriamente o nella prospettiva della successiva presentazione di un concordato con continuità aziendale, e fruire se del caso, e in ogni caso, dell’effetto di sospensione delle norme in tema di ricapitalizzazione societaria ex art. 182-sexies; potrà poi anche compiere motu proprio gli atti di ordinaria amministrazione, oltre che quelli di straordinaria amministrazione se urgenti e se autorizzati dal Tribunale e, allo stesso tempo, potrà ottenere eventuali finanziamenti interinali prededucibili in presenza di una previa autorizzazione del medesimo organo. E’ invece escluso che questa prosecuzione provvisoria abbia rilievo, in corso di pre-concordato, al fine di rendere già configurabile e riconoscibile in atto la fattispecie “concordato con continuità aziendale”, la quale esiste solo e quando, e a partire da quando, il ricorrente depositi una proposta e un piano definitivi con i requisiti e con il corredo documentale. LAMANNA F., La problematica relazione tra pre-

concordato e concordato con continuità aziendale alla luce delle speciali autorizzazioni del Tribunale, in

Il Fallimentarista, 26 novembre 2011.

160 L’art. 161, comma 2, richiede che il debitore debba presentare con il ricorso:

 un aggiornata relazione sulla situazione patrimoniale, economica e finanziaria dell’impresa;  uno stato analitico ed estimativo delle attività e l’elenco nominativo dei creditori, con

l’indicazione dei rispettivi crediti e delle cause di prelazione;

 l’elenco dei titolari dei diritti reali o personali sui beni di proprietà o in possesso del debitore;  il valore dei beni e i creditori particolari degli eventuali soci illimitatamente responsabili;  un piano contenete la descrizione analitica delle modalità e dei tempi di adempimento della

proposta; in ogni caso, la proposta deve indicare l’utilità specificatamente individuata ed economicamente valutabile che il proponente si obbliga ad assicurare a ciascun creditore (periodo aggiunto dalla legge 132/2015);

 la relazione di un professionista, designato dal debitore, in possesso dei requisiti di cui all’art. 67, comma 3. lett d), che attesti la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del piano medesimo.

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opportuno illustrare l’andamento dei dati di bilancio della società nel corso degli ultimi esercizi sociali (2010, 2009, 2008 e 2007);

- lo stato analitico delle passività, pari a € 38.512.011, così ripartito:  debiti prededucibili per € 2.547.748,

 debiti privilegiati o equipollenti per € 3.670.814,  debiti chirografari strategici per € 13.697.490,  debiti chirografari ordinari per € 9.556.608,  debiti chirografari pubblici per € 1.304.351,  fondi rischi per € 7.735.000.

Fra gli allegati anche l’elenco nominativo dei creditori, con l’indicazione dei rispettivi crediti e delle cause di prelazione, nonché l’elenco dei titolari dei diritti

reali o personali sui beni di proprietà o in possesso del debitore161 da cui risulta:

- un diritto di pegno, vantato da Banca Unicredit, sulle azioni della società Erre Erre S.p.A.162 ;

- un diritto di ipoteca, sempre vantato da Banca Unicredit, su un terreno di proprietà di CERMEC S.p.A. e concesso in diritto d’uso alla società Erre Erre S.p.A.;

- un diritto di ipoteca, detenuto dalla Banca Cassa di Risparmio di Carrara S.p.A., sul terreno di proprietà di CERMEC S.p.A. sul quale insiste

l’impianto di rifunzionamento163.

161 Nel documento vengono fornite maggiori informazioni circa la qualità del patrimonio della società

istante e, in particolare, in merito ai diritti reali costituiti a favore di un terzo per debiti altrui, ai diritti personali di terzi che gravano sui beni di proprietà della società e agli attivi solo apparenti in quanto consistenti in beni non di proprietà della debitrice bensì di terzi.

162 Società pubblica mista, con capitale sociale pari a € 200.000 ripartito fra la società DELCA S.p.A. al

49% (pari ad € 98.000) e CERMEC S.p.A. al 51% (pari ad € 102.000), che si occupava dello smaltimento dei rifiuti (trasformando il residuo solido in combustibile), dichiarata fallita dal Tribunale di Massa nel luglio 2011.

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Per quanto riguarda il presupposto soggettivo, il legislatore richiede che l’impresa, per essere ammessa alla procedura concordataria, eserciti un’attività commerciale e non sia un ente pubblico ai sensi dell’art.1 l.f. A tal proposito si può osservare che CERMEC S.p.A. esercita senz’altro un’attività commerciale ed è, a pieno titolo, soggetto di diritto privato, dunque, in quanto tale, assoggettato alla disciplina fallimentare. Infatti la società, conformemente al suo statuto, svolge attività che possono essere reputate estranee al servizio pubblico e offre prestazioni di servizi anche a comuni non soci, per cui la sua gestione è solo ‹‹prevalentemente›› (non esclusivamente) offerta agli enti pubblici soci, a conferma di un indiscussa vocazione commerciale. Peraltro lo statuto stabilisce che la società deve essere a prevalente capitale pubblico locale, non essendo stabilito il possesso delle azioni solo da parte di enti pubblici. Per cui siamo di fronte a un modello operativo in cui non vi sono controlli pubblici, vagli preventivi sulle decisioni, né emergono altre caratteristiche che potrebbero indurre a qualificare CERMEC S.p.A. come società ‹‹in mano›› degli enti pubblici interessati; manca in capo alla stessa ogni potere tipicamente pubblicistico, nel senso che tale società non svolge alcuna funzione “pubblica riservata”164.

163 Il patrimonio immobiliare strumentale di proprietà, composto dagli immobili dove vengono svolte le

attività di smaltimento dei rifiuti (comprensivo di un’area di proprietà di terzi ma utilizzata da CERMEC), è stato stimato complessivamente in circa 12,7 milioni di euro, che è il valore per il quale tali immobili sono stati iscritti nell’ultimo bilancio (quello relativo al 2010) a seguito delle svalutazioni operate proprio in dipendenza della predetta stima, ad eccezione dell’impianto Erre Erre, bene di proprietà ma interamente svalutato nel bilancio al 31/12/2010. Dunque tale importo rappresenta il solo valore degli immobili (comprensivo anche del valore della predetta area) e non considera quello attribuibile agli impianti e ai macchinari in essi presenti.

164 Come precisato nel secondo paragrafo, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con sentenza del 9

maggio 2011, n.10068 hanno precisato che: ‹‹L’organismo di diritto pubblico è qualsiasi organismo, anche in forma societaria:1) istituito per soddisfare specifiche esigenze di interesse generale, aventi carattere non industriale o commerciale; 2) dotato di personalità giuridica; 3) la cui attività sia finanziata

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La società ha allegato al ricorso, sottoscritto dal legale rappresentante della stessa, la delibera (notarile ed iscritta nel Registro delle imprese) dell’organo amministrativo secondo quanto disposto dall’art. 152 l.f.

Anche se non espressamente richiesto dalla normativa, ma pacificatamene riconosciuto, nel ricorso sono state descritte la storia dell’impresa e le cause che hanno concorso a determinare la situazione di crisi, nonché tutto quanto fosse funzionale a consentire al Tribunale di esprimere una prima deliberazione sulla sussistenza dei presupposti di cui agli artt. 1,5 e 160 l.f.

E’ stato, poi, inserito un piano contenente la descrizione analitica delle modalità e dei tempi di adempimento della proposta, dal quale risulta un fabbisogno

concordatario pari ad € 24.077.674,00165 da soddisfare con una serie di

pagamenti annuali: in parte mediante apporto dei soci (per l’importo complessivo di € 8,5 milioni), e in parte mediante l’utilizzo del cash flow (pari ad € 15,704 milioni) che la ricorrente produrrà grazie alla prosecuzione dell’attività e all’attuazione del piano di risanamento; tale importo complessivo eccede il fabbisogno stimato del concordato per € 0,126 milioni, che potrà essere utilizzato per fronteggiare eventuali imprevisti, ulteriori rispetto a quelli già considerati. Si precisa che, attraverso il versificarsi delle ipotesi formulate nel piano e l’omologazione della proposta di concordato preventivo, la società sarà in grado

in modo maggioritario dallo Stato, dagli enti pubblici territoriali o da altri organismi di diritto pubblico oppure la cui gestione sia soggetta al controllo di questi ultimi, oppure il cui organo di amministrazione, di direzione o di vigilanza sia costituito da membri dei quali più della metà è designata dallo Stato, dagli enti pubblici territoriali o da altri organismi di diritto pubblico››. Hanno anche chiarito che tali condizioni devono sussistere cumulativamente. Nel caso di specie è di tutta evidenza che questi requisiti non sussistono, per cui mancano tutte le caratteristiche e gli elementi necessari, secondo le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, per riscontrare un organismo di diritto pubblico.

165 Tale importo è da considerare al netto dei debiti verso dipendenti (a titolo di TTR ed accessori),

ammontanti ad € 654.027,00, per i quali il pagamento non avverrà prima della conclusione del risanamento previsto dal piano; ciò in ragione del fatto che non erano previsti né licenziamenti né avvicendamenti.

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di raggiungere in poco più di due anni il riequilibrio economico e finanziario e potrà, quindi, adempiere regolarmente le proprie obbligazioni nei confronti sia dei suoi creditori correnti sia di quelli concordatari.

Tra gli allegati, è stata poi inserita la relazione di un professionista che attestasse la veridicità dei dati aziendali, la fattibilità del piano ex art. 161, comma 3, l.f. e la funzionalità al miglior soddisfacimento dei creditori della prosecuzione dell’attività d’impresa. La suddetta relazione ha riportato un giudizio positivo con riserve, riferibile verosimilmente alla incompleta rappresentazione, nel bilancio chiuso al 31/12/2010, delle passività potenziali, conseguente alla mancata rilevazione di certi impegni che la società ricorrente sembrava aver

assunto nei confronti di terzi (sistema bancario, alcuni fornitori)166.

Infine, prevedendo la continuazione dell’attività d’impresa da parte del debitore, in ossequio a quanto disposto dall’art. 186-bis l.f., la società ha anche presentato un piano industriale con l’analitica indicazione dei costi e dei ricavi attesi dalla prosecuzione dell’attività d’impresa, delle risorse finanziarie necessarie e delle relative modalità di copertura. Dal piano risulta che gli interventi che CERMEC intendeva porre in essere per recuperare l’equilibrio economico si sostanziavano: in un incremento dei ricavi di circa il 15% (conseguibile alternativamente attraverso tre diverse modalità, tra cui l’incremento tariffario), in una pianificazione di investimenti per € 7.200.000,00, in un mantenimento dei livelli occupazionali e sostanziale riorganizzazione dei turni di lavoro tale da consentire significativi risparmi rispetto al passato.

166 E’ il caso della garanzia concessa a Unicredit Corporate Banking S.p.A., risultante dalla Centrale

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