• Non ci sono risultati.

La prospettiva europea dei Balcani occidentali

Nel documento Scegliere per contare. Rapporto (pagine 32-35)

definito un percorso che avrebbe dovuto condurre, a termine, alla piena integrazione dei Paesi dei Balcani occidentali nell’Ue. Oggi a distanza di dieci anni vale la pena di interrogarsi se questa strategia abbia funzio-nato, e soprattutto se sia ancora valida e credibile, e se la prospettiva di adesione per questi Paesi debba continuare ad essere perseguita come una condivisa politica comune dell’Unione.

La risposta non può essere che positiva, ma ad alcune condizioni. È evidente infatti che la politica di allargamento dell’Unione europea, che fino al 2004 aveva costituito un grande progetto condiviso e mobilitante, soffre da vari anni di un crescente affaticamento, di scarso sostegno da parte di Governi, Parlamenti nazionali, opinioni pubbliche e media.

Nel corso degli anni le “performances” dei singoli Paesi della regione sono state oggetto di una valutazione rigorosa fino alla pignoleria, si sono moltiplicate le varie condizionalità, e scadenze e impegni nei confronti dei Paesi sotto esame sono stati oggetto di ripetuti rinvii. Si è affermato nei fatti un approccio radicalmente diverso da quello, molto più “politi-co”, che aveva ispirato il “grande” allargamento del 2004. Prevale oggi l’e-sigenza di garantire la sostenibilità politica di un progetto che ha perso popolarità nella maggioranza dei Paesi membri a causa del moltiplicarsi delle condizioni e degli esami per i candidati che stanno procrastinando le scadenze e la conclusione del processo. L’allargamento ai Paesi dei Bal-cani occidentali avanza quindi, ma a piccoli passi e con una lentezza che tradisce una scarsa volontà politica e un insufficiente senso di priorità da parte dell’Unione, a fronte di un impegno e di una determinazione dei Pa-esi candidati, che, nella grande maggioranza, hanno definito veri e propri programmi di governo attorno all’obiettivo dell’adesione alla Ue.

2. Laprospettivaeuropeadei BaLcanioccidentaLi

L’Unione non può rimettere in discussione impegni solenni e promes-se fatte a Paesi che nel frattempo si sono impegnati nel processo di avvici-namento all’Europa, sostenendone i relativi costi sociali e politici. Occor-re quindi definiOccor-re con attenzione una linea da seguiOccor-re con l’obiettivo di evitare che le aspettative dei Paesi candidati vengano frustrate da condi-zionalità eccessive e non giustificate, e da tempi di attesa eccessivamente lunghi e soprattutto imprevedibili.

Sarebbe infatti un grave errore abbandonare la prospettiva di integra-zione nell’Unione dei Paesi dei Balcani occidentali. Resta anzi pienamen-te valido l’inpienamen-teresse dell’Italia a garantire a questa regione un percorso credibile verso l’adesione, come garanzia di stabilità, di rapporti di buon vicinato e di rispetto delle regole di democrazie funzionanti, anche per-ché i costi per l’Unione dell’integrazione dei Paesi dei Balcani occidentali appaiono sostenibili sia sotto il profilo economico che sotto quello del funzionamento delle istituzioni. Si tratterà pertanto di graduare il ritmo di avanzamento del processo di allargamento, così da renderlo compati-bile con il necessario consenso politico nei Paesi membri, ma anche con l’esigenza di continuare a mobilitare la necessaria volontà politica da par-te dei Paesi candidati, assicurando che ogni anno si riesca a realizzare un qualche visibile progresso.

Le situazioni dei singoli Paesi sono molto diverse e ciascun Paese can-didato dovrà essere valutato sulla base di propri meriti.

Con il Montenegro i negoziati di adesione sono già stati avviati; e il Paese sembra ben preparato e soprattutto politicamente attrezzato per superare le numerose di difficoltà di un negoziato che richiede importanti adattamenti della legislazione interna. La Serbia, senza ombra di dubbio il Paese più significativo della regione, ha passato l’esame più difficile con la normalizzazione ormai avviata dei rapporti con il Kosovo; il negoziato di adesione partirà nel mese di gennaio di quest’anno, e c’è da augurarsi che possa costituire un incentivo anche per altri Paesi della regione. La Macedonia era pronta da tempo per l’avvio dei negoziati di adesione; ma problemi di relazioni di vicinato con la Bulgaria e con la Grecia (l’annosa e tutt’ora irrisolta questione del nome) hanno finora bloccato il processo, con il rischio che frustrazione e disincanto possano generare fenomeni involutivi e rischi di ritardi per le varie riforme interne su cui il governo si era impegnato. Sulle prospettive dell’Albania ha pesato per troppo tem-po lo stallo dei lavori parlamentari conseguenza dello scontro fra i due maggiori partiti del Paese; ora che la situazione si è normalizzata, dopo le ultime elezioni politiche, persistenti riserve di taluni Paesi membri

han-no fihan-nora impedito una decisione sull’avvio dei negoziati di adesione. La Bosnia continua purtroppo a presentare gravi fragilità strutturali e una situazione interna troppo incerta e divisa perché si possa realisticamente prevedere una sia pure remota prospettiva di avvio del processo. Infine per il Kosovo va registrato come sviluppo positivo l’avvio del negoziato per un Accordo di Associazione e Stabilizzazione; uno sviluppo tutt’altro che scontato se si considera che cinque Paesi membri continuano a non riconoscere il Kosovo come Stato indipendente.

In conclusione l’Italia, pur riconoscendo la complessità del contesto e le diverse prospettive dei singoli candidati, ha tutto l’interesse a cogliere l’occasione della sua Presidenza di turno per assicurare anche nel 2014 continuità e credibilità alla prospettiva europea dei Balcani occidentali.

Troppo importanti sono i nostri interessi (economici, di sicurezza e stra-tegici) nei confronti di Paesi oggettivamente nostri vicini per permettere che stanchezza e frustrazioni rimettano in discussione gli impegni dell’Eu-ropa nei confronti dei Paesi dei Balcani occidentali.

Nel documento Scegliere per contare. Rapporto (pagine 32-35)