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Capitolo 2. La ricerca artistica di Danh Vo: il «frammento» tra storie d

4. Storie di «frammenti»: Danh Vo e Jannis Kounellis

Il tema del “frammento” è ricorrente anche nelle opere di Jannis Kounellis, artista greco, uno dei massimi esponenti dell’arte povera, corrente artistica negli anni sessanta e settanta in Italia.

Nel contesto europeo, l’arte povera, per quanto accostabile alla sensibilità beusyiana, al suo coinvolgimento con l’energia intrinseca ai materiali e al suo concetto ampliato di scultura come strumento di attivazione del pensiero, si distingue per un processo vitalistico e per un’intuitiva naturalezza, intimamente radicati nella cultura italiana e nella tradizione umanistica. La designazione di “arte povera” interessa peraltro attitudini plastiche e modi operativi che si distinguono ognuno per la propria individuale originalità210.

Jannis Kounellis costruisce i suoi lavori, con forti valenze visuali e simboliche, a partire dalla dialettica che contrappone una struttura rigida, chiusa e fredda a una sensibilità calda, mutevole, errante; in senso lato, ponendo a contrasto l’inerzia della moderna conditio humana dell’era industriale al potenziale energetico di una forza naturale, primordiale, antica. La contrapposizione è formulata, per esempio, attraverso il contrasto fra un supporto rigido (carrello di ferro, lastre o contenitori di acciaio, telaio di legno) e una materia “antiformale” o addirittura viva (carbone, cotone, lana, fuoco, pappagallo, cactus). Nel 1969, a titolo indicativo, la medesima dicotomia è messa in atto attraverso l’esposizione in una galleria d’arte di dodici cavalli vivi (nel mese di gennaio all’Attico di Roma) oppure di sacchi di iuta riempiti con patate, caffè, fagioli e granaglie nello spazio istituzionale del museo (nella mostra di Szeemann a Berna)211.

Le performances di Kounellis raggiungono spesso una straordinaria forza suggestiva, situandosi come singolari eventi nel contesto della nostra

210 M. Disch, Arte Povera in F. Poli (a cura di), Arte contemporanea. Le ricerche internazionali dalla fine degli anni ’50 a oggi, Milano, Mondadori Electa, 2013, pag. 137.

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esistenza212. Gli animali dell’artista greco, pappagalli o cavalli (1967), sono una sorta di ready made vivente, la natura messa in relazione con la struttura chiusa e culturalizzata rappresentata dalla galleria, museo o altro contenitore architettonico213.

Il fenomeno che va, globalmente, sotto il nome di arte povera è un aspetto del ben più vasto fenomeno della contestazione giovanile. Gli assunti sono radicali. Non si deve fare l’opera d’arte, perché l’opera d’arte è oggetto; in una società neo-capitalistica o “dei consumi” l’oggetto è merce, la merce ricchezza, la ricchezza potere. Anche un’opera d’arte violentemente aggressiva e ideologicamente intenzionata sarebbe immediatamente assorbita e utilizzata dal sistema; la stessa ideologia, del resto, è condannata perché si riduce sempre a un progetto di trasferimento del potere. Nessuna tecnica organizzata deve essere messa in opera, tutte sono strumenti del potere; e nemmeno nessun tipo di linguaggio, perché anche il linguaggio è genere di consumo, merce nonché strumento di potere. Nessuna esperienza del passato può essere evocata o ripresa: tutta l’arte del passato è da respingere perché, essendo sempre il prodotto di tecniche organizzate, non ha realizzato la pienezza dell’esperienza estetica del mondo, ma l’ha sistematicamente repressa. Il fatto estetico, infine, vuole essere soltanto un evento in un mondo in cui, tutto dovendo accadere secondo i programmi prestabiliti, si sta perdendo il senso dell’evento, e gli stessi prodigi debbono ridursi nell’ambito di una mitologia della tecnica214

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Sebbene tutte le opere di J. Kounellis siano implicate con la storia, quindi con un senso politico, è all’interno di essa che si focalizza la politica delle sue opere. Rappresentando i sentimenti di frammentazione della vita e della cultura europea fin dalle guerre mondiali, J. Kounellis ha fatto del frammento la quintessenza del suo tema e della propria materia. Il più importante,

212 G. C. Argan, L’Arte moderna 1770-1970, Milano, Sansoni Editore, 2002, pag. 285. 213 A. B. Oliva, L’Arte oltre il Duemila, Op. cit., pag. 318.

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naturalmente, è l’uso del frammento della scultura classica che, insieme a porte e finestre murate e oggetti infiammati, è diventato qualcosa tipo la sua firma215.

J. Kounellis considera il frammento come tale e ha chiamato la sua opera l’“iconografia dell’iconoclastia”. Si tratta dell’iconografia dell’immagine frammentata, di una totalità perduta, di una visione abbandonata, del buio – ma anche di una nuova visione che nasce in uno spazio oscuro, dove ora è unito a incendi e a frammenti. Nella sua opera il frammento non ha senso in se stesso – ma solo in una totalità. Ha significato solo come un promemoria muto di una totalità perduta e come una persona bendata in atto di indicare la totalità prossima a venire. L’orientamento dell’opera di Kounellis risiede nel suo costante evidenziare la perdita di una socialità totale e il bisogno di riconquistarla all’interno della storia – temi che sono avvolti ad un sottile seme nell’uso dei frammenti216

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Per l’artista la figura di Apollo rappresenta “la richiesta di identità, un tentativo per recuperare il divino, il sacro, in un senso storico non religioso”. Si tratta del ruolo dell’artista in una sorta di recupero del sacro senza sentimentalità che, nell’ottica di J. Kounellis (fig.37), “è uno dei poteri dell’artista”. Apollo è la conseguenza della guerra: il dio osserva con uno sguardo fisso apollineo i disastri umani. I più bei prodotti della nostra civiltà giacciono rotti, quindi Apollo – archetipo della collettività – ne contempla le rovine. Ancora, possiede il futuro in esso sia come domanda che come potenzialità. L’accumulo di frammenti di sculture suggerisce sempre la possibilità di metterli di nuovo insieme, e l’artista è seduto lì pronto a farlo, o prova a farlo, sotto la guida di Apollo217.

Nelle culture tradizionali l’arte offriva definizioni della cultura prevalente e della dimensione filosofica. Ma nel momento in cui questa visione è scissa in

215 T. Mc Evilley, Jannis Kounellis, Milano, Arnoldo Mondadori Milano, 1986, pag. 118. 216 T. Mc Evilley, Op. cit., pp. 118-119.

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frammenti contraddittori, il ruolo dell’artista, nell’ottica di Kounellis, resta plasmato dalla contraddizione. L’artista deve essere nello stesso momento sociale e politico da una parte, personalmente creativo e auto espressivo dall’altra. Quando questa dimensione comincia ad evolvere, l’arte può funzionare sia come avversaria distruggendo il credo persistente del passato o positivamente per definire o delinearne uno nuovo. Questo è il grande potere dell’arte e il grande e l’autorevole ruolo dell’artista. L’artista esegue un’interruzione nel flusso della misura, o della falsa misura come nel nostro tempo; questa interruzione rappresenta un atto creativo/distruttivo attraverso cui il persistente richiamo alla vecchia regola potrebbe essere distrutto e una nuova norma trovata. Per J. Kounellis, l’artista che sperimenta qualcosa di distante rispetto alla storia in cui è realizzata l’opera non comprende la solennità della verità che appartiene in essa. La sua arte non lavora come reale. Entra nel mondo del mercato o dell’intrattenimento o dei mass media ma non lavora realmente con le radici della cultura e non affronta il problema della natura umana218.

In una sua recente mostra personale, nel 2013 mothertongue presso la Galleria Marian Goodman di Londra e nel 2015 presso il Padiglione Danimarca di cui è stato nominato l’artista rappresentate (tra l’altro le due mostre hanno lo stesso titolo), Danh Vo ha incluso l’opera intitolata Lick me lick me (2015), un busto in marmo di Apollo, frammento datato I-II secolo d.C., una copia romana inserita all’interno di una scatola di legno vintage della ditta di latte in polvere

Carnation Milk219. La scatola diventa uno strumento che invita a fissare lo sguardo in modo erotico e crudele allo stesso tempo, dato che quello che si vede è un’antica opera mutilata. Inoltre il busto, rivolto verso il basso, è inserito nella maniera sbagliata. Un taglio verticale che avrebbe dovuto rendere la bellezza del fondoschiena e dei glutei di Apollo all’interno della scatola, è invece inserito al

218 T. Mc Evilley, Op. cit., pag. 173.

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contrario: noi vediamo il taglio nitido latteo dell’incisione. In una recente mail di Danh Vo a Jörg Heiser, che aveva come oggetto la frase ‘lick me lick me’, erano allegate un gruppo di fotografie del laboratorio dove la statua di marmo è stata tagliata, con numerosi scatti, inclusa la possente lama che sezionato la statua di Apollo – uno spettacolo stranamente necrofilo – come se fosse burro, mentre un’acqua lattiginosa fuoriusciva dalla macchina220

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Sempre nella mostra presso la galleria Marian Goodman di Londra di qualche anno fa, Vo ha incluso numerosi frammenti di sculture, uno dei quali era stato posto su un davanzale. Questo comprendeva un antico frammento di una statua gotica francese rappresentante una Vergine incoronata in bilico su un foglio di compensato e sottostante una sezione di gambe di una statua romana del I-II secolo d.C. rappresentante un bambino. Una miriade di scrittori nel corso dei secoli hanno descritto di frammenti di antiche statue come sorprendenti data la loro natura frammentata, e si potrebbe pensare all’assemblaggio dei due artefatti qui come una riflessione contemporanea su ciò. Ma una volta che sono stati osservati come reali parti di corpo sezionate piuttosto che come frammenti di sculture, l’opera evoca anche le oscenità date nell’osservare un cranio vichingo utilizzato come bicchiere – il crudele ‘misuso’ di resti umani. E, in caso ci si stia domandando in che modo Vo sia venuto a conoscenza di tale oscenità, si dovrebbe essere interessati a conoscere da dove deriva il titolo dell’opera Your mother sucks cocks in hell (2015). Una delle ragioni per le quali Vo ha scelto la frase più famosa del film L’Esorcista riguarda, ha realmente ammesso, il piacere malizioso che gli procura sentirlo pronunciare dai professionisti della galleria. Si tratta di “un piacere dell’ascolto” portato avanti in occasione della Biennale di Venezia 2015 dove ha rappresentato il Padiglione Danimarca, quando le figure istituzionali hanno pronunciato il nome dell’opera nei discorsi ufficiali d’apertura della rassegna. Ma si riflette anche l’interesse di

220 J. Heiser, Exorcisms of the self. Connections across time and place in the work of Danh Vo, articolo, Frieze Magazine n°171, Londra, maggio 2015, pag. 196.

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Danh Vo nell’idea che nel momento in cui si è posseduti da un demone ciò implica il pronunciare delle parole che non si possono controllare. Significa come essere discolpati per il peccato commesso – o dal compito di rappresentare la Danimarca in una maniera istituzionale (Vo ha lasciato la nazione dieci anni fa, prima di trasferirsi a Berlino; mentre ora vive a Città del Messico, sebbene abbia ancora uno studio nella capitale tedesca)221.

Un’altra scultura esposta alla rassegna di Londra era Dimmy, why you do

this to me? (2015), anche questo titolo proveniente dal film L’Esorcista

pronunciato in un inglese stentato dalla defunta madre greca del prete. Il demone riflette i profondi sensi di colpa del sacerdote per non essersi preso cura di lei adeguatamente. Quindi, l’opera di Vo potrebbe voler parlare di verità? Il busto della statua logora e consumata della Madonna, la cui testa fa parte dell’opera

Your mother sucks cocks in hell, è costituito dalla parte inferiore della statua di

in satiro a cui gli manca la parte fallica ma ancora in possesso dei vellutati glutei marmorei. La scultura di Vo si potrebbe interpretare come l’allegoria della strana unione tra il piacere e il peccato che pervade il mondo dell’arte, dai suoi luoghi serrati di discorsi scolastici ai vari disseminati bazar. Ma si potrebbe anche leggere dell’altro all’interno: le opere riflettono anche le esperienze di Vo dovute ad una formazione cattolica, al vivere la sua identità sessuale e, più generalmente, al modo in cui la soggettività è una lunga battaglia tra impulsi contrastanti; l’opera non è altro che un ritratto, della tela della relazioni che formano il nostro “io”222

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L’opera di Danh Vo Untitled (fig.38) realizzata nel 2008 consiste in una valigia contenente una porzione di sei sezioni di una scultura medievale tedesca che ritrae San Giuseppe, acquisita intera nel 2008. L’artista ha tagliato la scultura in sei parti e ha sistemato la ciascun pezzo in una valigia scelta in base

221 J. Heiser, Op. cit., pag. 196. 222 J. Heiser, Op. cit., pag. 196.

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alle norme della compagnia aerea europea low-cost Easyjet sulle dimensioni del bagaglio ammesso in cabina223.

“L’ho segata così da poter soddisfare i criteri legati al peso del bagaglio a mano imposti dalla compagnia aerea Easyjet”, ha affermato Danh Vo nel 2007, dando una spiegazione razionale riguardo i frammenti di una statua cattolica che stava usando per questa opera. L’artista ha sezionato una statua medievale rappresentante San Giuseppe in sei porzioni da inserire in una valigia (Senza

titolo, 2008). La metà del volto del santo e alcune dita si adattano perfettamente

nel vano cerniera di una borsa in pelle. Cosa inizialmente avrebbe potuto essere qualcosa di ironico sul pragmatismo dell’economia, così come uno sfrontato eco riguardo il sequestro coloniale di manufatti esteri, si è evoluto in un registro estetico ed elaborato feticcio a sé stante224.

La lunga storia della diaspora greca, l’infanzia di Kounellis nel porto del Pireo e la sua fuga dallo storico cul de sac della Grecia moderna, costituiscono le maggiori tematiche usate dall’artista a partire dal 1967 piene di immagini di viaggio225.

Alla tematica del viaggio è unita quella del caffè. Kounellis nota che i porti – specialmente quello del Pireo – profuma di caffè. “Il caffè per me è qualcosa legata ai porti” afferma l’artista. Il caffè rappresenta il processo di import ed export, dell’andare e del venire, dell’influenza e della diffusione. Come le barche e i sacchi, segna il percorso della civiltà. L’opera di Kounellis contiene un’implicita rappresentazione dell’intero processo del commercio e del viaggio. I sacchi in cui i beni sono caricati e poi gli stessi caricati sono completati da immagini di veicoli e parti di essi. Nel 1979 alcuni pezzi antichi rappresentanti l’albero e le vele di una nave sono stati esposti appoggiati a un muro di fumo colorato. Nel 1978 il modello di una barca è stato esposto sulla

223 E. Lebovici, Op. cit., pag. 40. 224 J. Heiser, Op. cit., pag. 196. 225 T. Mc Evilley, Op. cit., pag. 110.

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sommità di una pila di sacchi di juta, prima che su una tela gialla. Quest’opera appena menzionata (e molte altre delle ultime decadi degli anni settanta introducono riferimenti alla pittura da cavalletto) aggiunge un ulteriore livello semantico implicando profezie dell’imminente ritorno della pittura da cavalletto alla ribalta dell’opera d’arte226

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Capitolo 3. La donna artista: storie di