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Capitolo 2. La ricerca artistica di Danh Vo: il «frammento» tra storie d

2. Le miniature dalla Fondazione Giorgio Cin

I prestiti della Fondazione Giorgio Cini riguardano una serie di miniature, provenienti da libri di coro o da manoscritti giuridici ritagliati, foglietti e capolettera che coprono un periodo che va dall’XI al XVI secolo e testimoniano di differenti scuole, geografie e stili di miniatura175.

I frammenti derivano dalla trasformazione della funzione del manoscritto miniato dopo il 1810, quando Napoleone I, reduce dalla vittoriosa campagna d’Italia e dal conseguente vandalismo e saccheggio, sopprime gli ordini monastici. Privati della loro utilità, antifonari, graduali e salteri vengono smantellati e sono razziate le biblioteche ecclesiastiche in cui si trovano, come accade alla Biblioteca Vaticana nel 1798, i cui frutti del saccheggio saranno venduti da Christie’s nel 1825176

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Miniature ritagliate, fogli staccati dai volumi manoscritti, sono purtroppo la testimonianza di una pratica tanto incivile quanto dannosa (lo stesso Ruskin “elogiava” la sua arte di collezionare ritagli di miniature) che, attraverso i secoli, ha colpito mutilandoli, tanti e tanti codici, a volte limitandosi ad asportare dal contesto per cui erano nate iniziali e altre decorazioni, altre volte arrivando a smembrarli completamente. È compito dello studioso cercare di arrivare a ricomporre questi frammenti che, quando siano poi riuniti in serie così ricche come nel caso presente, e con criterio storico, hanno l’indubbia attrattiva di offrire una rapida antologia di una ben più vasta vicenda anche per l’osservatore non particolarmente dedito allo studio dei manoscritti177.

La vastissima collezione appartenente alla Fondazione Giorgio Cini, di cui nella mostra sono mostrati otto frammenti miniati, proviene in massima parte dal collezionista e mercante svizzero Ulrico Hoepli (1847-1935), che nel 1870

175 E. Lebovici, Op. cit., pag. 2. 176 Ibidem, pag.2.

177 I. Toesca, Miniature italiane della Fondazione Giorgio Cini, dal Medioevo al Rinascimento, Venezia, Neri Pozza Editore, 1968, pag. 11.

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apre a Milano l’omonima casa editrice e una libreria antiquaria dove, nel 1939 e 1940, il conte Vittorio Cini effettua due acquisti di gruppi di miniature, di cui farà poi dono alla Fondazione178.

Nella raccolta di Ulrico Hoepli il periodo più antico della miniatura italiana, del quale non sono ancora abbastanza conosciute le varietà di tendenze e di forme è presente con saggi importanti e svariatissimi, alcuni dei quali molto accrescono le nostre conoscenze, e sono elette opere d’arte. In fogli e frammenti della fine del secolo XI e del secolo successivo la miniatura ha modi del tutto primitivi, or ristretta a semplice decorazione quasi calligrafica, ora già rivolta ad emulare la pittura: e sempre riesce a ornare brillantemente le carte. Fogli e frammenti da attribuire al Duecento riflettono in vario grado, e con diverse deformazioni, le forme gotiche d’oltralpe; altri mostrano la miniatura emiliana in tutte le fasi, nonché in diverse sue diramazioni anche nell’Italia centrale o nelle autonome rispondenze nei codici di Siena, di Firenze e di altri centri. Un’importante varietà si aggiunge alle scuole già note, impersonata dal miniatore Neri da Rimini – finora conosciuto soltanto per documenti – che tra il secolo XIII e XIV all’antica maniera mescolò elementi derivati dall’arte giottesca179.

Nel secolo XIII la miniatura seguitò a risentire i differenti e contrastanti influssi d’Oriente e d’oltralpe; e se riguardò esemplari bizantini, informandone sue varietà che integrano largamente l’aspetto della pittura in quel secolo, assai più della pittura essa fu soggetta all’azione dello stile gotico propagato dai codici ornati oltralpe dall’arte “ch’alluminare chiamasi a Parigi”. I modelli oltramontani furono imitati nelle iniziali – di forma gotica: con sottili filigrane di rosso e di azzurro, le più comuni e piccole; con foglie acute, a gocciole d’oro, le più adorne – e negli ornati sul margine delle pagine, con steli piatti, con figure

178 E. Lebovici, Op. cit., pag. 2.

179 P. Toesca, Monumenti e studi per la storia della miniatura italiana. La collezione di Ulrico Hoepli, Milano, Hoepli Editore, 1930, pag. 12.

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grottesche o “drôleries”, accompagnando la scrittura anch’essa mutatasi in forma gotica. Le rappresentazioni figurate, spesso racchiuse dentro il campo delle iniziali, nei manoscritti esemplati più immediatamente sullo stile gotico francese, ebbero sfondi quadrettati e figure appiattite entro sottili contorni neri: un po’ per tutto, e perfino Roma, come si vede in un messale ornato nel monastero di Santa Sabina, nel 1252, appunto quando la pittura romana bizantineggiante affermava il valore plastico del colore in contrasto con quello stile oltramontano che trasponeva tutto in superficie piane colorate. E si danno codici, di chiara scrittura italiana, che si potrebbero credere francesi nelle miniature180.

a) Maestro delle Decretali di Lucca (Bologna), L’elevazione dell’ostia.

Iniziale, Italia settentrionale, 1270-1275 ca.

Frammento (0,10 x 0,08 cm) di un codice di scrittura italiana che una scritta posteriore, del secolo XVII (“Officium B.M. Virginis”), indica aver fatto parte di un uffiziolo della Madonna, o “libro d’ore”. La scrittura originaria abrasa, che ancora s’intravede sotto un ghirigoro calligrafico del secolo XVII, faceva seguito alla piccola iniziale miniata. Sotto il fregio, di uno stelo con corvi, la miniatura rappresenta la messa, all’elevazione dell’ostia, nell’interno di una chiesa, indicata da tre archi lobati: sullo sfondo d’oltremare, nel gruppo dei fedeli sono distintamente ritratte le diverse fogge di vestiario, il paramento dell’altare, la croce e l’alto calice del corporale. Mentre il sacerdote innalza l’ostia e i devoti protendono le mani, un chierico sembra ammonire uno dei presenti volgendosi a lui e posandogli la mano sulla spalla181.

b) Nerio (Bologna), iniziale ritagliata da graduale con Resurrezione di

Cristo (Iniziale Resurrexi), inizi del XV secolo.

180 P. Toesca, Op. cit., pag. 8. 181 P. Toesca, Op. cit., pag. 24.

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Nell’iniziale [R] ritagliata (0,28 x 0,18 cm), campita d’oltremare orlato di rosso, in alto, è il Cristo che risorge fuori del sarcofago; in basso, le tre Marie ascoltano con moti diversi il rosso angelo seduto sul sarcofago in atto d’indicare il coperchio rovesciato presso cui stanno tramortite le guardie, come nella rappresentazione superiore. La miniatura riunisce, in modo raro, i due tipi iconografici della Resurrezione: il primo – non ignoto, in altra forma, all’arte del primo del Medioevo – che doveva avere poi fortuna per sempre e soppiantare del tutto il più antico; questo, ancora mantenuto da Giotto negli affreschi dell’Arena, derivato dalla iconografia bizantina e imperante in Italia per tutto il Medioevo. Notevole ne è anche lo stile: la più tarda maniera bolognese del secolo XIII, rapida e impressionistica, tutta colore, vi è adoperata come in alcuni dei manoscritti miniati di San Michele in Bosco (Modena, Biblioteca Estense), oppure in quelli del San Francesco di Zara, con tanta abilità da richiamare immediatamente quella di miniature bizantine classicheggianti dei secoli IX e X sebbene ne sia in tutto distinta per la gamma cromatica e per il disegno182.

c) Miniatore anonimo dell’Italia centrale, foglio di corale – Martirio di

Santo Stefano (Iniziale E[t enim] sederunt), ultimo quarto del XIII

secolo.

Foglio intero (0,46 x 0,34 cm). Nell’iniziale [E], su fondo purpureo a filigrana bianca, S. Stefano inginocchiato prega verso la mano divina benedicente mentre viene lapidato; nel fondo è accennata un’architettura183

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d) Maestro del Seneca (Bologna), foglio proveniente da corale con Cristo

e le Vergini (Iniziale Veni sponsa Christi), primi anni del XIV secolo.

182 Ibidem, pp. 29-30. 183 Ibidem, pag. 31.

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Foglio intero (0,60 x 0,42 cm) di corale. Nell’iniziale [V (eni…)], campita d’oltremare, il Cristo è in atto di accogliere e benedire alcune sante. Nel margine inferiore, entro la voluta dei fogliami dello stelo che inquadra il foglio, un orso e un leone184.

e) Miniatore perugino dell’Atelier del Maestro dei Corali di San Lorenzo, ritagli da una Matricola di un’Arte di Perugia con Porta San Michele

Arcangelo, Porta Santa Susanna, Porta Sole, secondo quarto del XIV

secolo.

Tre miniature ritagliate. La prima (0,085 x 0,07 cm), come le altre campita di oltremare con orlo rosso, rappresenta su fondo azzurro quadrettato, e sotto un arco di porta, in campo quadrettato, una santa martire: per certo la patrona del rione di porta S. Susanna, uno dei cinque rioni di Perugia. Nella seconda (0,085 x 0,07 cm), su fondo azzurro a filigrana bianca, e sotto un arco di porta, sta il disco del sole raggiante : l’insegna del rione di Porta del Sole. Nella terza (0,085 x 0,07 cm), sotto un arco di porta e dinanzi a fondo quadrettato, S. Michele, il santo protettore del rione di porta S. Angelo, calpesta e trafigge il drago. Altre matricole dei collegi delle “arti” di Perugia, conservate integralmente, mostrano che si soleva raffigurare a capo degli elenchi degli iscritti all’arte, in ciascun rione, la relativa porta con il suo protettore o col suo segnacolo185.

f) Miniatore abruzzese, iniziale ritagliata da Antifonario Proprio del Tempo con Cristo in Maestà con santi e profeti (Iniziale Aspiciens a

longe), fine del XIII secolo.

Frammento di foglio (0,37 x 0,28 cm) di corale a grande fregio formato da un’iniziale su fondo azzurro con cornice ornata variamente. Il campo dell’iniziale, spartito orizzontalmente, rappresenta in alto il

184 Ibidem, pag. 51. 185 Ibidem, pag. 80.

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Cristo seduto in trono entro un’aureola portata da angeli mentre uno di questi, con la spada, è in atto di indicarlo al profeta e ai santi che dal basso contemplano con vari atti e sono designati dalla scritta: Amos, S. Stefano, S. Paolo, S. Giovanni Evangelista, S. Domenico. Nei girali formati da uno stelo intorno all’iniziale stanno un santo domenicano, un santo profeta e, in basso, un devoto inginocchiato. Il disegno e il colorito, alquanto confusi, dimostrano che il miniatore appartiene ad una regione d’arte molto secondaria, e si può credere che egli fosse dell’Abruzzo osservando i suoi rapporti con Bernardo da Teramo soprattutto negli alterati riflessi dei modi oltramontani. Pure, ponderando la prima impressione, è da riconoscere all’artista un senso rude ma deciso di decoratore186.

g) Maestro olivetano (Lombardia), iniziale ritagliata da corale con La

comunione degli Apostoli (Iniziale Cibavit eos), 1439.

Si tratta di una delle più rare pagine miniate da artista lombardo nella prima metà del Quattrocento. Singolarissima per l’iconografia poiché tratta di un soggetto noto nell’arte medievale, specialmente bizantina, ma poi assai raro in Occidente (dove pur lo riprese il Beato Angelico, in uno degli affreschi del convento di S. Marco, inserendolo nella successione storica dei fatti della Vita di Cristo), più ancora che nell’arte bizantina, la rappresentazione vuol realizzare una scena ultraterrena: una messa celeste assistita dagli angeli, col Redentore celebrante, in abito pontificale. L’opera dell’anonimo olivetano milanese si ritrova in molti altri codici della prima metà del Quattrocento, tra i quali occorre ricordare l’“Inferno” di Dante, della biblioteca di Filippo Maria Visconti, posseduto in parte dalla

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Bibliothèque nationale di Parigi, in parte dalla Biblioteca Comunale di Imola187.

h) Maniera di Francesco d’Antonio del Chierico, iniziale ritagliata da graduale con La Resurrezione di Cristo (Iniziale Resurrexi), 1460- 1465.

Nell’iniziale ritagliata (0,27 x 0,22 cm), su fondo d’oro a rilievo, il Cristo esce benedicendo dal sepolcro intorno al quale sono tramortite le guardie. La figurazione, consueta nelle miniature iniziali di quel salmo, è come rianimata dall’artista; nel quale è da riconoscere il celebre Francesco d’Antonio del Chierico – il più operoso tra i miniatori della bibbia di Federico di Montefeltro,e di altri codici miniati fiorentini – non tanto al bizzarro estro della rappresentazione, quanto alla fattura pittorica, quasi a macchia nello sfondo di nuvole e di cielo, e vaga nel modellato con lievi ombre e luci pur dentro i netti contorni. Anche gli ornati dell’iniziale corrispondono a quelli usati dal maestro188.

Al diffondersi della stampa, nella seconda metà del Quattrocento, mentre ancora l’opera degli amanuensi contrastava quella dei tipografi, e si formavano di manoscritti, in Italia, le grandi raccolte dei Medici, di Federico di Montefeltro, di Mattia Corvino; poi , fino al Cinquecento inoltrato, nei libri membranacei scritti a penna perché fossero più preziosi, i miniatori avevano proseguito la loro arte: essi erano stati chiamati a ornare anche i nuovi prodotti della stampa, nelle pagine iniziali sovente impresse su pergamena. Ma, abbandonato sempre l’uso dei manoscritti, mentre la stampa si giovava di altri modi di illustrazione appropriati alla sua tecnica, la miniatura perdette ogni utilità e ogni lavoro, non ebbe più né tradizioni né artefici: adoperata in fogli staccati, o in particolari rare occasioni, non fu che oggetto di curiosità, o

187 Ibidem, pp. 109-110. 188 Ibidem, pp. 136-137.

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arbitraria costrizione di artisti che si affaticavano coi loro ristretti mezzi a imitare gli effetti della più complessa pittura. Soltanto i ritratti miniati, già di uso antico, ebbero fortuna sempre maggiore; ma presto differirono in tutto dalle miniature dei manoscritti189.

La collezione di miniature italiane posseduta da Ulrico Hoepli è stata composta con lunga selezione, con gusto rigoroso e così avveduto da apprezzare non soltanto la finezza di fattura e di stile ma anche quelle qualità di effetto generale e di adattamento della pittura alla decorazione che sono essenziali nell’opera del miniatore. È formata di fogli staccati, ritagliati: e se lascia però il rammarico dei codici a cui i suoi frammenti appartennero , ci pone dinnanzi le miniature, staccate dai codici, più nettamente con le loro qualità, e con quelle rapide diversissime impressioni, di stile, di epoche, di colori190.

Le parti illustrate, immagini o capolettera, spesso oggetto di un “collage” che ricompone le pagine, finiscono allora sul mercato. Nella separazione dal testo acquistano un valore nuovo. Ci sono altre ragioni a questa «dignità figurativa» del frammento. La storica dell’arte Ada Labriola ha mostrato che il fascino per il libro stampato, la passione per le rovine e la rifioritura della storiografia nel XVIII secolo sono il cuore pulsante della collezione dello storico dell’arte britannico William Young Ottley, iniziatore della moda del cutting nella cultura anglosassone. I ritagli “su misura” vengono ricomposti secondo uno schema determinato dalle scelte e dai gusti dei collezionisti191.

Di certo nessuna lode, e nessun incoraggiamento, si può dare alla pratica di mutilare i codici miniati, già tanto frequente in passato; né cresciuto il rispetto per l’integrità dei manoscritti, è da credere o da augurare che altra raccolta pari a questa (rif. alla Collezione Heopli) possa mai essere formata in avvenire: ma conviene ammettere che l’opera del miniatore, così staccata, acquista quasi

189 Ibidem, pag. 103. 190 Ibidem, pag. 2.

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nuovo rilievo e, non collegata all’insieme del codice, si presenta più schiettamente all’osservazione e al giudizio192

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