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II. LE FATTISPECIE SOGGETTIVE DI PERICOLOSITÀ: STORIA ED

2. Presupposti oggettivi

2.3. La provenienza illecita dei beni

Il secondo presupposto oggettivo delle misure di prevenzione patrimoniali è individuato dal Codice antimafia sulla scorta della normativa previgente197.

Si tratta dell’illecita provenienza dei beni, parametrata dall’art. 24 del medesimo Codice su due giudizi alternativi:

a) la sproporzione del valore dei beni rispetto al reddito dichiarato o all’attività economica svolta;

b) il costituire i beni il frutto o il reimpiego di attività illecite.

Le due situazioni si pongono in rapporto alternativo, alla stregua della lettera della legge. Tuttavia, nella prassi applicativa, esse tendono a confondersi o

196 Cfr. Cass. pen., sez. II, 6 maggio 1999, n. 2181, in Ced, rv. 213853, secondo la quale «tra le

attività illecite della persona sottoposta a misura di prevenzione, v'è anche l'evasione fiscale: e ciò anche se sia stata chiesta ed ottenuta l'applicazione del condono così detto "tombale". Ma questa regola, volta a sanzionare più efficacemente chi è indiziato di appartenere ad associazioni di tipo mafioso, non vale certamente per i terzi estranei, per i quali dovrà tenersi conto – ai fini di accertare la loro effettiva capacità di acquisizione del patrimonio – anche dei redditi non dichiarati al fisco, e per i quali è stato effettuato il condono». In termini analoghi v., altresì, Cass. pen., Sez. VI, 28 novembre 2012, n. 49876, in Ced, rv. 2539576, relativamente alla confisca ex art. 12-sexies d.l. n. 306/1992, per la quale su questo tema trovano applicazione i medesimi principi.

197 Invero, la disciplina di tale presupposto ha conosciuto nel tempo talune modifiche, sia con

riferimento al sequestro che con riguardo alla confisca. Sicché, il testo originariamente previsto dall’art. 2-ter della legge n. 575/1965, introdotto dalla legge n. 646/1982, è stato dapprima modificato relativamente al sequestro (art. 2-ter, comma 2) dall’art. 3 della legge n. 256/1993, che ne ha individuato quale presupposto autonomo, accanto alla già prevista provenienza illecita o al reimpiego dei beni, il loro valore sproporzionato rispetto al reddito dichiarato o alla (neo introdotta) attività economica svolta (laddove tale sperequazione aveva sino ad allora costituito mero indice sintomatico dell’origine illecita dei cespiti). La confisca, in tale contesto normativo, derivava dal riscontro dei presupposti del sequestro, salva la prova della legittima provenienza dei beni offerta dal proposto. Successivamente, il d.l. n. 92/2008 (convertito dalla legge n. 125/2008) ha introdotto un’autonoma disciplina per individuare i beni suscettibili di confisca, ricalcando l’art. 12-sexies del d.l. 306/1992 (convertito dalla legge 356/1992) in tema di confisca misura di sicurezza patrimoniale (c.d. confisca obbligatoria dei valori ingiustificati). In tal modo sembra venire meno il parallelismo tra i requisiti del sequestro, misura cautelare, e della confisca. Siffatto impianto normativo è da ultimo confluito nel Codice delle leggi antimafia, rispettivamente agli artt. 20 (sequestro) e 24 (confisca).

sovrapporsi, nella misura in cui dalla sproporzione dei beni si trae indice sintomatico dell’origine illecita dello stesso198.

a) La sproporzione.

In particolare, la sproporzione è valutata avendo come punto di riferimento, alternativamente, il reddito dichiarato ai fini impositivi ovvero l’attività economica svolta. Mentre il primo elemento manifesta una dimensione patrimoniale statica, il secondo prende in considerazione l’aspetto dinamico della produzione di ricchezza.

In questo senso, la previsione dimostra di volere agevolare l’assoggettabilità alla misura reale di tutti i cespiti di provenienza illecita, quale che ne sia la fonte, senza correre il rischio di dare luogo a discrasie laddove le dichiarazioni fiscali, come pure accade, attestino un ammontare forfettariamente inferiore a quello reale. Sicché, stanti i limiti propri del dato fiscale, talvolta significativamente discordante dal dato reale, il raffronto va posto in essere alternativamente con l’attività economica svolta.

Di talché il proposto ha la possibilità di allegare gli eventuali redditi d’impresa, aggiungendoli a quelli dichiarati, al fine di dimostrare la provenienza legittima dei beni sequestrandi o confiscandi. Parimenti il medesimo soggetto può fare per ogni altra tipologia di reddito lecito.

Ciò non toglie che, pur dimostrando un’astratta capacità patrimoniale idonea all’acquisto del bene, esso venga comunque assoggettato alla misura patrimoniale in quanto entrato nell’asse patrimoniale del proposto per derivazione da attività illecita.

La giurisprudenza ha chiarito che l’indagine sulla sproporzione va posta in essere con riferimento a ogni singolo cespite di cui l’asse patrimoniale del proposto consta, non potendo tale giudizio consistere in una valutazione complessiva e totalitaria del patrimonio del soggetto199.

Inoltre, i termini del raffronto della sperequazione non vanno individuati nel reddito o nell’attività economica al momento della proposizione della misura rispetto a tutti i beni presenti nel patrimonio, bensì nel reddito e nell’attività

198 Cfr. Cass. pen., sez. VI, 26 febbraio 1998, in Cass. pen., 1999, p. 3551. 199 Cfr. Cass. pen, sez. VI, 17 settembre 2008, in Ced, rv. 241607.

economica svolta al momento del singolo acquisto, tenendo in considerazione il valore del bene di volta in volta acquistato200.

Sicché, la sproporzione si atteggia come fattispecie circoscritta sul piano temporale, dovendo consistere nella comparazione tra due soli elementi (il valore del bene e il reddito dichiarato ai fini delle imposte ovvero l’attività economica svolta) con riferimento ad un preciso momento (l’epoca dell’acquisto del cespite)201.

La dottrina avverte circa la complessità e la speciale competenza tecnica implicate dalla ricostruzione del patrimonio del proposto e della relativa capacità di spesa, specie laddove riferita a momenti passati rispetto a quello di proposta della misura. Ciò, stante la non sempre agile tracciabilità o documentabilità delle poste attive dello stato patrimoniale202.

Ne consegue che il reddito dichiarato ai fini fiscali è solo un punto di partenza e non di arrivo, ex se non dirimente ai fini della valutazione della sproporzione. Piuttosto, è sulla base di successive integrazioni documentali, peritali o di consulenza di parte, che il giudice della prevenzione accerta la sproporzione del valore dei beni. Peraltro, le risultanze documentali sono comunque superabili, laddove l’attività economica svolta dal proposto appaia verosimilmente più redditizia 203.

b) Frutto o reimpiego di attività illecite.

Come precedentemente ricordato, il giudice dispone la confisca (dei beni già sequestrati ex art. 20 del Codice antimafia) laddove sproporzionati nei termini

200 Così ha statuito Cass. pen., sez. un., 17 dicembre 2003, in Cass. pen., 2004, p. 1118, con

riferimento all’omologo requisito della sproporzione previsto dall’art. 12-sexies della legge n. 356/1992, formulando il principio di diritto estensibile alla confisca di prevenzione.

201 A.BALSAMO-C.MALTESE, Il codice antimafia, cit., pp. 45-46.

202 S.ASTARITA, Presupposti e tipologia delle misure applicabili, in S. Furfaro (a cura di), Misure

di prevenzione, Torino, 2013, pp. 394 ss.

203 Ibidem. Con la precisazione che, in ogni caso, laddove i beni acquistati siano proporzionati

rispetto al reddito fiscalmente dichiarato, al giudice è precluso estendere il thema probandum alla capacità dell’attività svolta dal proposto di produrre quel reddito da parte, essendogli inibita la verifica della fedeltà dei dati contabili con la capacità effettiva dell’impresa di produrre la ricchezza dichiarata. Tale limite è superabile solo laddove le dichiarazioni fiscali vengano smentite da ulteriori risultanze istruttorie.

anzidetti, ovvero, alternativamente, laddove risultino essere il frutto o il reimpiego di attività illecita.

Le nozioni di “frutto” e di “reimpiego” di attività illecita, di cui il bene sequestrando o confiscando deve costituire il risultato, permettono di ricomprendere nell’ambito della misura patrimoniale tutti quei cespiti avvinti ad un reato da un rapporto di derivazione, sia essa diretta o indiretta.

Sicché, laddove un bene risulti esito di un’attività illecita, deve essere disposto il sequestro e la confisca altresì degli incrementi o del reimpiego delle risorse finanziarie derivanti dal bene medesimo204.

Nondimeno, la giurisprudenza opina nel senso della irrilevanza del nesso causale tra la provenienza illecita del bene e la precipua attività illecita svolta dal proposto. In particolare, non occorre individuare un nesso causale tra la condotta criminale che ha determinato la sussunzione del soggetto nel novero di una delle categorie di pericolosità (ex art. 16 del Codice antimafia) e l’illecita provenienza del bene. È sufficiente la sola dimostrazione della derivazione criminale del cespite, quale che essa sia, senza che occorra uno specifico nesso di pertinenzialità con una particolare tipologia di reato. Infatti, una volta accertata la pericolosità del soggetto, è consentita la generale e indistinta ablazione di beni di origine illecita205.

2.4. (Segue). ...e il relativo onere di allegazione.

Al momento del sequestro, trattandosi di un provvedimento normalmente emesso inaudita altera parte, gli elementi di prova a fondamento della misura sono

204 Cass. pen., sez. VI, 22 gennaio 2009, n. 17229, in Ced, rv. 243664. Tuttavia, laddove nel circuito

illecito del bene si inscrivano somme di denaro di provenienza senz’altro lecita, la misura patrimoniale sarà circoscritta alla sola quota del bene di provenienza illecita (ovvero del suo reimpiego). Ciò al fine di bilanciare le esigenze di difesa sociale proprie della prevenzione patrimoniale con quelle del rispetto della proprietà (cfr. Cass. pen., sez. VI, 22 gennaio 2009, n. 17229, in Ced, rv. 243664).

205 Cfr. Cass. pen., Sez. I, 17 maggio 2013, n. 39204, in Ced, rv. 256140. In particolare, a tenore di

tale pronuncia, si è stabilito che “in tema di misure di prevenzione patrimoniali, considerato che le disposizioni sulla confisca mirano a sottrarre alla disponibilità dell'indiziato di appartenenza a sodalizi di tipo mafioso tutti i beni che siano frutto di attività illecite o ne costituiscano il reimpiego, senza distinguere se tali attività siano o meno di tipo mafioso, è legittimo il provvedimento di confisca di beni del prevenuto che ne giustifichi il possesso dichiarando di averli acquistati con i proventi del reato di evasione fiscale”.

quelli offerti dall’accusa che propone l’applicazione della misura. Il proposto, dunque, non ha possibilità di contestare tali assunti.

Inoltre, per disporre il sequestro occorre che sussistano “sufficienti indizi” che i beni costituiscano frutto o reimpiego di attività illegali.

Diversamente, nel successivo momento della confisca, il contraddittorio si attua in maniera piena. I terzi, dunque, possono effettuare le contestazioni relative a quanto risultante dal sequestro. Parimenti, l’accusa può effettuare delle integrazioni probatorie.

Per procedere a confisca dei beni previamente sequestrati occorre, diversamente dal sequestro, la “prova” che i beni siano senz’altro frutto o reimpiego dell’attività illecita, mentre scompare il riferimento ai sufficienti indizi. Sicché, l’accusa deve provare la derivazione illecita dei beni sulla scorta di elementi fattuali, anche indiziari purché gravi, precisi e concordanti, cioè assistiti da una pregnanza rappresentativa tale da rendere indubbia detta provenienza206.

La dottrina osserva non trattarsi di inversione dell’onere probatorio207. Infatti, a fronte della prova offerta dall’accusa e ritenuta idonea dal giudice in sede di sequestro, i terzi intestatari del bene possono addurre elementi finalizzati a inficiare le ricostruzioni dell’organo proponente. Ciò, in particolare, introducendo nel procedimento di prevenzione anche semplici elementi la cui deduzione risulti difensivamente efficiente, ma non prove a proprio discarico.

A fronte di allegazioni siffatte, il giudice è onerato di una verifica preliminare, finalizzata a riscontrarne la verosimiglianza e congruenza. Sicché non è possibile, da parte del terzo, allegare ricostruzioni meramente possibili e ipotetiche. Egli deve, piuttosto, indicare circostanze suscettibili di riscontro logico o fattuale208.

206 In tema di formazione e valutazione della prova nel procedimento di prevenzione sia consentito

il rinvio a B.BOCCHINI, La prova nel procedimento di prevenzione, in A. Gaito (a cura di), La prova penale, vol. II, Torino, 2008, pp. 888 ss.; A.FURGILE, La disciplina della prova nel procedimento applicativo delle misure patrimoniali di prevenzione, in A. Bargi-A. Cisterna (a cura di), La giustizia patrimoniale penale, Torino, 2011, pp. 429 ss.

207 F.MENDITTO, Presente e futuro delle misure di prevenzione (personali e patrimoniali): da misure

di polizia a prevenzione della criminalità da profitto, in www.penalecontemporaneo.it, 23 maggio

2016.