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Bucine, Arezzo V Elementare

Io, se fossi in Africa, non riuscirei a parlare con nessuno, perché parlano in una lingua diversa dalla nostra, però li aiuterei a mangiare roba buona e li aiuterei ad essere puliti. Loro non mangiano cibo come il nostro, perché sono poveri e devono mangiare poche cose e perciò, se fossi là, riuscirei a farli mangiare bene e cose buone. Non si vestono perché non possono comprare i vestiti e non hanno l’acqua. Lì, ci sono tantissimi insetti e c’è chi muore per questo. Io li aiuterei a mandar via gli animali e farli lavorare per fargli avere soldi, perché non possono comprare niente, perciò se fossì là, li aiuterei. Loro non vanno a scuola e non sanno né leggere, né scrivere, perché le maestre non ci sono e perciò, gli insegnerei a scrivere e a leggere molto bene. Gli insegnerei a parlare Italiano e a costruire tante cose. Per me non sarebbe una noia, ma un divertimento, perché riuscirei a farli essere contenti in tutto, sia per cibo, che per lingua e anche per costruzioni. Imparerebbero a fare il cibo, se li aiuterei. Gli insegnerei tutto completamente all’infuori che le parolacce e le bestemmie107.

Montecchio Maggiore

IV Elementare

Se i miei genitori fossero neri, io pemserei che sarebbero arrivati dall’Africa. Oppure li metterei in lavatrice con Dasch, Dasch Ultra, Omino Bianco, Atlas, Ace detersivo, Avam Dixan 2000, Coccolino, Aiax, così sarei sicuro che ritornerebbero normali. Oppure prenderei il pennello e gli pitturerei la faccia di bianco e di rosa. Tutte queste cose, le farei, per non far notare alle altre persone che i miei genitori sono neri108.

Questi sono due dei temi dei circa settemila esaminati dall’antropologa Paola

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Tabet P., La pelle giusta, Einaudi, Torino, 1997, p.166.

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Tabet. Alcuni dei quali possono essere letti nel volume La pelle giusta. Il testo della Tabet è un documento prezioso che conferma certa ipocrisia della società italiana di oggi. Pubblicato nel 1997, creando un giusto scalpore, riesce a cogliere quello che ancora oggi, dopo dieci anni dalla prima edizione, è l’ossessione e la paura degli altri. L’età dei bambini coinvolti, la franchezza, la carica emotiva dei loro lavori mettono in crisi l’affermazione per la quale “gli italiani non sono razzisti”. In questi temi non c’è quella doppiezza dei buoni sentimenti che troviamo nel mondo degli adulti, la paura è esplicitata, senza circumnavigazioni vocali. I temi raccolti dalla Tabet mettono in piazza quello che serpeggia nelle menti e nei cuori delle famiglie italiane, ossia che la pelle giusta è quella bianca. Ma non solo nel senso del colore, il bianco nella fattispecie ha una valenza socio-economica più amplia. Il bianco è il benessere, la ricchezza, i soldi, la civiltà. Chi non partecipa alla civiltà dei consumi è automaticamente fuori, automaticamente nero. Quindi è nero l’africano, ma sono neri anche bosniaci, rom, albanesi. La ricerca è stata condotta in scuole di tutta Italia, dal Veneto alla Sicilia, e i risultati sono stati veramente inquietanti. Quello che emerge dall’analisi della Tabet è un mondo in cui il sapere adulto trasmette ai giovanissimi un’ansia per tutto il mondo che li circonda. I bambini infatti sono animati da sentimenti contradditori, divisi tra schifo e pena, simpatia e rifiuto. La prima edizione del testo risale alla fine degli anni ‘90, in un periodo in cui l’Italia capisce che i migranti non sono accidentali e temporanei, ma sono arrivati per restare, per far parte della società, per incrementare con le loro braccia i lavori che gli italiani non volevano fare più. Negli anni ‘90 l’immigrazione comincia a coniugarsi al plurale, non c’è preponderanza di un gruppo su un altro, è un’immigrazione frammentata che popola l’Italia di lingue e attitudini diverse. Una vera “insalata mista” che proprio in quegli anni prende la forma della stabilità grazie ai ricongiungimenti famigliari, non sempre facili, visto le varie leggi sull’immigrazione in vigore basate più sull’emergenza che sulla stabilità. È un’Italia che stava cambiando quella del 97, un’Italia che vede per la prima volta nelle aule scolastiche i figli dei migranti. La migrazione è una realtà dalla metà degli anni ‘70 quando i primi ad arrivare nella penisola erano gli abitanti delle ex colonie, una realtà che poi si è diversificata a partire dagli anni ‘80. Però i temi dei ragazzi non sono legati all’immigrazione e al panorama che cambia attorno alle loro vite. Il pensiero razzista non è mai legato solo ai fatti contingenti, non nasce perché aumentano gli immigrati, nasce perché è latente nella società. Come afferma la Tabet nell’introduzione al volume:

Il motore di automobile può essere spento, può essere in folle, può andare a 5000 giri. Ma anche spento è un insieme coordinato, gli elementi messi a punto

e collegati tra loro e, con un’opportuna manutenzione, pronti a entrare in movimento quando la macchina viene accesa. Il sistema di pensiero razzista che fa parte della cultura della nostra società è come questo motore, costruito, messo a punto e non sempre in moto né spinto alla velocità massima. Il suo ronzio può essere quasi impercettibile, come quello di un buon motore in folle. Può al momento buono, in un momento di crisi, partire109.

Ed è di fatto quello che è successo con la morte di una signora romana Giovanna Reggiani. La donna è stata aggredita, seviziata e rapinata da un giovane rumeno di 24 anni. Dopo averla seviziata, l’ha colpita con un oggetto contundente e ha gettato poi il corpo della povera donna nel fosso. Il giovane è stato arrestato quasi subito dietro l’accusa di una sua connazionale che ha notato qualcosa di strano nel comportamento del giovane. Un triste fatto di cronaca, un dolore indicibile perpetrato sul corpo di una donna e diventato in breve termine un episodio che ha messo in luce la fragilità del modello multiculturale italiano. Nei giorni successivi al fatto si è registrata una deriva emotiva che ha coinvolto esponenti di destra e di sinistra, tutti presi a mostrare il “massimo” cordoglio alla famiglia della donna e agli italiani; nonché un interessato pugno di ferro contro l’immigrazione clandestina. Si è vissuto una parentesi di linciaggio mediatico che non ha risparmiato nessuno. Un esempio dei toni dei giorni successivi alla morte della sig.a Reggiani lo possiamo osservare leggendo questo brano tratto da un blog della fiamma tricolore:

Roma insanguinata, Roma abbandonata, Roma ostaggio di bande di immigrati.

Ancora violenza, ancora terrore, ancora una vittima. La nostra città è ormai ostaggio di bande di immigrati, clandestini e non (ormai i Rom rumeni sono comunitari…), che continuano ad insanguinare la Capitale. Quanto dobbiamo attendere affinché le Istituzioni intervengano? Sentiamo parlare di pacchetti sicurezza, intanto le uniche mosse fatte da questo governo internazionalista e neocomunista sono state quelle di abrogare il reato di clandestinità, di cancellare la Bossi-Fini e di spalancare le porte all’immigrazione selvaggia […]

Tutta la Fiamma Tricolore è vicina, in questo terribile momento, alla famiglia

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Reggiani. Registriamo ancora una vittima di una politica sull’immigrazione scellerata e troppo legata a regole dettate dal buonismo e della falsa ideologia comunista, che per anni ha diffuso i valori della falsa accoglienza e della falsa solidarietà. Di fatto, in questi anni, i neo-comunisti hanno solo consegnato la nostra nazione a bande d’immigrati. Oggi stiamo solamente raccogliendo i frutti degli errori di chi male ha amministrato l’Italia. […] Da tempo ci battiamo contro l’immigrazione selvaggia e non regolata e contro la tolleranza nei confronti della clandestinità. Continueremo a lottare per difendere la nostra identità nazionale. Roma torni ai romani, così come l’Italia torni italiana. Blocchiamo l’immigrazione, espelliamo i clandestini, chiudiamo i campi rom e fuori chi si macchia di reati110.

La destra, non solo quella estrema, cavalca stereotipi razzisti, la sinistra invece di produrre politiche culturali che siano anticorpi reali al degrado e alla violenza, cavalca gli stessi spiriti negativi. La situazione esasperata nei toni, diventa una realtà da incubo per i tanti cittadini rumeni della capitale e non. Il rumeno diventa il capro espiatorio di una situazione intensificata per mille motivi differenti, non ultima la crisi economica che ha investito la penisola italiana negli ultimi dieci anni. Capro espiatorio significa in quei giorni sgombri forzati per molte comunità rom che vivono ai bordi delle grandi città. Il governo, per non perdere consenso politico, si affretta a varare un decreto espulsioni (31 Ottobre 2007).

“I cittadini romeni, non i cittadini europei in generale, sono il vero obiettivo di questo decreto di espulsione” dirà in una intervista Judith Sunderland, che monitora per Human Rights Watch il rispetto dei diritti nei Paesi dell’Unione europea. La misura giunge in un momento in cui in Italia si verifica un’ondata di azioni della Polizia e di azioni violente da parte di cittadini italiani contro i cittadini rumeni. L'espulsione del cittadino comunitario può essere adottata anche tenendo conto delle segnalazioni motivate dal sindaco del luogo di soggiorno del cittadino dell'Unione o del suo familiare. La dichiarazione di presenza sul territorio italiano, poi, può essere effettuata presso un ufficio di polizia, secondo modalità demandate a un decreto del ministero dell'Interno da emanarsi entro 30 giorni dall'entrata in vigore della legge di conversione del decreto. In caso contrario, la data di ingresso si presume, salvo prova contraria, che sia superiore ai 3 mesi. L'allontanamento può essere disposto per

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motivi di ordine pubblico o sicurezza dello Stato, pubblica sicurezza, motivi imperativi di pubblica sicurezza, con comportamenti che costituiscono una minaccia concreta, effettiva e grave alla dignità umana, ai diritti fondamentali della persona o all'incolumità pubblica. Oppure per cessazione delle condizioni che determinano il diritto di soggiorno per cui si può continuare a permanere sul territorio dello Stato, come nel caso del reddito dove bisogna dimostrare di possedere risorse economiche sufficienti È compito del Ministro dell'Interno disporre l'allontanamento per motivi di ordine pubblico o sicurezza dello Stato il divieto del reingresso previsto è di non oltre 10 anni. In caso di motivi di pubblica sicurezza, è il prefetto, territorialmente competente secondo la residenza o dimora del destinatario del provvedimento, a disporre l'allontanamento. In questo caso l'interessato deve lasciare il territorio nazionale non prima di un mese o in 10 giorni (per i casi più gravi). La durata del divieto di reingresso non può essere superiore a 5 anni. C'è anche una formula che prevede l'allontanamento immediato, invece, per motivi imperativi di pubblica sicurezza. In questo caso è il questore a disporlo (ma potrà farlo anche il ministro dell'Interno e il prefetto) tenendo conto anche di eventuali condanne, per reati gravi, emesse da giudici italiani o stranieri. L'esecuzione è sospesa fino alla convalida del giudice, che deve essere fatta con decreto motivato entro le 48 ore successive, durante le quali gli interessati sono trattenuti presso i Cpt o nei locali delle Questure. Al prefetto, infine, l'incarico di disporre l'allontanamento per cessazione delle condizioni del diritto di soggiorno111.

La situazione che si è creata in Italia dopo la morte della signora Giovanna Reggiani, ma anche il quadro dipinto dai temi raccolti dalla Tabet nel suo volume La pelle giusta, mostrano un sistema “razzista” latente, con scoppi improvvisi, ma di lunga costituzione. A questo si deve aggiungere che il rumore di fondo del razzismo, fatto di barzellette, modi di dire, scambi farseschi fa parte di un retaggio comune che i bambini della Tabet hanno assorbito nelle mura delle loro conoscenze, in famiglia e a scuola. C’è un razzismo quotidiano a cui l’italiano medio è esposto e si è in qualche modo assuefatto, tanto da non farci più caso, tanto da non considerare quella battutina o quella spigolatura come prova di un razzismo latente. La paura del diverso, la diffidenza, la chiusura verso l’altro hanno delle importanti radici storiche, come ben sottolinea la Tabet non nascono ad un tratto. È frutto di una costruzione storica che affonda le radici in un pensiero coloniale che tanti danni ha fatto non solo

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http://hrw.org/italian/docs/2007/11/07/italy17281.htm

nei colonizzati, ma nella mente stessa dei colonizzatori112.

Il periodo coloniale, come visto in precedenza, è stato completamente rimosso nella storiografia e nel pensiero comune (pubblico) dell’Italia repubblicana. In realtà il periodo coloniale ha seguito in un certo senso il destino del fascismo. Del ventennale regime mussoliniano tante ombre non sono state rivelate. Anche perchè in Italia c’è stato un riciclo formidabile di dirigenti, membri di partito, nomenclatura in genere dal regime all’Italia repubblicana. Basti pensare che ideologi fascisti e razzisti, molti dei quali erano firmatari del Manifesto della difesa della razza, sono poi stati successivamente reintegrati nelle loro cattedre universitarie come se niente fosse accaduto. Conveniva al potere dimenticare il fascismo e ancor più il colonialismo, troppi legami ancora, troppe ombre. Nel dopoguerra paesi come l’Etiopia e la allora Jugoslavia avevano chiesto di poter “estradare” e processare i criminali di guerra (come Badoglio, Graziani) che tanto male avevano procurato ai loro paesi, alle loro genti. La risposta fu sempre un No abbastanza secco, perché l’Italia serviva all’epoca in chiave anticomunista, c’era la grossa paura che l’Italia, il paese con il più forte partito comunista d’occidente, potesse diventare l’avanguardia rossa nel cuore dell’Europa filoamericana. Per questo motivo le richieste di Ex Jugoslavia ed Etiopia non furono mai soddisfatte. Forse per questo, anche se non è l’unico motivo, in Italia i discorsi sul colonialismo passarono direttamente all’oblio113.

C’è da aggiungere che presto si creò in Italia una vera e propria leggenda metropolitana sul colonialismo e sul comportamento delle truppe in terre d’Africa e d’Albania (per non parlare poi del Dodecanneso e della ex Jugoslavia). Una leggenda metropolitana che trova eco ancora oggi, ossia quella del colonialismo bonario, dei cosiddetti italiani brava gente. Un esempio concreto è quello del film Mediterraneo di Gabriele Salvatores, premiato agli Academy Awards nel 1992 come miglior film straniero. Il film conclude la cosiddetta trilogia della fuga, ovvero il trittico di film diretti da Salvatores dedicati alla poetica della delusione e della fuga verso una nuova forma di interiorità. La trama del film è molto interessante al fine dei discorsi che si stanno conducendo in questa sede. Giugno del 1941. Otto militari italiani sbarcano su

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Tabet P., La pelle giusta, op.cit., pp.V-XVIII.

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Notizie tratte anche da Fascist Legacy ("L'eredità del fascismo") un documentario in due parti sui crimini di guerra commessi dagli italiani durante la Seconda Guerra Mondiale, realizzato dalla BBC e mandato in onda nei giorni 1 ed 8 novembre 1989 in Gran Bretagna.

una piccola isola dell'Egeo con il compito di stabilire un presidio italiano. L'isola sembra deserta, probabilmente abbandonata dalla popolazione greca che ha subito la precedente sanguinosa occupazione tedesca. Il comando del tenente Montini, un insegnante di latino e greco, fanatico della pittura e della classicità, si trova a comandare un gruppo di persone assolutamente inadatto alla minima attività militare. Salvatores ci mostra un gruppo di gente che vorrebbe dedicarsi ad altro, a far l’amore probabilmente. L'isolamento geografico, l'impossibilità di comunicare con il comando centrale (la radio è in avaria) e la solitudine dell'isola permettono ai vari commilitoni di dedicarsi, mai come prima, a loro stessi, ai loro interessi. I greci, che non avevano lasciato l’isola, ma si erano nascosti cominciano ad osservare gli italiani e una volta capito che sono “brave persone” escono allo scoperto. .La popolazione è composta esclusivamente da donne, vecchi, bambini e da un Pope. L'isola si rianima e il gruppo di soldati lega con la popolazione civile. Salvatores descrive la tranquilla vita del gruppo, animandola un po’ con i sogni d’amore di alcuni commilitoni per la bella Vassilissa, la prostituta dell'isola che si pone al servizio del plotone intero ma della quale si innamora pazzamente l'attendente Farina, un soldato impacciato con la passione per la letteratura. Dopo tre anni di questa vita modesta, in armonia, quasi bucolica, un aereo da ricognizione italiano è costretto a compiere un atterraggio di emergenza sull'isola e il pilota, comunica ai soldati la notizia dell'armistizio con gli Anglo-Americani firmato dall'Italia l'autunno dell'anno precedente. La trama del film è molto chiara. Anche Salvatores, partecipa del sentire comune. Cioè di quella autoassoluzione che fa dire che gli italiani non sono stati colonizzatori come gli altri, che in colonia gli italiani hanno costruito strade, ponti, giardini, che l’italiano era ben accettato dalle popolazioni autoctone, che non c’era attrito, solo solidarietà. L’italiano sembra dirci la leggenda, come i protagonisti di Mediterraneo, aiutava le popolazioni autoctone nei gravosi compiti quotidiani e nessun attrito regnava tra di loro114.

Ci si dimentica facilmente che se la durata del colonialismo italiano in media è stata minore rispetto a quello francese o inglese, tuttavia il dominio italiano non è stato di pochi anni. In Africa Orientale l’Italia ha dominato per oltre mezzo secolo e in Libia quasi trenta anni. In questo tempo sono successe delle cose, non la versione idealizzata che spesso viene fuori dal sentire comune. Ci sono stati casi di apartheid nelle colonie italiane, sfruttamento lavorativo, sfruttamento sessuale. Le guerre poi

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Il cast del film Mediterraneo è composto da: Claudio Bisio, Claudio Bigagli, Giuseppe Cederna, Diego Abatantuono, Ugo Conti, Gigio Alberti, Irene Grazioli, Luigi Montini, Antonio Catania. Genere Commedia, Durata film: 95 minuti..

sono state feroci. Sono stati gli italiani, come abbiamo precedentemente visto, ad aver usato l’iprite e agenti chimici nella guerra d’Etiopia. A questo si devono aggiungere i campi di concentramento in Libia e in Somalia, i deportati, i torturati. Un bilancio nefasto con cui l’Italia non ha fatto mai davvero i conti. Infatti come ci ricordano storici illustri, tra i quali il grande Angelo Del Boca, in Italia non c’è stata una revisione seria dei crimini che l’Italia ha perpetrato ai danni delle sue ex colonie. Criminali di guerra quali Badoglio e Graziani (inseriti come tali nella United Nations war Crimes commission) non sono mai stati processati per i loro crimini. Anzi spesso omaggiati, come nel caso di Badoglio che ha ricevuto anche i funerali di stato. Non c’è stata una Norimberga italiana e questo ha portato ad una scarsa conoscenza del comportamento generale degli italiani in Africa e negli altri possedimenti. C’era all’epoca un massiccio impiego di metodi punitivi verso le popolazioni assoggettate, il disprezzo per la loro natura subalterna, lo sfruttamento e tutto quello che è passato nel sentire comune è stata la bonarietà degli italiani. L’italiano non si è mai visto e non si è mai descritto come razzista, negando l’evidenza dei fatti. Non solo gli abitanti delle colonie soffrivano per il razzismo e il disprezzo degli italiani, ma dentro le mura cittadine anche gli ebrei hanno sofferto molto per le pratiche razziste che portarono molti ebrei italiani a morire nei campi di concentramento nazi-fascisti. Questa idea del “noi italiani non siamo razzisti” perdura ancora oggi, facendo passare sotto silenzio gli stereotipi razzisti e avvilenti che ogni giorno i media mainstream trasmettono sui video al plasma di milioni di italiani115. Per capire quello che sta succedendo oggi con le migrazioni, per capire a fondo le dinamiche è neccesario risalire a quel milione di italiani che andarono nelle colonie e alle ideologie e alle rappresentazioni che dell’altro si facevano in quegli anni. Ci limiteremo come analisi al solo periodo fascista, facendo brevi incursioni nell’Italia coloniale liberale.

Il grande leader afroamericano Malcolm X nella sua autobiografia scrisse a proposito degli italiani:

Annibale è famoso per aver attraversato le alpi con gli elefanti…aveva con sé novantamila soldati africani con i quali sconfisse Roma e occupò l’Italia per quindici-venti anni. Questo è il motivo per cui molti italiani hanno la pelle scura:discendono dal sangue di Annibale116.

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Sul discorso della Rimozione pubblica dei crimini di guerra e sulla leggenda del “Brava Gente” Cfr.

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