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LA VALORIZZAZIONE DEL RUOLO DELLA CONTRATTAZIONE

I. 1.2 AL NUOVO ART 2103 DEL CODICE CIVILE

II.3 LA VALORIZZAZIONE DEL RUOLO DELLA CONTRATTAZIONE

L’approfondimento circa i percorsi interpretativi intrapresi da dottrina e giurisprudenza e l’impossibilità di dare una definizione compiuta ai termini “equivalenza” e “professionalità” hanno evidenziato l’esigenza di ripensare gli strumenti di controllo dello jus variandi, in modo da renderli più coerenti alla realtà sostanziale dell’azienda in continuo cambiamento. Già a partire dagli anni ’80 si designava l’esigenza di attribuire maggiore autonomia alla contrattazione collettiva nell’ambito della mobilità orizzontale del lavoratore. All’epoca non era permesso al contratto collettivo di applicare regole derogatorie al criterio dell’equivalenza, perché, ricordiamo, prevaleva l’interpretazione rigida di tale limite, lasciando così poco, se non nessuno spazio all’autonomia collettiva. Nella pratica, invece, è precisamente la contrattazione collettiva il soggetto più adeguato a produrre un giudizio di equivalenza rispetto al valore delle differenti prestazioni lavorative, essendo questo basato su dati di tipicità ambientale, informazioni che la contrattazione collettiva sa maneggiare e valutare con notevole consapevolezza. Non sarebbe impensabile, dunque, attribuire maggiore discrezionalità al contratto collettivo nella creazione di profili professionali che si adeguino ai mutevoli assetti produttivi, né tantomeno conferirle la possibilità di derogare alla norma dell’art. 2103 c.c., facendo in modo che il secondo comma dello stesso articolo facesse riferimento solo ai patti individuali, e non anche a quelli collettivi. Queste ipotesi sono già state avanzata più volte dalla dottrina, che riconosce la difficoltà dei giudici, totalmente estranei alla concreta realtà aziendale, nel produrre un giudizio di equivalenza “impregnato di fatto”, in una materia in cui sono necessarie conoscenze di tipo tecnico ed organizzativo del mestiere specifico e dell’ambiente di lavoro. Sarebbe molto più efficace, invece, affidare ai contratti collettivi il compito di stabilire le mansioni da considerarsi equivalenti nella specifica divisione del lavoro e dell’organizzazione, piuttosto che definire o cercare sempre nuovi criteri all’interno dei quali la giurisprudenza più muoversi nella verifica dell’effettiva presenza dell’equivalenza. Tali proposte invocano l’intervento del legislatore al fine di rimuovere gli ostacoli della contrattazione collettiva alla mobilità orizzontale, di modo che sia questa incaricata di specificare i limiti dell’area dell’equivalenza professionale, oppure con l’intento di rinviare

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esplicitamente all’autonomia collettiva la definizione del rapporto di equivalenza tra mansioni diverse75. Alcuni autori sono convinti che il legislatore abbia utilizzato una formula “aperta” proprio per permettere all’autonomia collettiva di riempire la generalità dell’inciso con contenuti concreti inerenti alle singole realtà produttive. Difatti, il legislatore non si occupa della regolamentazione di determinate materie legate alle mansioni e alle relative vicende modificative, quali la classificazione delle mansioni in base alle qualifiche e la determinazione delle categorie contrattuali, lasciando la potestà alla contrattazione collettiva. È risaputo, infatti, che la contrattazione collettiva si occupa tradizionalmente della definizione del modello classificatorio dei lavoratori e del sistema di inquadramento, adattandoli nel tempo alle sempre più pressanti esigenze aziendali, nonché al cambiamento che hanno subìto i molteplici settori a livello di professionalità. Precisamente per queste ragioni è perfettamente criticabile il fatto che lo stesso soggetto che si occupa della specificazione di detta materia non sia anche legittimato ad esprimersi sul legame di equivalenza e stabilire tra quali mansioni sia possibile riscontrarlo. Di fatto, la norma civilistica non prevede nessun tipo di deroga a sostegno dell’autonomia collettiva né rinvia a questa e, anzi, il secondo comma sancisce la nullità dei patti contrari che, ricordiamo, coinvolge oltre che quelli individuali anche gli accordi collettivi.

Le numerose critiche alla mancanza di una siffatta previsione, assieme alle argomentazioni portate a sostegno della convenienza dell’intervento sulla gestione della mobilità da parte della contrattazione collettiva hanno smosso la giurisprudenza dalla sua tradizionale e ferma posizione. Un passo verso una possibile soluzione si è prospettato con un’importante sentenza delle Sezioni Unite della Cassazione, già citata nell’analisi della versione dinamica della professionalità potenziale (Cass. 24 novembre 2006, n. 25033), capace di trovare il giusto bilanciamento tra la tutela della professionalità del lavoratore, l’interesse alla conservazione del posto di lavoro e le esigenze di elasticità organizzative del datore di lavoro. Oltre al carattere innovativo del giudizio di equivalenza basato sull’esperienza professionale di carattere polifunzionale

75 A. GARILLI, A. BELLAVISTA, Innovazioni tecnologiche e statuto dei lavoratori: i limiti ai poteri

dell’imprenditore fra tutela individuale e collettiva, in Lo statuto dei lavoratori: vent’anni dopo, in Quad. Dir. Lav. Rel. Ind.,1989, p. 181. L’intento sarebbe quello di trasformare il criterio dell’equivalenza da

legale a negoziale. Si veda anche C. PISAN, Commento all’art. 2103, in E. GABRIELLI (diretto da),

Commentario del codice civile, p. 132. Egli prospetta l’eventualità che i contratti collettivi vengano

stipulati ai sensi dell’art. 8, l. n. 148/2011, che prevede la possibilità di realizzare specifiche intese sulla regolazione di determinate materie.

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che il lavoratore possiede solo potenzialmente, è stata riconosciuta anche l’importanza di valorizzare il ruolo della contrattazione collettiva attraverso l’introduzione di “clausole di fungibilità e meccanismi di rotazione”. Questo significa che la contrattazione collettiva può servirsi di strumenti convenzionali nella gestione della mobilità orizzontale tramite la predisposizione di apposite clausole che permettono l’intercambiabilità tra mansioni della stessa area funzionale e la rotazione del personale all’interno di detta area (c.d. job rotation). La fungibilità di mansioni che esprimono una diversa professionalità non è, però, indiscriminata, giacché la contrattazione collettiva deve muoversi nel rispetto dell’art. 2103 c.c. ed è condizionata dalla necessaria presenza di esigenze aziendali o di valorizzazione della professionalità potenziale dei lavoratori appartenenti alla medesima qualifica76. Dunque, secondo questo recente orientamento della giurisprudenza, l’art. 2103 c.c. pone dei “paletti” di delimitazione dell’area di legittima mobilità per evitare di arrecare danno al lavoratore in conseguenza dell’uso indiscriminato dello jus variandi da parte del datore di lavoro, ma allo stesso tempo impedisce una progressione di carriera degli stessi lavoratori inquadrati nella medesima qualifica. Per ovviare a questo problema i giudici di legittimità hanno permesso alle parti sociali di inserire all’interno della contrattazione collettiva queste clausole di fungibilità, perfettamente in linea con l’enunciato normativo, grazie alle quali è possibile stabilire all’interno della medesima qualifica una molteplicità di mansioni diverse tra loro ed esigibili da uno stesso lavoratore. In questo modo è legittima la condotta del datore di lavoro che sposti il dipendente da una mansione ad un’altra all’interno di questo ambito, nella consapevolezza del lavoratore di poter essere chiamato a svolgere qualsiasi mansione ricompresa nella suddetta area. La posizione giurisprudenziale di apertura verso l’autonomia collettiva è stata confermata anche da una recente pronuncia della Cassazione (Cass. 5 aprile 2007, n. 8596), sempre aderente all’interpretazione elastica della nozione di equivalenza professionale. La sentenza riprende, connotandolo come principio di diritto, le convenzioni delle parti sociali alla introduzione di “legittimi” e “razionali” meccanismi di mobilità orizzontale, precisando che le mansioni, seppur diverse, debbano contenere i caratteri della omogeneità ed

76 Cass. 24 novembre 2006, n. 25033: «(…) la contrattazione collettiva può prevedere una più dettagliata articolazione di qualifiche e stabilire anche un rapporto di equivalenza di mansioni distinte, ma riconducibili alla stessa qualifica».

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affinità, rimandando così alle mansioni promiscue già enunciate dalla stessa Corte in altra sede77.

Nonostante la giurisprudenza dia voce in capitolo alla contrattazione collettiva nella definizione di un’equivalenza più flessibile attraverso meccanismi di accorpamento convenzionale delle mansioni, allo stesso tempo rimane ferma sulla sua posizione nello stabilire che solo al giudice spetti la verifica finale del rispetto della tutela della professionalità del lavoratore. Tale previsione imperativa è volta oltre che ad assicurare il rispetto dell’inderogabile previsione contenuta nel primo comma dell’art. 2103 c.c., anche ad impedire che l’espediente suddetto conduca ad arrecare danno alla dignità

professionale del lavoratore78 e possa essere usato come escamotage per aggirare la

norma civilistica. Se questa previsione è sicuramente valida per l’impiego privato, la stessa cosa non vale nell’ambito del pubblico impiego, dove il recente rinnovamento dell’ordinamento ha accolto l’ipotesi di implementazione della nozione di equivalenza (art. 52, D. Lgs. n. 165/2001), per cui la contrattazione collettiva è competente nella individuazione dell’area di equivalenza professionale all’interno della quale possono essere spostati i dipendenti della Pubblica Amministrazione. L’art. 52 prevede espressamente che il lavoratore debba essere adibito a mansioni per le quali è stato assunto, a mansioni equivalenti nell’ambito della classificazione professionale prevista dai contratti collettivi o alle mansioni superiori acquisite in ragione dello sviluppo professionale o di procedure concorsuali o selettive; dunque, nell’ambito del rapporto con le pubbliche amministrazioni non assumono rilievo ai fini dell’equivalenza le precedenti mansioni in concreto svolte. Questa soluzione ha permesso di sganciare la verifica del rispetto dell’equivalenza professionale tra profili diversi alla valutazione del giudice che, come è stato detto in precedenza, è pervasa da non poche difficoltà, dal momento che la contrattazione collettiva «opera come fonte di integrazione del dettato

77 Si vedano Cass. 3 novembre 2003, n. 16461; Cass. 8 ottobre 2007, n. 21025; Cass. 8 giugno 2009, n.

13173; Cass. 17 giugno 2009, n.2593; Cass. 10 dicembre 2009, n. 25897; Cass. 11 novembre 2009, n. 23877; Cass. 31 maggio 2010, n. 13281; Cass. 14 giugno 2013, n. 15010.

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Cass., 10 dicembre 2009, n. 25897: «Anche tra mansioni appartenenti alla medesima qualifica prevista dalla contrattazione collettiva opera la garanzia dell'art. 2103 c.c. e, pertanto, il lavoratore addetto a determinate mansioni non può essere assegnato a mansioni nuove e diverse che compromettano la professionalità raggiunta, ancorché rientranti nella medesima qualifica contrattuale. E ferma restando la possibilità per la contrattazione collettiva di individuare meccanismi convenzionali di mobilità orizzontale, prevedendo, con apposita clausola, la fungibilità funzionale fra le mansioni per sopperire a contingenti esigenze aziendali ovvero per consentire la valorizzazione della professionalità potenziale di tutti i lavoratori inquadrati nella qualifica».

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legislativo»79. Tornando all’ambito dell’impiego privato, invece, pochi sono i contratti

collettivi che stabiliscono a priori quali mansioni possano essere considerate equivalenti. Sta di fatto, però, che i rinnovi degli accordi collettivi sono incardinati nella direzione di ricerca della flessibilità organizzativa, dal momento che si allontanano dai tradizionali modelli classificatori per accogliere un sistema di classificazione dei lavoratori che di fatto restringe la scala professionale aumentando, così, le mansioni professionalmente equivalenti all’interno di ciascuna di essa. Nonostante ciò, dall’analisi degli accordi collettivi appartenenti a diversi settori, emerge che una piccola parte di questi sia ancora legata alla tradizionale e rigida mobilità interna. La maggior parte, invece, è più propensa all’apertura verso la gestione flessibile di organizzazione e professionalità del lavoro, nonché di formazione. Questi ultimi, infatti, promuovono la formazione professionale, attribuendole una rilevante importanza come mezzo atto a sviluppare la professionalità del lavoratore e a permettergli di spostarsi su differenti posizioni lavorative80.

Concludendo, il dato che emerge dal tema appena presentato ci porta ad affermare che nel lavoro privato è in atto una evoluzione verso l’attribuzione di maggiore autonomia alla contrattazione collettiva nell’ambito dell’equivalenza delle mansioni, sia attraverso la previsione di meccanismi convenzionali che garantiscono maggiore flessibilità nella gestione della forza lavoro, sia grazie alla rinnovata classificazione dei lavoratori e i percorsi di formazioni per acquisire nuova professionalità. Se da una parte è vero che la strada verso il loro rafforzamento sembra spianata, dall’altra parte è necessario che l’utilizzo di tali strumenti non sia lasciato totalmente libero, ma venga sottoposto ad un controllo mirato ad evitare che venga pregiudicata la dignità professionale del lavoratore. Detto questo, lo sviluppo in tal senso andrebbe fatto trovando il giusto bilanciamento tra la valorizzazione della contrattazione collettiva come soggetto idoneo

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Sul confronto tra settore pubblico e privato nell’ambito dell’equivalenza delle mansioni si veda R. DIAMANTI, L’equivalenza delle mansioni nel settore pubblico e in quello privato: apparente diversità e

sostanziale avvicinamento, in Riv. It. Dir. Lav., 2008, I, pp. 803-816.

80 CNEL, Lineamenti della contrattazione aziendale nel periodo 1998-2006. Flessibilità retributiva,

numerica, funzionale e innovazione organizzativa, in www.cnel.it, pp. 40-41-42 e 67. Tra i CCNL che

aderiscono al modello rigido di mobilità troviamo quello dell’industria metalmeccanica e dei tessili; il settore, invece, che registra la maggiore flessibilità organizzativa è quello del credito e delle assicurazioni, seguito dai CCNL di chimici e personale non dipendente di Poste Italiane s.pa..

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alla regolamentazione della materia delle mansioni, e la tutela delle competenze professionali del prestatore di lavoro e il loro potenziamento.

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CAPITOLO III

IL DIVIETO DI DEMANSIONAMENTO