Capitolo 4. L’identità dell’artista: tra genere, alterità e diversità
1. La produzione artistica condizionata dall’esperienza personale
La scoperta dell’epidemia dell’Aids e l’indifferenza da parte del Governo, che individua negli omosessuali il capro espiatorio del problema, sono i principali motivi che hanno spinto gli artisti a perseguire una precisa linea di denuncia: elevare le identità sociali e politiche colpevolizzate a contenuti da comunicare al pubblico il più direttamente possibile. Félix González-Torres, artista di nascita cubana ma attivo a New York, è il simbolo di questa nuova sensibilità, in grado di comunicare con grande immaginazione e decisione messaggi legati al problema dell’omosessualità, del razzismo e dell’Aids, di cui morirà nel 1996 lasciando così un grande vuoto nel capovolgimento culturale e storico in atto. Félix González-Torres racconta della sua condizione di artista omosessuale tramite un linguaggio caratterizzato da riferimenti semplici ed anonimi, ma profondamente vicini ai luoghi e ai tempi contemporanei: l’amore, il senso di transitorietà, la morte e la malattia319.
Nel 1991, l’artista fa ricorso al pathos di un letto vuoto in Untitled, evocazione del gran numero di morti per Aids (fig. 53). La collocazione dell’opera nello spazio pubblico, senza alcuna spiegazione, potrebbe dare adito a interpretazioni soggettive, ma l’immagine di quegli incavi nei cuscini, lasciati da una testa che non si poserà più lì, è struggente quanto le mostruose immagini di sofferenza corporale320.
318 V. Zanetti, Genere e identità, in F. Poli (a cura di), Contemporanea. Arte dal 1950 a oggi, Op. cit., pag. 692.
319 V. Zanetti, Genere e identità, Op. cit., pag. 692.
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L’artista afferma: “Non c’è più uno spazio privato. I nostri desideri intimi, le nostre fantasie sono governate e gestite dalla sfera pubblica”. Nel 1991 ventiquattro tabelloni nel quartiere di Manhattan e nei sobborghi intorno a New York esponevano una fotografia in bianco e nero di un letto vuoto ma di recente utilizzato dove sono ancora presenti due forme di teste sui cuscini. L’immagine aveva uno specifico significato personale per l’artista, come il testamento del lutto dovuto alla perdita del suo amato morto nello stesso anno, e anche l’allusione all’invasione nella vita privata delle persone affette dall’Aids. Comunque il potere sovversivo delle immagini giace, come l’artista intendeva, nel suo rifiuto di aderire ad una rappresentazione singolarmente codificata. Come in molte delle altre sue opere fotografiche un segno visuale di assenza, così come una traccia fisica o un’ombra, produce un significato, significativamente differente dai differenti osservatori321.
Conformemente alle intenzioni dell’artista, “Untitled” (Portrait of Julie
Ault) (fig. 54) può essere diverso a seconda della manifestazione e del luogo in
cui si svolge, non solo in base al contesto espositivo, ma anche secondo l’interpretazione che viene attribuita. Questa opera è costituita da parole e date scelte tra eventi pubblici e privati e ricordi che Julie Ault ha proposto a Félix González-Torres nel processo di creazione del suo ritratto. L’artista ha preso in esame le informazioni fornite e ha stabilito parole e date da includere nel ritratto. Ha scelto inoltre la sequenza della versione originale del testo. Questa composizione “comune” , realizzata al tempo stesso dall’autore e dal soggetto del ritratto, affronta la questione della paternità dell’opera, interrogando aspetti come la natura dell’individualità e della soggettività. Le parole e le date incarnano eventi determinanti che articolano un racconto sviluppato nel tempo, da considerare contemporaneamente personale e collettivo, misterioso e pubblico. Secondo le intenzioni dell’artista, “Untitled” (Portrait of Julie Ault) può variare da un allestimento all’altro. La sua prima installazione, stabilita da
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Gonzalez-Torres, recitava: David 1989 Aunt Jo’s Kitchen 1963 Tier 3 1980
Tootsie Pop 1973 Democracy 1988 Skunk 1967 Some Love 1978. I ritratti di
González-Torres superano le tradizionali considerazioni sul ritratto e sulla persona, sconfinando nella vita del soggetto e del futuro proprietario dell’opera322
.
Julie Ault, come altri proprietari di ritratti simili, può decidere se aggiungere o eliminare parole e date in occasione di una mostra e il proprietario può estendere temporaneamente questo diritto a una terza persona, per esempio il curatore della mostra (o qualsiasi potenziale proprietario). Dal 1991
“Untitled” (Portrait of Julie Ault) ha subito numerose trasformazioni, tra cui
una che lo ha completamente ristrutturato. In un’altra occasione Julie Ault ha chiesto alla propria madre, telepatica, di scegliere gli elementi per mezzo di un pendolo. Per l’allestimento a Punta della Dogana, è Roni Horn, amica di Ault, che li ha selezionati e organizzati. Invitando Roni Horn a diventare “autrice” del ritratto, Ault ha fatto sì che l’opera ripercorresse le tappe del loro dialogo e della loro rispettiva amicizia con Gonzalez-Torres. Il ritratto – come un tutto e in ogni presentazione pubblica – assolve al tempo stesso la funzione di immagine e di didascalia, di processo e di oggetto. L’archiviazione di ogni presentazione è un elemento essenziale per preservare la storia delle trasformazioni del ritratto, al fine di rappresentare la natura mutevole dell’opera nell’opera323.
L’altra opera di Félix González-Torres, presente nella mostra Slip of the
tongue a Punta della Dogana, intitolata “Untitled” Blood (fig. 55) del 1992
cambia configurazione a seconda dell’esposizione in cui è presentata. Secondo le intenzioni dell’artista, deve coprire completamente il vano di una porta o estendersi da una parete all’altra di una sala espositiva, in modo tale da costituire una soglia visiva, una membrana, che i visitatori sono costretti ad attraversare fisicamente. Poco importa la forma o la dimensione dello spazio che la ospita, la
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E. Lebovici, Slip of the tongue, Op. cit., pag. 11. 323 E. Lebovici, Slip of the tongue, Op. cit., pag. 11.
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tenda deve occupare tutta l’altezza, dal pavimento al soffitto, e tutta la larghezza dell’ambiente in cui è appesa, creando un piano ininterrotto. Il passaggio attraverso l’opera, fisica e concettuale, cancella il confine tra questi due registri di esperienza. “Untitled” (Blood) è un pezzo unico, ma la sua unicità non è definita dai materiali di cui è costituito. È definita dalla proprietà, nel senso che può esistere in diversi luoghi contemporaneamente senza che questa unicità (o i diritti di proprietà) venga compromessa. Come in altri lavori dell’artista, “Untitled” (Blood) sviluppa e approfondisce il dibattito sui concetti di originalità, di proprietà e di materialità dell’opera d’arte. Qui l’opera è accompagnata da un certificato d’autenticità e di proprietà che elenca nel dettaglio i parametri specifici e tuttavia aperti del lavoro e del ruolo svolto dai proprietari o dai curatori nella sua presentazione al pubblico. I materiali specifici che costituiscono l’opera possono cambiare nel tempo per favorirne l’esposizione324
.
González-Torres ha spesso intitolato le sue opere “Untitled”, e in molti casi il titolo prevede anche un’aggiunta tra parentesi. Le parole all’interno delle parentesi – è il caso di “Untitled” (Blood) – mettono l’accento sulla variabilità dell’esperienza personale e del vissuto individuale. L’artista sperava che i suoi titoli chiamassero in causa e sottolineassero la dimensione autoritaria del linguaggio come noi la percepiamo. Per lui l’esperienza delle sue opere da parte di ciascun osservatore rappresentava la fonte primaria del loro significato325.
Nel corso della purtroppo breve e fulminante carriera di Félix Gonzalez- Torres, in una pur vasta e variegata produzione, ricorrono con una certa insistenza alcune serie di lavori che a prima vista appaiono come più simili alla tradizione formalmente molto disciplinata dell’arte minimalista e concettuale, ma anche – a un’osservazione più ravvicinata – rivelano invece un approccio di lavoro impegnato politicamente e allo stesso tempo quasi mimetizzato nel pieno
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E. Lebovici, Slip of the tongue, Op. cit., pag. 11. 325 Ibidem, pag. 11.
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controllo formale e nella particolare attenzione ricolta agli specifici contesti di esposizione. Dalla serie di grandi poster (simil-pubblicitari) esposti in luoghi pubblici, alle pile di poster più piccoli, disposti – a prima vista – compatti come vere e proprie sculture minimaliste, ma in realtà destinati a disperdersi, in quanto a disposizione del pubblico che può servirsene a piacimento, gli esempi offrono una straordinaria continuità di intenti e di risultati. Affini proprio a questi ultimi sono le multicolori installazioni costituite da precisi quantitativi di caramelle disposte in modo da equivalere a un peso determinato. Come nel caso specifico di Untitled (Portrait of Ross in L.A.) (fig. 56), l’installazione ambientale è determinata da un peso preciso (in omaggio al dedicatario del pezzo, in questo caso 79 kg circa) e dalle dimensioni dello spazio in cui sono esposte le caramelle. È importante che le dimensioni possano restare invariate fintantoché le caramelle sono esposte e che soprattutto possano restare a disposizione dl pubblico che può così prenderne. Simili suggestive installazioni sembrano diventare immagine e corpo di un’idea di arte da condividere, un invito a portare con sé una traccia, meditando allo stesso tempo sulla provvisorietà e la fugacità della nostra esistenza326.
L’altra linea di lavoro si ispira all’ambito affettivo: i suoi oggetti, sempre presentati a coppie, sono infatti pervasi da forti sentimenti nostalgici, come accade in Untitled (Perfect Lovers) del 1991 (fig. 57), dove una coppia orologi da muro, collocati l’uno accanto all’altro, segnano la medesima ora. Pur apparendo tale immagine, a prima vista, l’emblema della perfetta concordia amorosa, resta pur sempre un lato più malinconico: prima o poi, come accade in ogni meccanismo della vita, uno dei due orologi perderà il ritmo, sfalsando per sempre l’armonia. Le sensazioni più intime vengono così trasposte in un ambito pubblico che diventa l’anima di molti suoi lavori327
.
326 F. Bernardelli, Genere e identità, in F. Poli (a cura di), Contemporanea. Arte dal 1950 a oggi, Op. cit., pag. 704.
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Anche Leigh Bowery, artista performer australiano trasferito a Londra, focalizza la sua ricerca artistica su varie tematiche, personali e sociali, per l’artista il corpo mascherato, trasformato o dotato di accessori è una forma di superficie pittorica. L’artista australiano si gonfia la pancia trasformandola in una bizzarra protuberanza, si riempie il petto con il nastro da pacco ottenendo seni non disprezzabili, si forgia un piede equino e si dipinge la faccia con personaggi dei fumetti. Quest’opera di astrazione del corpo vuole essere una sfida nei confronti del conservatorismo tatcheriano e un provocatorio strumento di autopromozione in un’epoca in cui ci si aspettava che le persone come Bowery, sieropositive all’HIV, scomparissero in silenzio e chiedendo scusa328
. L’abito, e il corpo che lo indossa, sono uno strumento di proclamazione e di riconoscimento di diversità o solidarietà. Una persona appartiene senza scampo all’epoca e al luogo in cui vive, e i codici culturali sono impressi sul corpo in vario modo: magari sotto forma di dieta, di esercizio fisico o di comportamenti, o di qualcosa di meno concreto – la gentilezza, o la concezione della bellezza o della moda329.
Nel 2005 Ron Athey realizza una performance intitolata The Judas Cradle in collaborazione con la musicologa e soprano Juliana Snapper, evoca il rapporto difficile dell’artista con la religione. Da giovane Athey aveva studiato per diventare un pastore della chiesa evangelica pentecostale e traduce questa sua esperienza di glossolalia e di ricerca del profetismo in uno spettacolo lirico che mescola bellezza e tortura, scontro e sacrificio mentre l’artista si abbassa sulla punta di una piramide. Ron Athey trasferisce in galleria l’atmosfera di trasgressione dionisiaca con la iperbolica performance The Judas Cradle. Attingendo alla sua storia personale in cui cattolicesimo e cultura gay sono stati imbarazzanti compagni di letto, Athey costruisce un evento audiovisivo di grandioso misticismo che mescola i motivi della tortura e del sadomasochismo
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S. O’Reilly, Il corpo nell’arte contemporanea, Op. cit., pag. 75. 329 S. O’Reilly, Il corpo nell’arte contemporanea, Op. cit., pag. 75.
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con le immagini estatiche della ritualità religiosa. Sangue e paillettes celebrano l’ano come arma dell’omosessualità, riconoscendo nello stesso tempo la sofferenza associata alla pandemia dell’HIV330
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2. L’empatia tra gli artisti: storie di condivisione, vissuti ed