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LA PROMOZIONE AUTOMATICA E LA DURATA DELL’ASSEGNAZIONE A

I. 1.2 AL NUOVO ART 2103 DEL CODICE CIVILE

IV.2 LA PROMOZIONE AUTOMATICA E LA DURATA DELL’ASSEGNAZIONE A

DELL’ASSEGNAZIONE A MANSIONI SUPERIORI

Abbiamo visto che uno dei meccanismi che garantisce al lavoratore il diritto alla definitiva assegnazione delle mansioni superiori è la c.d. “promozione automatica”. Un primo tratto caratteristico di questa fattispecie lo ricaviamo in via diretta dal secondo periodo del primo comma dell’art. 2103 c.c., dove stabilisce che l’assegnazione di mansioni superiori protratta oltre tre mesi o per il minor periodo stabilito dai contratti

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C. PISANI, La modificazione delle mansioni, p. 200; M. SOMVILLA, Mansioni vicarie e promozione

automatica, in Mass. Giur. Lav., 2007, p. 42.

179 L’impostazione è stata confermata e ribadita anche dalla giurisprudenza ad esempio in Cass. 11

febbraio 2004, n. 2642, in Mass. Giur. Lav., 2004, p. 412, che ha precisato che la fattispecie del sostituto programmato, sebbene reiterata in maniera frequente e sistematica e necessaria alla sostituzione di altri lavoratori assenti con diritto alla conservazione del posto, deve considerarsi giustificata dalla particolare natura dell’attività espletata e per questo deve escludersi l’intendo fraudolento del datore di lavoro diretto ad impedire la maturazione del diritto alla promozione.

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collettivi e che non sia stata disposta per sostituzione di lavoratore assente con diritto alla conservazione del posto, diventi definitiva. La definitività della modifica verticale della prestazione lavorativa comporta, oltre al diritto alla percezione del trattamento economico e normativo corrispondente, anche l’irreversibilità della posizione lavorativa così acquisita, sicché il lavoratore non potrà più essere retrocesso verso mansioni inferiori. Generalmente, il diritto alla retribuzione di livello più elevato e il riconoscimento dell’inquadramento superiore costituiscono due fatti giuridici derivanti autonomamente dalla definitività dell’inquadramento superiore, ma sono distinti tra loro, ovvero l’uno non comporta l’altro e viceversa. Infatti, qualora non si presentasse la situazione prospettata e il lavoratore volesse agire in giudizio, questo potrebbe chiedere il riconoscimento dell’uno o dell’altro diritto indipendentemente: la retribuzione superiore potrebbe essere riconosciuta, ovviamente in presenza dei requisiti legali atti a produrla, senza che venga necessariamente concesso anche il collocamento definitivo nella qualifica superiore, e viceversa180. In ogni caso, questa vicenda modificativa, chiamata appunto promozione automatica, costituisce un evento che cambia in maniera permanente l’oggetto del contratto di lavoro, tale da rendere irreversibile lo status acquisito dal lavoratore. La regola generale dell’automatismo è stata introdotta dal legislatore degli anni ’70 con il nuovo art. 2103 c.c., con l’obiettivo di impedire al datore di lavoro di mettere in pratica procedure fraudolente nello spostamento dei lavoratori verso mansioni superiori di breve durata, in quanto, mettendo al primo posto gli interessi dell’impresa, avrebbe negato ogni riconoscimento della professionalità acquisita dal lavoratore. Per tali ragioni l’intervento legislativo ha operato nel senso di rendere automatica la promozione, senza il bisogno di manifestazioni di consenso, né di atti formali da parte del datore di lavoro. È necessario precisare, però, che l’automaticità non riguarda la promozione stessa, ovvero l’adibizione a mansioni superiori, che invece come abbiamo visto deriva da una manifestazione della volontà unilaterale del datore di lavoro o consensuale di entrambe le parti coinvolte nel rapporto di lavoro, bensì attiene all’inquadramento nella qualifica superiore corrispondente alle mansioni effettivamente

180 Cass. 4 giugno 2004, n. 10661, in Mass. Giur. Lav., 2004, p. 751, 49. Cass. 8 luglio 1992, n. 8317, in

Dir. e Prat. Lav., 1992, p. 2739, 40; quest’ultima stabilisce che «l’attribuzione della qualifica superiore

corrispondente alle mansioni di fatto svolte corrisponde ad un diritto del lavoratore di natura non patrimoniale, tutelato in via autonoma dall’ordinamento (…) indipendentemente dai diritti patrimoniali derivanti da tale situazione soggettiva».

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svolte come conseguenza, “automatica” appunto, dell’assegnazione definitiva di mansioni superiori effettivamente espletate181.

La prima condizione affinché si perfezioni la fattispecie della promozione automatica è il decorso di un certo periodo di tempo nel quale vengano svolte regolarmente le mansioni superiori. L’art. 2103 c.c. stabilisce che questa fase debba durare tre mesi o un minor tempo previsto dal contratto collettivo. L’unica deroga rispetto alle tempistiche legate alla definitività dell’adibizione a mansioni superiori è prevista dall’art. 6 della legge n. 190/85, modificato dalla legge n. 106/86, nel quale per le categorie dei dirigenti e dei quadri è previsto che il periodo utile affinché lo spostamento verso mansioni superiori diventi definitivo sia di tre mesi oppure superiore in base alla previsione dei contratti collettivi182. In realtà, non è chiaro se questa norma si applichi anche agli spostamenti all’interno della stessa categoria (come prevista dalla contrattazione collettiva) in seguito all’eventuale acquisizione dell’inquadramento superiore, o solamente nei casi di passaggio da una categoria inferiore alla categoria dei quadri o a quella dei dirigenti nell’ambito delle quattro categorie previste dall’art. 2059 c.c.183

. In ogni caso, in riferimento alla regola generale dettata dalla norma civilistica, la dottrina ha osservato che il decorso dei tre mesi affinché si perfezioni la fattispecie della promozione automatica non abbia solo lo scopo di verificare l’idoneità del lavoratore alle mansioni superiori, ma anche e soprattutto indichi l’arco di tempo a disposizione del lavoratore per decidere di, eventualmente, impedire il verificarsi della promozione.

181 M. BROLLO, La mobilità interna del lavoratore, p. 305; conforme C. PISANI, La modificazione delle

mansioni, p. 186.

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Art. 6 della l. 13 maggio 1985, n. 190, modificato dalla l. n. 106/86: « In deroga a quanto previsto dal primo comma dell'articolo 2103 del codice civile, come modificato dall'articolo 13 della legge 20 maggio 1970, n. 300, l'assegnazione del lavoratore alle mansioni superiori di cui all'articolo 2 della presente legge ovvero a mansioni dirigenziali, che non sia avvenuta in sostituzione di lavoratori assenti con diritto alla conservazione del posto, diviene definitiva quando si sia protratta per il periodo di tre mesi o per quello superiore fissato dai contratti collettivi».

183 Nel senso di ammettere entrambe le fattispecie si vedano Cass. 19 agosto 2003, n. 12139, in Not. Giur.

Lav., 2004, p. 29. Cass. 6 luglio 2001, n. 9165, in Mass. Giur. Lav., 2001, p. 1002; in questa sede la

Cassazione stabilisce il principio di diritto secondo il quale il diritto, in forza delle mansioni di fatto svolte, al riconoscimento della «qualifica propria della categoria dei quadri o dei dirigenti, che può essere una soltanto o più, e, in quest’ultimo caso, indipendentemente dalla circostanza che il dipendente interessato rivesta già una qualifica compresa nella categoria dei quadri o dei dirigenti». In senso contrario, ovvero di ammettere che il maggior termine non si applicherebbe alla mobilità intercategoriale, ma solo in presenza di una mobilità c.d. ascensoriale, ossia tra categorie diverse si vedano Cass. 5 maggio 1999, n. 4515, in Riv. It. Dir. Lav., 2000, II, p. 42; Cass. 16 luglio 2002, n. 10305; Cass. 5 dicembre 2002, n. 17298, in Not. Giur. Lav., 2003, p. 52

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Da qui, il lavoratore si troverebbe nella situazione di poter intuire e conoscere le ragioni che hanno spinto il datore allo spostamento unilaterale e questo impedirebbe, quindi, l’insorgenza di qualsiasi aspettativa del lavoratore alla promozione184

. In merito alla durata di tale periodo, che configura un fatto costitutivo del diritto alla promozione automatica, sono sorti dubbi sulla sua ammissibilità in forme differenti, ovvero se sia necessario lo svolgimento continuativo delle mansioni superiori oppure se sia ammissibile anche il cumulo di periodi, fino al raggiungimento del tempo necessario richiesto dalla legge. Di fatto, l’art. 2103 c.c. non richiederebbe, tra gli altri requisiti per il perfezionamento della promozione automatica, che il periodo dei tre mesi non debba essere interrotto e infatti, l’opinione prevalente in dottrina185

abbraccia la prima possibilità e ne fa una regola generale, in quanto appunto il tenore letterale della norma non sembrerebbe consentire perplessità sulla natura necessariamente continuativa dello svolgimento delle mansioni superiori, anche perché la norma non individuerebbe archi di tempo limitati entro i quali sia possibile cumulare eventuali periodi lavorativi di esecuzione di dette mansioni. In realtà, la questione della continuità, da molto tempo oggetto di numerosi dibattiti in giurisprudenza, rimane aperta e affidata dunque all’interpretazione di autori e giudici. In ambito giurisprudenziale si era diffusa l’opinione secondo cui il lavoratore che avesse avuto intenzione di agire in giudizio avrebbe dovuto dimostrare l’intendo fraudolento del datore di lavoro, prova questa però non facile da documentare. La teoria formulata da dottrina e giurisprudenza è quella di negare in linea generale, ai fini dell’insorgenza del diritto del lavoratore all’assegnazione di mansioni superiori, che il periodo in questione possa essere non continuativo, anche se ammette in via eccezionale il cumulo dei periodi solamente nella circostanza in cui il datore di lavoro frazioni volutamente l’arco di tempo dell’assegnazione per impedire che il lavoratore possa conseguire il diritto alla promozione automatica, giacché questa condotta sarebbe un negozio in violazione della legge186. Secondo questo ragionamento, quindi, non sarebbe altrettanto valida la frammentazione del periodo qualora questa fosse richiesta da esigenze della specifica

184 F. LISO, La mobilità del lavoratore in azienda: il quadro legale, pp. 211 e 217.

185 F. LISO, La mobilità del lavoratore in azienda: il quadro legale, p. 206; A. MARESCA, La

promozione automatica del prestatore di lavoro secondo l’art. 13 dello Statuto dei Lavoratori, in Riv. Giur. Lav., 1978, I, p. 442.

186 Cass. 11 febbraio 2004, n. 2642, in http://www.snebi.it/contratti-ed-accordi-collettivi-

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attività lavorativa oppure quando fosse giustificata da necessarie sospensioni temporanee della funzionalità del rapporto di lavoro (si pensi ad esempio al periodo di malattia). Anche la prova dell’intenzione del datore di ingannare il lavoratore è stata oggetto di discussione, in particolare per quanto riguarda il mezzo ammesso per tale dimostrazione. Da una parte c’è chi sostiene l’utilità della prova in via diretta, dall’altra chi ammette l’utilizzo di semplici presunzioni di cui all’art. 2729 c.c., con attenzione verso quelle desumibili dalle caratteristiche degli intervalli di tempo in cui viene suddivisa l’assegnazione a mansioni superiori, quali la frequenza, la durata e la sistematicità. Un’altra parte della giurisprudenza, invece, accoglie una tesi più ampia, ovvero quella di permettere il cumulo dei periodi qualora le brevi assegnazioni a mansioni superiori, di durata quindi inferiore a tre mesi, siano frequenti e reiterate con sistematicità, escludendo invece la necessità dell’intento fraudolento del datore di lavoro al fine di applicare il meccanismo del cumulo. Tra i sostenitori di questa tesi troviamo anche gli autori che negano, o comunque dubitano, che l’intento fraudolento del datore integri di fatto un caso di violazione della legge, in quanto questo dovrebbe necessariamente collegarsi al valore negoziale dell’assegnazione di mansioni superiori e non tanto alla semplice esecuzione del contratto187. La giurisprudenza ora consolidata ha risolto il contrasto tra l’orientamento finora prevalente, ovvero quello concorde sull’accettazione del cumulo dei periodi solo in via eccezionale nei casi in cui la sospensione delle mansioni superiori prima del termine dei tre mesi fosse disposta dal datore di lavoro in assenza di esigenze produttive o organizzative e integrasse così l’intento fraudolento, e il filone interpretativo che, invece, non lo riteneva necessario, con una pronuncia delle Sezioni Unite188 che ha accolto la seconda impostazione. In particolare, ai fini della produzione degli effetti giuridici di cui all’art. 2103 c.c. si esclude sia la necessità di un vero e proprio intento fraudolento e della dimostrazione della ripetitività delle assegnazioni di mansioni superiori, sia la cumulabilità dei periodi nel caso di copertura di un posto messo a concorso, perché in caso di reiterazione di mansioni superiori per brevi periodo il datore di lavoro potrebbe disattendere all’obbligo contrattuale della procedura concorsuale, rendendosi così inutile la

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F. LISO, La mobilità del lavoratore in azienda: il quadro legale, p. 207.

188 Cass. 28 gennaio 1995, n. 1023, in http://adapt.it/adapt-indice-a-z/corte-di-cassazione-sezioni-unite-

28-gennaio-1995-n-1023-cumulo-di-brevi-periodi-di-assegnazione-mansioni-superiori-per-il- raggiungimento-della-soglia-prevista-dalla-legge-o-dalla-contrattazione/.

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presupposizione di tale meccanismo ai fini cumulatori; è sufficiente, invece, che esista una "preordinazione" e "programmazione", ovvero «una programmazione iniziale della molteplicità di incarichi ed una predeterminazione utilitaristica di un siffatto comportamento», che si identifichi con la propensione ad utilizzare determinati lavoratori anziché altri, anche se ugualmente idonei.

In ogni caso, che si ammetta o meno la possibilità del cumulo dei periodi singolarmente inferiori a tre mesi ma superiori per cumulo, affinché maturi il diritto alla promozione automatica è necessaria l’effettività dello svolgimento delle mansioni superiori, in quanto la ratio della norma sarebbe proprio quella di verificare le capacità del lavoratore e la sua idoneità a svolgere i compiti di livello professionalmente più elevato rispetto al precedente e non quella di natura sanzionatoria verso il datore di lavoro per la sovrautilizzazione del personale. Per questa ragione diviene fondamentale applicare il metodo corretto per il calcolo del periodo di adibizione alle mansioni superiori, che utilizza un procedimento simile a quello del calcolo del periodo di prova di cui all’art. 2096 c.c., per il quale il datore di lavoro avrebbe un determinato arco di tempo per valutare se il soggetto in questione sia adeguato al nuovo contesto lavorativo in cui è inserito. In particolare, se si consente la cumulazione di brevi archi di tempo, sono esclusi dal computo eventuali sospensioni o interruzioni del rapporto di lavoro per permessi, chiusure aziendali, nonché per assenza giustificata, come i periodi di malattia o infortunio e ferie189. Tuttavia, se queste pause non sono ammissibili nel calcolo per il raggiungimento dei tre mesi, la stessa cosa non vale in caso di continuità nel tempo dello svolgimento delle mansioni superiori, ovvero le suddette pause non sarebbero idonee ad interrompere il periodo continuativo, per cui sarebbe possibile sommare l’intervallo precedente con quello successivo. Invece, ai fini del raggiungimento del periodo necessario alla operatività della promozione si deve tener conto dei riposi settimanali, altrimenti verrebbe pregiudicato lo stesso espletamento delle mansioni superiori190, dei giorni occupati da corsi di formazione e aggiornamento per l’apprendimento delle conoscenze utili allo svolgimento delle mansioni superiori

189 Cass. 18 novembre 1999, n. 12809, in Mass. Giur. Lav., 2000, p. 113.

190 Cass. 13 dicembre 2001, n. 15766, in Mass. Giur. Lav., 2002, p. 186, secondo cui i riposi settimanali

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oggetto della promozione automatica191 e, infine, dei periodi di astensione obbligatoria delle lavoratrici madri192.