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La replica finale di Dante nella Commedia

Nel documento Università degli Studi di Padova (pagine 147-153)

sull‟eziologia e sulla fenomenologia d‟amore

CAPITOLO 3. Guido, Dante e la dialettica sull‟origine e sulla natura di Amore e sulle

1. La replica finale di Dante nella Commedia

Nel rapporto tra Guido e Dante si può notare l‟insistenza e la sollecitudine del più anziano Guido nello stimolare l‟amico a riconsiderare le sue posizioni sia attraverso i sonetti, sia attraverso la canzone Donna me prega. Come se ad un certo punto, dopo la pubblicazione della Vita nuova, Guido perplesso avesse esclamato: “Dante, ma di che amore stai parlando?” Il giovane Dante inizialmente mostra una sorta di indifferenza, oppure tace perché si sente offeso e lascia alcuni sonetti di Guido senza una risposta.

Anche Dante, nonostante sia forse più riservato e meno disposto al dialogo rispetto a Guido, mostra la volontà fino alla fine di non sconfessare l‟antica solidarietà, soprattutto umana, dei due amici. L‟“ombra” di Cavalcanti “aleggia” in tutta la Commedia a dimostrazione, come aveva detto Contini, del fatto che inizialmente “Cavalcanti aveva salato il sangue a Dante”.204 Nella Commedia c‟è un riconoscimento esplicito di Guido nei due passi cavalcantiani.

Il primo è quello in cui a Guido è riconosciuta l‟“altezza d‟ingegno”( Inf. X, v. 63): la citazione di Guido nell‟episodio di Cavalcante esprime una censura, una denuncia e una esaltazione dell‟amico205. La censura è data dall‟assenza di Guido, non idoneo a compiere il viaggio della salvezza assieme a Dante, con la motivazione espressa nel verso: “forse cui Guido vostro ebbe a disdegno”, allusiva al rifiuto della ragione (nella canzone Donna me prega) e infine l‟esaltazione dell‟amico consiste nel fatto che Guido sia l‟unico amico al quale viene riconosciuta da Dante un‟“altezza di ingegno” pari alla propria, Guido è l‟unico amico riconosciuto da Dante come ovvio sodale per il viaggio straordianrio nell‟aldilà. Da questo passo vediamo anche il tentativo di “salvare” il rapporto umano, nonostante la sopraggiunta insanabile frattura ideologica. Dante lancia qui un segnale inequivocabile: la preoccupazione di Cavalcante non è da intendersi tanto per la presunta

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Contini, Cavalcanti in Dante, cit., p. 445.

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morte del figlio, quanto per la possibilità che egli sia morto prima del pentimento e della salvazione. In questi versi pronunciati da Cavalcante possiamo notare anche la suggestiva ripresa della rima abnorme “come”-“lume”, presente anche in Donna me prega: non può che essere un intenzionale richiamo.

L‟altro esplicito riconoscimento di Guido nella Commedia consiste nell‟omaggio da parte di Dante per l‟alto valore letterario, cioè la “gloria della lingua” (Purg. XI, vv. 97-98) attraverso il confronto con il primo Guido. Si tratta di una chiara attestazione di stima, però allo stesso tempo viene affermata da Dante anche la superiorità di se stesso, divenuto ormai poeta dell‟amore virtuoso che conduce l‟umanità alla salvezza eterna, mentre invece Guido è rimasto il poeta dell‟amore passionale e per questo la sua sorte, come viene implicitamente fatto capire, è forse ormai compromessa.

Dante non si ferma a queste esplicite citazioni e affermazioni di stima, ma formula una vera e propria risposta sul piano dei principi generali della sua concezione, esattamente come aveva fatto Guido con Donna

me prega, allo scopo di fornire una dimostrazione finale e che non

ammetta ulteriori confutazioni sul fatto che la teoria di Guido sia da considerarsi erronea. Dante elabora una risposta davvero definitiva nella Commedia, anche per morte di Guido sopraggiunta nell‟agosto del 1300. La risposta dantesca si articola in più momenti, nei quali attraverso le tre cantiche fa riferimento in maniera implicita a Guido mirando a correggerne puntigliosamente gli errori.

Nell‟Inferno al canto V, quasi all‟inizio del suo viaggio, Dante, per cominciare, condanna la dottrina dell‟“amor cortese” della quale Paolo e Francesca hanno applicato i precetti, che li hanno infine condotti alla perdizione. Essi espiano la colpa di un amore adulterino, che era teorizzato nel De Amore come l‟unico possibile amore autentico tra due amanti. Lampante appare il senso generale delle due terzine, in cui Francesca compendia la teoria dell‟amor cortese e stilnovista:

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Amor, ch‟al cor gentil ratto s‟apprende,

prese costui de la bella persona

che mi fu tolta; e „l modo ancor m‟offende.

Amor, ch‟a nullo amato amar perdona,

mi prese del costui piacer sì forte, che, come vedi, ancor non m‟abbandona.

La condanna cade sugli amanti adulterini e sulla letteratura colpevole di diffondere un ideale di vita libero dalle implicazioni spirituali. La passione si accende tra i due amanti istigata dalla lettura della storia d‟amore di Lancillotto e Ginevra: “Galeotto fu „l libro e chi lo scrisse”. “Galeotto” è il libro come “Galeotto” è il nome del siniscalco di Ginevra intermediario appunto tra l‟adultera regina e Lancillotto. Dante sta dicendo che chi scrive d‟amore è il vero responsabile morale della colpa206. Dante allora sviene, manifestando fisicamente ed esteriormente il proprio conflitto interiore per la propria passata stagione poetica giovanile.

Nell‟Inferno al canto XXVI Dante fa riferimento all‟ “ingegno” (v. 21) di Ulisse e al suo “folle volo”. L‟orazione “fraudolenta” con la quale Ulisse convince i compagni sembra un richiamo all‟ultimo verso della canzone di Guido, quando egli si dichiara “for d‟ogne fraude”. Inoltre i due personaggi sono, in maniera sottintesa, accomunati dalla superbia di essersi fatti maestri degli altri, nel caso di Cavalcanti degli Stilnovisti e dello stesso Dante. Dante condanna tra i consiglieri fraudolenti tutti i cattivi maestri che ingannarono gli altri uomini con la folle superbia di una conoscenza non illuminata dalla fede, la cui punizione è ovviamente la dannazione eterna.207 Il naufragio della nave di Ulisse è l‟allegoria del naufragio intellettuale, la punizione divina per la ribellione ad un uso della ragione non sottomesso al controllo della religione. Maria Corti ha acutamente osservato come il linguaggio dell‟episodio di Ulisse sia modellato sui testi dell‟aristotelismo radicale

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Ghetti, L’ombra di Cavalcanti, cit., p. 165.

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che fanno riferimento al concetto di “felicità mentale”, ovvero alla possibilità di una conoscenza umana compiuta, senza l‟intervento della grazia divina.208

Dante nella Commedia dà una risposta precisa, che assume i toni di una vera e propria eclatante confutazione della teoria di Guido, nei canti centrali, XVII e XVIII, del Purgatorio in cui sicuramente quando Dante allude all‟“error dei ciechi che si fanno duci” ha in mente proprio la figura di Cavalcanti. In antitesi all‟antico maestro Dante propone qui una nuova dottrina d‟amore conforme ai precetti cristiani che confuta e corregge quella di Donna me prega. L‟enunciazione sistematica della nuova dottrina d‟amore è pronunciata da Virgilio al quale Dante “prega” di mostrargliela. La lezione virgiliana è una sorta di palinodia. Dice che l‟amore è il fondamento e il principio di ogni bene e di ogni male e poi passa ad illustrare la natura d‟amore attraverso una radicale se pur implicita confutazione della costruzione teorica di

Donna me prega, con anche molte riprese concettuali e lessicali. Il

solenne e polemico esordio di Virgilio per sollecitare l‟attenzione dell‟ascoltatore con il riferimento ai “falsi maestri”, che ciechi e privi della luce della verità si sono messi ad insegnare che cos‟è amore, è in realtà riferito a un bersaglio ben preciso: l‟innominato Guido. Inoltre Dante scaglia anche una frecciatina polemica in risposta al “Sì chi lo nega - possa „l ver sentire” quando Virgilio dice: “Or ti puote apparer quant‟è nascosa/la veritate a la gente ch‟avvera/ciascun amore in sé laudabil cosa (vv. 34-36).

Il terribile sogno avuto da Dante nel canto XIX, che è il primo segnale del ritorno di Beatrice, cioè della Teologia capace di smascherare gli inganni della filosofia, sottende una sottile polemica contro la filosofia dell‟aristotelismo radicale, descritto appunto come una mostruosa figura di femmina balbuziente, guercia e puzzolente che quando indossa le vesti seducenti della poesia d‟amore sensuale si trasforma in

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un‟abbagliante sirena, la quale però all‟arrivo della Teologia non tarda a svelare la sua vera natura209. Questa è la dimostrazione che la ragione non è in grado da sola, con l‟unico ausilio dell‟etica classica,di giungere alla salvezza, ad un certo punto è necessario l‟intervento della grazia divina.

Nei canti XXI e XXII del Purgatorio c‟è la dimostrazione di come nell‟amore cristiano possa trovarsi la salvezza, mentre invece nell‟altro amore si possa trovare come esito soltanto la perdizione, nell‟episodio di Stazio.:“Amore/ acceso di virtù, sempre altro accese,/ pur che la fiamma sua paresse fore” (XXII, vv. 10- 11). Nei canti immediatamente successivi troviamo i golosi e i lussuriosi tra i quali, non a caso ci sono i più grandi poeti del Duecento.

Nel canto XXIV del Purgatorio, come abbiamo già ricordato c‟è il riferimento a Donne ch‟avete intelletto d‟amore che rappresenta lo snodo fondamentale tra la poesia che canta l‟amore terreno per la donna e la nuova poetica di Dante, che lo porta poi all‟amore per la donna davvero “beata” in paradiso di nome e di fatto, mediatrice tra l‟uomo e Dio, con il conseguente annullamento di tutta la vicenda poetica precedente comprese le rivoluzionarie proposizioni dei due Guidi.

Il canto XXV del Purgatorio è quello dedicato alla spiegazione da parte di Stazio di come venga infusa l‟anima da Dio negli uomini, con il riferimento all‟errore di Averroè, quindi con l‟inserzione di una piccola confutazione della dottrina averroista, che era proprio l‟indirizzo filosofico abbracciato da Guido. L‟importante dissertazione teologica sulla generazione e sulla riproduzione dell‟uomo si trova ai vv. 37-99. Collocato tra l‟incontro con Bonagiunta e l‟incontro con Guinizzelli il canto XXV assume un ruolo centrale nell‟esposizione della dottrina cristiana della nascita umana, che si lega anche inevitabilmente alla disputa sulla natura e sull‟origine della “fantasia” poetica. A un‟attenta

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lettura salta agli occhi un polemico richiamo testuale alla seconda strofa di Donna me prega: la confutazione dell‟eretica teoria averroista è messa in bocca da Dante al personaggio-Stazio.

Infine nel canto XXVI compare nel discorso di Arnaut Daniel il termine “follia”, folor, che è il contrassegno dell‟irrazionale passione che lega l‟amore per la donna alla pretesa della conoscenza, una parola chiave e un concetto che ritornano spesso, come abbiamo visto, nell‟intricato e fitto dibattito sull‟amore che accompagna i poeti dalla nascita della poesia in volgare fino a Dante.

Dante ora, depurato di tutti i peccati anche “letterari” della sua gioventù, è pronto per affrontare la sua nuova missione di poeta morale, che gli sarà apertamente confermata in Paradiso. Egli ha definitivamente chiuso ormai con la stagione stilnovista, ma la reminiscenza dell‟importante lezione e dell‟influsso di Cavalcanti ritornerà alla mente di Dante anche attraverso i canti del Paradiso210 , in cui infatti è ancora possibile scorgere qualche segnale della sua silenziosa presenza, e soprattutto in cui Dante affronta, a più riprese, il delicato e misterioso tema della fantasia poetica211 che, come abbiamo visto, è uno dei temi fondamentali all‟interno della dialettica sull‟origine e sulla natura dell‟amore e sulla nascita delle immagini poetiche, nella quale si erano confrontati i due amici.

210 Danilo Bonanno, Guido in Paradiso. Donna me prega e l’ultimo canto della Commedia, in Alle origini dell’io lirico. Cavalcanti o dell’interiorità, a c. di R. Antonelli, Roma, Viella, 2001, pp. 223-244.

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CAPITOLO 4. La selezione e la

rigenerazione del lessico poetico

cavalcantiano per la rappresentazione

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